Partenone
| Partenone | |
|---|---|
| Civiltà | Antica Grecia |
| Utilizzo | tempio |
| Stile | Ordini dorico e ionico |
| Epoca | 447-432 a.C.[1] |
| Localizzazione | |
| Stato | |
| Unità periferica | Atene |
| Dimensioni | |
| Superficie | 2 147[2] m² |
| Altezza | 10,5 m[3] |
| Larghezza | 30,9[4] |
| Lunghezza | 69,5[4] |
| Amministrazione | |
| Patrimonio | Acropoli di Atene |
| Mappa di localizzazione | |
| |
Il Partenone (in greco antico: Παρθενών?, Parthenṓn /partʰeˈnɔːn/; in greco Παρθενώνας?, Parthenṓnas /parθeˈnɔnas/) è un tempio greco periptero octastilo di ordine dorico, che sorge sull'acropoli di Atene, dedicato alla dea Atena protettrice della città.[1][5] È il più famoso monumento dell'antica Grecia ed è considerato una delle massime espressioni dell'architettura greca classica.[6][7]

Realizzato in marmo pentelico, il naos ospitava la statua crisoelefantina di Atena Parthenos, opera di Fidia.[1][8] Il culto arcaico di Atena Poliàs o poliade (cioè protettrice della città) si svolgeva nell'antico tempio della dea (Archaios Neos) che custodiva lo xoanon (la statua in legno arcaica), mentre il Partenone fu dedicato specificamente ad Atena Parthenos.[9]
L'opistodomo del Partenone fu adibito a deposito di fondi pubblici almeno dal 433 a.C., e il trasferimento dei tributi della Lega delio-attica ad Atene è attestato dal 454 a.C.[1][10] Le lamine d'oro della statua, del peso complessivo di circa 44 talenti (circa 1.150 kg), erano removibili e costituirono una riserva finanziaria della città.[11]
Insieme al resto del complesso dell'Acropoli, il Partenone è iscritto nella Lista del Patrimonio dell'umanità dell'UNESCO dal 1987.[12]
Nome
[modifica | modifica wikitesto]Il nome «Partenone» deriva dal greco antico Παρθενών (Parthenṓn), collegato all'epiteto di Atena (in greco antico: Παρθένος?, Parthénos) e al sostantivo parthénos con il significato di «vergine, fanciulla».[13] In greco classico in greco antico: παρθενών?, parthenṓn indica anche l'appartamento delle fanciulle; per i templi il termine fu usato per designare un ambiente specifico.[14]
Nella documentazione epigrafica del V e IV secolo a.C. compare «Parthenon» come uno dei tesori dell'Acropoli citati negli inventari del santuario di Atena; l'identificazione tradizionale con la sala occidentale dell'edificio è stata spesso proposta, ma studi recenti hanno argomentato che il «Parthenon» degli inventari vada invece riconosciuto nell'Eretteo (in particolare nella sua parte occidentale).[15] Nei cosiddetti decreti dell'Hekatompedon (IG I³ 4 A–B, 485/4 a.C.) ricorre inoltre il termine in greco antico: Ἑκατόμπεδον?, Hekatómpedon per un edificio sull'Acropoli, fondamentale per la discussione antica e moderna sulla nomenclatura dei templi dell'area.[16] L'uso di «Parthenon» per indicare l'intero grande tempio dell'Acropoli è attestato con certezza a partire dalla metà del IV secolo a.C., nei discorsi di Demostene, dove il termine è elencato tra le principali opere monumentali di Atene.[17]
Funzione dell'edificio
[modifica | modifica wikitesto]Il Partenone è un edificio unico, nel panorama architettonico, che originariamente ospitava nella cella la statua crisoelefantina di Atena Parthenos di Fidia ed era luogo di deposizione di offerte votive nell'ambito del santuario di Atena sull'Acropoli.[18] I sacrifici pubblici e le cerimonie si svolgevano all'altare esterno antistante il tempio, poiché nell'esperienza cultuale greca l'altare all'aperto costituiva il fulcro del santuario, mentre il tempio custodiva l'immagine di culto.[19][20]
Il Partenone non corrisponde ad alcune definizioni moderne di "tempio" e una parte degli storici ha sostenuto che esso fosse utilizzato esclusivamente come tesoreria; tuttavia tale posizione non è maggioritaria e la letteratura specialistica continua a considerare l'edificio come tempio con statua di culto, dotato anche di funzioni finanziarie documentate da epigrafi.[21][22] L'opistodomo occidentale, con quattro colonne ioniche di sostegno, è attestato come deposito dei fondi pubblici della città a partire dal 433 a.C., secondo la documentazione istituzionale greca e le liste dei tributi.[1][23]
Storia
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| Acropoli di Atene | |
|---|---|
| Tipo | Culturali |
| Criterio | (i) (ii) (iii) (iv) (vi) |
| Pericolo | Non in pericolo |
| Riconosciuto dal | 1987 |
| Scheda UNESCO | (EN) Acropolis, Athens (FR) Scheda |
Il Partenone fu costruito tra il 447 e il 438 a.C. (con il completamento delle sculture nel 432 a.C.) nell'ambito del programma edilizio promosso da Pericle, su progetto degli architetti Ictino e Callicrate e sotto la supervisione generale di Fidia[1] (nominato episkopos, soprintendente), che inoltre realizzò le decorazioni scultoree e la statua di Athena Parthènos destinata al naòs, alta circa 12 metri, interamente ricoperta di oro e avorio. Nello stesso periodo furono costruiti anche i Propilei, attribuiti a Mnesicle, completati in cinque anni secondo Plutarco, a testimonianza dell'ampia portata del programma pericleo sull'Acropoli.[24]
La spesa maggiore fu il trasporto della pietra (marmo pentelico) dal Monte Pentelico, a circa 16 chilometri da Atene, fino all'Acropoli.[25][26] I fondi furono in parte ricavati dal tesoro della Lega di Delo o delio-attica.[27][28][29]
Dalla metà del V secolo a.C. infatti il monumento ebbe anche funzione finanziaria: dall'anno 433 a.C. i fondi pubblici della città vennero custoditi nell'opistodomo, col trasferimento da Delo ad Atene del tesoro della Lega delio-attica nel 454 a.C.[1][30] durante l'arcontato di Antistene, secondo la cronologia tradizionale riportata da Filocoro e confermata dalle Liste dei tributi attici (IG I³ 259).[31][32][33] L'evento segnò il passaggio della Lega da un'alleanza difensiva panellenica a un sistema imperialista controllato da Atene.[34]
In età tardo-romana il tempio subì un grave incendio e fu restaurato nel IV secolo; in seguito fu convertito in chiesa, per poi diventare moschea in epoca ottomana, subendo la distruzione più grave nel 1687 con l'esplosione del deposito della polvere da sparo durante l'assedio veneziano.[1] Tra il 1801 e il 1803 una parte delle sculture fu rimossa da Thomas Bruce, VII conte di Elgin; dal 1975 sono in corso restauri sistematici diretti dallo YSMA.[1]
Storia antica
[modifica | modifica wikitesto]L'area del Partenone è occupata da edifici cultuali almeno dalla metà del VI secolo a.C.; il primo tempio monumentale, identificato dagli studiosi con l'Hekatompedon, è stato verosimilmente collegato alla riorganizzazione delle Panatenee del 566/5 a.C.[35] Il cosiddetto "pre-Partenone" (490–480 a.C.) fu distrutto dai Persiani nel 480 a.C., al tempo di Serse, durante le guerre persiane.[1] Dopo la decisione del 448 a.C. di ricostruire i santuari devastati, l'edificio classico fu impostato sul medesimo sito: i lavori del tempio si svolsero tra il 447 e il 438 a.C., mentre le sculture di frontone furono completate nel 432 a.C.; il progetto è attribuito a Ictino e Callicrate, con responsabilità generale e programma scultoreo affidati a Fidia.[1]
Pausania descrive il monumento come «il tempio che chiamano Parthenon» e riferisce i soggetti dei due frontoni, la nascita di Atena a est e la contesa con Poseidone a ovest, menzionando la statua crisoelefantina di Atena Parthenos.[36] Dal 433 a.C. l'opistodomo custodì i fondi pubblici di Atene; parallelamente, le Liste del tributo ateniese documentano il trasferimento del tesoro della Lega delio-attica sull'Acropoli alcuni anni dopo.[1][37]
In età tardo-romana il tempio subì un vasto incendio e fu restaurato nel IV secolo d.C., probabilmente sotto Giuliano, prima delle successive trasformazioni d'età cristiana e medievale.[1]
Storia medievale
[modifica | modifica wikitesto]Trasformazione in chiesa
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In epoca bizantina, il Partenone rimase in funzione come chiesa dedicata a Maria, sotto l'epiteto di Theotokos (Madre di Dio).[38][39] All'epoca dell'Impero latino diventò brevemente una chiesa cattolica dedicata sempre alla Madonna.[38]
La conversione del tempio in chiesa comportò la chiusura dell'ingresso orientale e la creazione di un'abside nella facciata est, con l'apertura di numerose finestre che interessarono elementi marmorei antichi.[40] Durante il Medioevo sono inoltre attestati iscrizioni cristiane incise sulle colonne e pitture murali all'interno dell'edificio.[38] Queste modifiche alterarono in modo significativo l'aspetto antico del monumento[38], e contribuirono a far dimenticare la sua natura di tempio antico.
Riscoperta
[modifica | modifica wikitesto]La riscoperta della vera natura del Partenone risale al 1436, nel periodo dell'Umanesimo.[41] Autore di questa rivelazione fu Ciriaco d'Ancona, che durante la sua visita ad Atene si era fatto guidare dalla lettura del testo di Pausania il Periegeta.[42] Ciriaco fu il primo dopo l'antichità a chimare con il suo nome e a descrivere il Partenone, di cui tante volte aveva letto nei testi antichi.
Grazie a Ciriaco l'Europa occidentale poté avere il primo disegno del monumento[43], che Ciriaco chiamò "tempio della dea Atena", diversamente dai viaggiatori precedenti, che l'avevano chiamato "chiesa di Santa Maria", e chiamò con il suo nome l'Acropoli, che sino a quel momento era chiamata "Rocca di Atene" o "Palazzo dei duchi d'Atene". Dopo la visita, Ciriaco disse di avere ammirato:[42]
«…ad Atene, sul magnifico ornamento del monte di Pallade, il tempio, opera di Fidia, con cinquantotto colonne di mirabile grandezza, sette piedi di diametro, ornate di immagini elegantissime.[42]»
Trasformazione in moschea
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1456, Atene cadde sotto gli Ottomani e il Partenone fu trasformato in moschea: fu aggiunto un minareto, la cui base e lo scalone sono ancora riconoscibili.[38] I visitatori europei del XVII secolo attestano che l'edificio conservava ancora gran parte della sua decorazione prima del bombardamento del 1687.[44][45]
Storia moderna e contemporanea
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Assedio veneziano e distruzione del 1687
[modifica | modifica wikitesto]Nel contesto della guerra di Morea, le forze veneziane guidate da Francesco Morosini con il luogotenente Otto Wilhelm von Königsmarck cinsero d'assedio l'acropoli di Atene; in vista del bombardamento gli ottomani demolirono il Tempio di Atena Nike per ricavarne materiali e impiantare una batteria a difesa del settore occidentale della rocca.[46] Le batterie veneziane furono posizionate sulle alture circostanti, comprese la collina delle Pnice e l'Areopago, iniziando il tiro sistematico contro la fortezza; un colpo centrò un deposito di polvere ai Propilei, causando un'esplosione e danni estesi all'accesso monumentale.[46]
Nella notte tra il 26 e il 27 settembre 1687 una bomba di mortaio penetrò nel Partenone, adibito a polveriera dagli ottomani, provocando una forte deflagrazione che spezzò l'edificio in due e distrusse la copertura, abbattendo numerose colonne; l'effetto d'urto fece precipitare architravi, triglifi e metope; i frammenti marmorei causarono la morte di circa trecento uomini all'interno della cittadella.[46] L'episodio è ricordato come la più grave catastrofe nella tormentata storia del tempio.[1]
Dopo il fallito tentativo di soccorso ottomano proveniente da Tebe, la guarnigione issò bandiera bianca il 28 settembre e si arrese con capitolazione il giorno successivo, mentre le truppe venete entrarono sull'Acropoli e procedettero alla sepoltura dei caduti e al censimento dei materiali abbandonati; contemporaneamente si stesero piani e vedute topografiche della città e della rocca documentando lo stato di rovina del Partenone.[46]
Rimozioni di Lord Elgin e diaspora delle sculture (1801–1816)
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All'inizio dell'Ottocento, mentre Atene era sotto l'amministrazione ottomana, Thomas Bruce, VII conte di Elgin, ambasciatore britannico alla Sublime Porta, ottenne dalle autorità il permesso di disegnare, misurare e rimuovere figure scultoree dall'acropoli.[47] Tra il 1801 e il 1805 gli agenti di Elgin rimossero circa la metà delle sculture allora superstiti dal Partenone e ottennero autorizzazioni anche per elementi dell'Eretteo, del Tempio di Atena Nike e dei Propilei.[47]
Tra i materiali oggi al British Museum si contano 15 metope, 17 figure di frontone e circa 75 metri del fregio.[47] Secondo la documentazione ufficiale del Ministero della Cultura ellenico, dei 97 blocchi del fregio superstiti 56 sono a Londra e 40 ad Atene; delle 64 metope superstiti 15 sono a Londra e 48 ad Atene; delle 28 figure dei frontoni 19 sono a Londra e 9 ad Atene.[48] Nello stesso frangente vennero asportate anche una delle Cariatidi dell'Eretteo e quattro lastre del fregio del Tempio di Atena Nike, inviate in Gran Bretagna insieme ad altri antichi dell'Acropoli.[49]
Il trasferimento in Inghilterra fu complesso: i carichi furono spostati da porto a porto e una nave affondò durante il viaggio; una parte delle sculture, giunta a Londra, fu ricoverata provvisoriamente in depositi e magazzini fino alla decisione governativa di acquistare i reperti.[50] Nel 1816 una commissione parlamentare britannica esaminò l'operato di Elgin e ne sancì la legittimità, prima dell'acquisizione delle sculture da parte del British Museum, con atto del Parlamento d'Inghilterra.[47]
La richiesta ufficiale di restituzione alla Grecia è attestata dal 1983 e il tema è oggetto di incessante confronto internazionale, anche in sede UNESCO.[47][51] Il governo ellenico ribadisce il carattere unitario e architettonicamente inscindibile dell'ornato scultoreo del Partenone.[48][52]
Lavori di restauro
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I primi grandi interventi moderni di restauro e anastilosi furono diretti da Nikolaos Balànos, che dal 1895 assunse la direzione dei restauri dei monumenti dell'Acropoli di Atene, pubblicando nel 1938 una monografia di sintesi.[53] Le sue principali campagne sull'Acropoli si svolsero tra il 1909 e il 1917, proseguirono con i Propilei (1921-1933) e toccarono di nuovo il Partenone con il "Secondo programma di restauri" (1934-1935: pronao, frontone orientale, porta ovest, colonnati nord e sud).[54]
Nel XX secolo, prima dell'istituzione dell'ESMA, sul Partenone si susseguirono diversi interventi puntuali (smontaggi parziali, ricomposizioni, rinforzi), con metodologie in seguito superate e oggetto di critiche.[55][56] Ad esempio una parte delle soluzioni adottate da Balànos (perni e grappe in ferro inglobati in cemento) provocò nel tempo gravi danni per corrosione e fessurazioni del marmo.[57][58]
L'attuale progetto organico di conservazione e restauro, avviato nel 1975, è coordinato dal Comitato per la Conservazione dei Monumenti dell'Acropoli (ESMA) e attuato dallo YSMA secondo principi di reversibilità, documentazione sistematica e sostituzione degli elementi metallici con titanio.[59][60]
Nel decennio 2001–2010 è stato realizzato un vasto programma che ha interessato, per il Partenone, il pronao, l'opistodomo, settori dei colonnati nord e sud e la conservazione del fregio occidentale, oltre a operazioni di pulitura e di consolidamento strutturale.[61][62] Nel quadro di finanziamento 2011–2015 sono stati eseguiti ulteriori lavori di restauro e messa in sicurezza.[63][64][65][62]
Descrizione
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Il Partenone è un tempio greco periptero di ordine dorico, con portici esastili (pronao e opistòdomo) e caratterizzato dall'inserzione di elementi ionici.[1] A differenza di molti templi e tesorerie coevi a pianta esastila (6 colonne sulla fronte e 13 sui lati lunghi), il Partenone è ottastilo: presenta 8 colonne sui lati brevi e 17 sui lati lunghi.[4] L'edificio fu costruito interamente in marmo pentelico, compresa la copertura a tegole marmoree.[66]
In pianta, il tempio è suddiviso in pronao, cella e opistòdomo; la cella era separata da una parete trasversale in due ambienti non comunicanti, con il vano orientale che ospitava, davanti a una colonnata interna a due ordini disposta a Π, la statua crisoelefantina di Atena Parthenos, mentre a occidente l'opistodomo presentava quattro colonne ioniche di sostegno della copertura ed era adibito a deposito dei fondi pubblici almeno dal 433 a.C.[1] All'interno, la cella era scandita da due colonnati dorici interni sovrapposti (a due ordini), caratterizzati da fusti a sedici scanalature.[67]
L'edificio impiega raffinate correzioni ottiche e costruttive: curvatura del crepidoma e dello stilobate (la base su cui poggiano le colonne, che curva leggermente verso l'alto in direzione del centro),[68][69] leggere bombature (entasi) e inclinazioni delle colonne, contrazione degli intercolumni d'angolo e progressiva riduzione della larghezza delle metope verso gli angoli, nonché una lieve curvatura della trabeazione.[1] L'effetto combinato di queste lievi curvature e variazioni dimensionali è quello di conferire all'edificio un aspetto di regolarità e «perfezione» visiva maggiore di quanto risulterebbe da linee perfettamente rette e orizzontali.[4]
Sebbene il vicino Tempio di Efesto sia considerato il tempio greco meglio conservato, il Partenone, a suo tempo, fu ritenuto il migliore.[70][71] L'edificio, scrisse John Julius Norwich, "gode della reputazione di essere il più perfetto tempio dorico mai costruito. Persino nell'antichità i suoi raffinamenti architettonici erano leggendari, specialmente la sottile corrispondenza tra la curvatura dello stilobate, l'assottigliarsi delle pareti del naos e l'entasi delle colonne".[72]
Misurate allo stilobate, le dimensioni della base del tempio sono di circa 69,5 × 30,9 metri.[4] All'esterno, le colonne doriche hanno diametro di circa 1,9 metri e altezza di circa 10,3–10,4 metri; le colonne d'angolo risultano leggermente più robuste.[73][4]
Le affermazioni secondo cui le proporzioni del Partenone seguirebbero sistematicamente il «rettangolo aureo» o la sezione aurea non trovano conferma nella letteratura scientifica e sono considerate fuorvianti dai contributi critici sul tema.[74]
Decorazione
[modifica | modifica wikitesto]La decorazione scultorea, tra le più ricche dell'architettura greca, comprendeva tre gruppi fondamentali: metope, fregio e timpani, eseguiti in marmo pentelico e in origine arricchiti da policromia e applicazioni metalliche.[75]
Metope e fregio dorico esterno
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Le novantadue metope doriche del fregio, realizzate da Fidia e da suoi allievi, furono scolpite come altorilievi.[76] [77] Le metope sono datate agli anni 446-440 a.C.[76] Quelle del lato est del Partenone, sopra l'entrata principale, raffigurano la Gigantomachia (la lotta degli dei dell'Olimpo contro i Giganti).[76] Sul lato ovest, mostrano l'Amazzonomachia (la mitica battaglia degli Ateniesi contro le Amazzoni).[76] Le metope del lato meridionale — con l'eccezione di 13-20 metope piuttosto problematiche, ormai perdute — mostrano la Centauromachia tessala.[76][78] Sul lato nord del Partenone, le metope sono scarsamente conservate, ma l'argomento sembra essere la Guerra di Troia.[76]
Stilisticamente, le metope sopravvissute presentano tracce di stile severo nell'anatomia delle teste, nella limitazione dei movimenti del corpo alle curve e non ai muscoli e nella presenza di vene pronunciate nelle immagini della Centauromachia.[79]
Rimangono ancora parecchie metope sull'edificio, con l'eccezione di quelle del lato nord, che sono seriamente danneggiate.[62] Alcune di esse sono situate al museo dell'Acropoli, altre, più numerose, sono al British Museum, una può essere ammirata al museo del Louvre e un piccolo ma significativo frammento raffigurante il piede di Artemide è stato conservato per oltre due secoli al museo archeologico di Palermo, prima di essere riportato ad Atene su iniziativa della Regione Sicilia.[80][81][82][83][84][85]
Fregio ionico della cella
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I Consegna del peplo - II Schiera degli dèi - III Schiera degli eroi - IV Donne
1 Cavalieri che si preparano per la cavalcata - 2 Cavalieri - 3 Corsa dei carri - 4 Uomini anziani - 5 Musici - 6,7 Portatori di anfore - 8 Capre sacrificali - 9 Bestiame sacrificale - 10 Portatori di tavolette - 11 Bestiame sacrificale - 12 Uomo

Il tratto più caratteristico nella decorazione del Partenone è sicuramente il lungo fregio ionico posto lungo le pareti esterne della cella.[86] Si tratta di una caratteristica innovativa, dal momento che il resto dell'edificio è costruito in stile dorico.[86] L'intero fregio marmoreo è stato scolpito in bassorilievo da Fidia e dai collaboratori della sua bottega.[86]
Il fregio continuo era lungo 160 metri di cui ne sopravvivono 130, circa l'80%, dislocati oggi in vari musei europei.[86] La parte mancante è nota dai disegni effettuati da Jacques Carrey nel 1674, tredici anni prima che l'esplosione a seguito del bombardamento veneziano sventrasse il tempio.[87][88]
In una prima semplice lettura, il fregio rappresenta la solenne processione che si teneva ogni quattro anni in occasione delle feste panatenaiche.[86] Sono invece possibili diverse interpretazioni circa il significato della rappresentazione o la sua possibile attribuzione a un evento storico preciso: c'è chi ipotizza che l'ampio spazio riservato alla rappresentazione della cavalleria sia un esplicito riferimento all'eroismo bellico delle guerre persiane; altri hanno ritenuto di riconoscere nei vari personaggi della processione figure rappresentanti la polis aristocratica e arcaica in contrapposizione ad altre che incarnerebbero invece la democrazia dell'Atene classica, in un tentativo di unire passato e presente.[89][90][91] Sta di fatto che si tratta della rappresentazione di un avvenimento comunitario, che era legato al culto di Atena e quindi della patria che la dea rappresentava: gli individui di ogni strato della società potevano identificarsi nei personaggi del fregio e riconoscere i vari momenti della cerimonia.[86]
L'intero fregio è stato concepito per essere letto a partire dall'angolo sud-ovest: l'osservatore a partire da questo angolo poteva scegliere se dirigersi verso nord, oppure direttamente verso est.[86] Dall'angolo sud-ovest del fregio prendono il via dunque due processioni che girano attorno alla cella per confluire poi sul lato est (quello dell'ingresso al tempio), al cui centro è rappresentato il gesto della consegna del peplo alla dea Atena.[86] Al gesto della consegna assiste la schiera degli dei e degli eroi.[92]

Tutte le figure del fregio sono state rappresentate da Fidia in modo idealizzato, come se tutti i personaggi fossero abitanti di una dimensione trascendente di eterna festa.[86] Questo effetto complessivo di aura divina è dato dalla scelta di soggetti giovani, dalle espressioni dei quali non traspare fatica o disagio, nonostante molti siano impegnati in azioni come trasportare anfore o cavalcare, bensì gioia serena e composta.[86]
Frontoni
[modifica | modifica wikitesto]Pausania, viaggiatore del II secolo, quando visitò l'Acropoli e vide il Partenone, ne descrisse solo i frontoni,[93] realizzati dal 438 al 432 a.C.
Il frontone orientale racconta della nascita di Atena dalla testa di suo padre Zeus, mentre il frontone occidentale narra la disputa che Atena (con il ramo d'ulivo) ebbe con Poseidone (che dall'acqua fa nascere il cavallo) per il possesso di Atene e dell'Attica, ed è costituito da statue a tuttotondo incassate nel timpano.[94] Le statue in particolare non sono distaccate una dall'altra, non hanno una storia a sé propria, ma interagiscono fra di loro, entrano in contatto concatenandosi e sono costruite in una sequenza di arsi e tesi, a ogni movimento concitato ne corrisponde una rilassato e teso (ciò si vede anche nelle vesti delle donne che seguono una ritmo naturale e libero e soprattutto equilibrato).[94]


Repliche
[modifica | modifica wikitesto]Il Partenone di Nashville, costruito nel 1897, è una replica delle stesse dimensioni del tempio originale. Dal 1997 è presente all'interno anche la replica della statua dell'Athena Parthenos.

Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q (EN) Parthenon, su YSMA – Acropolis Restoration Service. URL consultato il 18 ottobre 2025.
- ^ Ricavata dalle dimensioni lineari indicate in (EN) Parthenon, su Encyclopaedia Britannica. URL consultato il 18 ottobre 2025.
- ^ Dinsmoor, 1950, p. 212
- ^ a b c d e f (EN) Parthenon, su Encyclopaedia Britannica. URL consultato il 18 ottobre 2025.
- ^ (EN) Parthenon, su Ministry of Culture and Sports – Odysseus. URL consultato il 18 ottobre 2025 (archiviato dall'url originale il 18 settembre 2013).
- ^ (EN) Jenifer Neils, Barbara A. Barletta, The Parthenon: From Antiquity to the Present, Cambridge, Cambridge University Press, 2005, p. 67, ISBN 9780521820936.
- ^ (EN) Jay Hambidge, The Parthenon and Other Greek Temples, New Haven, Yale University Press, 1924.
- ^ (EN) The Parthenon Gallery, su Acropolis Museum – Official website. URL consultato il 18 ottobre 2025.
- ^ (EN) The buildings (Archaic Acropolis Gallery), su Acropolis Museum – Official website. URL consultato il 18 ottobre 2025.
- ^ (EN) IG I³ 259. Athenian Tribute List (454/3–440/39 BC), su Attic Inscriptions Online. URL consultato il 18 ottobre 2025.
- ^ Dinsmoor, 1934, p. 96
- ^ (EN) Acropolis, Athens, su UNESCO World Heritage Centre. URL consultato il 18 ottobre 2025.
- ^ (EN) An introduction to the Parthenon and its sculptures, su British Museum – Blog. URL consultato il 18 ottobre 2025.
- ^ (EN) LSJ, s.v. παρθενών, su Perseus/Scaife ATLAS. URL consultato il 18 ottobre 2025.
- ^ (EN) Jan Z. van Rookhuijzen, The Parthenon Treasury on the Acropolis of Athens, in American Journal of Archaeology, vol. 124, n. 1, 2020, pp. 3–35.
- ^ (EN) Decrees concerning the Acropolis ("The Hekatompedon Decrees"), IG I³ 4 A–B, su Attic Inscriptions Online. URL consultato il 18 ottobre 2025.
- ^ (EN) Jan Z. van Rookhuijzen, The Parthenon Treasury on the Acropolis of Athens, in American Journal of Archaeology, vol. 124, n. 1, 2020, pp. 3–5.
- ^ (EN) The Parthenon Gallery, su Acropolis Museum – Official website. URL consultato il 18 ottobre 2025.
- ^ (EN) Susan Guettel Cole, Greek Religion (PDF), in John R. Hinnells (a cura di), A Handbook of Ancient Religions, Cambridge, Cambridge University Press, 2007, p. 206.
- ^ (EN) Jeffrey M. Hurwit, The Acropolis in the Age of Pericles, Cambridge, Cambridge University Press, 2004, p. 4.
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- ^ (EN) Plutarch, Pericles, su University of Chicago – LacusCurtius. URL consultato il 18 ottobre 2025.
- ^ (EN) Mount Pentelicus, su Encyclopaedia Britannica. URL consultato il 18 ottobre 2025.
- ^ (EN) Financial accounts for the construction of the Parthenon, su Acropolis Museum – Official website. URL consultato il 18 ottobre 2025.
- ^ (EN) IG I³ 259 – Athenian Tribute List (454/3–440/39 BC), su Attic Inscriptions Online. URL consultato il 18 ottobre 2025.
- ^ (EN) The Athenian Tribute Lists IV, su American School of Classical Studies at Athens. URL consultato il 18 ottobre 2025.
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- ^ (EN) IG I³ 259. Athenian Tribute List (454/3–440/39 BC), su Attic Inscriptions Online. URL consultato il 18 ottobre 2025.
- ^ (EN) Russell Meiggs, David M. Lewis, A Selection of Greek Historical Inscriptions to the End of the Fifth Century B.C., Oxford, Clarendon Press, 1969, p. 59.
- ^ (EN) IG I³ 259 – Athenian Tribute List (454/3–440/39 BC), su Attic Inscriptions Online. URL consultato il 18 ottobre 2025.
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Bibliografia
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Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]- Assedio di Atene (1687)
- Atena Parthenos
- Frontoni del Partenone
- Metope del Partenone
- Storia del Partenone
Altri progetti
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Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Partenone, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- (EN) Parthenon, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- (EN) Partenone, su Structurae.
- (DE) Partenone, su Arachne.
- (EN) Parthenon, su YSMA – Acropolis Restoration Service.
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