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Giovanni Bonalumi in Arbeit
Giovanni Bonalumi (* 5. April 1920 in Muralto; † 8. Januar 2002 in Locarno) war ein Tessiner Schriftsteller und Literaturhistoriker.
Leben
geboren 5.4.1920 Muralto,gestorben 8.1.2002 Locarno, kath., von Auressio (heute Gem. Isorno). Sohn des Bahnbeamten Emilio und der Serafina geb. Abbiati. ∞ Marie-Thérèse Klingele. Nach Schulen im Tessin und Einsiedeln studierte B. Literaturwiss. an der Univ. Freiburg. 1950-73 unterrichtete er am Lehrerseminar Locarno, 1973-90 war er Prof. für ital. Literatur an der Univ. Basel. Er verfasste mehrere, teilweise autobiograf. Romane und Erzählungen ("Gli ostaggi" 1954 [41997], wofür er den Veillon-Preis erhielt, "Per Luisa" 1972 [21995], "Il profilo dell'eremita" 1996), ausserdem Gedichte ("Album" 1991) sowie Essays über Schriftsteller und andere Themen (darunter "La giovane Adula" 1970, "Il pane fatto in casa" 1988, "Le nevi di una volta" 1993). Ferner stellte B. die Anthologien "Situazioni e testimonianze" (1976, mit Vincenzo Snider) und "Cento anni di poesia nella Svizzera italiana" (1997, mit Renato Martinoni und Pier Vincenzo Mengaldo) zusammen. 1971 war er Präs. des Schweiz. Schriftstellerverbands.
Werke
- Gli ostaggi. Romanzo. Florenz 1954, Belinzona 1979/1986, Bergamo 1997. (fr. Les otages. Genf 2002; dt. Die Geiseln. Frauenfeld 2010)
- Per Luisa. Romanzo. Chiasso 1972, Bergamo 1995. (fr. Pour louise, Genf 2002)
- Coincidenze. Bellinzona 1986.
- Il profilo dell'eremita e altri racconti. Erstausgabe: Florenz 1996.
- Album, quattordici poesie. Bellinzona 1990.
- Übersetzungen
- Album inglese. Quaderno di traduzioni (1948-1998). Bergamo 2000
Auszeichnungen
- Charles-Veillon-Preis (1954)
- Übersetzerpreis der Stadt Monselice (2001)
- Festschrift: A Giovanni Bonalumi. Per il suo sessantesimo dal Seminario di romanistica di Basilea. Basel 1980
Literatur
- Corriere della Sera, 10.2.1955
- Itinerari europei, hg. von O. Lurati, R. Martinoni, 1991, (mit Werkverz.)
- R. Martinoni, «Ricordo di Giovanni B.», in Versants 41, 2002
- «Per Giovanni», in Bloc Notes, Nr. 46, 2002
Weblinks
- Literatur von und über Sanblatt/Baustelle im Katalog der Deutschen Nationalbibliothek
- Antonio Stäuble: Bonalumi, Giovanni. In: Historisches Lexikon der Schweiz.
- Charles Linsmayer: Giovanni Bonalumi. Abgerufen am 17. Dezember 2010.
Einzelnachweise
Biografie
Wikipedia:Formatvorlage Biografie
Samuel Pallache (in Arbeit)

Samuel Pallache (* um 1550 in Fès (Marokko); † 4. Februar 1616 in Den Haag) war ein sefardischer Kaufmann, Diplomat, Spion, Doppelagent, Pirat und angeblich Mitbegründer der ersten jüdischen Gemeinde Amsterdams.
Leben
Fès
Samuel Pallache wurde um 1550 in Fès als Sohn des spanischstämmigen Rabbis Isaac Pallache geboren. Seine Familie war vermutlich 1492 anlässlich der Vertreibung der Juden aus Spanien nach Marokko geflohen. Der Legende nach, war Samuel Pallache zusammen mit seinem Bruder Joseph im Jahr 1597 nach Amsterdam gekommen und war und gilt zusammen mit Jacob Tirado und Jakob Israel Belmonte als einer der Mitbegründer der ersten sefardischen Gemeinde Amsterdams.[1] Dieser Gründungsmythos stützt sich stark auf die Erzählungen von Miguel de Barrios (1683) und ist historisch kaum belegbar. Die Brüder Pallache tauchen erstmals 1608 in Amsterdamer Quellen auf. Eine entscheidende Rolle in der frühen jüdischen Geschichte Amsterdams kann ihnen deshalb kaum zugesprochen werden.
Madrid
Über Pallaches Jahre in Fès ist nichts bekannt.Zum ertsen Mal wird er erwähnt, als er und sein Bruder Joseph Pallache 1602 im Auftrag des marokkanischen Sultans Ahmad al-Mansur nach Lissabon gesandt werden, um Juwelen zu kaufen. Sie erhielten die Erlaubnis als judíos de permisio nach Spanien einzureisen. 1605 Taucht Samuels Namen erneut in den Akten auf, als er anerbietet, Philipp III. bei den Verhandlungen mit Ahmad's Nachfolger zu unterstützen. Zu diesem Zeitpunkt, scheinen die Brüder Pallache bereits entschieden zu haben, in Spanien zu bleiben.
Amsterdam
Schwager Isaac Uziel
Pirat
Literatur
- Miguel de Barrios: Historia Universal Judaica. Amsterdam 1683.
- Mercedes García-Arenal,Gerard Wiegers: A man of three worlds : Samuel Pallache, a Moroccan Jew in Catholic and Protestant Europe. Baltimore 2003. ISBN 978-0-8018-7225-9. (Originalausgabe: Un hombre en tres mundos: Samuel Pallache, un judío marroquí en la Europa protestante y en la católica. Madrid 1999. ISBN 978-84-323-1292-2.)
Weblinks
- Samuel Palache bei Joods Historisch Museum Amsterdam. Abgerufen 9. September 2010.
- Carin Tiggeloven: Diplomaat, handelaar, kaper en geleerde. Radio Netherlands Worldwide. Abgerufen 6. September 2010.
- David Corcos, Haïm Z’ew Hirschberg: PALACHE (Pallache, Palacio, de Palatio, al-Palas, Pallas, Palaggi, Balyash, etc.). In: Encyclopaedia Judaica. 2. Auflage. Band 15, Detroit/New York u. a. 2007, ISBN 978-0-02-865943-5, S. 572–573 (englisch).
- Isidore Singer, Joseph Jacobs: PALACHE, SAMUEL. In: Isidore Singer (Hrsg.): Jewish Encyclopedia. Funk and Wagnalls, New York 1901–1906.
Einzelnachweise
- ↑ Vgl. Heinrich Grätz: Geschichte der Juden Band 9, S. 458.
[[en:Samuel Pallache]] [[nl:Samuel Pallache]]
Camillo Renato in Arbeit
Camillo Renato auch: Paolo Ricci; Lisia Fileno; Fileno Lunardi; (* um 1500 in Sizilien; † 1575 im Veltlin) war ein evangelischer Geistlicher, der täuferische und antitrinitarische Ansichten vertrat.
Leben
Camillo Renato wurde um 1500 Sizilien (Palermo?) als Paolo Ricci geboren. Als Franziskanerbruder kam er in den 30er Jahren in Neapel mit den kirchlichen Behörden in Konflikt, weil er in evangelischen Zirkeln verkehrte. Er zog weiter nach Padua und Venedig, wo er beschuldigt wurde, er leugne die Existenz des Fegefeuers. Nach dem Prozess zog er 1538 weiter nach Ferrara und Bologna, wo er eine Stelle als Hauslehrer bei Familie Danesi annahm. Er widmete sich religiösen Studien und verkehrte in den Humanisten-Kreisen der Stadt. Er gab sich nun den lateinischen Namen Lysias Philaenus.
- am Hof von Ferrara
- als Protestant in Modena in Haft, Abschwörung
- 1540 zu lebenslangem Kerker verurteilt, Flucht in die Schweiz
- befreundet mit Celio Secondo Curione in Basel
- Gegensatz zu Pietro Paolo Vergerio, Mainardi
- 1542 Flucht nach Chiavenna, Annahme des Namens Renato (Wiedergeboren)
- 1550 „Exkommunikation“ durch Mainardi, clandestine Arbeit
- 1554 Protest gegen Hinrichtung von Servet (Gedicht in Hexameter)
- Freund und Lehrer von Lelio Sozzini
Biografia
Il suo vero nome era Paolo Ricci[1] e nacque forse a Palermo nei primi del Cinquecento. Fattosi frate francescano, negli anni Trenta si trovò a frequentare i circoli evangelici di Napoli, trasferendosi poi a Padova[2] e a Venezia dove, tra l’altro, avrebbe sostenuto l’inesistenza del purgatorio: «accusato da maldicenti di eresia, fui detenuto, inquisito, non convinto, non condannato, non abiurai a nessun patto e fui dimesso».[3].
Uscito indenne da questo processo, verso la fine del 1538 passò da Venezia a Bologna, con l’intenzione di recarsi più tardi a Roma per «consultarsi con alcuni reverendissimi e dottissimi cardinali per la gloria di Cristo e per la comune concordia e interesse di tutta la Chiesa».[4] Nella città emiliana assunse lo pseudonimo di Lisia Fileno e frequentò i circoli intellettuali,[5] nei quali amava discorrere di lettere, di religione e di filosofia morale. Egli stesso fa i nomi di questi notabili bolognesi: gli umanisti Leandro Alberti, Romolo Amaseo e Achille Bocchi, Francesco Bolognetti, amico di Marcantonio Flaminio, che diverrà senatore, il cavaliere Giulio Danesi, dei tre figli del quale il Fileno era precettore e ad essi dedicò tre dei suoi Carmina, il conte Cornelio Lambertini, il patrizio Alessandro Manzoli, grande amico del cardinale Jacopo Sadoleto.[6]
In questi conviti liberali il Fileno esprimeva la necessità di «istituire una nuova vita degna del tempio dello Spirito Santo e di Dio»: non era infatti bene seguire la vita della carne, ma quella dello spirito, e «mostrare carità verso i poveri, umanità fra gli uomini, fraternità, misericordia e umiltà nel correggere i peccati altrui, e osservare le leggi dello Stato».[7] L'accento è posto soprattutto sulla presenza che nella vita del cristiano deve avere lo Spirito, una sottolineatura che esclude la pratica di qualunque superstizione: «Come cristiano, io di questo solo mi curo, di eliminare le superstizioni che annullano la fede di Cristo».[8] La superstizione rappresenta per il Fileno «una vana e falsa religione che certamente attiene anche a una mancanza di fede: infatti negli Atti Paolo chiama gli Ateniesi superstiziosi, ossia falsamente religiosi, e agli Efesini ricorda che il culto degli angeli è una superstizione. La superstizione è un delitto non contro la seconda tavola del Decalogo, che riguarda la carità, ma contro la prima, che attiene alla fede».[9]
La distinzione qui introdotta tra violazione della legge della fede e legge della carità equivale alla distinzione tra superstizioso ed eretico: il primo si pone fuori dal cristianesimo, come furono i pagani ateniesi o gli adoratori di falsi culti ricordati da Paolo, e come può essere «un Giudeo o un Turco», il secondo invece «pensa e crede di rimanere nella fede pur dicendo di trovare in essa molti errori»,[10] ma negare certe verità contenute nella Scrittura non significa negare la fede in Cristo. Per questo motivo, «il superstizioso è un infedele più detestabile di un eretico».[11]
La prima «superstizione e abominazione», secondo il Fileno, è l'opinione, molto diffusa tra i cristiani e persino tra i sacerdoti, è che la messa sia un nuovo e reale sacrificio per i peccati, anziché la memoria dell'unico sacrificio di Cristo:[12] si tratta di un argomento sviluppato da Lutero ne L'abolizione delle messe private, un opuscolo posseduto e letto dal Fileno, come dovrà ammettere al processo, «ma solo allo scopo di confutarlo».[13] La sua difesa al processo consistette nel negare che il rito della messa fosse in sé una superstizione, evitando tuttavia di pronunciarsi sul merito del valore oggettivo del sacramento, e nel sottolineare invece che la messa è fatta oggetto di superstizioni che impediscono al cristiano di trasformare la sua fede in carità.[14]
Einzelnachweise
- ↑ L’ipotesi di identificazione fu avanzata per la prima volta da Frederic Church, The Italian Reformers, 1534-1564 (1932), tr. it., Firenze 1935, e fu confermata da Alfredo Casadei, Lisia Fileno e Camillo Renato, 1939
- ↑ Come risulta dalla testimonianza del frate Cipriano Quadrio nel processo ferrarese, in ms B 1928, f. 53v, Biblioteca dell'Archiginnasio, Bologna.
- ↑ Apologia Lysiae Pauli Riccii Philaeni Siculi nomine Haereseos Ferrariae detenti Hercule II Duce III foeliciter imperante anno 1540, ms B 1928, f. 53v.
- ↑ Apologia, cit., ff. 37v-38r.
- ↑ Apologia, cit., f. 43v: «coepi aliquot virorum gravissimorum atque peritissimorum et optimorum civium amicitiam atque benevolentiam ambire».
- ↑ Jacopo Rainieri, Diario bolognese, 1887, p. 36.
- ↑ Apologia, cit., f. 12v.
- ↑ Apologia, cit., f. 47v.
- ↑ Apologia, cit., f. 37r. La tradizione afferma che delle due tavole di Mosè, nella prima fossero contenuti i primi tre comandamenti, esprimenti la «legge della fede», e nella seconda gli altri sette, esprimenti la «legge della carità».
- ↑ Apologia, cit., f. 34v.
- ↑ Apologia, cit., f. 37v.
- ↑ Apologia, cit., f. 32v.
- ↑ Apologia, cit., f. 53r.
- ↑ Apologia, cit., f. 34r: «superstitiones, sed non esse in missa verum circa missam».
Werke
- Apologia Lysiae Paul Riccii Philaeni Siculi nomine haereseos detenti Hercule II Duce III foeliciter imperanze, Ferrara 1540, Nachdr. Opere, 33-108;
- Trattato del battesmo e de la sancta cena, Ms. Burgerbibliothek Bern A. 93.13, Druck: Opere 93-108;
- Certa in Symbolum professio ad Fridericum Salicem virum optimum, 1547, Nachdr. Opere 111-115;
- Antonio Rotondò, Camillo Renato, Opere. Documenti e testimonianze, Firenze 1968
Literatur
- Hans J. Hillerbrand: Camillo Renato (Paul Ricci, Lisia Phileno). In: Hillerbrand: Oxf. Encycl. of the Ref. 3. 1996, 421f.
- Trechsel: Die protestantischen Antitrinitarier vor Faustus Socin, Band 2. Heidelberg 1893.
- Delio Cantimori: Italienische Haeretiker der Spätrenaissance. Basel 1949.
- George Huntston Williams: Camillo Renato (c. 1500-1575). In: John A. Tedeschi (Hg.): Italian Reformation Studies in honor of Laelius Socinus, Florenz 1965, S. 103-183.
- George Huntston Williams: Camillo Renato called also Lysias Philaenus and Paulo Ricci (c. 1500 - ca 1575): Forerunner of Socinianism on individual immortality. In: Harry Austryn Wolfson. Jubilee Volume on the Occassion of his seventy-fifth Birthday, Jerusalem 1965, S. 833-870
Weblinks
- Erich Wenneker: Renato, Camillo, (Paolo Ricci, Lisia Filene). In: Biographisch-Bibliographisches Kirchenlexikon (BBKL). Band 8, Bautz, Herzberg 1994, ISBN 3-88309-053-0, Sp. 30–34.
- Renato, Camillo (o Paolo Ricci o Lisia Fileno o Fileno Lunardi) (ca.1500-1575). In: heresie.it. Abgerufen am 6. November 2009.
Laharpe (in Arbeit)
Frédéric-César de la Harpe (* 6. April 1754 in Rolle VD; † 30. März 1838 in Lausanne), auch de Laharpe , war ein Schweizer Politiker der Helvetik und Erzieher des Zaren Alexander I. von Russland.
Totengräber oder Retter der Eidgenossenschaft
Infolge einer von ihm 1790 an die Berner Regierung gerichteten Denkschrift, worin er im Namen seiner Mitbürger die Einberufung der waadtländischen Stände verlangte, wurde er als Feind der Aristokratie und als Revolutionär geächtet. Seinen Feinden gelang es darauf in Sankt Petersburg seine Entlassung zu erwirken. Laharpe ging 1795 nach Genf, wo er heftig gegen die Herrschaft Berns über die Waadt agitierte.
- Comme il est proscrit par Leurs Excellences de Berne, il ne peut s’installer dans le Pays de Vaud, il s’établit en août 1795 en territoire genevois à Genthod où il s’occupe des travaux de la campagne.
- En 1796. il s’installe à Paris pour s’occuper de la réhabilitation de son cousin Amédée.
- À Paris, il crée le "Club helvétique".
1796 zog er nach Paris, wo er dem französischen Direktorium den Anlass zur Intervention in der Schweiz gab, indem er sich auf den von Frankreich garantierten Lausanner Vertrag von 1564 berief, in dem der Waadt ihre bestehenden Freiheiten zugesichert waren. Er wurde deshalb in konservativen Kreisen als «Totengräber der Alten Eidgenossenschaft» bezeichnet. Laharpe war zeitweise der unbestrittene Führer der radikalen schweizerischen Revolutionärspartei, der sog. Patrioten.
- 1796, il publie un essai sur la Constitution du Pays de Vaud
- Le 9 décembre 1797, il remet au Directoire français une pétition réclamant la garantie de la France, en application du traité de Lausanne de 1564.
- le Directoire exécutif de France déclare aux membres des gouvernements de Berne et de Fribourg qu’ils « répondront personnellement de la sûreté individuelle et des propriétés des habitants du Pays de Vaud » qui pourraient s’adresser à la France.
- Le 23 janvier 1798, le général Ménard confirme la protection de la France au Comité de la ville de Nyon. La Harpe s’adresse à ses concitoyens du Pays de Vaud : « Vous devez, à l’instant, proclamer votre indépendance ».
- Le 24 janvier 1798, l’indépendance est déclarée
- Le 28 janvier 1798, les troupes françaises pénètrent en Suisse
Helvetische Republik
Als nach dem von ihm und Peter Ochs mit dem Direktorium verabredeten Plan die Eidgenossenschaft 1798 von den Franzosen in die Helvetische Republik umgewandelt worden war, wurde er als zu seiner Enttäuschung wegen des Widerstands der Republikaner nicht ins erste helvetische Direktorium gewählt. Erst durch Druck des französischen Gesandten wurde er am 29. Juni 1798 zusammen mit Ochs Mitglied des Direktoriums und benutzte sein diktatorisches Übergewicht im Direktorium zu Gewaltmassregeln, durch die er die von allen Seiten bedrohte Einheitsrepublik zu retten hoffte. Nachdem im Staatsstreich vom 7. Januar 1800 das Direktorium gestürzt worden war, musste Laharpe erneut das Land verlassen und nach Paris flüchten.
- Le 12 avril 1798, la République helvétique est crée
- Juin 1798-janvier 1800, il est membre du Directoire de la République helvétique dont il est chassé par un coup d’État. Arrêté, il réussit à s’enfuir à Payerne lors de son transfert à Berne et se réfugie en France où il promet à Bonaparte de ne plus se mêler de politique intérieure suisse
Exil in Paris
Nachdem er 1801 bis 1802 auf Einladung Zar Alexanders I. eine Reise nach Russland gemacht hatte, lebte er auf einem Landhaus bei Paris, empfing 1814 nach dem Einrücken der Verbündeten von Zar Alexander die Würde eines Generals mit dem Andreasorden und bewog diesen, die von Bern beabsichtigte Wiederherstellung des alten Untertanenverhältnisses der Waadt und des Aargaus nicht zu gestatten.
- Le 23 mars 1801, le tsar [[Paul Ier de Russie|Paul IVorlage:Er]] est assassiné, son fils Alexandre devient tsar. De La Harpe se rend à Saint-Pétersbourg pour le conseiller discrètement.
- En mai 1802, sentant l’hostilité de l’entourage du tsar à sa présence, il quitte la Russie et s’établit à Plessis-Piquet en France.
- 1803, Bonaparte proclame l’acte de médiation.
- Il suit de près les travaux préparatoires de l’Acte de Médiation. Dans une lettre du 1Vorlage:Er février 1803 au tsar Alexandre IVorlage:Er, il ne cache pas sa méfiance à l’égard du régime fédéraliste et sa préférence pour le système unitaire: « Que de peines on s’est données pour faire une détestable besogne, tandis que huit jours eussent suffi pour suppléer tout ce que requerrait un gouvernement unique et central ! »
- C'est en 1803 que le peintre Jacques Augustin Catherine Pajou réalise son portrait, tableau conservé de nos jours à Lausanne, au musée historique.
Wiener Kongress
Auch ist es seinem Einfluss auf den Zaren zu verdanken, dass die Schweiz nicht aufgeteilt oder als Monarchie in den Deutschen Bund eingegliedert wurde. Nach seiner Tätigkeit als Gesandter der Waadt und des Tessin sowie als inoffizieller Anwalt der Schweiz am Wiener Kongress, siedelte er 1816 nach Lausanne über und starb dort hochverehrt.
- Le 21 décembre 1813, les armées des Alliés entrent en Suisse.
- Le 2 mars 1814, à Chaumont, par appel de la Harpe, Alexandre IVorlage:Er parvient à faire admettre aux Alliés, par les négociations effectuées par son ambassadeur Capo d’Istria, l’existence des dix-neuf cantons de 1803. Le Pays de Vaud est sauvé et son existence ne sera pas mise en cause lors du traité de Vienne où il se rendit.
Zurück in der Waadt
- Août 1816, il s’établit à Lausanne.
- 1816-1828, il siège au grand conseil du canton de Vaud.
Einzelnachweise
Weblinks
- Antoine Rochat: La Harpe, Frédéric-César de. In: Historisches Lexikon der Schweiz.
- Sonia Arnal: Frédéric-César Laharpe "fossoyeur" puis sauveur des Suisses (französisch)
- La Harpe, Frédéric-César (französisch)
Werner Neuhaus (in Arbeit)

Werner Neuhaus (* 1. Oktober 1897 in Burgdorf; † 22.August 1934 in Burgdorf) war ein deutsch-schweizerischer Maler des Expressionismus.
Leben
- Alfred Fankhauser: Die Brueder der Flamme. Roman. Zuerich 1983. ISBN 3-85681-376-4.
Literatur
- Anna Schafroth (Hrsg.): Werner Neuhaus : Maler zweier Welten ; 1897 - 1934, Mit einem Beitrag von Charles Linsmayer, Muensingen-Bern 1997. ISBN 3-85681-347-8
- Anna Schafroth: Werner Neuhaus 1897–1934 – Ein Schüler Cuno Amiets. In: Jahrbuch des Oberaargaus, (44) 2001. S. 45-73.
Weblinks
Tapan Bhattacharya: Neuhaus, Werner. In: Historisches Lexikon der Schweiz.
Werner Steiner (in Arbeit)
Werner Steiner (* 20. Januar 1492 in Zug; † 6. Oktober 1542 in Zürich) war ein er Chronist der Reformationszeit.
Leben
Leistungen
DIE GEDRUCKTEN BESTÄNDE IM STAATSARCHIV DES KANTONS ZÜRICH [1] Zum Archiv der Familie von Steiner, ehemals Gerichtsherren von Uitikon-Ringlikon, gehört eine in Venedig von Girolamo de’ Paganini gedruckte Bibel von 1497 – das älteste Buch des Staatsarchivs Zürich überhaupt –, die Werner Steiner (1492–1542) am 9. Juni 1519 noch als Altgläubiger auf seiner Pilgerfahrt nach Jerusalem in Venedig gekauft hat. (Zwei weitere Bücher, die Steiner bei Gelegenheit dieser Reise gekauft hat, befinden sich heute in der Zentralbibliothek, nämlich die ebenfalls in Vene-dig gekaufte „Descriptio terrae sanctae“ von Burchardus de Monte Sion und ein in Mailand gekauftes Missale Ambrosianum.
Werk
Literatur
- Wilhelm Meyer: Der Chronist Werner Steiner (1492–1542). Ein Beitrag zur Reformationsgeschichte von Zug. In: Der Geschichtsfreund 65, 1910, S. 57–215.
- Helmut Puff: Sodomy in Reformation Germany and Switzerland. 1400-1600.
- Helmut Puff: The Reform of Masculinities in Sixteenth-Century Switzerland: A Case Study. In: Scott H. Hendrix, Susan C. Karant-Nunn (Hg.) Masculinity in the Reformation Era. S. 21-44.
- Jean-Pierre Bodmer: Werner Steiner und die Schlacht bei Marignano. In: Zwingliana 12, 1965, S. 241–247.
- Jean-Pierre Bodmer: Werner Steiners Pilgerführer. In: Zwingliana 12, 1964, S. 69–73.
- Theodor von Liebenau: Aus Wernher Steiner’s Leben und Schriften. In Anzeiger für schweizerische Geschichte. 1885.
- Theodor von Liebenau: Beschreibung des II. Cappelerkrieges von Werner Steiner von Zug. In: Anzeiger für Schweizerische Geschichte. 1884.
- Georg von Wyß: Steiner, Wernher. In: Allgemeine Deutsche Biographie (ADB). Band 35, Duncker & Humblot, Leipzig 1893, S. 707–709.
- Melchior Kirchhofer: Wernher Steiner, Bürger von Zug und Zürich. Winterthur 1818. Digitalisat
- Richard Feller, Edgar Bonjour: Geschichtsschreibung der Schweiz vom Spätmittelalter zur Neuzeit. Basel/Stuttgart 1979. S. 172–174.
- Franz Karl Stadlin: Topographie des Kantons Zug. Luzern 1824. S. 353-364.
Weblinks
Einzelnachweise
Joseph Eutych Kopp (in Arbeit)

Joseph Eutych Kopp (* 25. April 1793 Beromünster; † 25. Oktober 1866 Luzern) war ein Schweizer Philosoph, Dichter, Historiker und Politiker.
Leben
Joseph Eutych Kopp wurde 1793 als Sohn eines Kleinbauern in Beromünster geboren. Er besuchte die Stiftsschule in Beromünster und das Lyzeum von Luzern. Von 1812 bis 1814 studierte er klassische Philologie in Freiburg im Breisgau. Nach einem Studienaufenthalt in Paris (1815) kehrte er in die Schweiz zurück und fand eine Anstellung als Lehrer bie Fellenberg an der Schule von Hofwil und danach an der Bezirksschule von Zurzach. Ab 1819 bis kurz vor seinem Tode war er Lehrer für alte Sprachen am Lyzeum von Luzern. Neben seiner Tätigkeit im Schuldienst trat Kopp als Dichter, Politiker und vor allem als Geschichtsforscher an die Öffentlichkeit.
Der Dichtkunst fühlte er sich seit jungen Jahren verpflichtet.[1] Ihm gefiel die Form von dramatischen Gedichten, in welchen er historische Stoffe zum Ausdruck brachte. Ein erstes Trauerspiel über König Albrecht I. veröffentlichte er 1824. Ihm sollte eine ganze Reihe dramatischer Dichtungen folge, die er zum Teil explizit für seine Schüler schrieb.
Leistungen
Werk (Auswahl)
- Geschichtsblätter aus der Schweiz. 2 Bde. Luzern 1854-1856.
- Geschichte der eidgenössischen Bünde mit Urkunden. 5 Bde. Leipzig 1845-1882.
- Amtliche Sammlung der ältern eidgenössischen Abschiede 1291-1420. Mit den ewigen Bünden, den Friedbriefen und andern Hauptverträgen, als Beilagen. Erste Auflage, Luzern 1839.
- Urkunden zur Geschichte der Eidgenössischen Bünde. Luzern 1835-1851.
- Der Geschichten Schweizerischer Eidgenossenschaft durch Johannes Müller wörtlicher Auszug für Schulen und Liebhaber. Luzern 1828.
- Roth und Schwarz, oder, Die Sühne: Schauspiel in einem Aufzuge: geschrieben im Hornung 1858; angehängt sind dem Gedichte zwei historische Belege, auf welchen dasselbe beruht. Luzern 1859.
- Dramatische Gedichte. 4 Bde. Luzern 1855-1866.
- König Albrecht der Erste: Trauerspiel in 5 Aufzügen. Bern 1824. (erschienen unter dem Namen Karl Kopp)
Literatur (Auswahl)
- Guy P. Marchal: Geschichtsbild im Wandel 1782-1982. Historische Betrachtung zum Geschichtsbewusstsein der Luzerner im Spiegel der Gedenkfeiern zu 1332 und 1386. Luzern 1982.
- Boesch Gottfried: Joseph Eutych Kopp (1793-1866): Eine Übersicht über den Briefwechsel Kopps in der Zentralbibliothek Luzern. In: Der Geschichtsfreund 120 (1967), S. 134-155.
- Alois Lütolf: Joseph Eutych Kopp als Professor, Dichter, Staatsmann und Historiker dargestellt. Luzern 1868
- Meyer von Knonau: Kopp, Joseph Eutych. In: Allgemeine Deutsche Biographie (ADB). Band 16, Duncker & Humblot, Leipzig 1882, S. 685–690.
- Marcel Beck: Kopp, Joseph Eutych. In: Neue Deutsche Biographie (NDB). Band 12, Duncker & Humblot, Berlin 1980, ISBN 3-428-00193-1, S. 568 f. (Digitalisat).
- Richard Feller, Edgar Bonjour: Geschichtsschreibung der Schweiz, S. 675-680.
Weblinks
- Heidi Bossard-Borner: Kopp, Joseph Eutych. In: Historisches Lexikon der Schweiz.
Einzelnachweise
- ↑ Sein erster Versuch war ein griechisches Widmungsgedicht an seinen Lehrer 1809. Beck, S. 569.
kkz in Arbeit
Französischer Zug
Der französische Zug ist durch viel weniger Quellen gestützt als der Deutsche.
Der französische Zug, der angeblich etwa 30.000 Personen zählte, wurde von Stephan aus Cloyes geführt. Er begann in Cloyes, ungefähr 120 km südwestlich von Paris, und führte über Orléans und Lyon nach Marseille.
Angeblich wurden 5.000 der französischen Kinder von zwei Kaufleuten – Hugo Ferreus und Wilhelm de Posquere – auf sieben Schiffe gelockt. Zwei kenterten vor Sardinien. Die restlichen Kinder wurden in Nordafrika als Sklaven verkauft. Hinweise darauf finden sich einerseits in Quellen, die berichteten, dass ein Kalif in Nordafrika 400 Kinder kaufte und sie aus Respekt vor ihrer Religion gut behandelte. Ein weiterer Beleg ist eine noch heute existierende Kirche namens Chiesa dei Novelli Innocenti in Carloforte, Sardinien, vor dessen Küste sich die beiden Havarien ereignet haben sollen.
LexMa
Kinderkreuzzug. Als Folge der Kreuzzugsbewegung und -begeisterung brachen 1212 einige Tausend 'Kinder' unter Führung eines Kölner Knaben Nikolaus zu einem eigenen Kreuzzug ins Hl. Land auf. Er hatte seinen Ursprung in den Rheinlanden und in Niederlothringen und sollte nach Überquerung der Alpen von Genua aus auf dem Schiffsweg nach Palästina führen, endete jedoch für jenen Teil, der nicht im Herbst 1212 nach Hause zurückkehrte, zumeist auf mediterranen Sklavenmärkten. Neben Kindern und Jugendlichen nahmen auch Gruppen von Erwachsenen und Klerikern an dem unbewaffneten, schlecht organisierten und auch vom Papsttum nicht unterstützten Zug teil. Der frz. Kg. vermochte eine Gruppe unter Führung eines Knaben Stephan aus dem Vendômois, der sich auf eine Erscheinung Christi als armer Pilger und einen Himmelsbrief berief, in St-Denis aufzulösen. Die neuere Forsch. tendiert - wenn auch durch die Terminologie der zeitgenöss. Q. kaum gestützt - dazu, als Teilnehmer des K.s eher Arme und Randständige der ma. ländl. Gesellschaft anzunehmen, die in göttl. Auftrag das Scheitern der offiziellen Kreuzzüge wettzumachen suchten. Weitere 'K.e' hat es im späteren MA in Gestalt von Kinderwallfahrten gegeben: So brachen 1456-59 viele hundert Kinder aus der Schweiz, aus Mittel- und Westdeutschland nach dem Mont Saint-Michel auf. In diesem Zusammenhang wäre auch an die Sage des Auszugs der Hämelschen Kinder zu denken.