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Mammut (zoologia)

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Mammut
Scheletro di mastodonte americano (Mammut americanum) al Senckenberg Naturmuseum di Francoforte sul Meno
Stato di conservazione
Fossile
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseMammalia
OrdineProboscidea
FamigliaMammutidae
GenereMammut
Blumenbach, 1799

Mammut Blumenbach, 1799 è un genere estinto della famiglia Mammutidae all'interno dell'ordine dei Proboscidati. Era diffuso principalmente in Nord America, dove è documentato dal Miocene superiore, circa nove milioni di anni fa, fino alla fine del Pleistocene, circa 11 000 anni fa. Il suo rappresentante più noto è il mastodonte americano. Singole specie sono state segnalate anche in Eurasia, ma la loro attribuzione certa a Mammut non è del tutto sicura. Se tale attribuzione fosse corretta, questi rappresentanti del genere si sarebbero estinti già nel passaggio dal Pliocene al Pleistocene.

I membri del genere Mammut erano grandi proboscidati, caratterizzati da un corpo e da un cranio allungati. Le zanne erano presenti quasi esclusivamente nella mascella superiore e potevano essere dritte o ricurve verso l'alto. Le zanne inferiori erano regredite, talvolta presenti solo come formazioni rudimentali. I denti posteriori si distinguevano per creste trasversali affilate. Tutte le specie del genere Mammut vivevano prevalentemente in ambienti forestali e si nutrivano soprattutto di vegetali teneri, come foglie, aghi e ramoscelli. È possibile che formassero già, in modo simile agli odierni elefanti, piccoli gruppi familiari.

Il nome del genere Mammut fu introdotto scientificamente già nel 1799, ma si impose soltanto verso la metà del XX secolo. In precedenza la maggior parte degli studiosi classificava i suoi rappresentanti con la denominazione "Mastodon", oggi ritenuta non valida. Spesso il nome scientifico Mammut, appartenente ai Mammutidae, viene confuso con il termine comune "mammut", che in realtà si riferisce al genere Mammuthus, più strettamente imparentato con gli elefanti e quindi appartenente a una linea evolutiva distinta all'interno dei proboscidati.

Mammut era un grande rappresentante dei proboscidati e, nell'aspetto generale, somigliava agli elefanti attuali. Tuttavia, la sua conformazione complessiva era più bassa, con un dorso più allungato e arti più robusti. Per lo scheletro quasi completo del cosiddetto "mastodonte di Warren" del fiume Hudson, nello Stato di New York,[1] appartenente al mastodonte americano (Mammut americanum), sono stati indicati una lunghezza totale di 455 cm e un'altezza alla spalla di 278 cm.[2] Il peso corporeo stimato, calcolato tramite comparazioni dimensionali basate sul femore lungo circa 106 cm, era di 7,8 t.[3] Altri femori, lunghi da 98 a 122 cm, hanno fornito stime di peso comprese tra 3,6 e 11 t, con un'altezza massima al garrese di 325 cm.[4][3] Ancora più grande era la specie Mammut borsoni, il cui femore raggiungeva 150 cm di lunghezza, corrispondente a un'altezza alla spalla di 410 cm e a un peso di circa 16 t, che la colloca tra i più grandi proboscidati conosciuti.[3]

Cranio di Mammut americanum.

Il cranio era allungato, simile a quello di Zygolophodon, ma più fortemente convesso, tanto da poter essere definito a forma di cupola. Non raggiungeva comunque l'elevata altezza dei crani degli elefanti odierni. A differenza di altri mammutidi, Mammut possedeva solo zanne superiori, ben distanziate, che erano per lo più diritte o ricurve verso l'alto. Nel "mastodonte di Warren" le zanne superiori misuravano, lungo la curvatura, 262 cm, di cui circa 60 cm (quasi un quarto) erano inseriti nei robusti alveoli.[2] Per altri individui si indicano lunghezze comprese tra 200 e 290 cm, diametri di 19-22 cm e un peso stimato tra 56 e 88 kg.[5] La particolare conformazione cranica faceva sì che le zanne uscissero dagli alveoli in posizione quasi orizzontale, mentre negli elefanti, dotati di crani più compatti, emergono quasi verticalmente. Anche Zygolophodon presentava zanne orizzontali, ma queste si incurvavano poi verso il basso e possedevano una sottile fascia di smalto esterna, assente in Mammut. Nella mandibola di Mammut le zanne erano rare e, quando presenti, piccole o rudimentali; di conseguenza, anche i loro alveoli, originariamente collocati ai lati della sinfisi mandibolare, erano ridotti. Questa regressione portò a un accorciamento della sinfisi stessa, conferendo a Mammut un carattere brevirostro (muso corto). Al contrario, Zygolophodon manteneva robuste zanne inferiori e una lunga sinfisi mandibolare, quindi un aspetto longirostro (muso lungo).[6][7][8]

Mandibola di Mammut pacificus.
Denti di Mammut americanum, in alto: frammento di mandibola con due denti e il tipico schema dei denti zigodonti; in basso: serie completa di denti (da sinistra a destra: dal 2° al 4° premolare, dal 1° al 3° molare) con aumento chiaramente visibile del numero di creste e delle dimensioni complessive.

La dentatura mostra tratti che avvicinano Mammut a proboscidati più evoluti, come gomfoteri ed elefanti. Tra questi vi è il ricambio dentario orizzontale: nuovi denti si formavano continuamente nella parte posteriore della mascella, mentre quelli anteriori si usuravano e venivano sostituiti, cosicché pochi denti erano in funzione simultaneamente. Ciò contrasta con il ricambio verticale della maggior parte dei mammiferi, in cui tutti i denti si trovano contemporaneamente in posizione funzionale. Come negli elefanti moderni, Mammut sviluppava fino a sei generazioni di denti.[9] La formula dentaria è indicata frequentemente come .[2] La struttura dei denti, però, presenta nette differenze rispetto ad altri gruppi di proboscidati. Mammut, come gli altri mammutidi, possedeva denti chiaramente zigodonti e zigolofodonti, caratterizzati da creste trasversali affilate che univano piccoli tubercoli opposti. Di solito una scanalatura longitudinale divideva le creste in due metà, e tra le creste si aprivano profonde depressioni che conferivano alla superficie un aspetto a tetto. Nei gomfoteri, con la loro dentatura bunodonte, piccole cuspidi aggiuntive riempivano le scanalature, creando un disegno più irregolare; negli elefanti, invece, la superficie è formata da lamelle parallele. Nei molari superiori di Mammut le creste erano orientate perpendicolarmente all'asse del dente, mentre negli inferiori erano leggermente inclinate. Premolari e molari differivano per numero di creste: i due premolari anteriori erano bilofodonti (due creste), il terzo premolare e i primi due molari trilofodonti (tre creste), e l'ultimo molare possedeva quattro o più creste, oltre a un robusto cingolo terminale (un rilievo di smalto).[10][11] Procedendo dal primo premolare all'ultimo molare, la dimensione dei denti aumentava: il primo misurava in media 3,3 cm di lunghezza, l'ultimo poteva raggiungere 19 cm.[11][2] Rispetto a Zygolophodon, Mammut sviluppò denti con corona più alta e maggiore larghezza.[6][7][9]

Nello scheletro postcraniale, la maggior parte dei grandi proboscidati presenta una struttura simile, con poche particolarità. Le ossa degli arti erano in generale massicce e robuste, con omero e femore come elementi più grandi. L'ulna (osso dell'avambraccio) era particolarmente robusta all'estremità inferiore, sostenendo gran parte del peso dell'arto anteriore. Tibia e perone erano completamente separati; il perone terminava in un'estremità distale piatta ma sporgente lateralmente. Mani e piedi, come in tutti i proboscidati, erano composti da cinque dita; le singole ossa erano corte e compatte, ma nel complesso il piede era più stretto della mano.[10]

Distribuzione e habitat

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Il genere Mammut era diffuso sia in Nord America sia in Eurasia. Tuttavia, per quest'ultima area la questione non è del tutto chiara, poiché alcuni studiosi assegnano i reperti eurasiatici in parte o del tutto al genere Zygolophodon. In Nord America questi animali erano presenti dal Grande Nord, corrispondente agli attuali Alaska e Territorio dello Yukon, fino al Messico. Gran parte dei ritrovamenti si concentra nella parte nord-orientale e centrale del continente.[12][13] Il punto di rinvenimento più meridionale è rappresentato da un molare proveniente dal nord dell'Honduras, ma la sua precisa provenienza stratigrafica resta incerta.[14][15] A differenza di alcuni rappresentanti dei gomfoteri, suoi contemporanei, Mammut non raggiunse mai il Sud America.[7] Nel Nord America centrale il genere era diffuso dall'Atlantico al Pacifico, con importanti concentrazioni di ritrovamenti nella regione dei Grandi Laghi e nell'attuale Florida. Nonostante l'ampia distribuzione geografica, vi sono marcate differenze cronologiche: la maggior parte dei reperti risale all'ultima glaciazione e appartiene alle specie Mammut americanum e Mammut pacificus, comprendendo anche scheletri eccezionalmente ben conservati. Al contrario, le testimonianze più antiche, soprattutto quelle delle fasi evolutive iniziali, sono più rare, frammentarie e sparse.[16][17]

In Eurasia il principale centro di distribuzione si trova nella parte orientale e sud-orientale dell'Europa,[18][19] soprattutto dall'attuale Grecia verso nord fino all'Ucraina. Alcuni ritrovamenti molto occidentali provengono dalla Spagna,[8] mentre nell'Europa centrale la presenza del genere è piuttosto sporadica. Le segnalazioni più orientali si estendono attraverso il Vicino Oriente fino all'Asia orientale, ma per ora si limitano a pochi reperti.[20][21][7][22]

Paleobiologia

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Alimentazione

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Le informazioni sulla paleobiologia dei mammutidi in generale e del genere Mammut in particolare provengono soprattutto dallo stadio terminale della linea evolutiva, rappresentato dal mastodonte americano, che sopravvisse fino alla fine del Pleistocene. Le varie specie di Mammut si nutrivano principalmente di vegetazione tenera, prediligendo foglie, ramoscelli e materiale simile. Questa dieta è indicata dal carattere zigodonte e zigolofodonte dei molari, le cui creste trasversali e profonde valli erano perfettamente adattate a tale tipo di alimentazione. La conferma proviene anche da resti vegetali conservati sui denti, in coproliti e nel contenuto gastrico, nonché da analisi isotopiche condotte sul mastodonte americano.[16][23][24][25] Il frequente ritrovamento di resti scheletrici in prossimità di antichi bacini idrici suggerisce inoltre una dipendenza dall'acqua, simile a quella degli elefanti attuali. Nella fase finale della loro storia evolutiva, i Mammut nordamericani convivevano con varie specie di elefanti del genere Mammuthus, come il mammut colombiano (Mammuthus columbi) e il mammut lanoso (Mammuthus primigenius), caratterizzati invece da una dieta prevalentemente erbivora. Le differenti abitudini alimentari, confermate anche dalle analisi polliniche dei siti fossili, indicano che le due linee di proboscidati occupavano habitat diversi, riducendo così la competizione: si ritiene che Mammut prediligesse soprattutto ambienti forestali e Mammuthus i paesaggi aperti.[26]

Comportamento sociale

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Le questioni relative alla sociobiologia sono molto più difficili da chiarire, poiché un confronto diretto con gli elefanti attuali risulta problematico. Tuttavia, nel mastodonte americano è documentato un dimorfismo sessuale, che interessa tra l'altro la mandibola: spesso gli individui maschi presentano mandibole più massicce. Le piccole zanne inferiori, talvolta presenti, non rappresentano però – secondo alcune analisi – un carattere esclusivo dei maschi, ma si riscontrano in entrambi i sessi. Anche le differenze di crescita e dimensione delle zanne superiori possono essere interpretate come sessualmente specifiche. Negli elefanti odierni il marcato dimorfismo sessuale è legato a una struttura sociale gerarchica. In alcune zanne delle femmine si osservano anomalie di crescita che interrompono, ogni tre o quattro anni, l'aumento continuo delle dimensioni: un fenomeno spiegabile, ad esempio, con periodiche carenze minerali, come quelle dovute alla produzione di latte per la prole. L'intervallo tra le nascite nelle femmine degli elefanti attuali, compreso tra quattro e otto anni, corrisponde bene ai cicli di crescita riscontrati nelle femmine di mastodonte americano. Anche l'età del primo manifestarsi di tali anomalie, attorno ai dieci anni, coincide con il raggiungimento della maturità sessuale sia nelle femmine sia nei maschi degli elefanti moderni.[27]

Alcuni scheletri di mastodonte americano mostrano fratture costali e lesioni simili, talvolta letali. Ulteriori analisi indicano che la morte di molti individui avveniva in primavera, un dato che potrebbe essere collegato a lotte territoriali tra maschi durante la stagione riproduttiva. Nei maschi degli elefanti attuali la riproduzione è infatti regolata dal musth, caratterizzato da secrezioni della ghiandola temporale; tuttavia, a causa della mancanza di tessuti molli fossili, non sappiamo se questo fenomeno si verificasse anche nei mammutidi.[28][29] Alcuni studiosi ipotizzano che Mammut, analogamente agli elefanti moderni, vivesse in unità sociali basate su gruppi madre-prole, che talvolta si aggregavano in mandrie più ampie.[26] Anche il comportamento migratorio dei maschi potrebbe essere stato simile a quello degli elefanti attuali, come suggeriscono le analisi isotopiche condotte su diverse fasi di crescita delle zanne del "mastodonte di Buesching" rinvenuto in Indiana (USA). Tali studi hanno evidenziato differenze tra la fase giovanile (9-14 anni "di zanna") e quella adulta (29-32 anni "di zanna"): mentre i giovani, che probabilmente si spostavano con il gruppo materno, non mostravano preferenze territoriali, gli adulti compivano migrazioni più ampie, pari in media a 27 km al mese, e presentavano una separazione stagionale degli habitat, con rifugi primaverili ed estivi probabilmente utilizzati per la riproduzione.[30]

Presenza di pelliccia

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Spesso alcune specie del genere Mammut vengono ricostruite con un fitto mantello di pelo. Gli attuali grandi mammiferi terrestri, come elefanti, rinoceronti e ippopotami, sono in gran parte privi di pelliccia, un adattamento legato alla loro diffusione in ambienti dal clima caldo o temperato-caldo. Poiché un rivestimento di peli trattiene e disperde male il calore corporeo prodotto, la perdita del mantello rappresenta una forma di termoregolazione che protegge l'organismo da un surriscaldamento eccessivo. Ciò doveva valere anche per la maggior parte dei rappresentanti del genere Mammut durante le condizioni climatiche più miti del Miocene e del Pliocene. Tuttavia, il mastodonte americano visse nel Pleistocene anche nelle regioni settentrionali del Nord America, ma in quanto specialista brucatore e abitante delle foreste non era adattato a climi estremamente freddi. Di questa specie è noto finora un solo ritrovamento certo di peli: essi sono stati scoperti presso il Milwaukee Mastodont Site, nei pressi di Milwaukee (Wisconsin, USA), dove erano aderenti, insieme a resti di pelle, ad alcuni frammenti cranici. I singoli peli presentano una sezione cava, una caratteristica che li distingue da quelli del mammut lanoso.[31][32]

Mammutidae 

 Eozygodon 

 Zygolophodon

 Sinomammut

 Mammut

Sistematica interna dei Mammutidae secondo Mothé et al. (2016)[33]

Mammut è un genere appartenente alla famiglia estinta dei Mammutidae, nell'ordine dei Proboscidati (Proboscidea). In base al secondo molare trilofodonte (con tre creste trasversali), i Mammutidae rientrano all'interno del gruppo superiore degli Elephantiformes, che si distingue dai proboscidati più antichi, dotati di molari bilofodonti (con due creste trasversali), i quali vengono spesso riuniti nel gruppo dei Plesielephantiformes.[34] I primi Elephantiformes comprendevano due grandi linee evolutive, i Mammutidae e i Gomphotheriidae, che comparvero più o meno nello stesso periodo. Differenze significative tra queste due famiglie si osservano soprattutto nella struttura dei denti. I mammutidi presentavano molari zigodonti, mentre molte specie di gomfoteri possedevano una superficie masticatoria bunodonte. In entrambi i tipi dentali erano presenti file di cuspidi appaiate, disposte trasversalmente rispetto all'asse longitudinale del molare, formando così le singole creste. Di norma, una scanalatura centrale divideva ogni cresta in due metà, e lungo questa fessura si sviluppavano spesso piccole cuspidi accessorie. Tuttavia, a differenza dei denti bunodonti dei gomfoteri, in quelli dei mammutidi le cuspidi accessorie non restavano isolate, né lo spazio tra la cuspide principale e quella accessoria era riempito da ulteriori piccoli tubercoli. Al contrario, le due cuspidi erano unite da una netta lamina di smalto, che dava origine a una cresta continua.[35][7]

 Proboscidea 
 Elephantidae 

 Loxodonta

 Elephas

 Mammuthus

 Gomphotheriidae 

 Notiomastodon

 Mammutidae 

 Mammut

Sistematica interna dei proboscidi secondo Buckley et al. (2019) basata su dati biochimici[36]

 Proboscidea 
 Elephantidae 

 Palaeoloxodon

 Loxodonta

 Elephas

 Mammuthus

 Gomphotheriidae 

 Notiomastodon

 Mammutidae 

 Mammut

Sistematica interna dei proboscidati secondo Baleka et al. (2021) basata su dati genetici[37]

Rispetto ai molto vari Gomphotheriidae, i Mammutidae sono un gruppo relativamente poco diversificato, di cui oggi si conoscono soltanto circa una mezza dozzina di generi. Il più antico rappresentante certo è Losodokodon, proveniente dall'Oligocene superiore dell'Africa.[38] Mammut, invece, rappresenta il termine finale dell'evoluzione del gruppo ed è al tempo stesso il suo membro più noto. Secondo analisi molecolari, i Mammutidae si sarebbero separati dai gomfoteri – e dunque dalla linea evolutiva che conduce agli odierni Elephantidae – già nell'Oligocene superiore, circa 24-28 milioni di anni fa.[39] Risultati analoghi provengono da analisi biochimiche sul collagene pubblicate nel 2019, che indicano però che i gomfoteri erano probabilmente più strettamente imparentati con i Mammutidae che non con gli elefanti attuali.[40][36] Tuttavia, studi genetici del 2021 collocano nuovamente i gomfoteri più vicini agli elefanti.[37]

All'interno dei Mammutidae, il genere Mammut è generalmente considerato strettamente imparentato con Zygolophodon, un genere molto diffuso e di lunga persistenza, e ne viene ritenuto il successore evolutivo. A differenza di Mammut, Zygolophodon possedeva una mandibola allungata (longirostrina) dotata di zanne inferiori. È tuttavia possibile che vi fossero strette relazioni anche con Sinomammut, una forma conosciuta soltanto da una mandibola proveniente dal Miocene superiore dell'Asia orientale. Questa mandibola, pur essendo anch'essa allungata, era priva di zanne inferiori. Da ciò si può dedurre che, nei Mammutidae, l'evoluzione abbia comportato la perdita progressiva delle zanne inferiori, seguita da una riduzione della sinfisi mandibolare. Fenomeni simili sono noti anche nei Gomphotheriidae e negli Elephantidae.[33]

Al genere Mammut vengono attribuite diverse specie:[41][42]

  • specie nordamericane
  • specie eurasiatiche

Oltre a queste, sono state descritte altre forme. In Nord America, ad esempio, M. oregonense e M. furlongi. La prima si basa su un singolo dente e potrebbe rappresentare un nomen dubium. La seconda si fonda su una mandibola e un molare superiore posteriore, ma il dente presenta soltanto tre creste, caratteristica che probabilmente non corrisponde al genere Mammut. Alcune specie oggi riconosciute erano state inizialmente assegnate ad altri generi: M. matthewi, M. nevadanus e M. cosoensis erano state riferite a Pliomastodon, che però con ogni probabilità è identico a Mammut. Altre forme, come M. sellardsi, M. adamsi e M. vexillarius, sono talvolta considerate sinonimi di M. matthewi,[41][42] sebbene per M. vexillarius questa equivalenza non sia del tutto certa.[16] La classificazione delle forme eurasiatiche nel genere Mammut risulta più problematica, poiché alcuni studiosi ritengono che esse vadano invece attribuite a Zygolophodon. Alcuni autori, inoltre, distinguono i rappresentanti miocenici come Zygolophodon da quelli pliocenici come Mammut, distinzione che riguarderebbe soprattutto M. obliquelophus, mentre M. borsoni rimarrebbe assegnato a Mammut. Una specie talvolta considerata separata, M. praetypicum, può inoltre essere considerata sinonimo di M. obliquelophus.[18][19][8]

Storia evolutiva

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Origine e sviluppo

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Come la maggior parte dei grandi gruppi di proboscidati, anche i Mammutidae si svilupparono in Africa, dove sono documentati, con il genere Losodokodon, già dall'Oligocene superiore, circa 27 milioni di anni fa. La formazione di un ponte terrestre verso l'Eurasia, conseguente alla chiusura dell'oceano Tetide all'inizio del Miocene inferiore, permise loro di espandersi ulteriormente verso nord. In genere, i primi ritrovamenti eurasiatici vengono attribuiti a Zygolophodon. Attraverso il ponte di Bering, Zygolophodon fu uno dei primi proboscidati a raggiungere il continente nordamericano. La più antica testimonianza consiste in un molare frammentario rinvenuto presso il Massacre Lake, nel nord-ovest del Nevada, datato a 16,5-16,4 milioni di anni fa, quindi al Miocene medio. Più abbondante è il materiale proveniente da Pawnee Creek in Colorado, che comprende diversi molari e zanne superiori appartenenti ad almeno tre individui e datato a 16,3-13,6 milioni di anni fa.[43] Un cranio completo con mandibola proviene invece dalla Formazione di Ironside, nella contea di Baker (Oregon). Questo reperto, noto come "mastodonte di Hancock", ha un'età stimata di 11,8-11,5 milioni di anni. Un carattere tipico di Zygolophodon è la presenza di zanne sia superiori che inferiori, su cui si trova una fascia di smalto. I molari posteriori, come quelli anteriori, presentano tre creste trasversali.[16][42]

I più antichi ritrovamenti del genere Mammut in Nord America vengono generalmente attribuiti al Miocene superiore. In linea generale, gli studiosi fanno derivare il genere da Zygolophodon. Resta però in discussione se la sua origine sia avvenuta in situ, cioè direttamente nel continente, oppure tramite una nuova immigrazione dall'Eurasia. La transizione rimane di difficile ricostruzione, poiché i materiali di quell'epoca sono piuttosto scarsi. Una mandibola rinvenuta a Black Butte, nella contea di Malheur (Oregon), proviene dalla Formazione di Juntura, coeva della Formazione di Ironside, e quindi ancora del Miocene medio. Si tratta dunque di una fase pressoché contemporanea al cosiddetto "mammut di Hancock". La mandibola di Black Butte è stata attribuita a "Mammut furlongi", la cui posizione sistematica rimane incerta: essa presenta una sinfisi molto corta, senza segni di zanne, e un molare inferiore posteriore con quattro creste, caratteristiche che richiamano Mammut. Tuttavia, un molare superiore associato mostra soltanto tre creste, avvicinandosi di nuovo a Zygolophodon.[44][41][42] Un rappresentante certo del genere Mammut è Mammut matthewi, descritto a partire da alcuni molari provenienti dalla Thompson Quarry, nella contea di Sioux (Nebraska). Un cranio parziale è documentato anche nei pressi di Hermiston, nella contea di Morrow (Oregon), sebbene le zanne siano andate perdute. L'età di questi reperti varia tra 9 e 6 milioni di anni. Considerando alcune forme sinonimizzate, la specie potrebbe essere sopravvissuta fino al Pliocene, circa 3 milioni di anni fa, come discusso per un cranio proveniente da Elephant Hill, nella contea di Fresno (California). A differenza di "Mammut furlongi", qui tutti i molari posteriori, superiori e inferiori, presentano quattro creste.[45][42] La presenza di Mammut matthewi nel Miocene superiore si sovrappone a quella di Mammut nevadanus, noto da un cranio di un individuo giovane proveniente da Thousand Creek in Nevada. Le zanne superiori erano prive di fascia di smalto, ma un molare superiore posteriore mostrava già cinque creste, indicando un aumento progressivo della complessità dentaria.[46] Con un'età di circa 4 milioni di anni, quindi già nel Pliocene, Mammut raki è decisamente più giovane. Finora è nota una mandibola dalla Formazione di Palomas, presso Truth or Consequences (Nuovo Messico), in cui si conserva soltanto l'ultimo molare con cinque creste. Notevole è la presenza degli alveoli per piccole zanne mandibolari, ancora sviluppate.[43][47] Allo stesso intervallo cronologico appartiene anche la parte anteriore di un cranio e una mandibola provenienti dalle Coso Mountains, nella contea di Inyo (California), attribuiti a Mammut cosoensis. Caratteristica peculiare di questa specie sono i molari particolarmente stretti, i cui ultimi quattro presentano creste. Le zanne superiori erano soltanto leggermente ricurve verso l'alto. Cranio e mandibola appartengono a individui diversi, poiché quest'ultima conserva ancora parte della dentatura decidua.[48][41][42]

Sempre tra circa 4 e 3 milioni di anni fa comparve per la prima volta Mammut americanum, il mastodonte americano. I ritrovamenti più antichi, costituiti da vertebre isolate, zanne e frammenti dentari, provengono dalla Formazione di Ringold, nello Stato di Washington centro-meridionale. Questi fossili erano associati a una ricca fauna di mammiferi, comprendente perissodattili, artiodattili, bradipi, carnivori, insettivori e roditori.[49] Mammut pacificus, invece, compare soltanto durante il Pleistocene medio, circa 190 000 anni fa. Di questa specie sono documentati, ad esempio, frammenti mandibolari provenienti da Murrieta, nella contea di Riverside (California).[41] Sia Mammut americanum sia Mammut pacificus sono attestati fino al Pleistocene superiore, ma rappresentano linee evolutive differenti: M. pacificus si distingue per i molari particolarmente stretti, mentre M. americanum possedeva denti insolitamente larghi. La formazione della linea a denti stretti di M. pacificus potrebbe essersi sviluppata attraverso specie come Mammut raki, Mammut nevadanus e Mammut cosoensis, che presentano caratteristiche dentarie simili.[41][42] Secondo analisi genetiche, all'interno della linea nordamericana di Mammut si sarebbe verificata una profonda divergenza già nel Pleistocene inferiore circa 1,35 milioni di anni fa, una separazione che potrebbe riflettere una differenziazione a livello di specie tra M. pacificus e M. americanum. Tuttavia, la dinamica evolutiva genetica del genere nel continente non è ancora del tutto chiarita, poiché essa fu influenzata da diversi eventi regionali di espansione e di estinzione legati alle fluttuazioni climatiche glaciali e interglaciali del Pleistocene. Di conseguenza, sono stati individuati almeno nove cladi genetici distribuiti in tutto il Nord America, che potrebbero però rappresentare più di due specie distinte.[50][51][52]

Molare di Mammut borsoni.
Zanna del Mammut borsoni di Milia, Grecia.

Supponendo che anche i reperti eurasiatici possano essere attribuiti a Mammut, il genere comparve in questa regione pressappoco nello stesso periodo che in Nord America. Le forme di partenza potrebbero essere state Zygolophodon e Sinomammut. In generale, i resti fossili di Mammut sono relativamente rari e si concentrano soprattutto nell'Europa orientale e sud-orientale, con ritrovamenti isolati nell'Europa centrale e occidentale e nell'Asia centrale e orientale. Il più antico rappresentante è Mammut obliquelophus, caratterizzato da una sinfisi mandibolare piuttosto lunga, sulla quale erano ancora presenti le zanne inferiori. Ciò risulta evidente, ad esempio, nel reperto tipo proveniente da Romanovka in Ucraina.[19] Altri fossili sono stati segnalati a Păgaia, nel nord-ovest della Romania, dove i denti posteriori mostrano molari con quattro creste.[53] In Asia occidentale, un molare e due zanne sono stati rinvenuti ad Abkhareh, circa 150 km a nord del celebre giacimento fossile di Maragheh, in Iran.[20] Da menzionare sono anche un cranio di esemplare giovane, altri frammenti cranici e una mandibola provenienti dal bacino di Linxia, nella provincia cinese dello Shanxi, che attestano la presenza della specie anche in Asia orientale.[21] La maggior parte dei resti di Mammut obliquelophus risale al Miocene superiore, circa 8-7 milioni di anni fa. La specie è stata talvolta indicata con il nome Mammut praetypicum, introdotto nel 1918, ma oggi non più in uso a causa della definizione imprecisa.[54][19] Alla fine del Miocene Mammut obliquelophus fu sostituito da Mammut borsoni, che divenne prevalente durante il Pliocene. Nella morfologia dei molari questa specie somigliava al suo predecessore, ma la sinfisi mandibolare si accorciò notevolmente, non superando più la lunghezza della fila dei molari, e le zanne inferiori andarono incontro a regressione. Una caratteristica peculiare fu lo sviluppo di zanne superiori estremamente lunghe e quasi diritte. Uno scheletro parziale proveniente da Milia, nella Macedonia occidentale, possedeva zanne lunghe fino a 500 cm e con un diametro alla base di 19 cm, tra le più lunghe conosciute al mondo.[55] Per questo animale si stima un'altezza al garrese di circa 390 cm e un peso di circa 14 t.[3] Non è ancora chiaro in che misura il notevole peso delle zanne, stimato attorno a 137 kg,[5] influenzasse la muscolatura del collo o limitasse i movimenti dell'animale nei boschi.[22] La specie fu descritta già nel 1834 sulla base di un molare rinvenuto a Villanova d'Asti, in Piemonte.[56] Oltre alla sua frequente presenza nell'Europa orientale e sud-orientale, i reperti più occidentali conosciuti provengono da alcuni denti rinvenuti nell'est della Spagna.[8] In Europa centrale la specie è rara: spiccano due scheletri di Kaltensundheim nella Turingia meridionale, diversi denti nei dintorni di Nordhausen nella Turingia settentrionale e i resti provenienti dal celebre stagno pliocenico di Willershausen, in Bassa Sassonia. I primi appartengono alle testimonianze più recenti, risalendo all'inizio del Villafranchiano e a circa 2,6 milioni di anni fa.[57][7][22][58]

La linea eurasiatica di Mammut si estinse in gran parte tra la fine del Pliocene e l'inizio del Pleistocene inferiore, determinando così la scomparsa completa della famiglia dei Mammutidae da quell'area.[8][22][58] In Nord America, invece, il genere sopravvisse fino al Pleistocene superiore, rappresentato da Mammut pacificus e Mammut americanum. Per la prima specie, le datazioni più recenti non sono del tutto certe, ma essa era ancora presente nella fase finale dell'ultima glaciazione, come indicano i ritrovamenti nelle asfaltiti di Rancho La Brea e nella ricca località fossile di Diamond Valley, entrambe in California. La fauna di Diamond Valley è stata datata con il radiocarbonio a circa 40 000-16 000 anni fa.[41] Per Mammut americanum le datazioni più recenti si collocano invece tra 11 800 e 11 200 anni fa, come dimostra il reperto noto come "mastodonte di Overmyer" nella contea di Fulton (Indiana). L'animale morì per cause naturali in una palude. Queste date corrispondono alla oscillazione fredda del Dryas recente, nell'ultima fase glaciale.[59][60][61][62] La scomparsa del mastodonte americano e della specie affine coincide con la grande ondata di estinzioni quaternarie, che portò all'estinzione di numerosi grandi mammiferi alla fine del Pleistocene. Questo evento avvenne inoltre in concomitanza con il primo arrivo di gruppi di cacciatori-raccoglitori umani nel continente americano, avvenuto probabilmente tra 14 000 e 15 500 anni fa. Resta tuttavia oggetto di ampio dibattito se vi sia stato un rapporto causale diretto. Il processo di estinzione del mastodonte americano non fu comunque improvviso: già prima dell'arrivo dell'uomo, la specie aveva perso una parte significativa del proprio habitat. Uno studio del 2014 ha evidenziato che Mammut americanum si era ritirato dalle regioni settentrionali del Nord America almeno 50 000 anni fa, ben prima della massima espansione glaciale avvenuta circa 20 000 anni fa. Tale ritiro coincide piuttosto con l'avanzata delle steppe fredde. Successivamente, la specie rimase confinata nelle regioni centrali e meridionali del Nord America, al di fuori della grande calotta glaciale.[17] È infine in discussione se, oltre al clima e alla presenza umana, anche la competizione con altri grandi proboscidati abbia contribuito all'estinzione; questo è stato ipotizzato almeno per la linea nordamericana di Cuvieronius.[24]

Il "mastodonte di Manis" è spesso considerato un esempio precoce di caccia umana al mastodonte americano; altri scienziati sono più critici a riguardo
Manufatti in pietra della cultura Clovis con resti di sangue di proboscidati.

Quando, verso la fine del Pleistocene, i primi gruppi umani raggiunsero il Nord America centrale, trovarono una ricca megafauna, che costituì in parte la base della loro attività venatoria. Un esempio precoce di possibile interazione tra esseri umani e mastodonte americano è spesso individuato nel sito di Manis, nella penisola Olimpica (Washington), dove in una costola di uno scheletro disarticolato del proboscidato era conficcato un oggetto osseo appuntito, interpretato come una punta di proiettile. Questo giacimento è datato a 13 800 anni fa, quindi anteriore alla cultura Clovis.[63][64] Alcuni studiosi, tuttavia, mettono in dubbio questa interpretazione, negando qualsiasi coinvolgimento umano e attribuendo il ritrovamento a lotte tra individui, poiché l'oggetto acuminato proverrebbe dallo stesso mastodonte.[65][66] Dalla cultura Clovis – una delle più antiche culture a utensili litici del Nord America – provengono numerosi kill sites ("luoghi di abbattimento" o "di macellazione") di grandi mammiferi, compresi diversi proboscidati. Una ricerca del 2003 ha censito 26 siti Clovis contenenti resti di proboscidati, per un totale di 91 individui, suggerendo una caccia intensiva.[67] Una valutazione più restrittiva, basata su criteri più selettivi e riferita allo stesso periodo, ha tuttavia ridotto il numero a 14 siti.[65][66] Considerando l'ampiezza temporale e geografica della cultura Clovis, anche questo dato più basso risulta comunque significativo.[68] La maggior parte dei resti appartiene ai mammut nordamericani, come il mammut colombiano (Mammuthus columbi) e il mammut lanoso (Mammuthus primigenius); nella seconda analisi, il mastodonte americano è presente in due soli siti. Il più noto è Kimmswick, nel Missouri orientale, dove accanto allo scheletro di un mastodonte americano sono state rinvenute due punte Clovis, tipiche di questa cultura.[69] L'altro è Pleasant Lake, nella contea di Washtenaw (Michigan), dove lo scheletro, pur non associato a strumenti litici, presenta tracce compatibili con lucidature e tagli.[70] L'analisi di residui ematici su manufatti litici provenienti dall'area sud-orientale di diffusione della cultura Clovis ha indicato un certo uso dei proboscidati da parte dei cacciatori-raccoglitori, anche se non è stato possibile distinguere se si trattasse di Mammut o di Mammuthus. Tracce ematiche sono state riscontrate su 4 dei 120 manufatti esaminati, più un altro non meglio classificabile: un numero analogo a quello rilevato per cervi e cavalli, ma pari a circa la metà di quello riscontrato per i bovidi selvatici (probabilmente grandi bisonti).[71] Nel periodo successivo, corrispondente alla cultura Folsom, i kill sites di proboscidati sono quasi assenti e nella fauna cacciata prevalgono i bisonti. Indipendentemente dal fatto che i portatori della cultura Clovis abbiano cacciato in modo sistematico o meno il mastodonte americano, il reperto del "mastodonte di Overmyer" dimostra che la specie sopravvisse oltre tale periodo.[60]

Storia della ricerca

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Prime descrizioni

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Johann Friedrich Blumenbach.

Il genere Mammut appartiene ai più antichi proboscidati ad aver ricevuto un nome scientifico nella storia della ricerca. Già nel 1792 Robert Kerr aveva descritto il mastodonte americano con il nome di Elephas americanus, basandosi su resti fossili rinvenuti lungo il fiume Ohio. Kerr collocò così l'animale accanto all'odierno elefante asiatico (Elephas maximus), pur segnalando le notevoli differenze nei molari, molto diversi da quelli degli elefanti attuali.[72] Le prime indicazioni su un cosiddetto American elephant le aveva tratte dalla Synopsis of Quadrupeds di Thomas Pennant (1771),[73] il quale a sua volta citava come fonte un saggio di William Hunter del 1768. In quell'articolo, Hunter descriveva alcuni scheletri rinvenuti lungo l'Ohio e li confrontava con resti simili provenienti dalla Siberia, già allora noti nel mondo accademico come ossa di mammut. In una tavola illustrativa, Hunter paragonava i denti degli elefanti moderni con quelli scoperti in Ohio, mettendo in evidenza le differenze morfologiche, in particolare la struttura lamellare dei primi rispetto a quella a tubercoli dei secondi.[74] La descrizione di Hunter e i ritrovamenti dell'Ohio spinsero, nel 1799, Johann Friedrich Blumenbach a introdurre nel suo Handbuch der Naturgeschichte la denominazione Mammut ohioticum, definendo l'animale un «mostro colossale terrestre del mondo antico». Si tratta della prima menzione del nome generico Mammut,[75] sebbene la priorità della denominazione valida di specie spetti a Kerr con Elephas americanus. Nelle edizioni precedenti del suo manuale, Blumenbach aveva indicato l'animale con l'appellativo "Ohio-Incognito", termine anch'esso ripreso da Hunter, e lo aveva descritto, a causa della particolare dentatura, come il "cosiddetto elefante carnivoro".[76]

Mammut e Mammuthus: la questione del nome

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Ricostruzioni di mammut (Mammuthus, a sinistra) e di mastodonte (Mammut, a destra).
Molare di Mammut.
Molare di Mammuthus.

La denominazione "Mammut" si rivelò in seguito poco utilizzata e inoltre notevolmente problematica, poiché con essa non si indicava soltanto il mastodonte americano e i suoi parenti più prossimi, ma venivano chiamati così, in senso colloquiale, anche i veri mammut. Questi ultimi, tuttavia, non sono strettamente imparentati con il mastodonte americano e con gli altri mammutidi, ma appartengono invece alla linea evolutiva degli elefanti (Elephantidae). Il mammut lanoso (Mammuthus primigenius) era stato descritto da Blumenbach nel suo manuale del 1799 con il nome di Elephas primigenius. La vera e propria denominazione di genere Mammuthus venne però introdotta soltanto circa 29 anni più tardi da Joshua Brookes, in un catalogo d'asta dei reperti provenienti dal suo museo.[77] Fossili di mammut erano già da tempo noti sia in Europa sia in Siberia. Probabilmente fu Nicolaas Witsen a portare in Europa la designazione Mammout, utilizzata nel 1692 nel suo resoconto di viaggio Noord en Oost Tartarye.[78] Poco dopo, essa ricompare anche come Mammotovoi kost ("osso di mammut") nella Grammatica russica di Heinrich Wilhelm Ludolf.[79] Inoltre, il termine Mamont è attestato in Peter Camper (1784), ma dal suo scritto, redatto interamente in latino, non è chiaro se con esso intendesse un mammutide o piuttosto un elefante dell'attuale genere Mammuthus.[80]

Per la prima volta, il nome Mammut venne scientificamente riconosciuto come denominazione di genere per il mastodonte americano da Oliver Perry Hay nel 1904.[81] Tuttavia, Henry Fairfield Osborn si oppose a questa interpretazione nel 1936, nella sua ampia monografia The Proboscidea. In essa cercò di collegare, dal punto di vista storico-linguistico, il termine "Mammut" ai ritrovamenti siberiani, così da fissarne in modo univoco l'uso.[2] Nel 1945, George Gaylord Simpson, nella sua classificazione generale dei mammiferi, osservò però che, in base al principio di priorità della nomenclatura zoologica, Mammut rappresenta la prima denominazione inequivocabile e quindi valida per il mastodonte americano e i suoi parenti prossimi. A questo proposito scrisse: Many authorities refuse to use †Mammut simply because they do not want to. I do not want to either but reluctantly set aside personal desires in favor of adherence to the accepted Rules («Molte autorità si rifiutano di usare †Mammut semplicemente perché non lo vogliono. Nemmeno io lo vorrei, ma metto da parte a malincuore i desideri personali a favore del rispetto delle regole accettate»).[82] L'origine del termine "Mammut" non è del tutto chiara. Spesso lo si fa derivare dalla lingua dei Nenci, in cui significherebbe "che vive sottoterra" o "scavatore del suolo", in riferimento alle ossa rinvenute nel terreno.[83] Altri autori, invece, hanno cercato di metterlo in relazione con il mostro biblico Behemoth, il cui nome è di origine ebraica o araba.[84][85]

Mastodon: prevale un'alternativa

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Georges Cuvier.
Il "mastodonte di Peale" all'Hessisches Landesmuseum Darmstadt.

Prima che, nella prima metà del XX secolo, si imponesse il nome generico Mammut, era ampiamente diffusa un'altra denominazione. Georges Cuvier pubblicò infatti nel 1806 una serie di saggi sui proboscidati attuali e fossili. In essi menzionò per la prima volta il termine mastodonte, applicandolo al mastodonte americano, e fornì una descrizione dettagliata della sua anatomia scheletrica. In un successivo articolo, Cuvier distinse diverse forme, basandosi sulle caratteristiche dei denti. Accanto al Mastodonte de l'Ohio o le grand Mastodonte, cioè il mastodonte americano, descrisse anche una forma a denti stretti, che chiamò Mastodonte à dents étroites. Inoltre, indicò diverse forme sudamericane. La vera e propria denominazione scientifica ufficiale venne però introdotta da Cuvier undici anni più tardi, in una monografia approfondita, dove utilizzò la forma latinizzata Mastodon. Al mastodonte americano assegnò così il nome Mastodon giganteum, mentre alla forma a denti stretti attribuì Mastodon angustidens. Il termine Mastodon fu coniato da Cuvier a partire dal greco μαστός (mastos, "seno" o "mammella") e ὀδόν (odon, "dente"). L'etimologia si riferisce ai rilievi a forma di mammella sulla superficie masticatoria dei denti, che ricordavano a Cuvier un seno femminile o le mammelle di una vacca (dens mammelonnés).[86][87]

Nel corso del XIX secolo, il termine Mastodon venne usato quasi esclusivamente. Charles Lucien Jules Laurent Bonaparte adottò questa denominazione come base per introdurre, nel 1845, il gruppo superiore dei Mastodontina.[88] Successivamente, nel 1852, Charles Frédéric Girard lo elevò al rango di famiglia, i Mastodontidae (sebbene già nel 1821 John Edward Gray avesse istituito un taxon familiare con il nome di Mastodonadae[89]).[90] Accanto alla classificazione superiore, il numero crescente di specie descritte offrì la possibilità di una differenziazione interna del genere Mastodon, fondata per lo più sulla morfologia dentaria. Nel 1857, Hugh Falconer distinse così un gruppo trilofodonte (con tre creste trasversali sui primi due molari) da uno tetralofodonte (con quattro creste trasversali sui primi due molari).[91] Un contributo ancor più decisivo venne dagli studi di Michael Vacek nel 1877. In un ampio confronto dei reperti europei, egli separò un gruppo zigolofodonte da uno bunolofodonte. Il primo comprendeva specie con solchi trasversali liberi, caratteristica tipica dei Mammutidae, mentre il secondo presentava nei solchi trasversali dei molari frequenti tubercoli e creste accessorie, come nel caso di Mastodon angustidens. Rispetto al gruppo zigolofodonte, quello bunolofodonte mostrava inoltre una maggiore variabilità morfologica.[92] Le analisi di Falconer e, soprattutto, quelle di Vacek, avviarono di fatto il processo di smembramento del genere Mastodon e delle categorie tassonomiche superiori ad esso associate, sebbene tale processo si sarebbe protratto ancora per circa mezzo secolo. Nel 1880, Richard Lydekker, sulla base dei numerosi nuovi reperti provenienti dai Siwalik dell'Asia meridionale, distinse diverse sottosezioni all'interno di Mastodon.[93] Pochi anni dopo, nel 1884, Edward Drinker Cope spinse l'analisi oltre, dividendo il genere in più gruppi distinti: in Mastodon rimasero principalmente le forme zigolofodonti.[94]

All'inizio del XX secolo, Henry Fairfield Osborn si dedicò intensamente allo studio dei proboscidati. A partire dagli anni '20 pubblicò numerosi saggi e nel 1936 diede alle stampe The Proboscidea, la più ampia opera mai realizzata fino ad allora su questo gruppo di mammiferi. Nel suo lavoro complessivo, Osborn articolò ulteriormente il genere Mastodon, mantenendo però tale denominazione per il gruppo "classico" incentrato sul mastodonte americano. Inoltre, già nel 1921, aveva creato la categoria superiore Mastodontoidea, all'interno della quale riunì tutte le forme zigolofodonti e bunolofodonti, distinguendole sia dagli elefanti sia dai proboscidati più antichi. Osborn considerava come vero e proprio nucleo dei mastodonti il gruppo zigolofodonte, suddividendolo in Mastodontinae (da lui intesi come i "veri mastodonti") e Zygolophodontinae. Le forme bunolofodonti venivano invece raggruppate nei Bunomastodontidae, che egli suddivise a loro volta in numerose unità inferiori.[95][96][97][2] La denominazione di questi gruppi – e in parte anche degli stessi generi – seguiva tuttavia un metodo autonomo, che non era conforme alle regole della nomenclatura zoologica. Ciò suscitò già nei primi anni '20 delle critiche, ad esempio da parte di Oliver Perry Hay,[98] ma divenne evidente soprattutto dopo la pubblicazione di The Proboscidea. Di conseguenza, George Gaylord Simpson, nel 1945, ritenne necessario riorganizzare la tassonomia di Osborn: egli riabilitò il genere Mammut secondo il principio di priorità, smantellando definitivamente il genere Mastodon. Inoltre, sostituì l'intera famiglia dei Mastodontidae (costituita da Mastodontinae e Zygolophodontinae) con quella dei Mammutidae, come già proposto da Hay nella sua critica a Osborn,[98] e abolì Mastodontoidea come categoria superiore. I Bunomastodontidae, infine, furono ricondotti da Simpson ai Gomphotheriidae.[82]

Dal punto di vista attuale, né il genere Mastodon né l'unità superiore dei mastodonti costituivano un gruppo monofiletico, ossia una linea evolutiva chiusa e coerente. Al contrario, le specie in essi comprese rappresentavano diverse linee di sviluppo. Le forme zigolofodonti corrispondono ai Mammutidae, che secondo le attuali concezioni filogenetiche vanno considerati come un ramo laterale dell'evoluzione dei proboscidati, estintosi circa 11 000 anni fa. Le forme bunolofodonti, invece, comprendono una parte più ampia dei Gomphotheriidae e alcuni rappresentanti più moderni: esse probabilmente costituirono la base evolutiva da cui si svilupparono gli elefanti.[99]

Con la riabilitazione del genere Mammut, Simpson nel 1945 lo designò come unico membro dei Mammutidae, includendovi anche il genere Zygolophodon. Quest'ultimo era stato istituito da Michael Vacek nel 1877 e comprendeva, tra le altre specie, anche Mammut borsoni.[92] Successivamente, altri autori separarono nuovamente Zygolophodon, anche se è tuttora oggetto di discussione quanto sia effettivamente ampio il genere. Un ulteriore sinonimo è rappresentato da Pliomastodon, introdotto da Osborn nel 1926 sulla base della specie Mammut matthewi.[100] Nel corso della storia della ricerca vennero inoltre creati altri nomi generici, oggi considerati sinonimi di Mammut. Tra questi va menzionato Leviathan, ispirato al mostro biblico omonimo, istituito da Albert Carl Koch sulla base di uno scheletro quasi completo di mastodonte americano rinvenuto lungo l'Osage River, nella contea di Benton, Missouri (USA).[101] Quattro anni più tardi, Koch ribattezzò il genere con il nome di Missourium.[102]

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