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Collegio Castiglioni-Brugnatelli

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Il Collegio Castiglioni, un collegio universitario di Pavia, fu fondato dal cardinale Branda Castiglioni nel 1429, col nome di Collegio Sant'Agostino, ma fu volgarmente detto[1] Collegio Castiglioni. Rimase aperto fino al 1803.

Oggi sorge al suo posto il Collegio Castiglioni Brugnatelli, collegio pubblico dell' EDISU (ente per il diritto allo studio dell'Università di Pavia). Esso mantiene il vecchio stemma già di Branda con il leone rampante che sostiene con la zampa destra un castello.

Il nuovo collegio non è più maschile ed è destinato a fornire la tranquillità necessaria ed i migliori strumenti di studio a studentesse meritevoli per capacità ed impegno, che vogliano raggiungere la laurea in qualunque facoltà presente all'Università di Pavia.

Il quadro storico e le motivazioni del fondatore

Fra Medioevo e Rinascimento numerosi collegi, prevalentemente di fondazione ecclesiastica, costellavano l'Europa centro-occidentale. Destinati ad accogliere un numero considerevole di alunni, ebbero rapporti vicendevoli più o meno diretti. Creati con larghi mezzi, erano organizzazioni complesse, che dovevano soddisfare varie esigenze, non ultime quelle economiche. I fondatori, spesso grandi dignitari ecclesiastici (vedasi Egidio Albornoz a Bologna[2], lo stesso cardinale Branda, il papa Pio V e Carlo Borromeo, fondatori nel Cinquecento rispettivamente del Collegio Ghislieri e del Collegio Borromeo a Pavia), per evitare errori, fecero tesoro dell'altrui esperienza, fatta sia in ambito conventuale che universitario. Da qui le analogie fra istituzioni ecclesiastiche e laiche che influirono grandemente sulla società, la cultura, la formazione dei giovani nell'Europa del tempo.

Il cardinale Branda Castiglioni aveva compiuto a Pavia gli studi di diritto e vi aveva insegnato diritto canonico. Seguendo l'uso dell'epoca, fondò per l'appunto a Pavia un collegio, proponendosi, ad fidei dilatationem, eruditionem simplicium, illuminationem mentium et illustrationem intellectuum[3], di venire incontro alle necessità di alunni, laici ed ecclesiastici, capaci e bisognosi, che volessero proseguire gli studi in qualunque facoltà presente a Pavia, e cioè Arti, Teologia, Medicina, Diritto (utriusque iuris).

Lo studio universitario, nelle intenzioni del fondatore, doveva dare molti frutti di dottrina ad divini nominis laudem, ortodoxe fidei propagationem et reipublicae utilitatem[4][5]. Esso contribuiva in effetti alla formazione della classe dirigente dell'epoca, in ambito sia laico che ecclesiastico (teologia, diritto canonico e civile), in omaggio ad un ideale di vita attivo, ispirato a criteri morali, come perseguiva Branda. Anche nel Collegio Castiglioni numerosi furono gli studenti destinati a diventare persone importanti: valga per tutti l' esempio del futuro cardinale Domenico Toschi, o Tosco (Tuscus), che ne fu anche rettore pro tempore.

La fondazione del Collegio

Il cardinale Branda assegnò al collegio due case, donate alla famiglia Castiglioni da papa Martino V, nel luogo in cui ora sorge il Collegio Castiglioni Brugnatelli: una zona tranquilla, vicina all' Università e quindi adatta agli studi, nell' allora parrocchia della chiesa di Santa Maria in Pertica (Perticha nei documenti). Le case dovevano ospitare ventiquattro studenti, sei dei quali di provenienza non italiana[6]. Branda dotò la nuova istituzione di un numero considerevole di rendite e di beni, da lui appositamente acquistati, o ereditati da qualche personaggio importante, oppure provenienti, per concessione del Papa Martino V, dal convento di Sant'Apollinare[7] di cui era abate commendatario[8]. Su tutti i territori il Collegio godeva di diritti di carattere feudale concessi a Branda dall'Imperatore Sigismondo il 6 gennaio 1434.

Nel 1429 il cardinale Castiglioni ottenne l'approvazione papale da Martino V e redasse i primi statuti, molto analitici (sessantasei articoli), riservando a se stesso ed al cardinal Giuliano Cesarini[9] il potere di modificarli. Una prima modifica, sia pure ridotta, che accentuava gli elementi religiosi presenti negli statuti stessi, fu attuata già nel 1437, con la supervisione del nipote di Branda, Zenone Castiglioni, che fu vescovo di Lisieux[10] e poi di Bayeux.

I privilegi

Il collegio ottenne privilegi dai papi Martino V e Eugenio IV, dall'imperatore Sigismondo e dal vescovo di Pavia, in particolare l'esenzione dalle tasse, anche quelle per la laurea dei collegiali. L'istituzione presso il collegio da parte di Branda (ut ipsum collegium fons scientiarum fieret irriguus[11]) di una cattedra di teologia, ad imitazione di quella del Collegio di Spagna di Bologna, venne fortemente osteggiata dall'Università di Pavia. Sebbene patrocinato dalle autorità ecclesiastiche, probabilmente tale insegnamento non entrò mai in funzione proprio per l'opposizione dell'Università, che ne riceveva un danno di immagine.

L'autogoverno

Secondo lo statuto, in analogia allo "Studium Generale" (e cioè all'Università), il Collegio era dotato di autogoverno: teniamo presente che gli studenti erano spesso uomini fatti e potevano avere anche più di trent'anni, soprattutto se studenti di Teologia. Riuniti in assemblea eleggevano al loro interno il rettore e i tre consiglieri, che avevano il compito di amministrare la giustizia sui compagni e sui livellari del collegio. Con l'aiuto di un "negotiorum gestor" essi si occupavano anche di amministrare i beni mobili ed immobili del collegio. Il controllo sull'operato del rettore pro tempore spettava al vescovo di Pavia ed al patrono del Collegio, membro, per statuto, della famiglia Castiglioni.

Le dotazioni e la Capella

Il cardinale, oltre che dei beni indispensabili alla sua esistenza, dotò la sua fondazione di un giardino, di una ricca biblioteca[12] e di una cappella, che fu poi tutta affrescata intorno al 1475. Vi lavorarono pittori di gusto lombardo fra cui Bonifacio Bembo, che poco dopo risulta aver alloggiato nelle case del Collegio, e Vincenzo Foppa, che allora a Pavia ed a Milano era al servizio della corte. Essi fecero certamente i disegni preparatori, se non per intero i dipinti, che sono comunque degni di nota. Si segnalano, oltre alla volta con gli evangelisti ed i motivi di fogliame, la figura affascinante dell'Annunciata, oggi attribuita con discreta sicurezza al Bembo, e la suggestiva parete Sud, in cui è rappresentata, in un paesaggio agreste e pastorale, una cavalcata e la capanna con la visita dei Magi[13]. Tutti gli affreschi, purtroppo in parte danneggiati, hanno motivi naturalistici cari al gotico internazionale ed al Foppa, ma, ad esempio nel paesaggio con la Resurrezione ed il soldato sdraiato, sono anche strutturati in modo più moderno secondo il rinnovamento artistico quattrocentesco allora perseguito dal Bembo. Il Cristo, al centro, domina la scena, poggiando sulla grotta col sepolcro, costruito prospetticamente, e regge un ampio stendardo con la Croce rossa dei Crociati, indicando la sua vittoria sulla morte. A destra ed a sinistra due bei paesaggi, ciascuno con un castello o le mura di una città, il sinistro con una campagna alberata ed il destro con delle barche. I colori rosso e verde dominano la scena. È questa l'iconografia consueta o ci sono relazioni, specie nella posizione della figura del Cristo, con la coeva Resurrezione di Piero della Francesca?

Statuti e modelli di vita in un Collegio del Quattrocento

Le prescrizioni

Il modello di vita seguito nel Collegio, ispirato ad una forte religiosità, rimase sostanzialmente anche in seguito quello suggerito dagli Statuti del 1429 e del 1437 sull'esempio delle regole dei conventi e degli altri collegi dell'Europa occidentale. Il fine di Branda era quello di formare delle persone destinate a dare esempio di vita cristiana e ad occupare in seguito posizioni chiave sia in campo civile che religioso. I sessantasei commi erano molto analitici e prevedevano tutte le possibili situazioni. Essi erano disposti in sezioni, e, dopo la premessa di carattere generale sui fini dell'istituzione, riguardavano il numero degli scolari, la cappella e la frequenza agli uffici religiosi, il modello di vita e i costumi, il comportamento notturno, l'elezione del rettore e dei consiglieri, le punizioni, i privilegi.

Regole morali e religiose

Era prevista la presenza di due cappellani, che erano collegiali e dovevano risiedere in Collegio. La scelta dei candidati, attraverso esame attento, competeva al Vescovo di Pavia ed ai priori dei monasteri pavesi degli Eremiti Agostiniani e dei Certosini, i quali dovevano tenere in debito conto i meriti dei prescelti anche in fatto di morale e di religione, oltre che di cultura. I collegiali, che indossavano una divisa di tipo ecclesiastico con un cappuccio di modesta lunghezza, dovevano condurre una vita seria e morigerata, ascoltare la messa e recitare le preghiere ogni giorno nella cappella del Collegio, dovevano confessarsi e comunicarsi, osservare il digiuno un certo numero di volte l'anno. In alcune festività partecipavano in massa alle cerimonie nelle chiese di Santa Maria in Perticha o di Sant'Apollinare. Proibito era il gioco e vietati i suoni, le danze, i canti mondani. Le festività religiose erano da solennizzare non solo con le cerimonie speciali che venivano celebrate, ma anche perché a tavola veniva imbandito un vitto migliore del solito per dare importanza all'evento.

I compiti amministrativi dei collegiali

All'inizio erano gli studenti a recarsi nei feudi del Collegio per riscuotere da ogni focolare domestico una gallina (sgallinazione), o l'equivalente in denaro, come segno di possesso e di diritto competente su tutti i beni esistenti nei comuni di Barona, Calignano e Cura di Strazago (Sterzago). in quell'occasione c'erano dei suonatori e si faceva un po' di baldoria, ma in seguito ciò venne impedito e la riscossione passò al patrono o agli amministratori.

Non solo i dazi, i diritti di ricognizione ma anche le tasse sugli usi pubblici (mulini, fornaci, torchi, forni, pedaggi, traghetti dei fiumi, pesca, strade, ponti, acque) spettavano al Collegio. Nel 1582-86 ad esempio il Collegio, per difendere i suoi diritti, dovette sostenere una causa contro il magistrato di strade, ponti, acque, che a Barona, avendo fatto dei lavori, non riusciva a riscuotere il dovuto dagli abitanti, i quali sostenevano indebita la sua intromissione in una zona in cui valeva la giurisdizione del Collegio.

Gli studi

Quanto agli studi, era prevista una frequenza continua alle lezioni ed ogni giorno, dopo il pranzo, gli allievi discutevano pubblicamente gli argomenti di studio sia per esercitarsi sia per mettere in comune quanto avessero appreso. Per evitare assenze a queste esercitazioni, venivano addirittura chiuse le porte del Collegio durante quel periodo di tempo. Le assenze dal Collegio dovevano essere ridotte al minimo e le distrazioni di ogni tipo, perfino l'assunzione di cariche all'Università, erano proibite. Il ritiro serale era previsto per tempo, sebbene gli studenti, ad esempio in teologia, finissero con l'avere un bel numero di anni.

I pasti e la permanenza in Collegio

Per evitare la presenza di un numero eccessivo di servitori, era previsto dagli statuti che i collegiali a turno servissero a tavola. In analogia alle regole conventuali essi leggevano durante i pasti le Sacre Scritture. La permanenza in Collegio poteva durare sette anni al massimo, a meno che gli studi fossero prolungati a causa dell'iscrizione ad una seconda facoltà.

Cenni storici

Il Collegio nel Cinquecento

In tanti secoli di storia il Collegio attraversò vari periodi di difficoltà. Per esempio nel Cinquecento durante la prima fase della guerra franco-imperiale, che coinvolse pesantemente Pavia, dove si svolse anche la famosa battaglia di Pavia, il Collegio dovette ospitare studenti Spagnoli e Tedeschi e fu per qualche periodo addirittura chiuso.

Anche la peste contribuì allora al disinteresse dei patroni, sparsi per ogni dove; le autorità di Pavia, per facilitare le cose, diedero in enfiteusi i beni, che fino al quel momento erano stati affittati a breve scadenza secondo il volere espresso del Cardinale. Questo contribuì fortemente ad accrescere la crisi economica del Collegio, che in seguito non poté più aumentare gli affitti e trovò maggiore difficoltà a conservare i propri beni o eventualmente a rientrarne in possesso.

Nel 1533 comunque il Collegio era aperto e nel 1535 ospitava sedici studenti. Nel 1546 vennero anche acquistati da Alessandro Castiglioni i beni di Zerbolate, oggi Zerbolò, al fine di aumentare la dotazione del Collegio.

Inoltre si facevano sentire problemi morali e disciplinari di vario tipo. Essi spinsero il cardinale Francesco Abbondio Castiglioni ad occuparsi del Collegio. Egli riuscì a migliorarne anche la situazione economica, tanto che nel 1570 gli studenti erano diventati venti, un numero davvero alto, fra i maggiori della sua storia.

L'istituto del rettorato nel corso del Seicento e la fine dell'autogoverno

Del Collegio continuò ad occuparsi del Collegio la famiglia Castiglioni, a cui toccava la scelta degli studenti e che comunque dal Collegio traeva prestigio, nella persona dell' arciprete Giulio Castiglioni e del giureconsulto Branda Castiglioni, che redassero nuovi statuti con un sommario ad uso degli studenti, affinché fossero più facilmente consultabili e meglio seguiti.

Già Alessandro Castiglioni si era occupato anche degli Statuti, che dovevano essere osservati dagli studenti, e ne aveva mutato lo spirito originario di autogoverno: il rettore aveva perso allora i suoi poteri in favore del patrono, come sempre appartenente alla famiglia Castiglioni. Alessandro Castiglioni infatti nel 1622 preferì nominare come rettore, al posto di uno studente, una persona di sua fiducia, al fine di migliorare la gestione del Collegio . Questa decisione venne convalidata dagli Statuti nuovi del 1640, che pur seguivano ancora la falsariga di quelli del cardinale fondatore e mantenevano gli ideali di fondo..

Scelta dei rettori e nuovo regolamento

Quelle del 1640 sono le Regole del Collegio date dall'arciprete Giulio Castiglioni. Egli aveva trovato quasi del tutto estinti e posti in oblivione gli ordinamenti del fondatore, che si erano rivelati utili per freno de precipitosi e stimolo de quodardi (sic) e spensierati. Purtroppo però il risultato delle Regole non corrispose alle aspettative, tanto più che i Rettori, anche se scelti e nominati dai Patroni fra persone adulte ed ecclesiastici talvolta appartenenti alla famiglia Castiglioni[14], spesso furono persone inaffidabili sia su piano economico che morale. Uno giunse addirittura a tenere donne di malaffare nelle case del Collegio. Essi diedero un pessimo esempio e trattarono disinvoltamente, per non dire altro, le proprietà e gli introiti del Collegio.

Vita interna nel Seicento

Nelle nuove Regole del 1640 il soggiorno dei collegiali era ridotto a due periodi: dall'11 novembre al 17 gennaio e dall'inizio della Quaresima al 24 giugno, alla quale data gli studenti, fatti i conteggi e pagata la retta al Rettore, lasciavano il Collegio.

Essi dovevano confessarsi e comunicarsi una volta al mese, e, visto che il Collegio era stato istituito per i poveri gentiluomini, indossavano una divisa semplice e non pomposa, che era minutamente descritta nei regolamenti. Seguendo l'antica impostazione religiosa, in ogni camera ci doveva essere un'immagine sacra. A scopo di divertimento e di moderata attività sportiva nelle case del Collegio potevano giocare, ad esempio alla palla, ma solo sotto l'occhio vigile del Rettore. Erano naturalmente proibiti i giochi d'azzardo, come nei precedenti Statuti.

Agli studenti era proibito, durante il periodo di studio, uscire senza legittima causa dal Collegio, e , quando essi si recavano in Università, dovevano rimanere in gruppo per essere meglio controllati. Per ogni disciplina (Teologia, Diritto, Scienze Mediche) ricevevano un supporto culturale ai loro studi e seguivano, ogni quindici giorni, le lezioni di qualche Lettore dell'Università, che veniva appositamente in Collegio a questo scopo.

Le nuove matricole dovevano consegnare al Rettore le armi di difesa che eventualmente possedessero, ed era proibito ai compagni chiedere alcunché ai nuovi arrivati (matricola). I collegiali, seguendo la tradizione di origine feudale, si recavano a nome del Collegio nelle dipendenze dello stesso per ricavarne gli appendizii (galline o altro in segno di possesso).

Nel corso del Seicento, a somiglianza degli altri collegi di Pavia, anche al Castiglioni nacque un'Accademia a carattere culturale, quella degli Oziosi, che aveva l'insegna del levriero accucciato con lo spiritoso motto Otior ut ocyor (Me ne sto in ozio per essere poi più veloce).

La decadenza e gli interventi amministrativi del Settecento

Nel corso del tempo il Collegio ebbe alcuni rettori del tutto incapaci ed indegni della carica, cosa che contribuì a peggiorare la situazione economica. Nel 1770 il Conte Carlo di Firmian, occupandosi a nome dell'Imperatrice Maria Teresa dell'assetto dell'Università, decise di accorpare al Castiglioni altri due collegi pavesi, il Collegio Griffi ed il Collegio Cazzaniga, allo scopo di farli risorgere all'antico loro lustro, regolando meglio le spese e gli introiti ed ispirandosi ai nuovi ordinamenti universitari. Gli studenti furono in questo periodo cinque per ogni fondazione, ed il trattamento era analogo e simili le spese per la pensione quotidiana.

Le regole del Settecento

Ricevevano un vitto molto vario (a pranzo e cena minestra con formaggio a volontà, carne, un boccale di vino, frutta e formaggio), legna per scaldarsi e un quantitativo di cera per le candele. Una stanza con un camino acceso attendeva, al ritorno dall'Università, gli studenti, che erano invitati a sostarvi per un lungo periodo prima del pranzo. La presenza in collegio era prevista solo durante determinati periodi (erano esclusi ad esempio il carnevale e l'estate) e non più tutto l'anno, come era alle origini, quando gli studenti giungevano a Pavia da tutta l'Europa occidentale.

L'annessione al Collegio Ghislieri

La trasformazione non bastò, perché le spese gravavano in misura maggiore sulle dissestate finanze del Castiglioni, anche per la presenza di servitori, e la situazione, durante il periodo napoleonico, divenne insostenibile. Il Vicepresidente della Repubblica Italiana stabilì allora con un decreto la concentrazione del Castiglioni nel Collegio Nazionale, ex Collegio Ghislieri, a partire dal 1º luglio 1804. Gli studenti, che godevano di un trattamento uguale a quello del Ghislieri e dovevano osservarne i regolamenti, non superarono mai il numero di quattro. Essi per un certo periodo potevano godere di un sussidio, che facilitava loro la vita e gli studi.

Il progetto di Plinio Fraccaro e la fondazione del Castiglioni Brugnatelli

L'edificio del Castiglioni, venduto nel 1805, divenne possesso della famiglia Brugnatelli, e più tardi, per lascito di Luigi Brugnatelli[15], passò al Comune di Pavia ed infine all'Università, con la clausola di adibirlo a convitto per le studentesse. Il Rettore Magnifico prof. Plinio Fraccaro voleva dotare l'Università di collegi condotti dagli organismi universitari, affinché nel periodo postbellico venisse facilitato lo sviluppo culturale e sociale di Pavia, dell'Università e dell'Italia stessa.

Per merito di Fraccaro[16] venne istituito per la prima volta a Pavia un collegio laico universitario femminile, il Collegio Castiglioni Brugnatelli. Esso si affiancò al Collegio Cairoli, che era stato creato dall' amministrazione austriaca e venne riaperto nel 1948 durante la gestione Fraccaro, ed agli altri collegi maschili preesistenti, di cui già da secoli Pavia era dotata.

Fraccaro, oltre a cercare finanziamenti, dovette combattere una vera e propria lotta contro l'autorità politica[17] e le concezioni arretrate del tempo, che rendevano difficile alle ragazze l'accesso all'Università e prescrivevano che, se erano fuori casa, esse dovessero eventualmente abitare in collegi religiosi. Le concezioni meritocratiche di Fraccaro, la sua difesa dell'autonomia e della laicità della scuola, la crescita costante della popolazione studentesca femminile, che aveva superato le 1200 unità su 4000 iscritti già nell'anno accademico 1947/48, nonché la cessione al Comune[18] del palazzo Brugnatelli convinsero il Rettore Magnifico che i tempi per realizzare il suo progetto erano ormai maturi ed egli volle procedere all'edificazione ed all'apertura di questo prima ancora della redazione di un regolamento della nuova struttura[19]. Esso, secondo Fraccaro, che aveva fretta di vedere realizzato il suo progetto, poteva attendere e doveva anzi essere elaborato in seguito, dopo che si fossero presentati i primi problemi, affinché questi venissero affrontati e risolti.

Sfruttando l'ampio giardino, in parte preservato a tutt'oggi (giardino con la magnolia), fu eretto uno spazioso edificio a forma di T, che si affaccia sulla piazza del Collegio Ghislieri[20], ed è collegato alle case più antiche, medioevali e settecentesche[21], strutture necessarie ad un'entità di tal fatta. Il compito fu affidato all'arch. Emilio Aschieri. Il nuovo edificio contiene un ampio salone, il refettorio, un atrio ed uno scalone che conducono alle numerose camere singole ed ai servizi comuni, per lo più siti al termine dei corridoi.

La costruzione fu particolarmente curata, perché l'ambiente degli studi doveva essere, secondo Fraccaro, non solo tranquillo e dignitoso, ma anche tutto sommato elegante, al fine di favorire l'impegno degli studenti convincendoli dell'importanza della loro attività e del privilegio di cui godevano in quanto collegiali.

L'evoluzione successiva

Il Collegio, di cui era Rettrice Enrica Malcovati, ex alunna di Fraccaro ed allora insegnante di Letteratura Latina all'Università di Pavia e Preside della Facoltà di Lettere, venne aperto nell'anno accademico 1954-55, per ospitare, in posti in parte gratuiti ed in parte a pagamento, insieme a talune borsiste straniere, un centinaio di studentesse provenienti da ogni regione d'Italia, scelte in base al merito. Per iniziativa della prof. Malcovati, che nel 1965 ne redasse il primo regolamento, nel 1970 il Collegio fu ampliato con un altro edificio attiguo ed ospita ora centosessanta studentesse universitarie oltre ad otto borsiste. Esso è dotato delle strutture e degli strumenti più moderni, tecnologici e non, utili in funzione degli studi.

Note

  1. vulgariter nuncupatum
  2. molte sono le analogie del Collegio di Spagna con il Collegio Castiglioni
  3. a diffusione della fede, istruzione delle persone semplici, illuminazione delle menti, illustrazione degli intelletti
  4. a gloria di Dio, diffusione della fede ortodossa e utilità pubblica
  5. cfr. statuti del '37
  6. Negli statuti del '37 potevano presentare i candidati il Vescovo di Piacenza, gli abati e i capitoli dei monasteri benedettini di S. Celso fuori le mura di Milano e di S. Giovanni Evangelista di Parma, i capitoli delle chiese milanesi del Duomo, di S. Ambrogio, di S. Nazzaro, i capitoli delle chiese di Rouen, Liegi, Bayeux, Lisieux, Cartagena, Veszprem: Si trattava di località in cui Branda deteneva dei benefici: era ad esempio Vescovo di Piacenza
  7. Il Convento era infatti stato chiuso, ma venne riaperto in seguito per intervento del Pontefice Eugenio IV e cercò in tutti i modi di recuperare i beni che erano passati al Collegio
  8. Numerose case in Pavia e le proprietà (fra le 20000 e le 22000 pertiche di terreno) di Albaredo, esposti alle piene di Po e Ticino perché situati alla loro confluenza e corrosi dalle acque, Montalino presso Stradella, Siccomario, Voghera, Barona, Calignano, Sterzago, Cascina de' Mensi, Sommo e Marzano, Lirio
  9. collaboratore di Branda, di cui era nipote per parte di madre
  10. 1424-1432-si rifiutò nel 1431 di prendere parte al processo di Giovanna d'Arco; partecipò al Concilio di Basilea come inviato del re d'Inghilterra; il suo nome è legato all'Università di Caen
  11. affinché il collegio stesso diventasse fertile fonte di scienza
  12. si era occupato anche della biblioteca di Sant' Apollinare che aveva arricchito; amava acquistare libri e procurarsene, tanto da essere una volta assediato in casa a Milano perché si era diffusa la voce che avesse trafugato un prezioso manoscritto
  13. Bonifacio Bembo a Firenze aveva forse visto la cavalcata dei Magi di Benozzo Gozzoli da poco affrescata nella cappella di Palazzo Medici Riccardi
  14. si ricorda negativamente don Mario Castiglioni
  15. professore di Mineralogia nell'Università di Pavia
  16. cfr. Francesco Torchiani, Uno storico rettore magnifico, Plinio Fraccaro e l'Università di Pavia, Cisalpino, 2009 pag. 132 sgg.
  17. era Ministro della Pubblica Istruzione Antonio Segni
  18. cfr. Torchiani cit. pag. 135
  19. cfr. Torchiani cit. pag 137
  20. cfr. foto di un particolare dietro la statua di Pio V nella voce sul Collegio Ghislieri
  21. . Queste ultime, che si sviluppano attorno al cortile d'ingresso, per l'occasione furono rinnovate ed unificate, e vi fu sistemata l'amministrazione con la segreteria ed il rettorato

Bibliografia

  • Bendiscioli M., I Collegi e l'Università, in Discipline e maestri dell'Ateneo Pavese, Pavia 1961
  • Codecà G., Il cardinal Branda Castiglioni ed il suo Collegio in Pavia, Ticinum, maggio-giugno 1952
  • Galli E., Barona, B.S.P.S.P., XLVIIII 1950, p. 68-98
  • Malcovati E., Il Collegio Universitario femminile Castiglioni Brugnatelli, Pavia Economica n. 12, 1964
  • Pagnin B., Collegi universitari medievali, in I quattro secoli del Collegio Borromeo di Pavia, Milano 1961, pp. 229–242
  • Pesenti F. R., Una aggiunta al Maestro della Resurrezione della Cappella del Collegio Castiglioni in Pavia, in Arte antica e moderna n. 24, 1963, pp. 319–321
  • Torchiani F. Uno storico rettore magnifico. Plinio Fraccaro e l'Università di Pavia, Cisalpino, 2009 pp. 133–147 e passim
  • Visintin A. L., Il più significativo precedente del Collegio Ghislieri: il Collegio Universitario Castiglioni, in Il Collegio Universitario Ghislieri di Pavia, Giuffrè editore, Milano 1966, a cura dell'Istituto di Storia Moderna dell'Università di Pavia, collana diretta da Mario Bendiscioli
  • Visintin A. L., Due collegi universitari del tardo Medioevo, in Il Collegio Universitario Ghislieri di Pavia, Tomo II, Giuffrè editore, Milano 1970, a cura dell'Istituto di Storia Moderna dell'Università di Pavia, collana diretta da Mario Bendiscioli

Fonti documentarie

  • Fondo Castiglioni nell' Archivio del Collegio Ghislieri
  • Maiocchi R., Codice diplomatico dell'Università di Pavia, Pavia 1913
  • Maiocchi R., Memorie e documenti per la storia dell'Università di Pavia, Pavia 1877-78

Collegamenti esterni

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