Porcellana Ginori a Doccia
La Porcellana Ginori nasce a Doccia nel 1737 per volontà del marchese Carlo Ginori e rapidamente si afferma come una delle più prestigiose manifatture di porcellana europea. I discendenti di Carlo Ginori, continueranno ad esserne i proprietari e a dirigerla, mantenendone alto il nome, fino alla fine dell'Ottocento, quando nel 1896 avverrà la fusione con la Soc. Ceramica Richard di Milano. Da quest'unione nascerà la moderna fabbrica Richard-Ginori che ha saputo attualizzarne la preziosa eredità storica conquistando il mercato intercontinentale. 360px|thumb|right|Sortù a forma di nave a lido. Ginori a Doccia, metà del XVIII secolo. Museo di Villa Cagnola (Gazzada Schianno).
Il primo periodo: Carlo Ginori
Vorlage:Quote La Manifattura Ginori inizia la propria attività nel 1737 a Doccia, località a pochi chilometri da Sesto Fiorentino, nella villa che il marchese Carlo Ginori acquista all’inizio di quello stesso anno dal senatore Francesco Buondelmonti (1689 – 1774). Nel mese di luglio del 1737 dai forni della Manifattura esce una prima cotta; a sovrintenderla c’è il fornaciaio romano Francesco Leonelli, che lascia Doccia tra l’agosto e l’ottobre 1738.[1]
[[Immagine:Carlo GinoriMedaglione web.jpg|250px|thumb|right|Medaglione in porcellana con il ritratto del marchese Carlo Ginori. Ginori a Doccia, 1745 c. Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia.]]Questi primi risultati sono il frutto delle ardite sperimentazioni che lo stesso marchese, conoscitore di testi alchemici e chimici[2]e chimico egli stesso,[3]metterà in atto. Inoltre alla formazione chimica di Carlo Ginori contribuisce significativemente anche l'intima amicizia con Giovanni Targioni Tozzetti, al punto che quel profondo rapporto ha erroneamente suggerito nel passato, per il grande naturalista fiorentino, il ruolo di arcanista nella manifattura Ginori agli inizi della sua attività. Questo è confermato dallo studio della documentazione nell'archivio Ginori che individua in Carlo "il solo ed unico arcanista della sua Fabbrica."[4]A testimonianza dell'infaticabile ricerca sulla porcellana scriverà un fascicoletto intitolato Teoria degli ingredienti atti a fare la porcellana in cui annota esperienze fatte in fabbrica, inquietudini, aspettative personali, conoscenze di chimica e critiche ai testi chimici e alchemici noti.[5]
In tal senso egli sovrintenderà sempre, per tutto l'arco della sua vita, alla composizione degli impasti, al reperimento delle migliori terre, tra cui quelle più adoperate provenienti dalla Valle del Tretto presso Vicenza[6]e da Montecarlo,[7]alla messa a punto dei forni, con la sua diretta presenza o tramite relazioni precise e curando, anche da lontano durante i frequenti viaggi,[8]il buon andamento di tutto il processo di preparazione e cottura.
I tentativi iniziali riguardano quasi certamente soltanto maioliche e forse qualche timida prova per ottenere la porcellana, la produzione della quale viene rammentata per la prima volta il 6 luglio 1739, quando si registra un pagamento “a Fornacjai delle porcellane”.[1]Sarà Joannon de Saint Laurent,[9] grande erudito lorenese e stretto collaboratore di Carlo prima e di Lorenzo Ginori dopo, ad attestarci che: “ [...] la fabbricazione della porcellana è l’oggetto principale dell’impresa, mentre quella della maiolica non è che un puro accessorio ritrovato dalla felice memoria del signor marchese Carlo per sostenere più felicemente la prima”.[10] Si conferma, quindi, che la sperimentazione sulla porcellana viene inizialmente supportata economicamente dalla produzione e dalla vendita della maiolica e, nel citare la "felice memoria", la familiarità e l'attenzione per la ceramica che aveva nutrito Carlo in ambiente familiare sin dall'età giovanile.[11] [[Immagine:Fruttiera web-1.jpg|250px|thumb|right|Anton Anreiter von Ziernfeld, Fruttiera decorata con Piante e serpi dipinte al naturale. Ginori a Doccia 1745-50. Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia.]] Le prime porcellane di Doccia databili risalgono al 1740: si tratta di alcune tazzine finemente dipinte dal capo pittore della manifattura, Carl Wendelin Anreiter von Ziernfeld, e da questi portate a Vienna, per essere donate al futuro Granduca di Toscana, Francesco Stefano di Lorena, come per la prima volta aveva rammentato nel 1963 Leonardo Ginori Lisci.[12]Il viaggio dell'Anreiter è carico delle speranze di Carlo Ginori volte ad ottenere dal Granduca "[..] la sospirata privativa per la produzione di porcellana nel Granducato di Toscana", che avviene il 3 marzo 1741 per tramite del reggente principe di Craon.[13]
Carlo Ginori aveva convinto il giovane Carl Anreiter[14]a seguirlo a Firenze nel 1737 in occasione del viaggio del marchese a Vienna per rendere omaggio al nuovo Granduca di Toscana; si tratta di un pittore di notevoli qualità: nasce a Schemnitz, l’attuale Banska Stiavnica in Slovacchia, da genitori di Bolzano, città dove passa tutta la fanciullezza; eseguiti studi artistici, si trasferisce nella capitale austriaca dove entra come decoratore stipendiato nella manifattura Du Paquier, per operare, poi, come hausmaler.[15]
Lo assume con regolare contratto sia come pittore in prima persona sia come capo dei pittori per “dorare, e dipingere di smalto sopra terre, porcellane, ed altro, e per insegnare tutto quello che sa a chi gli sarà ordinato dal predetto Sig. Co. Ginori”, giunge a Firenze con la moglie ed i figli; tra questi Anton Anreiter, che sarà un ottimo pittore su porcellana prima a Doccia poi a Vienna.[16]
Il marchese Carlo Ginori personalità di spicco, nel panorama europeo della prima metà del Settecento, a livello politico, scientifico e culturale, si contorna immediatamente di elementi che in breve tempo porteranno la Fabbrica da lui fondata a rivaleggiare, per qualità stilistica e formale, con quelle più importanti in Europa. [[Immagine:Ginori saliera XVIII.jpg|250px|thumb|right|Saliera con Delfini che sorreggono una conchiglia. Ginori a Doccia, secondo quarto del XVIII secolo.]] 250px|thumb|right|Piatto con decoro a stampino. Ginori a Doccia, 1745-1750 c. Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia. Fra quelli degni di nota: Gaspero Bruschi, giovane scultore, già allievo dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, che viene chiamato a dirigere la sezione “per le stanze dei modelli e forma”;[17] Johann Georg Deledori, fino agli studi più recenti denominato Giorgio delle Torri, austriaco, è a capo del reparto delle fornaci;[18] Jacopo Fanciullacci in un primo tempo affiancherà il Deledori, per poi sostituirlo nella primavera del 1743, quando questi ritornerà a Vienna,[19] e per divenire successivamente responsabile anche del “preparamento delle terre e delle vernici”; Nicholas Lhetournaus,[20] ceramista originario di Nevers in Francia, chiamato a dirigere la manifattura di maiolica “nella sua casa di campagna a Doccia“, che morirà solo dopo pochi mesi dal suo arrivo a Firenze.[21]
L’idea del marchese Carlo di dare una continuità ed una omogeneità artistica e produttiva alla manifattura, si percepisce in particolare dal costante tentativo di creare una scuola all’interno della fabbrica, dove maestri sono gli stessi artisti ed allievi, le maestranze più valide e volenterose, e dalla circostanza che Carlo Ginori riesce anche a far riservare due posti per i più promettenti giovani alla famosa Accademia delle Arti del Disegno di Firenze.[22]
Per comprendere appieno il genio industriale del marchese Ginori, occorre ricordare che la fabbrica viene impiantata utilizzando per la quasi totalità i coloni della fattoria di Doccia, che divengono in breve tempo pittori, tornitori, fornaciai, manipolatori di paste con risultati stupefacenti.
[[Immagine:Zuppiera Ginori a stampino.jpg|250px|thumb|right|Zuppiera con decoro a stampino. Ginori a Doccia, secondo quarto del XVIII secolo.]]Quanto alle famiglie decorative in uso alla manifattura Ginori nel primo periodo, Alessandro Biancalana scrive: “Non esistono, poi, nei primi anni di vita della Fabbrica veri e propri inventari delle varie decorazioni pittoriche eseguite e, pertanto, si devono utilizzare alcuni elenchi, che, seppur non completamente esaustivi, danno un quadro di alcune delle varie tipologie decorative prodotte”; ed infatti ritiene che “Il primo di tali elenchi è quello contenuto nell'Inventario delle porcellane e Maioliche ritrovate in essere questo dì 25 ottobre 1743 nel Magazzino in mano a Giuseppe Sarti”.[23]
Nel tempo si è tentata più volte una codifica di queste decorazioni, trovandosi spesso di fronte a qualche decoro che non era riconducibile a nessun oggetto, o documento conosciuto, ma se si vuole tentare di trovare un filo conduttore nello studio di tali decorazioni, si devono tenere presenti diversi fattori: le prove vere e proprie, la presenza di pezzi unici, la genialità e l’estro dei pittori più bravi, le commissioni patrizie e gli ordinativi delle corti, i rimpiazzi eseguiti in Fabbrica e gli elenchi redatti in manifattura.
[[Immagine:Turco web-1.jpg|250px|thumb|left|Vassoio con figura di nobile turco. Ginori a Doccia, 1745 c. Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia.]]Difficile, comunque, dimenticare il decoro “a stampa”, oggi comunemente definito “a stampino”, rigorosamente in bianco/blu, e uno dei primi eseguiti dalla Fabbrica di Doccia, “a galli” (in nero/rosso/oro, in blu/oro e in verde) di chiara derivazione asiatica, a "ciocchetti di fiori", quello detto "alla sassone" e “a tulipano”; si tratta, in questi ultimi due casi, di una definizione moderna, che non trova riscontro negli elenchi di Fabbrica.
Fra i più ricercati sono degni di menzione il decoro “a paesi rossi”, “a chinesi tutti ad oro ricchissimo”, “a palazzi chinesi”, “a bassorilievo istoriato” e all'orientale con le rarissime figure di "Turchi",[24] tutti tipici fin dai primi anni. Le fonti più certe per uno studio scientifico dei decori sono senza dubbio quelle che si ricollegano agli elenchi di produzione e di vendita, redatti nei vari periodi di vita della Manifattura Ginori e quelle che si estrapolano dagli scambi epistolari.
[[Immagine:Ginori-a-Doccia-Crocifisso-.jpg|250px|thumb|right|Crocifisso in porcellana. Ginori a Doccia , metà del XVIII secolo.]]È forse nel campo della scultura, anche di carattere religioso, che la Fabbrica Ginori si caratterizza maggiormente nei primi anni di produzione, dando vita ad ardite espressioni plastiche di notevoli dimensioni. “Il capo modellatore Gaspero Bruschi sarà per quasi cinquanta anni il depositario della volontà del fondatore, che si manifesta in una produzione con forti connotazioni di stampo classico [...]" e nel "[...] costante impegno nella produzione in porcellana di statue greche e romane, o da queste derivate, frutto, di una importante corrente culturale classicista propria del mondo artistico fiorentino, che, per certi aspetti, anticipa di qualche decennio lo stile del neoclassicismo, formando quasi un ponte tra la scultura barocca toscana e le prime avvisaglie di quello che sarà il neo-classicismo."[25]E questa sarà la principale differenza fra la manifattura di Doccia e le altre manifatture italiane nella prima metà del XVIII secolo. Degni di menzione sono i grandi gruppi che vengono realizzati tra il 1747 ed il 1755 circa: si tratta prevalentemente di soggetti di derivazione mitologica e religiosa ed i prototipi sono spesso tratti da scultori del tardo barocco fiorentino, come Massimiliano Soldani Benzi, Giovan Battista Foggini, Giuseppe Piamontini, Girolamo Ticciati. Anche gli scultori del Barocco romano, Bernini, Algardi e Pierre Legros, principalmente, anche se in misura minore rispetto ai precedenti, fungono da fonte, per le sculture di Doccia.
Ai maggiori scultori dell'epoca si aggiungono nomi di bronzisti, gessaiuoli, incisori e intagliatori a cui Carlo Ginori ricorre sia per i modelli scultorei sia per i decori a rilievo. Da Filippo Bosi a Orazio Filippini, al "noto incisore fiorentino Carlo Gregori", a Andrea Scacciati, Gio Batta Ricchini e Jacopo Bronzoli.[26]. Oltre all'amata Firenze diverse le città di provenienza per i modelli: Marsiglia, Lucca, Parigi e Roma dalla quale provengono sin dai primi anni di fondazione della manifattura, molti modelli. Carlo Ginori si preoccupa infatti di inviare a Roma i suoi modellatori e gessaiuoli migliori, come Filippo della valle, Bartolomeo Cavaceppi e Francesco Lici, per realizzare le copie da riprodurre in porcellana; di questo intenso lavoro abbiamo una testimonianza nella vasta corrispondenza tra il marchese e l'erudito e incisore romano Guido Bottari a cui si rivolge per le sue conoscenze nella cura romana, nonché dalle frequenti e documentate spedizioni, di casse con i modelli, dalla città eterna.[27]Inoltre si hanno notizie circostanziate sulle notevoli misure, a volte a grandezza naturale, in cui vengono realizzati i modelli tratti dalle sculture, fra le quali è noto il Crepuscolo di Michelangelo dalla Sagrestia Nuova di San Lorenzo in Firenze.[28]
[[Immagine:Doccia Ginori AB4623-1.jpg|250px|thumb|right|Gaspero Bruschi, Amore e Psiche, Ginori a Doccia 1747. Museo internazionale delle ceramiche in Faenza.]]Come già annotava nel 1932 Giuseppe Morazzoni, la manifattura di Doccia, nella dimensione delle plastiche, riuscirà ad eguagliare e forse a superare la celebrata manifattura di Meissen[29] in ideale continuum, specifica oggi Biancalana, con la grande tradizione fiorentina dei Della Robbia a cui il marchese Ginori guardava con ammirazione, sia per l’aspetto innovativo che li aveva portati alla ribalta del Rinascimento fiorentino con la realizzazione di grandi opere plastiche in terracotta invetriata, sia per la ricerca “scientifica” sui materiali propri all'arte figulina di cui erano stati ottimi sperimentatori. Richiamandosi ai Della Robbia, Carlo Ginori, otteneva un duplice risultato: da una parte “svincolava così la porcellana da una funzione meramente di uso corrente e da un lato effettuava un recupero formale ed ideologico con il Rinascimento [...] ”.[30]
Di questa volontà sono una pregevole testimonianza alcune realizzazioni giunte sino a noi e tra queste: il celebre gruppo di ”Amore e Psiche”, eseguito una prima volta dallo stesso Bruschi nel 1747, da un modello ellenistico conservato alla Galleria di Firenze e di cui si conoscono due varianti meno monumentali,[31]la "Pietà grande Corsini", la riedizione del celebre "Laocoonte", la superba "Macchina" o "Tempietto dedicato alla Gloria della Toscana"[32] per l'Accademia Etrusca di Cortona, della quale nel 1756 Carlo Ginori era diventato Lucumone, solo per citarne alcune, e i bassorilievi istoriati fra cui ben nota è la serie delle "Quattro stagioni", realizzata da Anton Filippo Maria Weber.[33] [[Immagine:Piatto-stemma-.jpg|250px|thumb|left|Piatto decorato con stemma della famiglia Isola Marana di Genova. Ginori a Doccia, metà del XVIII secolo.]] Nei servizi per la tavola l'ingegno degli artefici della manifattura si esprime, nelle caffettiere, teiere, zuppiere, zuccheriere, sia nei ricercati esempi a doppia parete, di cui in alto abbiamo la riproduzione di un pregevolissima caffettiera, sia nelle raffinate decorazioni impreziosite dagli stemmi araldici delle committenze patrizie.[34][[Immagine:Doccia Ginori XVIII 1589.jpg|250px|thumb|right|Caffettiera a doppia parete. Ginori a Doccia, secondo quarto del XVIII secolo. Museo internazionale delle ceramiche in Faenza.]] Molteplici sono gli esempi di pezzi decorati con stemmi giunti sino a noi: "oltre alle tazzine destinate all'Elettrice Palatina e quelle per il marchese di Brignole, eseguite tra il 1742 ed il 1743 [..]" è noto "[.. il servizio a stampa con le armi delle famiglie Gerini e Franceschi [..] quella senese dei Bandini, dei marchesi genovesi Isola Marana, dei fiorentini conti Capponi, della bolognese Gozzadini e del Vernaccia, della Lignani Boccadiferro, ancora di Bologna [..] dei Frescobaldi e Castelli, dei Pasquali [..] e quelli con stemma del cardinale Luigi Torrigiani e del cardinale Gianfranco Stoppani".[35]
Anche nel campo delle così dette “galanterie”, tra cui le tabacchiere, i porta profumo e i pomi per spade e bastoni, la Fabbrica di Doccia si pone su un piano di assoluta eccellenza utilizzando, fin dai primi anni di produzione, i migliori pittori per eseguire le decorazioni. Sono documentate infatti opere di Carl Anreiter, Giovan Battista Fanciullacci, Angiolo Fiaschi, Gioacchino Rigacci e Lorenzo Masini.
L'attenzione della manifattura di Doccia verso questa particolare produzione è confermata dalla creazione di un "Laboratorio degli argentieri", per rifinire in metallo prezioso tabacchiere e porta profumo, sotto la direzione di esperti: all'inizio il francese Jean-François Racein, poi il tedesco Johann Georg Komette e infine dal 1758 dopo la morte di Carlo Ginori, il figlio Lorenzo chiamerà Michele Taddei.
Certo, i primi momenti non dovettero essere facili: la difficoltà nel reperimento dei materiali, specie le terre, con la conseguente necessità di continui esperimenti, faranno sì che almeno fino alla morte di Carlo Ginori, avvenuta nel 1757 a Livorno, città della quale era stato nominato Governatore qualche anno prima, la manifattura non produrrà utili, ma solo perdite.
E questo nonostante l'impegno, una volta ottenuta la privativa dal principe di Craon, ad aumentare i lavoranti nella manifattura e ad incentivare l'apertura di negozi per la vendita delle sue porcellane. Il principale sarà quello di Giuseppe Sarti in Firenze inaugurato tra il 1742 ed il 1743, a cui seguono rapidamente quelli di Fallani, Montauti, Tondelli e Raugi unitamente allo spaccio in via De Ginori, sempre in Firenze. Altre città vedono nascere punti vendita: a Lucca (con ben tre negozi), Livorno con l'importante magazzino e laboratorio, Bologna, Napoli, mentre all'estero si riforniscono, non senza difficoltà, Lisbona, Tarragona, Madrid e Costantinopoli. Inoltre l'intraprendenza del marchese Ginori lo conduce a tentare (con scarsa fortuna) sbocchi nelle Indie Orientali inviando casse di prodotti per saggiare il gradimento delle sue porcellane, ed entrare in concorrenza con quelle cinesi e giapponesi dominanti nel sud est asiatico, e da oltre un secolo importate con successo in tutt'Europa dalle diverse Compagnie delle Indie Orientali.[36]
Le decorazioni pittoriche
Si riporta un elenco dei decori conosciuti (omettendo le varianti meno significative) rilevabili sia nell'Inventario delle porcellane e Maioliche ritrovate in essere questo di 25 ottobre 1743 nel Magazzino in mano a Giuseppe Sarti, sia nei tariffari del 1747 per le porcellane bianche e policrome oltre a quelli riscontrabili negl'inventari redatti alla morte di Carlo Ginori nel 1757. Da tutti sono naturalmente escluse le produzioni particolari, e quindi fuori catalogo, eseguite per le committenze patrizie. In corsivo quanto risulta dagli elenchi, virgolettate le titolazioni recenti: [[Immagine:Porcellana Ginori XVIII 1628.jpg|250px|thumb|right|Vassoio decorato "a stampino". Ginori a Doccia, secondo quarto del XVIII secolo. Museo internazionale delle ceramiche in Faenza.]]
- A stampa, oggi detto "a stampino": il nome prende spunto dalla tecnica esecutiva. Per il decoro, rigorosamente in blu, venivano usati la carta, la pelle di agnello o sottili lastre di rame, e seguendo le linee di un disegno floreale stilizzato, ne veniva traforata la superficie. Dopo si appoggiava sul biscotto e con il colore se ne campivano i vuoti. La semplice tecnica s'ispirava ai decori in bianco/blu delle porcellane Medicee della fine del Cinquecento, e consentiva una facile esecuzione per le maestranze di Carlo Ginori, artigiani e contadini della fattoria convertiti alla produzione ceramica. Ben presto ne verrà acquisita un'ottima padronanza e fra i migliori esecutori di questa tipologia si segnala Bastiano Buonamici detto "Micio" o "Miccio", attivo nella Fabbrica dal 1747 al 1763. Fra i primissimi decori di Doccia, incontrerà un grande successo e sarà replicato fino "all'ottocento inoltrato in forme sempre più essenziali e schematiche".[37]
[[Immagine:Caffettiera giochi di putti web.jpg|250px|thumb|right|Caffettiera decorata a giochi di puttini in blau (tecnica a riporto). Ginori a Doccia, 1745-50. Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia.]]
- A riporto: tecnica che anticipa sin dal 1750 il "Transfer print" diffuso in Inghilterra dal 1756. Menzionato negli inventari come decoro a stampa è frutto di un'elaborata sequenza per trasferire sul biscotto un'incisione preventivamente fatta su rame. In una fase successiva veniva rifinito a mano libera. Esempi di questa rara decorazione in blu esemplificano, con misurata eleganza, sia il gusto per la veduta (si conosce una veduta di Venezia tratta dalle stampe di Antonio Visentini) sia temi mitologici e allegorici.[38]
- A giuochi di bambini: si conoscono due versioni di questa decorazione, una più semplice, con tecnica a riporto in blu sottovernice chiamata anche a puttini blau, ed una più ricca su fondi gialli o bianchi contornata da rabescature in oro. Trova la sua ispirazione iconografica nelle stampe di Jacques Stella e avrà successo, ma breve vita, sia nella manifattura Ginori (non compare più sin dall'inventario del 1757) sia in quella viennese di Du Paquier.[39]
[[Immagine:Tazzina alla "Chinese" Ginori.jpg|250px|thumb|right|Tazzina tutta dentro dorata con figure dorate in due luoghi e piede dorato. Ginori a Doccia, secondo quarto del XVIII secolo.]]
- A paesi rossi o di porpora: le ispirazioni per questa tipologia decorativa risentono del favore che la decorazione di paesaggio aveva incontrato nella seconda metà del seicento in tutt'Europa. I pittori della manifattura guarderanno, fra i tanti, ad Annibale Carracci e Alessandro Magnasco, quest'ultimo ben conosciuto alla corte fiorentina per essere il maestro della moglie di Ferdinando de' Medici. Sempre con il tema del paesaggio dipinto in rosso su fondi bianchi, all'interno di riserve, si conoscono varianti su fondi gialli e verde mela (descritta negli inventari a paesini rossi e Camicia verde). Nel primo periodo ne furono i principali interpreti Giuseppe Romei e successivamente Carlo Ristori. Questo decoro sarà eseguito a Doccia fino alle soglie del XIX secolo.[40]
- A fiori europei: presente sin dai primissimi anni della produzione costituirà un elemento portante della decorazione docciana. Ispirato alle pitture naturalistiche dei primi anni del Seicento fiorentino guarda al "deutsche blumen: papaveri, crisantemi, roselline" delle coeve manifatture di Meissen e Vienna con il decoro, descritto negli inventari, a ciocche e fiori ad uso di germania e a due formelle in campo bleu rabescate d'oro con fiori nel mezzo e bordi d'oro. Si ritroveranno anche raffinate interpretazioni con fiori e insetti colorati anche entro riserve bianche su fondi blu, un colore tanto in voga nella manifattura di Sevres. Altre diciture per queste decorazioni: alla cappuccina e blau con farfalla, a farfalle, e dipinte con insetti. Questi ultimi trovano spunti iconografici nei disegni tardo cinquecenteschi di Georg Hoefnagel e figlio. Il decoro a fiori europei, che nel primo periodo non ha precisi riscontri negli elenchi di fabbrica, nella letteratura recente viene chiamato genericamente "mazzetto" e godrà di grande apprezzamento fino alla metà dell'Ottocento, replicandosi però con un ductus sempre meno incisivo, quasi seriale e sensibile al susseguirsi degli stili. [41]
- A figure tutte in oro:
- Con formella rossa a rabesco e figura chinese lavor fine. È assimilabile a quello Alla Sassonna con oro, bellissime o Miniato alla Sassonna con rabeschi d'oro:
- In blu a figure e paesaggi:
- Alla rosa canina:
- Con rilievi di fiori e foglie:
- Con fiori color di porpora o rosso nel mezzo e con fiorellini all'intorno e qualche doratura:
- A galli neri, ed oro:
- A galli blu, rossi, ed oro:
- A palazzi chinesi:
- A palazzi chinesi tutti ad oro ricchissimo:
- Dipinte rosse a istorie sagre con infinità di figure:
- A fiori bleu alla chinese
- Alla rosa canina:
- Con rilievi di fiori e foglie:
- Alla giapponese con oro:
- Con frutta lavor fine:
- "A siepe tagliata":
- "Con rilievi di fiori e foglie":
- "Con la serie dei mesi dell'anno":
- "A tavolino" (Tischen Muster):
- "Floreale entro settori in blu sottovernice di stampo asiatico":
Fra le decorazioni nei modi di Carl Wendelin e Anton Anreiter:
- Il traino dei cannoni:
- Con scene di battaglia:
- "Con figure di orientale":
- "Con scene di mestieri di strada":
- Con piante e serpi dipinte al naturale
Le opere plastiche
[[Immagine:Venere Adone-2.jpg|250px|thumb|right|Venere e Adone, Ginori a Doccia, 1750. c. Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia.]] Fra i soggetti più noti tratti dalla mitologia e dalle opere dell'età classica:
- Gaspero Bruschi, Laocoonte, (1750 c.). Milano, Museo Poldi Pezzoli.[42]
- Gaspero Bruschi, Amore e Psiche, (1747). Faenza, Museo internazionale delle ceramiche in Faenza.[43]
- Gaspero Bruschi, Amore e psiche, (1754). Torino, Museo Civico d'Arte Antica.[44]
- Gaspero Bruschi, Venere che si cava la spina, (1747). Collezione privata.[45]
- Gaspero Bruschi, Venere dei Medici, (1747). Sesto Fiorentino, Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia.[46]
- Gaspero Bruschi, Diana e Callisto, (1750 c.). Firenze, Museo Stibbert.[47]
- Venere e Adone, (1750 c.). Sesto Fiorentino, Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia.
Trae la foggia da un modello di Massimiliano Soldani Benzi come recita l'inventario: "N° 36 Adone e Venere. Di Massimiliano Soldani in cera con forma."[48]
- Mercurio ed Argo, (1750 c.). Collezione privata.[49]
- Perseo e Medusa, (1750 c.). Londra, Trinity Fine Art.[50]
- Ippomene, (1750 c.). Già mercato antiquario.[50]
- Le tre Parche, (1750-55 c.). Già raccolta Lapicirella.[51]
- Andromeda e l’orca, (1750 c.). Firenze, Museo Stibbert.[52]
[[Immagine:Collezione Cagnola - A.Poletti- 201.jpg|250px|thumb|right|Il giudizio di Paride, Ginori a Doccia, metà del XVIII secolo. Museo di Villa Cagnola.]]
- Leda con il cigno, (1750 c.). Firenze, Museo Stibbert.[53]
- Il Giudizio di Paride, (1750 c.). Gazzada Schianno, Museo di Villa Cagnola.
"[..] due importanti gruppi scultorei, entrambi rappresentanti questo mito e derivati sempre da un modello di Soldani Benzi [..]" sono uno al Museo del Castello Sforzesco a Milano, l'altro al Museo di Villa Cagnola a Gazzada Schianno. Da notare, in un inventario, l'erronea attribuzione del modello al Ticciati.[54]
Fra i soggetti religiosi, tratti dall'antico e nuovo testamento:
- Gaspero Bruschi, Pietà grande Corsini, (1745). Firenze, Collezione principi Corsini.[55]
- David e Golia, (1750 c.). Sesto Fiorentino, Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia.[56]
- Giuditta taglia la testa ad Oloferne, (1750 c.). Londra, Trinity Fine Art.[57]
- La Samaritana al pozzo, (1750 c.). Collezione privata.[58]
- La Maddalena che bacia i piedi a Gesù Cristo, (1755 c.). Milano, Musei del Castello Sforzesco.[59]
- San Benedetto alla grotta, (1755 c.). Collezione privata.[60]
Altri soggetti:
- Gaspero Bruschi, Macchina per l'Accademia etrusca di Cortona, (1750-51), Cortona, Museo dell'Accademia Etrusca e della città di Cortona, proprietà dell'Accademia Etrusca.
- Gaspero Bruschi (con successivi interventi di Giuseppe Ettel), Cammino, (1754), Sesto Fiorentino, Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia.[61]
[[Immagine:Arrotino web-1.jpg|250px|thumb|right|Gaspero Bruschi, Arrotino. Ginori a Doccia, (1745?). Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia.]]*Gaspero Bruschi, Arrotino, (1745?). Sesto Fiorentino, Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia.[62] Vorlage:Quote
- Ritratto dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria, bassorilievo, (1744 c.). Sesto Fiorentino, Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia.[63]
Merita un accenno la produzione dei bassorilievi istoriati che per le opere più note, fra cui "Le quattro stagioni" già menzionate, ha i riscontri sia nelle "Quattro stagioni" eseguite da Soldani Benzi [64]tra il 1708 ed il 1711, su commissione di Ferdinando de' Medici, sia nelle opere di Giovan Battista Foggini e nelle fonti d'archivio. [[Immagine:Tabacchiera web.jpg|250px|thumb|left|Tabacchiera dipinta con scena di caccia all'orso. Sul fronte decorazione a cammei. Ginori a Doccia, (1750 c.). Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia.]] I bassorilievi sono realizzati a Doccia principalmente dal Weber, e per i modelli in gesso si distingue Girolamo Cristofani. Nel loro insieme i bassorilievi della manifattura Ginori, che in passato erano stati ascritti erroneamente alla fabbrica di Capodimonte, si esprimono in una molteplicità di soggetti: "Il Giudizio di Paride", "Plutone che rapisce Proserpina", "Il trionfo di Galatea", "Sileno sull'asino", "Il saettamento dei Niobi", "Il carro di Cerere", "Ermafrodito e la ninfa Salmace", "Liriope e Narciso", La caduta dei Giganti", "Marzia scorticato da Apollo", "Il trionfo di Bacco", "Nettuno con cavalli Marini", "Fetone sul carro del sole", "La caccia di Meleagro", "Il banchetto degli dei".[65]Fra i soggetti celebrativi "un posto a sé spetta ai ritratti dell'imperatrice Maria Teresa e di suo marito Francesco Stefano",[66] di cui si conoscono esemplari in porcellana bianca e policroma.[67]
[[Immagine:Collezione Cagnola - A.Poletti- 203.jpg|250px|thumb|right|Grande calamaio in forma di architettura di giardino. Ginori a Doccia, metà del XVIII secolo. Gazzada Schianno, Museo di Villa Cagnola.]]Anche nei cammei dal modellato simile a quello dei bassorilievi, le maestranze di Doccia raggiungono un ottimo risultato, come si evince da quelli realizzati sulla "Macchina per l'Accademia etrusca di Cortona",[68] il vaso con medaglie raffiguranti le duchesse di Lorena, le placchette con le raffigurazioni dei Cesari e i filosofi dell'antichità classica, nonché nelle tabacchiere e i soggetti a doppia parete, con l'apparire di cammei nei rilievi delle loro fogge.[65]
I cammei ed i bassorilievi non saranno realizzati soltanto in porcellana bianca e per le committenze prestigiose si metteranno all'opera i più bravi pittori, fra i quali emerge la figura di Giuseppe Romei (dal 1742 al 1752), anche se sono note raffinate interpretazioni policrome firmate da Carl Wendelin Anreiter, il miglior pittore di Doccia nel primo periodo.[69]
Certamente non ultimi, per l'impegno profuso dalle maestranze di Doccia nel realizzarli, sono gli elaborati Trionfi, spesse volte policromi, che ulteriormente arricchiranno le sontuose tavole imbandite, rivaleggiando degnamente con le manifatture europee di Meissen, Vienna e Sevres. La produzione di questi compositi esemplari richiederà tuttavia un tale dispendio di mezzi che la manifattura Ginori dopo il 1760 li andrà gradualmente eliminando dai cataloghi della manifattura. Si dividono in Deser o Deserre, Sortù o, nelle forme più piccole, Digiuné, composti il più delle volte da numerosi pezzi. Fra i soggetti celebri: "Sortù a forma di nave a lido, [..] con architettura con ringhiere, torre, ponti, colonne, fauni, vasi, statuine, caramoggi, panierine, Sortù rappresentante un Architettura di rustico con piano di cristallo, quattro figurine e nove vasetti [..], Deserre rappresentante favole composto in tre pezzi con pergolati [..] fiori ed altro aggiunto ai viticci [..], Deserre rappresentante il faro d'Egitto con figure e fiori, Deserre rappresentante un Parter con figure e gruppi".[70]
Il secondo periodo: Lorenzo Ginori
[[Immagine:Piatto con fiori all'orientale. Ginori.jpg|250px|thumb|right|Piatto con decoro floreale al garofano di ispirazione orientale. Ginori a Doccia, terzo quarto del XVIII secolo.]] Alla morte di Carlo Ginori nel 1757, sarà con il figlio Lorenzo, superati alcuni problemi successori con i fratelli Bartolomeo e Giuseppe e grazie ad una produzione sempre maggiore e differenziata, che la Manifattura Ginori riuscirà a rafforzarsi ed a porre definitivamente le basi per le sue affermazioni future.
Infatti "il rapporto di Lorenzo con la Fabbrica è ben diverso rispetto a quello del padre Carlo; egli non è direttamente inserito nei processi produttivi e non vi è una comunanza con le problematiche del lavoro quotidiano",[71] come le aveva avute il marchese Carlo, chimico egli stesso della fabbrica e non soltanto proprietario e fondatore. [[Immagine:Ginori porcellana XVIII 25028.jpg|250px|thumb|lright|Vassoio decorato a mazzetti di fiori. Ginori a Doccia, terzo quarto del XVIII secolo. Museo internazionale delle ceramiche in Faenza.]] Degna di nota è la sistematica introduzione a partire dal 1761 dell’utilizzo di una composizione che, partendo da un biscotto a pasta dura prodotto con componenti reperite a basso costo e con uno smalto tenero tipico della maiolica, consente di ottenere risultati esteticamente validi con una spesa contenuta: è quello che, successivamente, nel 1779, sarà definito “masso bastardo”.
Già precedentemente, nel periodo di Carlo, si parla di “porcellana bastarda”, ma si tratta di due composti decisamente diversi.[72] La Manifattura Ginori utilizzò il “masso bastardo” per molti anni, finché il caolino importato dalla Francia non soppiantò progressivamente tutti gli altri; cosa che avvenne, compiutamente, solo nel primo quarto del XIX secolo.
Continuano le famiglie decorative, mutuate dal primo periodo, anche se scema la forza espressiva del carattere tardo barocco, mentre il ductus tende ad allinearsi con leggiadra eleganza alle istanze del gusto rococò anche se, sottolinea Andreina D'Agliano, l'influenza dello stile Rocaille a Doccia è di breve durata e "già attorno al 1770 vengono inseriti motivi decorativi anticipatori dello stile neoclassico".[73] [[Immagine:Raccoltapere web.jpg|250px|thumb|left|La raccolta delle pere, gruppo in porcellana policroma. Ginori a Doccia, ultimo quarto del XVIII secolo. Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia.]] Interessanti sono il decoro “a mazzi di fiori” (il c.d. “mazzetto” evoluzione dei "ciocchetti"), il motivo alla "sassone", e il "galletto" che ora verrà dipinto in blu/oro e più tardi esclusivamente in rosso/oro, per citarne alcuni fra i tanti; continua più affievolita nel colore la produzione "a stampino" e con minor campitura quella a "tulipano".
Il periodo di Lorenzo non segna particolari stravolgimenti nella produzione scultorea, se non una sua lenta e progressiva diminuzione, appena toccata dall’influsso del rococò mentre nel campo del vasellame avviene un allineamento stilistico alle mode imperanti.
Le plastiche grazie alle grandi capacità del nipote di Gaspero Bruschi, Giuseppe, e, successivamente del capo degli scultori Giuseppe Ettel,[74][[Immagine:Maternità porcellana web.jpg|250px|thumb|right|Maria sedente che allatta il Bambino Gesù. Altorilievo, Ginori a Doccia, 1780 c. Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia.]] succeduto alla carica nel 1780 alla morte di Gaspero Bruschi, maturano definitivamente la loro transizione verso il gusto rococò che, seppur mai così predominante come in altre manifatture europee ed italiane coeve, culminerà nell'ultimo quarto del XVIII secolo con la realizzazione di importanti gruppi a soggetto pastorale, allegorico delle arti e orientale.
Continua anche la produzione di bassorilievi, come si evince dalla Maternità riprodotta a fianco, di cui è conservata la cera al Museo Richard-Ginori della manifattura di Doccia, con esiti sensibili, siamo già al 1780, all'affermarsi del neoclassicismo.[75]
Poco prima di concludere la sua esistenza, Lorenzo Ginori riesce a dare un assetto definitivo alla futura gestione della sua fabbrica, proprio in ragione dei dolorosi avvenimenti famigliari, le dispute con i fratelli, che avevano segnato, dopo la morte di Carlo Ginori, i primi anni della gestione della manifattura. Per questo il 10 febbraio 1792 ottiene dal granduca di Toscana un "Federcommesso Primogeniale Agnatizio, nonostante i divieti contenuti nelle veglianti leggi", che in via eccezionale, assegna in perpetuo la fabbrica al primogenito della famiglia.[76]
Con quest'atto egli riesce ad assicurare alla manifattura di famiglia un passaggio successorio indolore, consentendole di concentrarsi esclusivamente nelle strategie produttive finalizzando a questo scopo tutte le risorse disponibili.
Il terzo periodo: Carlo Leopoldo Ginori Lisci
[[Immagine:Depart pourlachasse web-2.jpg|250px|thumb|right|Vaso a cratere con la rappresentazione di una partenza per la caccia. Ginori a Doccia, primo quarto del XIX secolo. Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia.]] Alla morte di Lorenzo Ginori, avvenuta nel 1791, la Manifattura non ebbe un successore diretto, in quanto il primogenito di Lorenzo, Carlo Leopoldo Ginori Lisci, era molto piccolo.
“Di fatto, pertanto, l’amministrazione della Fabbrica di famiglia spetta alla madre di Carlo Leopoldo, Francesca Lisci, fino alla maggiore età del figlio. Tutore del bambino viene nominato lo zio Giuseppe, nonostante i difficili rapporti intercorsi con Lorenzo Ginori; sarà proprio il marchese Giuseppe a svolgere un ruolo determinante, assieme a Francesca Lisci, nella gestione ed organizzazione della Manifattura."[77] [[Immagine:Piatto all'orientale.jpg|250px|thumb|left|Piatto con decoro all'orientale in bianco e blu. Ginori a Doccia, fine del XVIII secolo.]] Il periodo della tutela e quello proprio all’assunzione della diretta responsabilità da parte di Carlo Leopoldo saranno segnati da differenti atteggiamenti nei confronti della gestione della fabbrica: al primo appartiene una gestione artistica in continuità con la precedente, mentre con la maturità di Carlo Ginori si assiste ad un progressivo aumento del “peso” della famiglia Fanciullacci nelle scelte sulla conduzione della Manifattura, a volte a stento frenata dalla pur forte personalità di Carlo Leopoldo.
Attento ai cambiamenti epocali in Europa, che avevano visto nascere in Toscana il Regno di Etruria e successivamente emergere la figura di Elisa Baciocchi, compie viaggi di lavoro e intrattiene "intensi rapporti commerciali con la Francia". Questo si riverbera nei meccanismi produttivi della manifattura con notevoli innovazioni tecnologiche: dalla messa a punto del forno alla francese nel 1806 a quello all'italiana a quattro piani alto dodici metri tra il 1816 ed il 1818, all'utilizzo delle terre provenienti da Saint Yrieix in Francia, che provocherà il lento abbandono di quelle del Tretto e di Montecarlo. Anche il masso bastardo scema nella produzione attestando ormai l'uso prevalente della "pasta" alla francese.[78]
[[Immagine:Ginori-paesaggio-porpora.jpg|250px|thumb|right|Teiera decorata a paesaggi in porpora. Lorenzo Ginori. Ginori a Doccia, ultimo quarto del XVIII secolo.]]Le fogge e i decori di questo periodo testimoniano infatti una progressiva acquisizione dei modelli tipici dello Stile Impero, e per ampliarne le tipologie nel 1821 Carlo Leopoldo, molto legato come il padre alla città partenopea, [79] acquista i modelli di Capodimonte e della Real Fabbrica Ferdinandea, con diritto alla riproduzione del marchio (la N coronata).
Complessivamente le scelte strategiche della Manifattura Ginori si dimostrano vincenti, lasciando indenne la fabbrica di Doccia dalle ripercussioni delle guerre napoleoniche, che caratterizzeranno gl'inizi del secolo diciannovesimo, proiettandosi così sul mercato industriale del secondo quarto dell'Ottocento, ben strutturata e in condizioni economiche floride. [[Immagine:Marescialla-veduta-Lucca.jpg|250px|thumb|right|"Marescialla" con al centro la veduta di piazza San Martino a Lucca, dipinta nei modi di Ferdinando Ammannati. Ginori a Doccia, primo quarto del XIX secolo.]]
Fra le decorazioni pittoriche prende campo il tema "a vedute" che il fiorentino Ferdinando Ammannati, già apprezzato pittore di vedute nella Real Fabbrica Ferdinandea, introduce nella manifattura Ginori, una volta giunto a Doccia nel 1809. L'Ammannati lavorerà con successo a Doccia sino al 1823, trasferendo nella manifattura di Doccia tutta l'esperienza maturata a Napoli e il raffinato gusto neoclassico della capitale borbonica.[80]
Le vedute comprenderanno architetture classiche, monumenti della magna Grecia e scene mitologiche, anche sulla scorta del vasto corpus iconografico sulle aree archeologiche, con i reperti rinvenuti nella seconda metà del Settecento a Pompei, Ercolano e Stabia e diffuso attraverso celebri opere a stampa, con il ruolo determinante di Johann Joachim Winckelmann, e a cui parteciperanno i più famosi incisori del tempo: Raffello Morghen, Paolantonio Paoli e Giovanni Volpato. A queste rappresentazioni si aggiungeranno vedute di piazze, palazzi e monumenti delle città e del territorio toscano.
Interessante il filone della ritrattistica di gusto neoclassico, quello a paesaggi color porpora e all'orientale, mentre anche nel terzo periodo continuerà, con qualità ormai seriale, la produzione di servizi per la tavola decorati a "tulipano" e "mazzetto".
Altri artisti giungeranno a Doccia nei primi anni dell'ottocento: il francese Giovanni David, il ginevrino Franc Joseph de Germain e il miniaturista Abraham Constantin, proveniente dalla manifattura di Sevres, che fu maestro di Giovanni Crisostomo Fanciullacci, figlio di Giovan Battista già tra i migliori pittori e ministro della fabbrica dei Ginori.[81]
Il pieno Ottocento
[[Immagine:Kedivè web-1.jpg|250px|thumb|right|Tazzina con piattino del servizio per il Kedivè d'Egitto. Ginori a Doccia, 1874 c. Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia.]] Anche alla morte di Carlo Leopoldo, avvenuta nel 1837, il successore, il marchese Lorenzo, non aveva ancora la maggiore età e pertanto, la vedova, Marianna Garzoni Venturi ed il marchese Pierfrancesco Rinuccini assunsero l’amministrazione della fabbrica.
Scrive Leonardo Ginori Lisci: “In questi anni la manifattura continuò la sua vita attiva, ma senza particolari novità. Unico fatto di un certo rilievo fu la partecipazione di Doccia alle esposizioni toscane”, ottenendo nel 1861 la medaglia d'oro all'Esposizione Nazionale di Firenze.
Particolare importanza assunsero “la serie dei grandi vasi ad orcio [...] e quella dei vasi a tromba con decorazioni analoghe, dette all’uso del Giappone, che saranno molto apprezzate nelle future grandi esposizioni internazionali, [...] Gli anni che precedono il fatidico 1859 e l’annessione della Toscana al Regno d’Italia furono caratterizzati da un lento, graduale perfezionamento della porcellana, che ormai è tutta “alla francese” [...] Anche la parte commerciale fu maggiormente seguita e curata, e la continua partecipazione a diverse esposizioni ne è la più ampia conferma [...] Compare anche la terraglia, soprattutto con i serviti da toilette a stampa azzurra, e la maiolica artistica comincia ad affermarsi” rielaborando tutta la grande stagione iconografica rinascimentale, manieristica e barocca.[82]
Elemento di spicco in questi anni fu Paolo Lorenzini, prezioso e fidato collaboratore della famiglia Ginori, fratello di Carlo Lorenzini, ben noto scrittore con lo pseudonimo di Collodi. Nel 1878, con l’affermarsi sempre più dello stile eclettico, muore Lorenzo junior ed a lui successero nella proprietà i suoi quattro figli. Al maggiore Carlo Benedetto fu affidata la direzione, coadiuvato da Paolo Lorenzini. La morte di quest’ultimo, avvenuta nel 1891, fece mancare al marchese Carlo Benedetto un elemento fondamentale per la gestione.
Spinta anche da richieste di divisione portate avanti dai familiari, dalla necessità di un notevole sforzo di ammodernamento e dalla proposta di acquisto avanzata da Giulio Richard, la famiglia Ginori maturò la non facile decisione di cedere nel 1896 all’industriale milanese l’azienda, “sì che i proprietari si decisero, nel 1896, a rinunciare alla gloriosa e secolare impresa di famiglia. Così la Manifattura, con tutta la sua esemplare organizzazione artistica e commerciale entrò in un organismo più vasto che assunse il nome di Società Ceramica Richard-Ginori, quella società che è ben nota nell’Italia e nel mondo, e continua degnamente la tradizione dell’industria italiana della porcellana”.[83] Vorlage:Vedi anche
Le marche
La manifattura Ginori a Doccia nei primi anni, come, del resto, la manifattura viennese Du Paquier, non ha certamente utilizzato con continuità una marca, contrariamente a Meissen, anche se, indubbiamente, tentativi ce ne sono stati. La cupola del Duomo di Firenze, per esempio, già distintiva della porcellana dei Medici,[84] la stellina, o asterisco, a otto punte, le tre stelle presenti nello stemma della famiglia Ginori, unite anche alla cupola stessa, paiono essere stati, specie alla luce degli oggetti recentemente reperiti, timidi tentativi di introduzione di un marchio di fabbrica; in mancanza di prove certe di questa volontà del marchese Carlo e del suo successore Lorenzo possono fornire solo un ulteriore elemento di discussione.
Sotto la direzione di Lorenzo Ginori si era pensato più volte di apporre una marca agli oggetti prodotti dai forni di Doccia sia per evitare contraffazioni sulle porcellane bianche vendute a Napoli e là decorate in maniera approssimativa, sia perché c’è da presumere che Lorenzo, per motivi di “immagine”, volesse contraddistinguere i propri prodotti da quelli della concorrenza, come, d’altro canto, ormai quasi tutte la manifatture facevano.
La prima marca vera e propria sarà quindi l’asterisco incusso (impresso), che si trova documentato negli ultimi anni del XVIII secolo, ed è, quasi certamente, una semplificazione delle già rammentate tre stelle presenti nello stemma della famiglia fiorentina. L'asterisco e la stellina si ritroverànno nello stesso periodo, anche nella variante dipinta in oro o in rosso fino a tutto il primo quarto dell'Ottocento. Successivamente, e in prevalenza sulla maiolica di uso comune, verrà impresso "GINORI" fino al 1840 c. Nella seconda metà dell'Ottocento le marche saranno più descrittive del marchio d'impresa, stampigliato in nero, blu, verde, o in rosso.
Note
Bibliografia
- Vorlage:Cita libro
- Nino Barbantini, Nello Tarchiani, Giuseppe Morazzoni, Giulio Lorenzetti, Il Settecento italiano (2 voll.), Milano-Roma, Edizioni Bestetti & Tumminelli, MCMXXXII.
- Saul Levy, Le porcellane italiane, Milano, Gorlich Editore, 1960.
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- Giuseppe Liverani, Bruno Molajoli, Il Museo delle Porcellane di Doccia, Milano, Richard Ginori, 1967
- Angela Carola Perrotti, Porcellane di Doccia alla Floridiana, in Arte Illustrata, Anno V, n. 49, giugno 1972.
- Alessandra Mottola Molfino, L'arte della porcellana in Italia, Busto Arsizio, Bramante Editrice, 1976.
- Raffaele Monti (a cura di), La Manifattura Richard Ginori di Doccia, Milano - Roma, Mondadori, De Luca, 1988.
- Andreina D'Agliano, Settecento Europeo e Barocco Toscano nelle porcellane di Carlo Ginori a Doccia, Roma, Palombi & Partner, 1996. ISBN 978-88-762-1339-7
- Alessandro Biancalana, La Manifattura dei Ginori nel ‘700. Decorazioni Pittoriche e forme nella porcellana di Doccia da Carlo a Lorenzo Ginori (1737 – 1791), in Mario Burresi, La manifattura toscana dei Ginori. Doccia 1737 – 1791, Pisa, Catalogo della Mostra, 1998.
- Alessandro Biancalana, La figura di un secondo Johan Carl Anreiter figlio di Karl Wendelin, in Ceramica Antica, n. 9, 1999.
- Luca Melegati, Le porcellane europee al Castello Sforzesco, Cologno Monzese, Artigrafiche Torri, 1999,
- Alessandro Biancalana, Johann Karl Wendelin Anreiter von Ziernfeld (1702-1747), in Der Schlern, n. 2, 2000.
- Andreina d’Agliano, Porcellane di Doccia della collezione Stibbert, Museo Stibbert Firenze, vol. 5-6, Firenze, Polistampa, 2002. ISBN 88-8304-476-2
- Andreina D'Agliano, Luca Melegati, Le porcellane europee della Collezione de Tschudy, Firenze, Giunti, 2002.
- John Winter, Le statue del marchese Ginori. Sculture in porcellana bianca di Doccia. Catalogo della mostra (Firenze, 26 settembre-5 ottobre 2003). Firenze, Polistampa, 2003. ISBN 978-88-830-4617-9
- Alessandro Biancalana (a cura di), Quando la manifattura diventa arte. Le porcellane e le maioliche di Doccia, Pisa, 2005.
- Alessandro Biancalana, Die Einstehungsgeschichte der manufaktur Doccia, in Kraftner J., Lehner Jobst C., d’ Agliano A. (a cura di), Barocker Luxus Porzellan, catalogo della Mostra, Vienna, 2005. (con versione in inglese).
- Alessandro Biancalana, Terre, massi, vernici e colori della Manifattura Ginori dalla sua nascita agli albori del XIX secolo, in Faenza, 2006, N. 4 – 6
- Rita Balleri, Laura Casprini Gentile, Sara Pollastri, Oliva Rucellai, Carlo Ginori - Documenti e Itinerari di un gentiluomo del secolo dei lumi. Firenze, Polistampa, 2007. ISBN 88-596-0143-6
- Elisabetta Bettio, Oliva Rucellai, L’Archivio storico Richard-Ginori della Manifattura di Doccia, Firenze, Polistampa, 2007. No ISBN
- Alessandro Biancalana, I pittori della Manifattura di Doccia dal 1740 al 1784, in: Amici di Doccia. Quaderni, I – 2007, Firenze, Polistampa, 2008. ISBN 978-88-596-0283-5
- Andreina D'Agliano, Alcune porcellane di Doccia al Museo Civico di Torino, in: Amici di Doccia. Quaderni, I - 2007, Firenze, Polistampa, 2008. ISBN 978-88-596-0283-5
- A. d’ Albis., A. Biancalana, Un voyage a Paris de Bartolomeo Ginori en 1771, in Sevres. Revue de la societè des Amis du Musee National de Ceramique, n. 17, 2008.
- Angela Carola Perrotti, I marchi del giglio di Capodimonte e della "N coronata” ferdinandea nelle porcellane di Doccia. In: Amici di Doccia, Quaderni, II - 2008, Firenze, Polistampa, 2008. ISBN 978-88-596-0441-9
Voci correlate
Collegamenti esterni
Categoria:Porcellana Vorlage:Portale
- ↑ a b Vorlage:Cita.
- ↑ "I fondamenti sui quali si basano le conoscenze chimiche di Carlo Ginori si riassumono prevalentemente nelle opere di cinque importanti figure: Johannes Kunckel, Pierre Joseph Mcquer, René Antoine Fechault de Réaumur, Johann Heinrich Pott e infine Nicolas Lefevre". In: Vorlage:Cita.
- ↑ È documentato un "Gabinetto si Chimica che il marchese aveva fatto erigere e attrezzare nel suo palazzo in via de' Ginori a Firenze". In: Vorlage:Cita.
- ↑ In: Vorlage:Cita.
- ↑ Vorlage:Cita.
- ↑ È la terra che nei documenti d'archivio viene chiamata "Terra fatta portare dal Veneziano". In: Vorlage:Cita.
- ↑ Infaticabile sarà la ricerca e la sperimentazione delle terre per ottenere i migliori risultati. Fra le prime terre utilizzate da Carlo Ginori e riportate nei documenti sono citate quelle di: Siena (da diversi luoghi), Sestino, Montecarlo (da diversi luoghi), Pescia, Portoferraio, Arezzo, Galluzzo, Castelfranco di Sotto, Modigliana, Scarperia, Altopascio, Sansepolcro, Sesto Fiorentino e Fiesole, Barga, Monte Morello, Pistoia e Pietrasanta. In: Vorlage:Cita.
- ↑ Nel 1742, in occasione di un soggiorno Viennese scriverà alla moglie Elisabetta Corsini: "direte ad Jacopino se i crogioli con l'ultima terra di Montecarlo si spaccano può provarli con tre parti di detta terra di Montecarlo e una parte dei medesimi crogioli stati in fornace e macinati". In: Vorlage:Cita.
- ↑ Vorlage:Cita.
- ↑ Vorlage:Cita.
- ↑ Si rileva dai documenti conservati nell'Archivio della famiglia Ginori Lisci che il padre di Carlo, Lorenzo Ginori, aveva fatto giungere dall'oriente, via Goa e Lisbona, un servizio bianco/blu in porcellana Kangxi, recante lo stemma della sua famiglia, "chiamato familiarmente in casa Ginori Servizio Nagasaki": in Vorlage:Cita.
- ↑ Leonardo Ginori Lisci, La porcellana di Doccia, Milano, Electa Editrice, 1963.
- ↑ Vorlage:Cita.
- ↑ Vorlage:Cita.
- ↑ Saul Levy, Le porcellane italiane, Milano, Gorlich Editore, 1960, II° vol. pag. 64.
- ↑ L’approfondimento sulla figura di questo artista si deve principalmente ad Alessandro Biancalana in La figura di un secondo Johan Karl Anreiter, figlio di Karl Wendelin, saggio apparso sulla rivista Ceramica Antica, ottobre 1999 ed ancora “Johan Karl Wendelin Anreiter von Ziernfeld, in Der Schlern, anno 2000, n. 74.
- ↑ Vorlage:Cita.
- ↑ Vorlage:Cita.
- ↑ Vorlage:Cita.
- ↑ Sulla certezza del nome scrive Biancalana: "[..] La grafia del nome Lhetournaus non è univoca: Le Torneau, Chethournaus o Leturnò, ma anche Nicholas Lethournaus, che è quella che sembra più attendibile, essendo ricavata dalla firma autografa del ceramista. [..] L'arrivo del francese in Italia potrebbe risalire al 1737, se si identificasse il Lhetournaus con un pittore, certo Nicola Netturnò francese , segnalato presso la Manifattura Antonibon a Nove fino al 27 agosto 1737 [..]." In: Vorlage:Cita.
- ↑ Vorlage:Cita.
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- ↑ In questo senso, sulla scorta degli studi più recenti, Biancalana, giunge alla conclusione che "Non si può certo parlare, dunque, di neo classicismo, che, infatti, si affermerà solo qualche decennio dopo”. Vorlage:Cita.
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- ↑ "Il riferimento di Filippo della Valle potrebbe essere ad una copia della statua della sera [Crepuscolo] di Michelangelo posta nella Sagrestia Nuova di San Lorenzo in Firenze, che ha la sua realizzazione in porcellana in una scultura conservata al Museo del Castello Sforzesco a Milano." A cui si aggiungeranno quelle tratte dal repertorio classico custodito nei palazzi romani. In: Vorlage:Cita.
- ↑ "Il "masso Bastardo" di Doccia per merito dei marchesi Ginori sostiene brillantemente per l'audacia della modellazione il confronto con Meissen, anzi qualche volta per l'ingente mole delle sue plastiche è alla testa di tutte le manifatture d'Europa". In: Giuseppe Morazzoni, Ceramica, in Nino Barbantini, Nello Tarchiani, Giuseppe Morazzoni, Giulio Lorenzetti, Il Settecento italiano (2 voll.), Milano-Roma, Edizioni Bestetti & Tumminelli, MCMXXXII., II° vol. pag. 14.
- ↑ Vorlage:Cita.
- ↑ “Amore e Psiche, 1747, forme di Niccola Kinderman e Gaetano Traballesi da un modello di età ellenistica conservato alla Galleria di Firenze”. In: Vorlage:Cita.
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- ↑ Carlo Ginori per farsi pubblicità negli ambienti della ricca nobiltà italiana, donava "prototipi stemmati" alle più prestigiose famiglie con cui entrava in contatto o di cui godeva l'amicizia, ottenendo il risultato di farsi pubblicità e ricevere importanti commissioni. In: Vorlage:Cita.
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- ↑ "Il Laocoonte, oggi conservato al Museo Poldi Pezzoli a Milano ha forse la sua fonte in un bronzo del Susini, o in un originale di derivazione classica, ed è tratto da una cera di Vincenzo Foggini eseguita nel giugno 1748; [..]." In: Vorlage:Cita.
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- ↑ " [..] negli inventari sono rammentati due distinti modelli di Amore e Psiche: uno tratto da Giovan Battista Foggini, il modello di riferimento del quale è certamente il bronzo oggi conservato al Detroit Institute of Arts, con la forma eseguita nel 1748 dal figlio Vincenzo Foggini, e l'altro che deriva da un bronzo di Massimiliano Soldani benzi, oggi a Berlino. Di quest'ultimo si conosce anche la realizzazione in porcellana, nelle collezioni del Museo Civico d'Arte Antica a Torino [..]." In: Vorlage:Cita.
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- ↑ a b Vorlage:Cita.
- ↑ Vorlage:Cita.
- ↑ "Del gruppo di Andromeda o, meglio, di Andromeda e l'orca si conosce una realizzazione in porcellana bianca, oggi al Museo Stibbert di Firenze, che reca un cartiglio con la scritta Matris superbi luit; tra i modelli, nella "Quarta stanza" viene ricordata come gruppo rappresentante Andromeda che è divorata dal mostro marino, di cera. Del Soldani [Benzi] con forma [..]. In: Vorlage:Cita.
- ↑ "Molte [..] sono le realizzazioni di Leda con il cigno; quella senza dubbio più importante è la scultura, oggi al Museo Stibbert di Firenze. [..] Il modello si trova nella Terza stanza al N1 Gruppo di Leda con alberi, e cigno, e con un putto in ginocchioni sopra il d.o Cigno in cera con forme. Del Soldani [Benzi] [..]." In: Vorlage:Cita.
- ↑ Vorlage:Cita.
- ↑ "[..] in data 35 luglio 1744, lo stesso figlio di Massimiliano, Ferdinando Soldani Benzi, aveva ricevuto un cospicuo pagamento per prezzo di una forma di un gruppo rappresentante una pietà. Si dovrebbe trattare della forma di un importante gruppo, del quale oggi conosciamo tre esemplari in porcellana: quello di proprietà dei principi Corsini in bianco e due versioni policrome, la prima conservata al Los Angeles Country Museum of Arts e l'altra al Museo Nazionale di Stoccolma." In: Vorlage:Cita.
- ↑ Vorlage:Cita.
- ↑ "IL gruppo del sacrificio di Abramo è tratto dal bronzo eseguito per l'Elettrice Palatina Anna Maria Luisa de' Medici, da Giuseppe Piamontini nel 1722, che Jennifer Montagù ha indicato come prototipo per la porcellana; si trattava del secondo di quattro bronzi sacri che aevano per tema fatti narrati nell'Antico Testamento: gli altri tre erano Il sacrificio della figlia di Jefte, Giuditta che taglia la testa ad Oloferne e David con la testa di Golia." In: Vorlage:Cita.
- ↑ "N 5. Gruppo della Sammaritana con Gesù Cristo al pozzo. Del Ticciati. In cera con forma." In: Vorlage:Cita.
- ↑ "Il gruppo della Maddalena si ricorda tra i modelli nella terza stanza come Gruppo della Maddalena, che bacia i piedi a Gesù Cristo e il Fariseo in piedi. Del Soldani [Benzi] in cera con forma, [..]." In: Vorlage:Cita.
- ↑ Le plastiche con soggetto di San Benedetto trovano riscontro nella cera di Soldani Benzi conservata al Museo di Doccia. In: Vorlage:Cita.
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- ↑ I quattro bronzi sono attualmente conservati al Bayersches Nationalmuseum di Monaco di Baviera, mentre i modelli in terracotta sono al Museo degli Argenti di Palazzo Pitti a Firenze e le cere al Museo delle porcellane di Doccia. In: Vorlage:Cita.
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- ↑ "[..] il primo riferimento alla loro produzione risale al 1744 quando il mercante veneziano Marco Zuana in data 22 agosto 1744 scrive al marchese Ginori; ho inteso con mia soddisfazione, che il consaputo ritratto della Regina sia arrivato senza nocumento, e che l'abbia ritrovato di sua soddisfazione. Il ritratto era giunto a Vienna e di questo dono si riscontrano numerose tracce nella corrispondenza tra Carlo Ginori ed il barone Charles von Pfutschner; [..]". Un ritratto di Maria Teresa è attualmente conservato al Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia. In: Vorlage:Cita.
- ↑ "In questa opera è inserita una medaglia che rappresenta congiuntamente Maria Teresa d'Austria e Francesco Stefano di Lorena e ben settantatre della cosidetta serie medicea, eseguite in bronzo da Antomio Francesco Selvi dal 1739 in poi [..] medaglie tutte su fondo azzurro [..]". In: Vorlage:Cita.
- ↑ "[..] sono ad oggi conosciute anche quattro placche policrome di elevata qualità, una delle quali, con la rappresentazione della scena del saettamento delle figlie di Niobe, porta la firma del Capo dei pittori Carl Wendelin Anreiter." La placchetta, databile al 1745 c., è conservata al Trinity Fine Art di Londra. In: Vorlage:Cita.
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- ↑ Alessandro Biancalana, Terre, massi, vernici e colori della Manifattura Ginori dalla sua nascita agli albori del XIX secolo, in Faenza, 2006, n. 4-6.
- ↑ Andreina D'Agliano, Luca Melegati, Le porcellane europee della Collezione de Tschudy, Firenze Giunti, 2002, pag. 16.
- ↑ Fra le opere di grande rilievo realizzate dalla manifattura Ginori in questo periodo viene attribuito a Giuseppe Ettel, nel 1783, sia l'altare della chiesa di san Romolo a Colonnata presso Sesto Fiorentino, sia quello della chiesa di san Jacopo e santa Maria a Querceto sempre nelle vicinanze di Sesto Fiorentino. In: Vorlage:Cita.
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- ↑ Sin dall'età giovanile aveva compiuto viaggi a Napoli accompagnato dal Fanciullacci, e visitato le fabbriche Poulard Prad. Giustiniani e dei fratelli Migliuolo. In: Vorlage:Cita.
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