Cappella Caracciolo del Sole

La cappella Caracciolo del Sole è una cappella rinascimentale della chiesa di San Giovanni a Carbonara di Napoli.
Cenni storici
La cappella fu voluta nel 1427 da Sergianni Caracciolo, gran siniscalco del regno nonché amante della regina Giovanna II, assassinato nel 1432 da una congiura di palazzo al Castel Capuano ordinata dalla stessa regina. Alcuni anni dopo la sua morte, sicuramente dopo il 1441,[1] il figlio Troiano commissionò per la parete principale della cappella il monumento funebre che avrebbe custodito le spoglie di Sergianni. Dopo la morte dello stesso Troiano, la proprietà dell'ambiente passò a Marino Ascanio Caracciolo che invece si occupò intorno nella metà del Quattrocento di abbellire la sala commissionando ad artigiani napoletani le mattonelle maiolicate che compongono la pavimentazione. La cupola era in origine caratterizzata da affreschi risalenti alla seconda metà del XV secolo con gli stemmi familiari del ramo del Sole nelle vele. Tuttavia dopo il terremoto del 1688 la stessa crollò perdendo così gli elementi decorativi interni e costringendo gli allora titolari della cappella, Francesco e Giovanni Caracciolo, ad avviare i lavori di ristrutturazione, che consistettero nell'esecuzione di una nuova cupola, questa volta affrescata con putti ed angeli al lato interno e con mattonelle maiolicate su quello esterno.
Crollata probabilmente un'altra volta, la cupola fu rialzata ancora un'altra volta senza apporvi alcun elemento decorativo su volontà di Gaetano Caracciolo, il quale avviò altri lavori di ristrutturazione interni introducendo nel 1753 davanti al sepolcro di Sergianni anche un altare marmoreo di gusto barocco.
A causa dei bombardamenti alleati della seconda guerra mondiale, la cupola crollò nuovamente per poi essere rialzata durante la seconda metà del Novecento, in maniera pressoché disarmonica rispetto al resto dell'architettura della cappella; l'altare maggiore fu invece spostato nella parete frontale della cappella del Crocifisso della stessa chiesa.
Descrizione
Pianta
Interno
La cappella è di forma circolare a pianta ottagonale con volta suddivisa in otto costoloni che si prolungano fino ai pilastri della struttura.
La cupola, crollata più volte, è dal lato interno spoglia di qualsiasi opera artistica; sul lato esterno invece sono su tre lati dei contrafforti le statue di Sergianni Caracciolo, di Mosè e di Elia databili alla metà del Quattrocento ed opera di ignoti autori di scuola napoletana.
La pavimentazione maiolicata della metà del XV secolo vede un'alternanza di tozzetti ed esagonelle che ripropongono nel loro insieme, in diverse porzioni, la forma ottagonale della cappella. Le mattonelle sono decorate con motivi floreali, animali (conigli, cani, uccelli) e ritratti di uomini e donne in costumi dell'epoca; al fine di richiamare la committenza, quindi Marino Ascanio Caracciolo, sono incise su di esse la lettera "M". Alcune mattonelle che un tempo decoravano la cappella sono oggi al British Museum di Londra.
Di grande rilievo nella cappella è poi il sepolcro di Sergianni Caracciolo, addossato alla parete frontale e secondo alcuni studiosi incompiuto, la cui esecuzione è da attribuirsi a Andrea Guardi da Firenze[2] che completò il lavoro iniziato da un altro autore non definito, di scuola lombarda.[1] L'opera si innalza su una base di marmo decorata con motivi floreali su cui stanno dietro due sculture di guerrieri e in posizione avanzata altre tre figure analoghe, tutte che sorreggono un'arca, decorata a sua volta da altre decorazioni di fogliame nella fascia inferiore, da due statue di più piccola dimensione ancora ritraenti guerrieri armati con una corazza recante lo stemma della famiglia Caracciolo, poste entrambe in due nicchie ai lati di un riquadro centrale su cui sono le figure in altorilievo di due angeli alati reggenti un tondo su cui è ancora lo stemma familiare: il sole con dentro un leone. Sopra la cassa è una base di marmo su cui è l'iscrizione commemorativa composta dall'umanista Lorenzo Valla su cui è collocata la statua del defunto, rappresentato in posizione eretta, quindi diversa rispetto al modo con cui era usuale ritrarre i nobili napoletani nei loro monumenti funebri, in genere in posa "semigiacente", con un pugnale nella mano destra e ai cui lati sono due leoni. Lungo le colonne portanti laterali infine, sono posizionate sei figure di santi (tre a colonna) che culminano al vertice con due medaglioni di marmo riprendenti ancora lo stemma dei Caracciolo del Sole.
Gli affreschi che decorano le pareti risalgono alla prima metà del secolo XV e sono divisibili in tre cicli di diversi autori: quello con le Storie della Vergine, di Leonardo da Besozzo, posto nella controfacciata; quello sulle storie eremitiche, di Perinetto da Benevento, che ruota circolarmente per tutto il perimetro della cappella; infine quello con le figure di santi, posti sul primo e secondo ordine delle restanti cinque pareti anteriori della cappella, opera di Antonio da Fabriano.
La prima fascia vede su di una zoccolatura affrescata con motivi geometrici la rappresentazione delle Storie eremitiche, raccontate in sei scene da leggersi in senso orario e attribuite per convenzione tutte a Perinetto da Benevento, in quanto alla prima di esse lasciò la sua firma.

La seconda e terza fascia delle pareti della controfacciata vedono nello scomparto sopra l'ingresso e nei quattro riquadri laterali allo stesso le Storie della vita della Vergine, di Leonardo da Besozzo. Le scene che raccontano la vita di Maria sono in totale cinque: sopra la porta è un'unica grande scena ritraente l'Incoronazione della Vergine; sul lato sinistro sono le scene della Natività della Vergine e dell'Annunciazione rispettivamente nel secondo e terzo riquadro, in quello destro invece sono la Presentazione al Tempio in basso e la Morte della Vergine in alto. Il ciclo si presenta come un'importante testimonianza storica della Napoli del Quattrocento mostrando elementi di dettaglio negli usi e nei costumi dei personaggi ritratti che raccontano la vita reale di quell'epoca, come avviene nella tradizione della miglior pittura fiamminga. Nella scena della Natività, infatti, ambientata in un edificio similare al palazzo Penne di Napoli, si notano diverse figure femminili intente a compiere azioni di vita quotidiano che fanno da sfondo al tema narrativo centrale. Tra queste c'è infatti chi ritira le lenzuola stese fuori la finestra, chi è nell'atto di spennare una gallina o piuttosto chi sta conducendo in dono a sant'Anna altri animali, tra cui anche un agnello. Si notano poi nella scena anche i ritratti del committente Sergianni Caracciolo, sulla scalinata di accesso, con ampio cappello blu, mentre dentro l'architettura, vicino alla donna in abiti azzurri con in braccio Maria, è la moglie Caterina Filangieri, vestita in abito verde scuro con i risvoltini delle maniche in pelliccia. Nella stessa scena è infine attribuito alla figura maschile a sinistra più distante dal fulcro narrativo, in abito scuro con grande cappello dorato e lo sguardo rivolto allo spettatore, l'autoritratto di Leonardo da Besozzo.
Le restanti cinque pareti della cappella vedono infine, nella seconda e terza fascia superiore, grandi figure di santi attribuiti ad Antonio da Fabriano, allievo del Besozzo, racchiuse in riquadri rettangolari allungati verticalmente, soluzione adottata probabilmente per risolvere il problema delle finestre monofore che caratterizzano questo lato della cappella.
Schema degli affreschi
- Storie della Vergine
Note
Bibliografia
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- Anna Delle Foglie, La Cappella Caracciolo del Sole a San Giovanni a Carbonara, Editore Jaka Book, Milano 2011, ISBN 978-88-16-41107-4
- Napoli sacra. Guida alle chiese della città, Napoli (1993-1997)
Voci correlate
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