Modulor
Il Modulor è una scala di proporzioni basate sulle misure dell'uomo inventata dall'architetto svizzero-francese Le Corbusier come linea guida di un'architettura a misura d'uomo.
Storia

Le Corbusier sviluppò il Modulor all'interno della lunga tradizione di Vitruvio, ripresa nell'uomo vitruviano di Leonardo da Vinci, dei lavori di Leon Battista Alberti, e degli innumerevoli altri tentativi di trovare proporzioni geometriche e matematiche relative al corpo umano e di usare queste conoscenze per migliorare sia l'estetica che la funzionalità dell'architettura. Le Corbusier pubblicò Le Modulor nel 1948, seguito da Modulor 2 nel 1955.
L'architetto svizzero applicò la scala del Modulor nella progettazione di diversi edifici, inclusi Notre-Dame du Haute, il complesso urbano di Chandigarh e l'Unité d'Habitation, a Marsiglia, nella ferrea convinzione che «solo l'utente ha la parola».[1] Con il Modulor, infatti, si raggiungevano nuovi picchi di qualità architettonica in un'epoca, il XX secolo in cui i sistemi modulari di standardizzazione esigevano la presenza di una scala dimensionale umana, sulla quale basare la progettazione di grandiosi complessi edilizi e, al contempo, oggetti d'uso domestico.
Pur riscuotendo un clamoroso successo - si pensi al giudizio di Albert Einstein, per il quale il Modulor era «un sistema bidimensionale che rende difficile il male e facile il bene» - sono state tuttavia mosse molte critiche verso il sistema, il quale a detta dei detrattori presenta lacune insolvibili. L'altezza della figura sembra essere arbitraria e scelta forse per convenienza matematica. Il corpo femminile, secondo le parole del recensore Michael Ostwald, fu «considerato solo in un secondo momento e rifiutato come fonte di armonia proporzionale». Il sistema non trova relazioni con le attuali osservazioni antropometriche. Non c'è un metodo evidente e chiaro per trasferire queste misurazioni agli spazi abitati; ad esempio, il Modulor non può essere usato per calcolare comodi scalini o l'altezza dei montanti delle scale.
Descrizione


La rappresentazione grafica del Modulor è avvincente e, a una prima occhiata, convincente. Una figura umana stilizzata con un braccio steso sopra il capo si trova vicino a due misurazioni verticali, la serie rossa basata sull'altezza del plesso solare (108 cm nella versione originale, 1.13 m nella versione rivista) poi divisa in segmenti secondo la sezione aurea, e la serie blu basata sull'intera altezza della figura, doppia rispetto all'altezza del plesso solare (216 cm nella versione originale, 2.26 m nella rivista), e divisa in segmenti allo stesso modo. Una spirale, sviluppata graficamente tra la serie rossa e la blu, sembra mimare il volume della figura umana.
Il Modulor, sottile calembour derivante dalla combinazione di module [modulo] e or (in riferimento alla section d'or, ovvero la sezione aurea), è stato ideato da Le Corbusier con lo scopo di fornire «una gamma di misure armoniose per soddisfare la dimensione umana, applicabile universalmente all'architettura e alle cose meccaniche». Le Corbusier studiò questa scala dimensionale strutturandola su due scelte fondamentali, la prima di tipo matematico e la seconda di tipo antropomorfo.
Pur essendo privo di una sicura alfabetizzazione matematica Le Corbusier era a conoscenza delle potenzialità estetiche della sequenza di Fibonacci, successione ricorsiva dove ogni termine è somma dei due che lo precedono: il rapporto tra due termini consecutivi, pertanto, si mantiene costante e restituisce un valore definito sezione aurea, .[2] Era noto sin dall'antichità come modulare superfici architettoniche sugli armoniosi equilibri della sezione aurea fosse utile per conseguire effetti di grande suggestione estetica: si pensi alle realizzazioni rinascimentali di Leon Battista Alberti, convinto assertore della teoria della proporzione, che Le Corbusier ebbe modo di studiare con la lettura dei libri di Matila C. Ghyka.[3]
Restava, ora, da saldare un legame tra l'elemento antropocentrico e quello aureo, e di individuare una scala aurea applicabile alla dimensione umana: tale sinergia, secondo il giudizio di Le Corbusier, era resa possibile dal fatto che il corpo umano era intrinsecamente modellato sulle geometrie della sezione aurea. Ipotizzando un uomo dalle misure standard - alto 1,83 metri (sei piedi), dal plesso solare pari a 1,13 metri e in grado di raggiungere i 2,26 m alzando le braccia - l'architetto sviluppò due serie, una ottenuta partendo da un quadrato di lato 113 (27, 43,70, 113, 183 ...), la cosiddetta «serie rossa», e l'altra partendo da un rettangolo 113x226 (53, 86, 140, 226, 366, .....), la «serie blu». Le proporzioni così determinate potevano essere utilizzate per conferire regolarità matematica ed estetica ad un manufatto architettonico, nella convinzione che «fare architettura, è fare una creatura»: il Modulor, dunque, si configurava come un fondamentale strumento di ricerca utile per verificare la validità di un edificio, senza per questo tuttavia schiavizzarlo (a tal punto che, quando Le Corbusier una volta si accorse che i suoi grafici stavano riproducendo pedissequamente e acriticamente le misure del Modulor, sacrificando così la riuscita architettonica dell'edificio in esame, egli ululò: «Il Modulor, me ne infischio! Quando non va, non bisogna applicarlo»).[4]
Interessanti le analogie presenti tra il Modulor e le scale musicali, individuate da André Wogenscky:
Note
Bibliografia
- H. Allen Brooks et al., Le Corbusier, 1887-1965, Milano, Electa, 1987.
Voci correlate
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