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Programma test Apollo-Sojuz

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Navicelle spaziali ed equipaggi

Apollo

Lancio dell'Apollo

La navicella spaziale statunitense del tipo Apollo non aveva una sua apposita numerazione ufficiale. Considerando comunque che l'ultima missione di allunaggio deuale conclusione del progetto. Dopo 16 anni e 3 mesi di attesa, la missione gli consentì di volare effettivamente per la prima volta nello spazio.

L'equipaggio di riserva era composto da Alan Bean, Ron Evans e Jack Lousma. Bean e Lousma erano in precedenza volati su Skylab 3, mentre Evans fu pilota del modulo di comando della missione dell'Apollo 17. Siccome la NASA aveva già precedentemente programmato l'inserimento di una prolungata pausa nel programma di voli umani nello spazio vennero scelti per questo compito degli astronauti esperti che non necessitavano di particolari ulteriori addestramenti di volo.

L'equipaggio di supporto era composto da quattro astronauti, che nel 1969 erano passati dall'aeronautica militare americana alla NASA in seguito alla sospensione definitiva del programma dell'aeronautica militare americana per il Manned Orbiting Laboratory - MOL, che non fu mai realizzato nella forma prevista. Si trattò di Karol Bobko, Robert Crippen, Robert Overmyer e Richard Truly. Tutti assunsero il ruolo di Capcom; in particolare Overmyer operò dal centro di controllo di Mosca.

Il modulo d'aggancio

La Sojuz 19 vista dall'Apollo

Siccome la navicella spaziale americana e quella sovietica a bordo avevano delle atmosfere diverse, Apollo e Sojuz non potevano agganciarsi direttamente. Per poterlo consentire la capsula dell'Apollo fu dotata di un apposito adattatore per l'aggancio, che non solo assunse tale funzione, bensì pure quella di canale dell'aria. Durante la fase di lancio, tale adattatore venne posizionato nell'ultimo stadio del razzo Saturn IB. In orbita intorno alla Terra, il modulo di comando dell'Apollo si agganciava a tale adattatore per estrarlo dall'apposito rivestimento. In pratica veniva eseguita l'identica manovra di estrazione del modulo lunare. Anche l'adattatore si trovava pertanto in punta alla capsula dell'Apollo.

L'atmosfera a bordo dell'Apollo era composta da ossigeno puro, con un pressione del 34% dell'atmosfera terrestre. A bordo della Sojuz invece si respirava dell'aria "normale", cioè composta dalla miscela azoto con ossigeno. La pressione solita a bordo della Sojuz di 100% dell'atmosfera terrestre, venne abbassata esclusivamente per questa missione al 68% affinché il passaggio da una navicella spaziale verso l'altra potesse avvenire creando meno inconvenienti possibili per l'adattamento della respirazione.

Missione

Slayton e Leonov a bordo della Sojuz (1975)
  • La Sojuz 19 sovietica venne lanciata il 15 luglio 1975 dal cosmodromo di Baikonur. Fu il primo lancio di un razzo sovietico trasmesso in diretta dalle televisioni internazionali.
  • Circa sette ore più tardi avvenne il lancio dell'Apollo da Cape Canaveral. Considerando che in quel momento ulteriori due cosmonauti si trovavano a bordo della stazione spaziale sovietica Saljut 4, sette persone si trovavano contemporaneamente nello spazio.
  • In orbita intorno alla Terra, il modulo di comando dell'Apollo si agganciò all'apposito adattatore estraendolo dal rivestimento.
  • Primo contatto a vista delle due navicelle spaziali il 17 luglio.
  • Primo aggancio delle due navicelle con l'Apollo nel ruolo attivo della manovra.
  • In più occasioni gli astronauti passarono da una navicella spaziale verso l'altra. In ogni circostanza comunque almeno un membro del singolo equipaggio rimaneva a bordo della sua navicella.
  • Dopo 44 ore di volo con le navicelle agganciate, Apollo e Sojuz si staccarono. Apollo si mise tra il Sole e la Sojuz, creando così un'eclissi solare artificiale per l'equipaggio della Sojuz.
  • Seconda manovra d'aggancio. Questa volta è la Sojuz ad assumere il ruolo attivo della manovra. Non vengono comunque eseguiti passaggi degli equipaggi da una navicella verso l'altra nonostante l'aggancio riuscito perfettamente.
  • Tre ore più tardi: distacco definitivo.
  • Sojuz 19 lasciò l'orbita terrestre ed atterrò il 21 luglio 1975 nel deserto del Kazakistan. Pure questo atterraggio venne trasmesso in diretta per la prima volta dalle televisioni internazionali.
  • La capsula dell'Apollo atterrò nelle acque dell'Oceano Pacifico il 24 luglio 1975 e venne recuperata dalla portaerei USS New Orleans.

La catastrofe scampata per poco

A causa dell'assommarsi di diverse circostanze sfortunate, nonché di errori dell'equipaggio, durante il rientro della capsula Apollo fu evitata per poco una tragedia che avrebbe potuto costare la vita ai tre astronauti. Durante le manovre di rientro venne omesso l'azionamento di due interruttori che avrebbero attivato automaticamente il sistema di atterraggio. Ad un'altezza di ca. 7.300 m, i paracadute di riserva si sarebbero dovuti aprire in automatico ma non lo fecero, probabilmente a causa dell'omissione predetta. L'equipaggio notò il malfunzionamento ed attivò manualmente tale funzione a un'altezza di 7.000 m. Ciò avrebbe dovuto bloccare anche i getti di stabilizzazione, i quali al contrario si accesero nuovamente a causa della posizione instabile e non corrispondente ai programmi. Per effetto di tale combinazione la capsula iniziò a dondolare, e solo dopo circa 30 secondi l'equipaggio fu in grado di spegnere manualmente gli stabilizzatori. Durante il rientro dei gas tossici erano penetrati all'interno dell'abitacolo della capsula a causa di una valvola erroneamente aperta. Anche i paracadute principali non si aprirono automaticamente; l'astronauta Brand fu comunque in grado di azionarli manualmente all'altezza di circa 2.700 m. In conseguenza di ciò lo splashdown fu abbastanza violento e la capsula si trovò in posizione capovolta. Fu nuovamente Brand ad azionare il congegno di rialzo della capsula prima di perdere i sensi. Stafford riuscì a infilare all'astronauta privo di sensi una maschera d'ossigeno e, non appena la capsula si fu raddrizzata, ad aprire il portellone della capsula facendo così defluire rapidamente i gas tossici all'esterno ed entrare aria fresca. L'equipaggio dovette comunque rimanere in osservazione per due settimane in ospedale.

Gli effetti della missione

La missione fu l'ultimo volo di una capsula Apollo e del razzo vettore Saturn IB. Contemporaneamente fu l'ultima navicella spaziale americana ad ammarare appesa ad un apposito paracadute. Dal punto di vista americano, la missione ASTP fu la conclusione dell'epoca di missioni nello spazio con equipaggio eseguite con razzi vettori monouso. Seguì un periodo di sei anni, durante il quale non vennero più eseguiti lanci di equipaggi americani, fino a quando nel 1981 venne dato l'inizio al nuovo programma dello Space Shuttle.

L'ASTP rimase pertanto un'azione unica delle due superpotenze nel settore spaziale, fu il risultato di una comune collaborazione tra enti dell'Unione Sovietica e degli Stati Uniti d'America. Solo dopo vent'anni di reciproco "congelamento" dei rapporti venne iniziata una nuova collaborazione con l'avvio del programma Shuttle-Mir.

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