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Psalm 139 und Camera degli Sposi: Unterschied zwischen den Seiten

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[[File:Börger - Zum Mühlenhof - Weidenkirche - Schöpfungsweltkugel 01 ies.jpg|mini|Psalm 139 an einer Station eines Pilgerweges]]
[[File:Camera picta, l'incontro 03.jpg|thumb|300px|Camera degli Sposi, Putti che reggono la targa dedicatoria]]
[[File:Herr, du erforschest mich (J. A. Cramer).jpg|mini|Psalm 139 in einer Nachdichtung von [[Johann Andreas Cramer (Theologe)|Johann Andreas Cramer]]]]
La '''Camera degli Sposi''', chiamata nelle cronache antiche '''''Camera picta''''' ("camera dipinta") è una stanza collocata nel [[torrione]] nord-est del [[Palazzo Ducale (Mantova)|Castello di San Giorgio]] di [[Mantova]]. È celebre per il ciclo di affreschi che ricopre le sue pareti, capolavoro di [[Andrea Mantegna]], realizzato tra il [[1465]] e il [[1474]].


==Storia==
'''Psalm 139''' (Psalm 138 nach der Zählung der [[Septuaginta]] und [[Vulgata]]) ist ein [[Psalm]] aus dem [[Bibel|biblischen]] [[Buch der Psalmen]]. Er ist wegen seiner ausdrucksstarken und poetischen Bilder bekannt geworden und wurde vielfach vertont. Der erste Vers schreibt den Psalm dem [[Israeliten|israelitischen]] König [[David]] zu.
{|align=right
|[[File:Camera picta, parete della corte.jpg|thumb|180px|Parete nord, la ''Corte'']]
|[[File:Andrea Mantegna 115.jpg|thumb|180px|Parete ovest, l'''Incontro'']]
|-
|[[File:Camera picta, parete sud.jpg|thumb|180px|Pareste sud]]
|[[File:Camera picta, parete est.jpg|thumb|180px|Parete est]]
|}
La decorazione della stanza venne commissionata da [[Ludovico Gonzaga]] a Mantegna, pittore di corte dal [[1460]]. La sala aveva originariamente una duplice funzione: quella di sala delle udienze (dove il marchese trattava affari pubblici) e quella di camera da letto di rappresentanza, dove Ludovico si riuniva coi familiari<ref>Pauli, cit., pag. 62.</ref>.


L'occasione della commissione è tutt'altro che chiarita dagli studiosi, registrando varie discordanze. L'interpretazione tradizionale lega gli affreschi all'elezione al soglio cardinalizio del figlio del marchese Ludovico, [[Francesco Gonzaga (cardinale)|Francesco Gonzaga]], avvenuta il [[1 gennaio]] [[1462]]: la scena della ''Corte'' rappresenterebbe quindi il marchese che ne riceve la notizia e quella dell<nowiki>'</nowiki>''Incontro'' mostrerebbe padre e figlio che si trovano nel felice evento. La figura matura e corpulanta di Francesco tuttavia non è coerente con la sua età nel 1461, di circa 17 anni, testimoniata invece da un suo presunto [[ritratto di Francesco Gonzaga|ritratto]] conservato oggi a [[Napoli]]. Si è pensato quindi che gli affreschi celebrino la venuta di Sua Eminenza a [[Mantova]] nell'agosto [[1472]], quando si apprestò a ricevere il titolo di Sant'Andrea<ref>Camesasca, cit., pag. 366.</ref>.
== Stellung im Psalter und historische Einordnung ==
{{B|Psalm|139}} gehört zu einer Gruppe von acht so genannten „Davidpsalmen“ (Ps&nbsp;138–145) innerhalb des 5. Buches der Psalmensammlung. Die Davidpsalmen (vgl. auch die weitere Sammlung Ps 3–41) zeichnen sich durch die gleiche Zuschreibung לְדָוִד (''l<sup>e</sup>David'') in Vers 1 aus. Der Ausdruck wird traditionell als Angabe einer Urheberschaft („le auctoris“) verstanden und als „von David“ übersetzt. Die Präposition l<sup>e</sup> kann aber auch „für“ oder „über“ bedeuten und bezeichnet dann die [[Messias|messianische]] Bedeutung des Psalms für das [[Judentum|jüdische Volk]].<ref>Frank-Lothar Hossfeld, Erich Zenger: Die Psalmen I. Psalm 1-50 (= NEB.AT 29), S. 16</ref> In der [[Historisch-kritische Methode (Theologie)|historisch-kritischen]] [[Biblische Exegese|Exegese]] wird eine Autorschaft Davids für Ps 139 weitgehend ausgeschlossen und eine späte Entstehungszeit im [[Weisheitsliteratur|weisheitlichen]] Umfeld des Judentums angenommen.<ref>Frank-Lothar Hossfeld, Erich Zenger: Psalmen. Psalm 101-150 (= HThKAT), S. 719–721</ref> Damit wird der Text nicht vor dem 5. Jahrhundert v.&nbsp;Chr. entstanden sein.


La sequenza cronologica delle pitture è stata chiarita dal restauro del [[1984]]-[[1987]]: il pittore iniziò dalla volta con limitate campiture a secco, che riguardano soprattutto parti dell'"oculo" e della ghirlanda che lo circonda; si passò poi alla parete della ''Corte'', dove venne usata una misteriosa tempera grassa, stesa a secco procedendo per "pontate"; seguirono le pareti est e sud, coperte dai tendaggi dipinti, dove venne usata la tecnica tradizionale dell'[[affresco]]; infine fu dipinta la parete ovest dell<nowiki>'</nowiki>''Incontro'', pure trattata ad affresco, che fu condotta a "giornate" molto piccole, che testimoniano una lentezza operativa che confermerebbe la durata quasi decennale dell'impresa, indipendentemenmte da altri compiti che il maestro dovette assolvere<ref>Camesasca, cit., pag. 370.</ref>.
== Inhalt ==
Der Psalm beschreibt, wie nahe Gott den Menschen von Anfang an war. Er entwickelt eine [[Schöpfung]]stheologie, die ihn nicht nur Schöpfer der Welt als Ganzes oder als Prozess, sondern jeder Person erscheinen lässt. Demnach ist Gott es, der einen Menschen ''im Mutterleib gebildet'' hat. Gott erscheint als der Allwissende und Allgegenwärtige, der aber jeden einzelnen kennt und als wunderbar bejaht.


Dopo la morte di Ludovico, la stanza e il suo ciclo subirono una serie di traversie, che spesso ne degradarono, oltre che la conservazione fisica, anche il ruolo nella storia dell'arte. Pochi anni dopo la morte del marchese la camera risulta adibita a deposito di oggetti preziosi: forse per questa ragione a [[Vasari]] non fu permesso di visitarla, escludendola dal resoconto del[[le Vite]]. Durante l'occupazione imperiale del [[1630]] subì numerosi danni, per poi essere praticamente abbandonata alle intemperie fino al [[1875]] circa<ref>Camesasca, cit., pag. 360.</ref>.
Dieser Psalm ist Gott-zentriert und nicht Mensch-zentriert. Gott erscheint als der allwissende (Verse 1–4), der unfassbar, allgegenwärtig-überräumliche (Verse 5–12) allmächtige Schöpfer (Verse 13–18). Er endet mit der völligen Abkehr Davids von allem Gottlosen und der völligen Hingabe an Gott im Vertrauen auf dessen Fähigkeit, ihn bis in die Ewigkeit hinein zu leiten (Vers 19–24).
Non è chiaro da quando la stanza iniziò ad essere chiamata "Camera degli Sposi". In ogni caso il riferimento era dovuto alla presenza in posizione predominante di Ludovico raffigurato accanto alla moglie, non tanto perché si trattasse di una camera nuziale.


La tecnica usata, che prevedeva in alcuni episodi parti a secco più o meno ampie, non facilitava la conservazione e si hanno notizie vaghe di restauri prima del XIX secolo. Quelli successivi, fino a quello del [[1941]], furono numerosi ed inadeguati<ref>Camesasca, cit., pag. 360.</ref>. Finalmente nel [[1987]] si procedette a un restauro capillare con tecniche moderne, che ha recuperato tutto quanto sopravvissuto, restituendo l'opera agli studi e alla fruizione pubblica.
Vor allem Vers 5 (''Von allen Seiten umgibst du mich, und hältst deine Hand über mir.'') und Vers 9 bis 11 (''Nähme ich Flügel der Morgenröte und bliebe am äußersten Meer, so würde auch dort deine Hand mich führen und deine Rechte mich halten.'') sind beliebte [[Taufspruch|Taufsprüche]], weil sie dem Täufling Schutz und Halt zusprechen.


==Descrizione e stile==
Der Psalm wird oft auf das Big-Father-Motiv (siehe [[Gottesbild]]) reduziert, das in einem nächsten Schritt entweder positiv als ''Big Father Takes Care'' oder negativ als ''Big Father is watching us'' interpretiert wird.
[[File:Camera picta, ceiling 3.jpg|thumb|250px|L'oculo]]
===Impaginazione generale===
Nella stanza pressoché cubica (8,05 m circa di lato, con due finestre, due porte e un camino), Mantegna studiò una decorazione che investiva tutte le pareti e le volte del soffitto, adeguandosi ai limiti architettonici dell'ambiente, ma al tempo stesso sfondando illusionisticamente le pareti con la pittura, come se ci si trovasse al centro di un loggiato o di un padiglione aperto verso l'esterno<ref>Camesasca, cit., pag. 362.</ref>.


Motivo di raccordo tra le scene sulle pareti è il finto zoccolo marmoreo che gira tutt'intorno nella fascia inferiore, sul quale poggiano i pilastri che suddividono le scene in tre ''aperture''. La volta è affrescata suggerendo una forma sferoidale e presenta centralmente un [[oculo]], da cui si sporgono personaggi e animali stagliati sul cielo azzurro. Attorno all'oculo alcuni costoloni dipinti dividono lo spazio in losanghe e pennacchi. I costoloni vanno a terminare in finti [[capitelli]], a loro volta poggianti sui reali [[peducci]] delle volte, gli unici elementi a rilievo di tutta la decorazione, assieme alle cornici delle porte e al camino. Ciascun peduccio (esclusi solo quelli in angolo) appoggia in corrispondeza di uno dei pilastri dipinti<ref>Camesasca, cit., pag. 360.</ref>.
== Rezeption ==
=== Bearbeitungen ===
[[Heinrich Vogtherr der Ältere]] schuf 1527 die Nachdichtung „''Domine probasti me, Herr gott der du erforschest mich''“.<ref>Zum Beispiel bei [[Johan Wilhelm Beckman]], Svensk psalmhistoria i sammandrag. 1863, S. 29.</ref>


Il registro superiore delle pareti è occupato da dodici lunette, decorate da festoni e imprese dei [[Gonzaga]]. Alla base delle lunette, tra peduccio e peduccio, corrono figuratamente le aste che fanno da cursore ai tendaggi, che sono raffigurati come scostati per permettere la visione delle scene principali<ref>Pauli, cit., pag. 62.</ref>. Questi drappi, che realmente copèrivano i muri delle stanze del castello<ref>De Niccolò Salmazo, cit., pag. 70.</ref>, simulano il [[broccato]] o il cuio impresso a oro e foderato d'azzurro, e sono abbassati sulle pareti sud ed est, mentre sona aperti sulla parete nord (la ''Corte'') e ovest (l<nowiki>'</nowiki>''Incontro'')<ref>Camesasca, cit., pag. 360.</ref>.
=== Vertonungen ===
==== Gregorianischer Choral ====
* Der [[gregorianischer Choral|gregorianische]] [[Introitus (Gesang)|Introitus]] des [[Ostersonntag]]s ''[[Resurrexi]]''


Il tema generale è la celebrazione politico-dinastica dell'intera famiglia [[Gonzaga]], anche se decenni di studi non sono riusciti a chiarire univocamente un'interpretazione accettata da tutti gli studiosi<ref>Camesasca, cit., pag. 360.</ref>. Probabilmente l'ideazione del complesso programma iconografico richiese varie consulenze, tra cui sicuramente quella del marchese stesso. Numerosissimi sono i [[ritratto|ritratti]], estremamente curati nella fisionomia e, talvolta, nella psicologia. Sebbene un'identificazione certa di ognuno di essi è impossibile a causa della mancanza di testimonianze, talunisono tra le opere più intense di Mantegna in questo genere.
==== Kompositionen ====
* [[Samuel Voelckel]] (1564–1621), Motette ''„Domine, probasti me“'', (1617).
* [[Johann Rosenmüller]] (1619–1684) ''Domine probasti me''.
* [[Heinrich Ignaz Franz Biber]] (1644–1704), ''Domine Probasti me in F-Dur'' [C. 37]
* [[Johann David Heinichen]] (1683–1729) ''Domine probasti me e-Moll'' (1726)
* [[Georg Philipp Telemann]] (1681–1767): Rezitativ: ''Nein wenn ich gleich der Morgenröte Flügel nähme und bis ans Äußerste des wilden Meeres käme…'', in: [[Gott will Mensch und sterblich werden]], Kantate, TWV 1:694
* [[Johann Sebastian Bach]] (1685–1750): ''[[Erforsche mich, Gott, und erfahre mein Herz]]'', Kantate am achten Sonntag nach Trinitatis (BWV 136)
* [[Paul Blumenthal (Komponist)|Paul Blumenthal]] (1843–1930): Psalm 139 (Vers 23 und 24)
* [[Johann Nepomuk David]] (1895–1977): ''Psalm 139'' („Herr, du erforschest mich“) für gemischten Chor
* [[Ernst Pepping]] (1901–1981): ''Der 139. Psalm'' („Herr, du erforschest mich“) für Alt-Solo, 4-stimmigen gemischten Chor und Orchester
* [[Franz Koglmann]] (* 1947): ''139. Psalm'' für Mezzosopran, Trompete, Posaune und Tuba
* [[David Evan Thomas]] (* 1958): ''The Wings of the Morning'' (“O Lord, thou hast searched me”; 2003) for medium voice and piano. Text: englisch in der [[King-James-Bibel|King James Version]]
* [[Rudi Spring]] (* 1962): ''Psalm 139'' (op.&nbsp;68c; 1997) für Alt, gemischten Unisono-Chor und Orgel. Text: deutsch von [[Martin Buber]]
* [[Tore Wilhelm Aas]] (* 1957): ''Your love'' (Album „Get together“, Oslo Gospel Choir) 4-stimmig für Gospelchor. Text: deutsch von [[Mary B. Wenger]] / [[Stephanie B. Klein]] ''Deine Liebe''


==== Kirchenlieder ====
=== La volta ===
[[File:Andrea Mantegna 064 big.jpg|thumb|300px|Il soffitto della Camera degli Sposi]]
* [[Eugen Eckert (Pfarrer)|Eugen Eckert]] (* 1954): ''Ob ich sitze oder stehe''; Musik: Torsten Hampel, im Gesangbuch ''Wo wir dich loben, wachsen neue Lieder – plus'', Nr. 186
La volta è composta da un soffitto ribassato, che è illusionisticamente diviso in [[vela (architettura)|vele]] e [[pennacchio (architettura)|pennacchi]] dipinti. Alcuni finti costoloni dividono lo spazio in figure regolari, con sfondo dorato e pitture a monocromo. L'abile articolarsi degli elementi architettonici dipinti simulano una volta profonda, quasi sferica, che in realtà è una leggera curva di tipo "[[volta unghiata|unghiato]]".


Al centro si trova il famoso [[oculo]], in brano più stupefacente dell'intero ciclo, dove sono portate alle estreme conseguenze gli esperimenti illusionistici della [[Cappella Ovetari]] di [[Padova]]. Si tratta di un tondo aperto illusionisticamente verso il cielo, che doveva ricordare il celebre oculo del [[Pantheon (Roma)|Pantheon]], il monumento antico per eccellenza celebrato dagli umanisti. Nell'oculo, scorciati secondo la [[prospettiva]] da "sott'in su", si vedono una balaustra dalla quale si sporgono una dama di corte, accompagnata dalla serva di colore, un gruppo di domestiche, una dozzina di [[putto|putti]], un [[Pavo cristatus|pavone]] (riferimento agli animali esotici presenti a corte, piuttosto che simbolo cristologico) e un vaso, sullo sfondo di un cielo azzurro. Per rafforzare l'impressione dell'oculo aperto, Mantegna dipinse alcuni putti pericolosamente in bilico aggrappati al lato interno della cornice, con vertiginosi scorci dei corpicini paffuti: uno è anche raffigurato mentre fa pipì. La varietà delle pose è estremamente ricca, improntata ad una totale libertà di movimento dei corpi nello spazio: alcuni putti arrivano a infilare infilano il capo negli anelli della ringhiera, oppure sono visibili solo da una manina che spunta.
Das Vulgata-[[Incipit]] „''Domine, probasti me''“ war ferner die Devise des [[Orden vom Gelben Band|Ordens vom Gelben Band]].


Se non è chiara l'eventuale identificazione delle fanciulle con personaggi reali gravitanti attorno alla corte gonzaghesca (un volto muliebre è acconciato come la marchesa [[Barbara di Brandeburgo|Barbara]]), esse sono colte in atteggiamenti diversi (una addirittura ha in mano un pettine) e le loro espressioni giocose sembrano suggerire la preparazione di uno scherzo, un episodio tratto alla quotidianità nel solco della lezione di [[Donatello]]. Il pesante vaso di agrumi è infatti appoggiato a un bastone e le ragazze attorno, con volti sorridenti e complici, sembrano in procinto di farlo cadere nella stanza.
== Literatur ==
* [[Martin Buber]], gemeinsam mit [[Franz Rosenzweig]]: Die Schrift/Das Buch der Preisungen [Verlag Lambert Schneider GmbH], Heidelberg 1986/Sylvia Majocchi (Lyrikerin) – lyr. Interpr.
* Gustav Adolf Danell: Psalm 139, Uppsala/Leipzig 1951
* [[Frank-Lothar Hossfeld]], [[Erich Zenger]]: ''Die Psalmen I. Psalm 1–50'' (= NEB.AT 29). Würzburg 1993. ISBN 3-429-01503-0
* Frank-Lothar Hossfeld, Erich Zenger: ''Psalmen. Psalm 101–150'' (= HThKAT). Herder, Freiburg/Basel/Wien 2008, ISBN 978-3-451-26827-4
* [[Hildebrecht Hommel]]: Der allgegenwärtige Himmelsgott. Eine religions- und formengeschichtliche Studie. [<nowiki/>[[Atharvaveda|Atharva Veda]] 4, 16. – [[Plutarch]], De superstitione 4. – Psalm 139 Biblia.], Leipzig 1926
* [[Matthias Köckert]]: ''Ausgespäht und überwacht, erschreckend wunderbar geschaffen: Gott und Mensch in Psalm 139''. [[Hermann Spieckermann]] zum 60. Geburtstag. In: [[Zeitschrift für Theologie und Kirche]] 107, 4/2010, S. 415–447.
* [[Jörg Zink]]: Du kennst mich. Der 139. Psalm, Wuppertal 1973; 1975; Neunkirchen-Vluyn 1983


Nella nuvola vicino al vaso si trova nascosto un profilo umano, probabile autoritratto dell'artista abilmente mascherato<ref>Pauli, cit., pag. 70.</ref>.
== Weblinks ==
{{Commonscat}}
* Psalm 139 in der [https://www.bibleserver.com/text/EU/{{urlencode:Psalm 139}} Einheitsübersetzung], der [https://www.bibleserver.com/text/LUT/{{urlencode:Psalm 139}} Lutherbibel] und weiteren Übersetzungen aus [[bibleserver.com]]
* Psalm 139 in der [[Biblia Hebraica Stuttgartensia]] (BHS) auf [https://www.bibelwissenschaft.de/online-bibeln/biblia-hebraica-stuttgartensia-bhs/lesen-im-bibeltext/bibel/text/lesen/?tx_buhbibelmodul_bibletext%5Bscripture%5D={{urlencode:Psalm 139}} bibelwissenschaft.de]
* {{ChoralWiki|Psalm 139|Vertonungen zu Psalm 139}}
* [https://www.liederdatenbank.de/bible/psa/139 Lieder, auf die Ps 139 zumindest teilweise eingewirkt hat]
* [https://www.academia.edu/19644167/Zur_Sicht_des_Todes_in_Psalm_139 Zur Sicht des Todes in Psalm 139]


L'oculo è racchiuso da una ghirlanda circolare, a sua volta racchiusa in un quadrato di finti [[costoloni]], che sono dipinti con un motivo intrecciato che ricorda le palmette dei bassorilievi all'antica. Nei punti di incontro tra si trovano medaglioni dorati. Attorno al quadrato sono disposte otto losanghe con sfondo dorato, ciascuna contenente una ghirlanda circolare che racchiude un ritratto di uno dei primi otto imperatori romani, dipinto a [[grisaglia]], sorretto da un putto e circondato da nastri svolazzanti. Tale rappresentazione suggella la concezione fortemente antiquaria dell'intero ambiente<ref>Pauli, cit., pag. 63.</ref>. I cesari sono ritratti in senso antiorario con il nome entro il medaglione (dove conservato) e le loro pose sono variate per evitare uno schematismo. Sono:
== Einzelnachweise ==
[[File:Andrea Mantegna 116a.jpg|thumb|200px|''Augusto'']]
<references />
[[File:Camera picta, pennacchi, morte di orfeo 01.jpg|thumb|200px|''Morte di Orfeo'']]
#''[[Giulio Cesare]]
#''[[Ottaviano Augusto]]
#''[[Tiberio]]
#''[[Caligola]]
#''[[Claudio]]
#''[[Nerone]]
#''[[Galba]]
#''[[Otone]]


Attorno alle losanghe, nel registro più esterno, sono collcate (in senso orario) dodici [[pennacchio (architettura)|pennacchi]] corrispondenti a ciascuna lunetta sulle pareti. Essi sono decorati finti bassorilievi di ispirazione mitologica, che celebrano simbolicamente le virtù del marchese quale condottiero e uomo di stato, quali il coraggio (mito di [[Orfeo]]), l'intelligenza (mito di [[Arione di Metimna]]), la forza (mito delle [[dodici fatiche di Ercole]]). Sono:
{{Navigationsleiste Psalmen}}
#''Orfeo incanta le forze della natura''
#''Orfeo incanta [[Cerbero]] e una [[Erinni|Furia]]''
#''Morte di [[Orfeo]] (Orfeo starziato dalle [[Baccanti]]''
#''[[Arione di Metimna|Arione]] che incanta il delfino''
#''Arione portato in salvo dal delfino''
#''[[Periandro]] che condanna i cattivi marinai''
#''Ercole scocca una freccia verso il [[centauro]] [[Nesso]]''
#''Nesso e [[Deianira]]''
#''Ercole che lotta con il [[leone Nemeo]]''
#''[[Ercole]] che uccide l'[[Idra]]''
#''Ercole e [[Anteo]]''
#''Ercole che uccide Cerbero''


I costoloni vanno a terminare in finti [[capitelli]] con decorazioni vegetali, sui quali sono impostate le basi dei putti reggi-medaglione. Questi capitelli poggiano sui [[peducci]] reali.
[[Kategorie:Psalm]]

[[Kategorie:David]]
=== Parete ''della Corte'' ===
[[File:Andrea Mantegna 058.jpg|thumb|250px|Ludovico Gonzaga e il suo segretario]]
[[File:Andrea Mantegna 063.jpg|thumb|200px|La nana]]
La scena della corte ha un'impaginazione particolarmente originale, per adattarsi alla forma della stanza. La presenza del camino infatti, che invade a metà la parte inferiore destinata agli affreschi narrativi, rendeva molto difficile ambientare la scena senza interruzioni, ma Mantegna risolse il problema usando l'espediente di collocare la scena su una piattaforma rialzata a cui si accede da alcuni gradini che scendono nel lato destro. Da questa piattaforma, il cui pavimento coincide con il ripiano sopra il camino, pendono preziosi tappeti che arricchiscono la sontuosità della scena.

Il primo settore è occupato da una finestra che dà sul [[Mincio]]: qui Mantegna si limitò a disegnare una tende chiusa. Nel secondo la tenda è dischiusa e mostra la corte dei Gonzaga riunita, sullo sfondo di un'alta transenna decorata da medaglioni marmorei, oltre la quale un alberello sfonda nella lunetta. Il terzo settore ha la tenda chiusa, ma una serie di personaggi vi passa davanti, camminando anche davanti al pilastro, secondo un'espediente che confonde il confine tra mondo reale e mondo dipinto, usato già da [[Donatello]].

Il settore centrale mostra il marchese [[Ludovico Gonzaga]] seduto su un trono a sinistra in veste "de nocte", in risalto particolare grazie alla posizione leggermente defilata. Egli è ritratto mentre tiene in mano una lettera e parla con un servitore dal naso adunco, probabilmente il suo segretario [[Marsilio Andreasi]] o [[Raimondo Lupi di Soragna]]. La posa del marchese è l'unica che rompe la staticità del gruppo, attirando inevitabilmente le attenzioni dello spettatore. Sotto il trono sta accucciato il cane preferito del marchese, Rubino, simbolo di fedeltà. Dietro di lui sta poi in piedi il terzogenito [[Gianfrancesco Gonzaga|Gianfrancesco]], che tiene le mani sulle spalle di un bambino, forse il protonotaro [[Ludovico Gonzaga (vescovo di Mantova)|Ludovichino]]. L'uomo col cappello nero è [[Vittorino da Feltre]], precettore del marchese e dei suoi figli. Al centro troneggia seduta la moglie del marchese, [[Barbara di Brandeburgo]], in posizione quasi frontale e con un'espressione di dignitosa sottomissione, con una bambina alle ginocchia che sembra porgerle una mela in un gesto di fanciullesca ingenuità, forse l'ultimogenita [[Paola Gonzaga|Paola]]. Dietro la madre sta in piedi [[Rodolfo Gonzaga|Rodolfo]], affiancato a destra da una donna, forse [[Barbara Gonzaga|Barbarina Gonzaga]]. Gli altri personaggi sono incerti. Il primo profilo in secondo piano da sinistra è stato interpretato come un possibile ritratto di [[Leon Battista Alberti]], mentre la donna dietro Barbarina è forse una nutrice di casa Gonzaga; in basso sta la famosa nana di corte, che guarda direttamente lo spettatore; in piedi parzialmente coperto dal pilastro sta un famiglio (cortigiano).

[[File:Camera picta, data inizio lavori.jpg|thumb|200px|left|La data di inizio dei lavori]]
Il settore successivo mostra sette cortigiani che si avvicinano alla famiglia marchionale, in parte sulla piattaforma, in parte salendo le scale attraverso un'anticamera. Gli ultimi "entrano" nella scena discostando la tenda, dietro la quale si intravede in cortile assolato con muratori all'opera<ref>Camesasca, cit., pag. 362.</ref>.

Nello sguancio della finestra si trova un finto paramento marmoreo, solcato da venaure tra le quali è celata la data [[16 giugno]] [[1465]], dipinta come un finto graffito e di solito interpretata come data di inizio dei lavori.

Non è chiaro l'esatto episodio a cui si riferisce l'affresco di questa parete. Fondamentale sarebbe stata la lettura delle scritte sulla lettera tenuta dal marchese, secondo alcuni la stessa tenuta in mano dal cardinale nella parete ovest, che l'ultimo restauro ha confermato come definitivamente perdute<ref>Camesasca, cit., pag. 366.</ref>. Alcuni hanno interpretato la missiva come l'urgente convocazione di Ludovico quale comandante della truppe milanesi, da parte della duchessa di Milano [[Bianca Maria Visconti]], a causa dell'aggravarsi delle condizioni del marito [[Francesco Sforza]]: spedita da Milano il [[30 dicembre]] [[1461]] era giunta a [[Mantova]] il [[1 gennaio]] [[1462]], rporpio la data destinata ai festeggiamenti del neocardinale. Partito ligiamente per Milano rinunciando ai festeggiamenti, Ludovico avrebbe così incontrato a [[Bozzolo]] il figlio Francesco, che percorreva la strada in senso opposto (scena dell<nowiki>'</nowiki>''Incontro''), tornando da Milano dove si era recato per ringraziare lo Sforza per il ruolo che aveva giocato nelle trattative per la sua nomina a cardinale. Il pomello del faldistorio nel trono farebbe in modo di coprire proprio l'indirizzo della lettera, dettaglio che è stato interpretato come una sorta di ''[[damnatio memoriae]]'' decretata dai Gonzaga verso gli [[Sforza]], colpevoli di aver impedito al loro erede di sposare prima una e poi l'altra figlia delle figlie di Ludovico. Ma molti hanno sollevato il dubbio che una vendetta così ermetica potesse essere rappresentata in un'opera tanto rilevante ed alcuni dubitano anche se l'episodio della lettera e della partenza del marchese per Milano fosse così significativo da dover essere immortalato<ref>Camesasca, cit., pag. 366.</ref>.

=== Parete ''dell'Incontro'' ===
[[File:Camera picta, l'incontro 01.1.jpg|200px|thumb|Parete dell<nowiki>'</nowiki>''Incontro'']]

La parete ovest, detta "dell'Incontro", è analogamente divisa in tre settori. In quello di destra avviene l'"incontro" vero e proprio, in quello centrale alcuni putti reggono una targa dedicatoria e in quello di sinistra sfila la corte del marchese, che prosegue con due personaggi anche nel settore centrale: questi ultimi sono rappresentati nell'angusto pazio tra il pilastro e la reale [[mensola]] dell'[[architrave]] della porta, dimostrando la difficile compenetrazione attuata efficacemente tra mondo reale e mondo dipinto. Nel pilastro tra l'incontro e i putti si trova nascosto tra le ''grisaille'' un [[autoritratto]] di Mantegna come mascherone<ref>Camesasca, cit., pag. 366.</ref>.

Nell<nowiki>'</nowiki>''Incontro'' sono rappresentati il marchese, stavolta in vesti ufficiali, accanto al figlio [[Francesco Gonzaga (cardinale)|Francesco]] cardinale. Sotto di loro stanno i figli di [[Federico I Gonzaga]], [[Francesco II Gonzaga|Francesco]] e [[Sigismondo Gonzaga|Sigismondo]], mentre il padre si trova all'estrema destra: le pieghe generose del suo abito sono uno stratagemma per nascondere la [[cifosi]]. Federico è a colloquio con due personaggi, indicati da alcuni come [[Cristiano I di Danimarca]] e [[Federico III d'Asburgo]] (cognato di Ludovico II, poiché marito di Dorotea di Brandeburgo, sorella di Barbara), figure che ben rappresentano il vanto della famiglia per la parentela regale. Il ragazzo al centro infine è l'ultimo figlio maschio del marchese, il protonotario [[Ludovico Gonzaga (vescovo di Mantova)|Ludovico]], che tiene per mano il fratello cardinale e il nipote, futuro cardinale, rappresentando il ramo della famiglia destinato al ''cursus'' ecclesiastico. La scena ha una certa fissità, determinata dalla staticità dei personaggi ritratti di profilo o di tre quarti per enfatizzare l'importanza del momento.

[[File:Mantegna, Duke Ludovico Gonzaga greeting cardinal Francesco Gonzaga, background detail.jpg|thumb|200px|left|La veduta di Roma]]
Sullo sfondo è rappresentata una veduta ideale di [[Roma]], in cui si riconoscono il [[Colosseo]], la [[piaramide di Cestio]], il [[teatro di Marcello]], il [[ponte Nomentano]], ecc. Mantegna inventò anche alcuni monumenti di sana pianta, come una statua colossale di [[Ercole]], in un [[capriccio]] architettonico che non ha niente di filologico, derivato probabilmente da un'elaborazione fanstastica basata su modelli a stampa. La scelta della città eterna era simbolica: rimarcava il forte legame tra la dinastia e Roma, avvalorato dalla nomina cardinalizia, e poteva anche essere una citazione benaugurante per il cardinale quale possibile futuro [[papa]]<ref>Camesasca, cit., pag. 366.</ref>. A destra si trova anche una grotta dove alcuni cavatori sono al lavoro nello scolpire blocchi e colonne.

La parte centrale è occupata dai putti che reggono la targa dedicatoria. Vi si legge: "<small>ILL. LODOVICO II M.M. / PRINCIPI OPTIMO AC / FIDE INVICTISSIMO / ET ILL. BARBARAE EJUS / CONIUGI MVLIERVM GLOR. / INCOMPARABILI / SVVS ANDREAS MANTINIA / PATAVVS OPVS HOC TENVE / AD EORV DECVS ABSOLVIT / ANNO MCCCCLXXIIII</small>". Oltre alla firma "pubblica" dell'artista, che si dichiara "padovano", vi si legge la data [[1474]], generalmente indicata come quella della fine dei lavori, e parole di adulazione verso Ludovico Gonzaga ("illustrissimo... principe ottimo e di fede ineguagliata") e a sua moglie Barbara ("incomparabile gloria delle donne").

Nell'ultimo restauro è stata riscoperta nello scomparto sinistro una carovana dei Magi, stesa a secco e già coperta di sudiciume, forse aggiunta per indicare la stagione invernale dell'''Incontro'', nonostante la rigogliosa vegetazione, che però comprende anche alcuni aranci, che fioriscono a fine anno<ref>Camesasca, cit., pag. 366.</ref>. Nello scomparto sinistro manca una lunga fascia di lato, che era stata coperta da una ridipintura settecentesca: i restauri hanno confermato la completa perdita delle pitture, dove si nascondeva una figura della quale si vede ancora oggi una mano.

[[File:Mantegna selfportrait camera picta.jpg|150px|thumb|right|Autoritratto del Mantegna]]

=== Pareti ''minori'' ===
Le pareti sud ed est sono coperte da tendaggi, oltre i quali spuntano le lunette. In quella sud si aprono una porta a un armadio a muro. Sopra l'architrave della porta è dipinto un grande stemma gonzaga, piuttosto malridotto, e le lunette sono quasi illeggibili. Quella est è meglio conservata e presenta tre belle lunette con festoni e imprese araldiche.

==Note==
[[File:Camera picta, oculo, dettaglio 13.jpg|thumb|Putto nell'oculo]]
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== Bibliografia ==
*Mauro Lucco, ''Mantegna a Mantova, 1460-1506'', Skira, Milano 2006.
*Tatjana Pauli, ''Mantegna'', serie ''Art Book'', Leonardo Arte, Milano 2001. ISBN 9788883101878
*Alberta De Nicolò Salmazo, ''Mantegna'', Electa, Milano 1997.
*Ettore Camesasca, ''Mantegna'', in AA.VV., ''Pittori del Rinascimento'', Scala, Firenze 2007. ISBN 888117099X

==Voci correlate==
*[[Palazzo Ducale (Mantova)]]
*[[Rinascimento mantovano]]
*[[Andrea Mantegna]]
*[[Ludovico III Gonzaga]]

==Altri progetti==
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==Collegamenti esterni==
*[http://www.cameradeglisposi.it/storia.asp Sito ufficiale]
*[http://www.stilearte.it/articolo.asp?IDart=1148&IDtesta=4&IDnum=165&trattoda=Stile%20Arte&numero=108/2007 L'autoritratto di Mantegna nella nuvola] ([http://www.stilearte.it/cgi-bin/riviste_upspace/nuvolemantegna.jpg immagine ingrandita])

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[[Categoria:dipinti a Mantova]]
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[[Categoria:ritratti pittorici]]

[[en:Camera degli Sposi]]
[[fr:Chambre des Époux (Mantegna)]]
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Camera degli Sposi, Putti che reggono la targa dedicatoria

La Camera degli Sposi, chiamata nelle cronache antiche Camera picta ("camera dipinta") è una stanza collocata nel torrione nord-est del Castello di San Giorgio di Mantova. È celebre per il ciclo di affreschi che ricopre le sue pareti, capolavoro di Andrea Mantegna, realizzato tra il 1465 e il 1474.

Storia

Parete nord, la Corte
Parete ovest, l'Incontro
Pareste sud
Parete est

La decorazione della stanza venne commissionata da Ludovico Gonzaga a Mantegna, pittore di corte dal 1460. La sala aveva originariamente una duplice funzione: quella di sala delle udienze (dove il marchese trattava affari pubblici) e quella di camera da letto di rappresentanza, dove Ludovico si riuniva coi familiari[1].

L'occasione della commissione è tutt'altro che chiarita dagli studiosi, registrando varie discordanze. L'interpretazione tradizionale lega gli affreschi all'elezione al soglio cardinalizio del figlio del marchese Ludovico, Francesco Gonzaga, avvenuta il 1 gennaio 1462: la scena della Corte rappresenterebbe quindi il marchese che ne riceve la notizia e quella dell'Incontro mostrerebbe padre e figlio che si trovano nel felice evento. La figura matura e corpulanta di Francesco tuttavia non è coerente con la sua età nel 1461, di circa 17 anni, testimoniata invece da un suo presunto ritratto conservato oggi a Napoli. Si è pensato quindi che gli affreschi celebrino la venuta di Sua Eminenza a Mantova nell'agosto 1472, quando si apprestò a ricevere il titolo di Sant'Andrea[2].

La sequenza cronologica delle pitture è stata chiarita dal restauro del 1984-1987: il pittore iniziò dalla volta con limitate campiture a secco, che riguardano soprattutto parti dell'"oculo" e della ghirlanda che lo circonda; si passò poi alla parete della Corte, dove venne usata una misteriosa tempera grassa, stesa a secco procedendo per "pontate"; seguirono le pareti est e sud, coperte dai tendaggi dipinti, dove venne usata la tecnica tradizionale dell'affresco; infine fu dipinta la parete ovest dell'Incontro, pure trattata ad affresco, che fu condotta a "giornate" molto piccole, che testimoniano una lentezza operativa che confermerebbe la durata quasi decennale dell'impresa, indipendentemenmte da altri compiti che il maestro dovette assolvere[3].

Dopo la morte di Ludovico, la stanza e il suo ciclo subirono una serie di traversie, che spesso ne degradarono, oltre che la conservazione fisica, anche il ruolo nella storia dell'arte. Pochi anni dopo la morte del marchese la camera risulta adibita a deposito di oggetti preziosi: forse per questa ragione a Vasari non fu permesso di visitarla, escludendola dal resoconto delle Vite. Durante l'occupazione imperiale del 1630 subì numerosi danni, per poi essere praticamente abbandonata alle intemperie fino al 1875 circa[4]. Non è chiaro da quando la stanza iniziò ad essere chiamata "Camera degli Sposi". In ogni caso il riferimento era dovuto alla presenza in posizione predominante di Ludovico raffigurato accanto alla moglie, non tanto perché si trattasse di una camera nuziale.

La tecnica usata, che prevedeva in alcuni episodi parti a secco più o meno ampie, non facilitava la conservazione e si hanno notizie vaghe di restauri prima del XIX secolo. Quelli successivi, fino a quello del 1941, furono numerosi ed inadeguati[5]. Finalmente nel 1987 si procedette a un restauro capillare con tecniche moderne, che ha recuperato tutto quanto sopravvissuto, restituendo l'opera agli studi e alla fruizione pubblica.

Descrizione e stile

L'oculo

Impaginazione generale

Nella stanza pressoché cubica (8,05 m circa di lato, con due finestre, due porte e un camino), Mantegna studiò una decorazione che investiva tutte le pareti e le volte del soffitto, adeguandosi ai limiti architettonici dell'ambiente, ma al tempo stesso sfondando illusionisticamente le pareti con la pittura, come se ci si trovasse al centro di un loggiato o di un padiglione aperto verso l'esterno[6].

Motivo di raccordo tra le scene sulle pareti è il finto zoccolo marmoreo che gira tutt'intorno nella fascia inferiore, sul quale poggiano i pilastri che suddividono le scene in tre aperture. La volta è affrescata suggerendo una forma sferoidale e presenta centralmente un oculo, da cui si sporgono personaggi e animali stagliati sul cielo azzurro. Attorno all'oculo alcuni costoloni dipinti dividono lo spazio in losanghe e pennacchi. I costoloni vanno a terminare in finti capitelli, a loro volta poggianti sui reali peducci delle volte, gli unici elementi a rilievo di tutta la decorazione, assieme alle cornici delle porte e al camino. Ciascun peduccio (esclusi solo quelli in angolo) appoggia in corrispondeza di uno dei pilastri dipinti[7].

Il registro superiore delle pareti è occupato da dodici lunette, decorate da festoni e imprese dei Gonzaga. Alla base delle lunette, tra peduccio e peduccio, corrono figuratamente le aste che fanno da cursore ai tendaggi, che sono raffigurati come scostati per permettere la visione delle scene principali[8]. Questi drappi, che realmente copèrivano i muri delle stanze del castello[9], simulano il broccato o il cuio impresso a oro e foderato d'azzurro, e sono abbassati sulle pareti sud ed est, mentre sona aperti sulla parete nord (la Corte) e ovest (l'Incontro)[10].

Il tema generale è la celebrazione politico-dinastica dell'intera famiglia Gonzaga, anche se decenni di studi non sono riusciti a chiarire univocamente un'interpretazione accettata da tutti gli studiosi[11]. Probabilmente l'ideazione del complesso programma iconografico richiese varie consulenze, tra cui sicuramente quella del marchese stesso. Numerosissimi sono i ritratti, estremamente curati nella fisionomia e, talvolta, nella psicologia. Sebbene un'identificazione certa di ognuno di essi è impossibile a causa della mancanza di testimonianze, talunisono tra le opere più intense di Mantegna in questo genere.

La volta

Il soffitto della Camera degli Sposi

La volta è composta da un soffitto ribassato, che è illusionisticamente diviso in vele e pennacchi dipinti. Alcuni finti costoloni dividono lo spazio in figure regolari, con sfondo dorato e pitture a monocromo. L'abile articolarsi degli elementi architettonici dipinti simulano una volta profonda, quasi sferica, che in realtà è una leggera curva di tipo "unghiato".

Al centro si trova il famoso oculo, in brano più stupefacente dell'intero ciclo, dove sono portate alle estreme conseguenze gli esperimenti illusionistici della Cappella Ovetari di Padova. Si tratta di un tondo aperto illusionisticamente verso il cielo, che doveva ricordare il celebre oculo del Pantheon, il monumento antico per eccellenza celebrato dagli umanisti. Nell'oculo, scorciati secondo la prospettiva da "sott'in su", si vedono una balaustra dalla quale si sporgono una dama di corte, accompagnata dalla serva di colore, un gruppo di domestiche, una dozzina di putti, un pavone (riferimento agli animali esotici presenti a corte, piuttosto che simbolo cristologico) e un vaso, sullo sfondo di un cielo azzurro. Per rafforzare l'impressione dell'oculo aperto, Mantegna dipinse alcuni putti pericolosamente in bilico aggrappati al lato interno della cornice, con vertiginosi scorci dei corpicini paffuti: uno è anche raffigurato mentre fa pipì. La varietà delle pose è estremamente ricca, improntata ad una totale libertà di movimento dei corpi nello spazio: alcuni putti arrivano a infilare infilano il capo negli anelli della ringhiera, oppure sono visibili solo da una manina che spunta.

Se non è chiara l'eventuale identificazione delle fanciulle con personaggi reali gravitanti attorno alla corte gonzaghesca (un volto muliebre è acconciato come la marchesa Barbara), esse sono colte in atteggiamenti diversi (una addirittura ha in mano un pettine) e le loro espressioni giocose sembrano suggerire la preparazione di uno scherzo, un episodio tratto alla quotidianità nel solco della lezione di Donatello. Il pesante vaso di agrumi è infatti appoggiato a un bastone e le ragazze attorno, con volti sorridenti e complici, sembrano in procinto di farlo cadere nella stanza.

Nella nuvola vicino al vaso si trova nascosto un profilo umano, probabile autoritratto dell'artista abilmente mascherato[12].

L'oculo è racchiuso da una ghirlanda circolare, a sua volta racchiusa in un quadrato di finti costoloni, che sono dipinti con un motivo intrecciato che ricorda le palmette dei bassorilievi all'antica. Nei punti di incontro tra si trovano medaglioni dorati. Attorno al quadrato sono disposte otto losanghe con sfondo dorato, ciascuna contenente una ghirlanda circolare che racchiude un ritratto di uno dei primi otto imperatori romani, dipinto a grisaglia, sorretto da un putto e circondato da nastri svolazzanti. Tale rappresentazione suggella la concezione fortemente antiquaria dell'intero ambiente[13]. I cesari sono ritratti in senso antiorario con il nome entro il medaglione (dove conservato) e le loro pose sono variate per evitare uno schematismo. Sono:

Augusto
Morte di Orfeo
  1. Giulio Cesare
  2. Ottaviano Augusto
  3. Tiberio
  4. Caligola
  5. Claudio
  6. Nerone
  7. Galba
  8. Otone

Attorno alle losanghe, nel registro più esterno, sono collcate (in senso orario) dodici pennacchi corrispondenti a ciascuna lunetta sulle pareti. Essi sono decorati finti bassorilievi di ispirazione mitologica, che celebrano simbolicamente le virtù del marchese quale condottiero e uomo di stato, quali il coraggio (mito di Orfeo), l'intelligenza (mito di Arione di Metimna), la forza (mito delle dodici fatiche di Ercole). Sono:

  1. Orfeo incanta le forze della natura
  2. Orfeo incanta Cerbero e una Furia
  3. Morte di Orfeo (Orfeo starziato dalle Baccanti
  4. Arione che incanta il delfino
  5. Arione portato in salvo dal delfino
  6. Periandro che condanna i cattivi marinai
  7. Ercole scocca una freccia verso il centauro Nesso
  8. Nesso e Deianira
  9. Ercole che lotta con il leone Nemeo
  10. Ercole che uccide l'Idra
  11. Ercole e Anteo
  12. Ercole che uccide Cerbero

I costoloni vanno a terminare in finti capitelli con decorazioni vegetali, sui quali sono impostate le basi dei putti reggi-medaglione. Questi capitelli poggiano sui peducci reali.

Parete della Corte

Ludovico Gonzaga e il suo segretario
La nana

La scena della corte ha un'impaginazione particolarmente originale, per adattarsi alla forma della stanza. La presenza del camino infatti, che invade a metà la parte inferiore destinata agli affreschi narrativi, rendeva molto difficile ambientare la scena senza interruzioni, ma Mantegna risolse il problema usando l'espediente di collocare la scena su una piattaforma rialzata a cui si accede da alcuni gradini che scendono nel lato destro. Da questa piattaforma, il cui pavimento coincide con il ripiano sopra il camino, pendono preziosi tappeti che arricchiscono la sontuosità della scena.

Il primo settore è occupato da una finestra che dà sul Mincio: qui Mantegna si limitò a disegnare una tende chiusa. Nel secondo la tenda è dischiusa e mostra la corte dei Gonzaga riunita, sullo sfondo di un'alta transenna decorata da medaglioni marmorei, oltre la quale un alberello sfonda nella lunetta. Il terzo settore ha la tenda chiusa, ma una serie di personaggi vi passa davanti, camminando anche davanti al pilastro, secondo un'espediente che confonde il confine tra mondo reale e mondo dipinto, usato già da Donatello.

Il settore centrale mostra il marchese Ludovico Gonzaga seduto su un trono a sinistra in veste "de nocte", in risalto particolare grazie alla posizione leggermente defilata. Egli è ritratto mentre tiene in mano una lettera e parla con un servitore dal naso adunco, probabilmente il suo segretario Marsilio Andreasi o Raimondo Lupi di Soragna. La posa del marchese è l'unica che rompe la staticità del gruppo, attirando inevitabilmente le attenzioni dello spettatore. Sotto il trono sta accucciato il cane preferito del marchese, Rubino, simbolo di fedeltà. Dietro di lui sta poi in piedi il terzogenito Gianfrancesco, che tiene le mani sulle spalle di un bambino, forse il protonotaro Ludovichino. L'uomo col cappello nero è Vittorino da Feltre, precettore del marchese e dei suoi figli. Al centro troneggia seduta la moglie del marchese, Barbara di Brandeburgo, in posizione quasi frontale e con un'espressione di dignitosa sottomissione, con una bambina alle ginocchia che sembra porgerle una mela in un gesto di fanciullesca ingenuità, forse l'ultimogenita Paola. Dietro la madre sta in piedi Rodolfo, affiancato a destra da una donna, forse Barbarina Gonzaga. Gli altri personaggi sono incerti. Il primo profilo in secondo piano da sinistra è stato interpretato come un possibile ritratto di Leon Battista Alberti, mentre la donna dietro Barbarina è forse una nutrice di casa Gonzaga; in basso sta la famosa nana di corte, che guarda direttamente lo spettatore; in piedi parzialmente coperto dal pilastro sta un famiglio (cortigiano).

La data di inizio dei lavori

Il settore successivo mostra sette cortigiani che si avvicinano alla famiglia marchionale, in parte sulla piattaforma, in parte salendo le scale attraverso un'anticamera. Gli ultimi "entrano" nella scena discostando la tenda, dietro la quale si intravede in cortile assolato con muratori all'opera[14].

Nello sguancio della finestra si trova un finto paramento marmoreo, solcato da venaure tra le quali è celata la data 16 giugno 1465, dipinta come un finto graffito e di solito interpretata come data di inizio dei lavori.

Non è chiaro l'esatto episodio a cui si riferisce l'affresco di questa parete. Fondamentale sarebbe stata la lettura delle scritte sulla lettera tenuta dal marchese, secondo alcuni la stessa tenuta in mano dal cardinale nella parete ovest, che l'ultimo restauro ha confermato come definitivamente perdute[15]. Alcuni hanno interpretato la missiva come l'urgente convocazione di Ludovico quale comandante della truppe milanesi, da parte della duchessa di Milano Bianca Maria Visconti, a causa dell'aggravarsi delle condizioni del marito Francesco Sforza: spedita da Milano il 30 dicembre 1461 era giunta a Mantova il 1 gennaio 1462, rporpio la data destinata ai festeggiamenti del neocardinale. Partito ligiamente per Milano rinunciando ai festeggiamenti, Ludovico avrebbe così incontrato a Bozzolo il figlio Francesco, che percorreva la strada in senso opposto (scena dell'Incontro), tornando da Milano dove si era recato per ringraziare lo Sforza per il ruolo che aveva giocato nelle trattative per la sua nomina a cardinale. Il pomello del faldistorio nel trono farebbe in modo di coprire proprio l'indirizzo della lettera, dettaglio che è stato interpretato come una sorta di damnatio memoriae decretata dai Gonzaga verso gli Sforza, colpevoli di aver impedito al loro erede di sposare prima una e poi l'altra figlia delle figlie di Ludovico. Ma molti hanno sollevato il dubbio che una vendetta così ermetica potesse essere rappresentata in un'opera tanto rilevante ed alcuni dubitano anche se l'episodio della lettera e della partenza del marchese per Milano fosse così significativo da dover essere immortalato[16].

Parete dell'Incontro

Parete dell'Incontro

La parete ovest, detta "dell'Incontro", è analogamente divisa in tre settori. In quello di destra avviene l'"incontro" vero e proprio, in quello centrale alcuni putti reggono una targa dedicatoria e in quello di sinistra sfila la corte del marchese, che prosegue con due personaggi anche nel settore centrale: questi ultimi sono rappresentati nell'angusto pazio tra il pilastro e la reale mensola dell'architrave della porta, dimostrando la difficile compenetrazione attuata efficacemente tra mondo reale e mondo dipinto. Nel pilastro tra l'incontro e i putti si trova nascosto tra le grisaille un autoritratto di Mantegna come mascherone[17].

Nell'Incontro sono rappresentati il marchese, stavolta in vesti ufficiali, accanto al figlio Francesco cardinale. Sotto di loro stanno i figli di Federico I Gonzaga, Francesco e Sigismondo, mentre il padre si trova all'estrema destra: le pieghe generose del suo abito sono uno stratagemma per nascondere la cifosi. Federico è a colloquio con due personaggi, indicati da alcuni come Cristiano I di Danimarca e Federico III d'Asburgo (cognato di Ludovico II, poiché marito di Dorotea di Brandeburgo, sorella di Barbara), figure che ben rappresentano il vanto della famiglia per la parentela regale. Il ragazzo al centro infine è l'ultimo figlio maschio del marchese, il protonotario Ludovico, che tiene per mano il fratello cardinale e il nipote, futuro cardinale, rappresentando il ramo della famiglia destinato al cursus ecclesiastico. La scena ha una certa fissità, determinata dalla staticità dei personaggi ritratti di profilo o di tre quarti per enfatizzare l'importanza del momento.

La veduta di Roma

Sullo sfondo è rappresentata una veduta ideale di Roma, in cui si riconoscono il Colosseo, la piaramide di Cestio, il teatro di Marcello, il ponte Nomentano, ecc. Mantegna inventò anche alcuni monumenti di sana pianta, come una statua colossale di Ercole, in un capriccio architettonico che non ha niente di filologico, derivato probabilmente da un'elaborazione fanstastica basata su modelli a stampa. La scelta della città eterna era simbolica: rimarcava il forte legame tra la dinastia e Roma, avvalorato dalla nomina cardinalizia, e poteva anche essere una citazione benaugurante per il cardinale quale possibile futuro papa[18]. A destra si trova anche una grotta dove alcuni cavatori sono al lavoro nello scolpire blocchi e colonne.

La parte centrale è occupata dai putti che reggono la targa dedicatoria. Vi si legge: "ILL. LODOVICO II M.M. / PRINCIPI OPTIMO AC / FIDE INVICTISSIMO / ET ILL. BARBARAE EJUS / CONIUGI MVLIERVM GLOR. / INCOMPARABILI / SVVS ANDREAS MANTINIA / PATAVVS OPVS HOC TENVE / AD EORV DECVS ABSOLVIT / ANNO MCCCCLXXIIII". Oltre alla firma "pubblica" dell'artista, che si dichiara "padovano", vi si legge la data 1474, generalmente indicata come quella della fine dei lavori, e parole di adulazione verso Ludovico Gonzaga ("illustrissimo... principe ottimo e di fede ineguagliata") e a sua moglie Barbara ("incomparabile gloria delle donne").

Nell'ultimo restauro è stata riscoperta nello scomparto sinistro una carovana dei Magi, stesa a secco e già coperta di sudiciume, forse aggiunta per indicare la stagione invernale dell'Incontro, nonostante la rigogliosa vegetazione, che però comprende anche alcuni aranci, che fioriscono a fine anno[19]. Nello scomparto sinistro manca una lunga fascia di lato, che era stata coperta da una ridipintura settecentesca: i restauri hanno confermato la completa perdita delle pitture, dove si nascondeva una figura della quale si vede ancora oggi una mano.

Autoritratto del Mantegna

Pareti minori

Le pareti sud ed est sono coperte da tendaggi, oltre i quali spuntano le lunette. In quella sud si aprono una porta a un armadio a muro. Sopra l'architrave della porta è dipinto un grande stemma gonzaga, piuttosto malridotto, e le lunette sono quasi illeggibili. Quella est è meglio conservata e presenta tre belle lunette con festoni e imprese araldiche.

Note

Putto nell'oculo

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Bibliografia

  • Mauro Lucco, Mantegna a Mantova, 1460-1506, Skira, Milano 2006.
  • Tatjana Pauli, Mantegna, serie Art Book, Leonardo Arte, Milano 2001. ISBN 9788883101878
  • Alberta De Nicolò Salmazo, Mantegna, Electa, Milano 1997.
  • Ettore Camesasca, Mantegna, in AA.VV., Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2007. ISBN 888117099X

Voci correlate

Altri progetti

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Collegamenti esterni

Vorlage:Portale

Categoria:dipinti a Mantova Categoria:cicli di affreschi Categoria:dipinti di Andrea Mantegna Categoria:ritratti pittorici

  1. Pauli, cit., pag. 62.
  2. Camesasca, cit., pag. 366.
  3. Camesasca, cit., pag. 370.
  4. Camesasca, cit., pag. 360.
  5. Camesasca, cit., pag. 360.
  6. Camesasca, cit., pag. 362.
  7. Camesasca, cit., pag. 360.
  8. Pauli, cit., pag. 62.
  9. De Niccolò Salmazo, cit., pag. 70.
  10. Camesasca, cit., pag. 360.
  11. Camesasca, cit., pag. 360.
  12. Pauli, cit., pag. 70.
  13. Pauli, cit., pag. 63.
  14. Camesasca, cit., pag. 362.
  15. Camesasca, cit., pag. 366.
  16. Camesasca, cit., pag. 366.
  17. Camesasca, cit., pag. 366.
  18. Camesasca, cit., pag. 366.
  19. Camesasca, cit., pag. 366.