https://de.wikipedia.org/w/api.php?action=feedcontributions&feedformat=atom&user=Pigr8Wikipedia - Benutzerbeiträge [de]2025-06-03T16:14:19ZBenutzerbeiträgeMediaWiki 1.45.0-wmf.3https://de.wikipedia.org/w/index.php?title=Benutzerin:Donna_Gedenk/Piero_Terracina&diff=194830624Benutzerin:Donna Gedenk/Piero Terracina2019-12-08T18:32:47Z<p>Pigr8: è morto e come fonte possiamo portare il Messaggero, ma appare su sutti i medie</p>
<hr />
<div>{{Bio<br />
|Nome = Piero<br />
|Cognome = Terracina<br />
|Sesso = M<br />
|LuogoNascita = Roma<br />
|GiornoMeseNascita = 12 novembre<br />
|AnnoNascita = 1928<br />
|LuogoMorte = Roma<br />
|GiornoMeseMorte = 8 dicembre<br />
|AnnoMorte = 2019<br />
|Epoca = 1900<br />
|PreAttività = <br />
|Attività = dirigente d'azienda<br />
|Nazionalità = italiano<br />
|PostNazionalità = , [[superstite dell'Olocausto]]<br />
|Immagine = Terracina Teggiano 5mar2010-5.jpg<br />
|Didascalia = Piero Terracina durante un incontro a [[Teggiano]], 5 marzo 2009<br />
}} <br />
<br />
È stato uno dei sopravvissuti al campo di sterminio di [[Auschwitz]], dove fu [[deportazione|deportato]] in quanto ebreo.<br />
<br />
== Biografia ==<br />
Nasce a [[Roma]] in una famiglia ebraica, ultimo dei quattro figli di Giovanni Terracina e Lidia Ascoli.<ref>Liliana Picciotto, ''Il libro della memoria'' (II ed.; Milano: Mursia, 2001).</ref> Nell'autunno del [[1938]], a causa dell'emanazione delle leggi razziali in Italia, Piero, come tutti gli alunni e i docenti ebrei, fu espulso dalla scuola pubblica. Terracina proseguì gli studi nelle scuole ebraiche fino a che, dopo essere sfuggito al rastrellamento del 16 ottobre 1943, venne arrestato a Roma, il 7 aprile 1944, su segnalazione di un delatore, con tutta la famiglia: i genitori, la sorella Anna, i fratelli Cesare e Leo, lo zio Amedeo, il nonno Leone David.<ref>[http://www.nomidellashoah.it/ I nomi della Shoah].</ref> Detenuti per qualche giorno nel carcere di Roma di Regina Coeli, dopo una breve permanenza nel [[campo di Fossoli]], il 17 maggio del '44 furono avviati alla deportazione.<ref name="ucei.it">{{Cita web |url=http://www.ucei.it/giornodellamemoria/?cat=10&pag=30 |titolo=Unione delle Comunità ebraiche italiane |accesso=27 settembre 2014 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140817040914/http://www.ucei.it/giornodellamemoria/?cat=10&pag=30 |dataarchivio=17 agosto 2014 |urlmorto=sì }}</ref><br />
<br />
{{citazione| Ci misero in 64 in un vagone. Fu un viaggio allucinante, tutti piangevano, i lamenti dei bambini si sentivano da fuori, ma nelle stazioni nessuno poteva intervenire, sarebbe bastato uno sguardo di pietà. Le SS sorvegliavano il convoglio. Viaggiavamo nei nostri escrementi: Fossoli, Monaco di Baviera, Birkenau-Auschwitz.}}<br />
<br />
Degli 8 componenti della sua famiglia, Piero Terracina sarà l'unico a fare ritorno in Italia. Il dramma si consuma il giorno stesso dell'arrivo a Auschwitz-Birkenau.<ref name="ucei.it"/><br />
<br />
{{citazione|Arrivammo dentro il campo di concentramento, dalle fessure vedevamo le SS con i bastoni e i cani. Scendemmo, ci picchiarono, ci divisero. Formammo due file, andai alla ricerca dei miei fratelli, di mia madre, noi non capivamo, lei sì: mi benedì alla maniera ebraica, mi abbracciò e disse "andate". Non l'ho più rivista. Mio padre, intanto, andava verso la camera a gas con mio nonno. Si girava, mi guardava, salutava, alzava il braccio. Noi arrivammo alla "sauna", ci spogliarono, ci tagliarono anche i capelli. E ci diedero un numero di matricola. "Dove sono i miei genitori?", chiesi a un altro sventurato. E lui rispose: "Vedi quel fumo del camino? Sono già usciti da lì".}}<br />
<br />
Immatricolato con il numero A-5506, per Piero Terracina comincia la quotidiana lotta per la sopravvivenza, così ricordata:<br />
<br />
{{citazione|Ad Auschwitz il prigioniero non aveva nome, gli internati non erano contati come persone ma come pezzi. Ai prigionieri veniva tolta ogni dignità. Di quelli usciti dal campo vivi, pochissimi sono riusciti a sopravvivere, e a tornare ad essere persone degne di essere chiamate tali.<br />
<br />
L'efficiente macchina bellica tedesca, non sprecava nulla. Anche dopo la morte tutto veniva usato e riciclato, la pelle, i capelli, dei prigionieri...}}<br />
<br />
Nel campo, Terracina strinse amicizia con un altro giovane deportato italiano, [[Sami Modiano]], di soli due anni più piccolo di lui, proveniente da Rodi. Ricordata da Modiano come "un'amicizia vera, profonda, fraterna. Avevamo tutti e due bisogno di un punto di riferimento".<ref>Maida, pp.278-79.</ref><br />
<br />
Il 27 gennaio 1945 arriva la liberazione, che Terracina può condividere con l'amico Modiano e pochi altri italiani sopravvissuti, tra cui [[Primo Levi]]. Ma il ritorno alla vita fu per tutti lungo e difficile.<ref>[http://www.triangoloviola.it/terracina.html Triangolo Viola]</ref><br />
<br />
{{citazione|Quando siamo stati liberati, pesavo 38 chili. Io camminavo, ma erano tanti quelli che non si tenevano in piedi. Dopo un po' crollai, dopo fui portato dai russi in un ospedale militare. In seguito fui portato nell'ospedale di Leopoli. Lì ripresi a piangere e presi coscienza di quello che era stato perpetrato da persone normali ai nostri danni.<br />
<br />
Dopo qualche tempo fui mandato in un sanatorio nel mar Nero. Lì ho ripreso ad avere amicizie, lì sono nati alcuni affetti come quell'infermiera che mi ha curato. Sono rientrato in Italia dopo un anno. Fu in Unione Sovietica che ripresi a vivere... ricordo ancora oggi la mia prima partita a pallone...}}<br />
<br />
Terracina, dopo il ritorno dall'internamento, fu accolto e integrato dalla comunità ebraica romana.<ref name="ucei.it"/><br />
<br />
{{citazione|Gli artefici della mia resurrezione sono stati gli amici, senza di loro non so se ce l'avrei fatta... Con loro e con i miei parenti per molti anni non ho parlato di quello che mi era accaduto. Temevo soprattutto che mi chiedessero come mi ero salvato. Mi terrorizzava il fatto che qualcuno potesse chiedermi "Perché tu ti sei salvato e mio figlio o mio marito no?". Poi pensavo che se io avessi parlato di certe cose a molta gente avrebbe dato fastidio, o quantomeno qualcuno avrebbe pensato: "Che va dicendo, non è possibile."; inoltre raccontare del lager avrebbe significato in parte rivivere quelle situazioni ed io volevo sembrare una persona come tutte le altre, non dico "essere" ma almeno "sembrare". E così è andata: di giorno cercavo di fare una vita più normale possibile e di notte molto spesso mi ritrovavo a fare i conti con il mio passato nel lager. Sognavo continuamente di Auschwitz, era una specie di doppia vita.}}<br />
<br />
Riguardo alle responsabilità sulla Shoah, ha dichiarato:<br />
<br />
{{citazione|Auschwitz non è solo colpa della Germania. Anche altri governi furono carnefici di questo male. Il governo francese dopo l'armistizio ha consegnato tanti ebrei ai nazisti. Eppure in altri paesi come la Danimarca questo non è successo. Il Re si oppose alla deportazione. Si mise anche lui la stella che contrassegnava gli ebrei, fece pressioni sul popolo e questo bloccò la deportazione degli ebrei danesi.<br />
<br />
Perché questo in Italia non accadde? Anche in Bulgaria [...] gli ebrei furono salvati dallo sterminio. Perché questo in Italia non accadde?<br />
<br />
Se qualcuno che poteva si fosse opposto non ci sarebbe stata nessuna deportazione.<br />
<br />
In Italia gli ebrei sono presenti da circa 2300 anni. Eppure questa civiltà fu negata. Agli ebrei era vietato non solo l'avere ma anche essere.}}<br />
<br />
[[File:Terracina Teggiano 5mar2010-9.jpg|thumb|right|Piero Terracina insieme agli alunni dell'IIS "Pomponio Leto" al termine di un incontro - dibattito a Teggiano (SA) il 5 marzo 2009|211x211px]]<br />
<br />
Da allora Terracina vive a Roma, dove ha svolto l'attività di dirigente d'azienda<ref>{{cita web | url = http://www.triangoloviola.it/terracina.html | titolo = Testimonianza di Piero Terracina - "Io, deportato ad Auschwitz." | accesso = 5 marzo 2010 }}</ref>.<br />
<br />
A partire dagli anni ottanta, ha svolto un'attività di testimonianza, affinché tali e simili orrori non si ripetano, svolgendo incontri in scuole, associazioni, università, conferenze, seminari di formazione, istituzioni militari, trasmissioni radiofoniche e televisive, carceri.<ref>{{cita web | url = http://www.regione.toscana.it/regione/export/RT/sito-RT/Contenuti/sezioni/cultura/memoria_passato/visualizza_asset.html_248440291.html | titolo = Giorno della Memoria 2010, 'La banalità del male' al Mandela Forum - Piero Terracina: «I diri vanno sorvegliati e difesi» | accesso = 5 marzo 2010 | urlmorto = sì | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20100201084247/http://www.regione.toscana.it/regione/export/RT/sito-RT/Contenuti/sezioni/cultura/memoria_passato/visualizza_asset.html_248440291.html | dataarchivio = 1º febbraio 2010 }}</ref> Nel 1997 è fra i testimoni del film-documentario ''[[Memoria (film 1997)|Memoria]]'' presentato al Festival di Berlino. Ha inoltre partecipato a viaggi della memoria con le scuole. Nel 2003 ha contribuito, insieme a [[Enrico Modigliani]], alla fondazione di ''[http://www.progettomemoria.info/ Progetto Memoria],'' una collaborazione tra Fondazione CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea) e Comunità ebraica di Roma, che si occupa del coordinamento degli incontri dei testimoni in scuole, enti e associazioni, prevalentemente nel Centro-sud. È ora presidente onorario di questa associazione.<br />
<br />
Nel 2009 la sua voce è stata inclusa nel progetto di raccolta dei "racconti di chi è sopravvissuto", una ricerca condotta tra il 1995 e il 2008 da [[Marcello Pezzetti]] per conto del [[Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea]] che ha portato alla raccolta delle testimonianze di quasi tutti i sopravvissuti italiani dai campi di concentramento allora ancora viventi.<ref>Marcello Pezzetti, ''Il libro della Shoah italiana'' (Torino: Einaudi, 2009).</ref><br />
<br />
[[File:Piero Terracina.png|thumb|Piero Terracina insieme agli alunni di alcuni licei salernitani, al termine di una conferenza svoltasi al Grand Hotel Salerno il 21 gennaio 2015.|223x223px]]<br />
<br />
Qualche giorno prima dell'inizio del [[campionato europeo di calcio 2012]] Terracina è stato chiamato, insieme con [[Sami Modiano]] e [[Hanna Kugler Weiss]], a guidare la [[Nazionale italiana di calcio]] in visita al campo di concentramento-sterminio di [[Auschwitz]].<ref>.[http://www.ilsitodifirenze.it/content/283-la-nazionale-visita-ad-auschwitz-pacifici-fatto-storico La Nazionale in visita ad Auschwitz . Pacifici: "Fatto storico" | Il Sito di Firenze<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref><br />
<br />
Il giorno 24 settembre [[2013]] diventa Cittadino onorario del Comune di [[Rionero in Vulture]] (PZ) per essere stato testimone di resistenza alle barbarie nazifascista e interprete attivo dei valori di pace, libertà e democrazia su cui è fondata la Costituzione repubblicana.<br />
<br />
Il 28 gennaio 2010, nell'ambito del progetto "Memorie d'inciampo a Roma" a cura di Adachiara Zevi e dell'associazione [http://www.arteinmemoria.it/memoriedinciampo/home.htm Arte in memoria], sono state installate sette pietre d'inciampo (stolpersteine) davanti all'abitazione dove la famiglia Terracina era nascosta al momento dell'arresto.<ref>.{{cita web |url=http://www.arteinmemoria.com/memoriedinciampo/instal/rpilo17.htm |titolo=Copia archiviata |accesso=5 aprile 2016 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20161022154840/http://www.arteinmemoria.com/memoriedinciampo/instal/rpilo17.htm |dataarchivio=22 ottobre 2016 }}</ref><br />
Poco tempo dopo, le pietre sono state imbrattate da ignoti, ma prontamente ripulite da parte del Municipio, con una mobilitazione generale.<ref>{{cita web | url = http://www.pdlazio.it/2010/03/foschi-la-verita-raccontata-da-piero-terracina-non-la-potra-mai-oltraggiare-nessuno/ | titolo = Foschi: la verità raccontata da Piero Terracina non la potrà mai oltraggiare nessuno | accesso = 5 marzo 2010 }}</ref><ref>{{cita web | url = http://www.mpnews.it/index.php?section=articoli&category=30&id=5319/attualit%C3%A0/Una-pietra-per-lottare | titolo = Una pietra per lottare. Atto vandalico a Roma contro Sanpietrini della Memoria per i deportati ad Auschwitz }}</ref><br />
<br />
Il giorno 20 gennaio [[2015]] è ospite della conviviale del [[Rotary]] Club [[Salerno]] Duomo, invitato dal Prof. Canio Noce, per essere stato testimone di resistenza alle barbarie nazifasciste e figura attiva di pace, libertà e democrazia; nella giornata seguente, sempre a [[Salerno]], svolge una conferenza con gli alunni di alcuni [[licei]] salernitani.<br />
<br />
Il giorno 11 marzo [[2015]] viene ospitato a Trapani per la commemorazione del settantesimo anniversario della liberazione dai campi di concentramento, nell'ambito del progetto "Ricordare la dimenticanza".<br />
<br />
Grazie all'impegno dello scrittore e docente Eraldo Affinati, ha ricevuto la cittadinanza onoraria della Città dei Ragazzi.<br />
<br />
È socio dell'Associazione Nazionale ex Deportati Politici nei campi nazisti (ANED), è stato presidente dell'Associazione Amici di Israele, di cui è Presidente onorario, ed è stato consulente per la Memoria e la Shoah della Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 2002 al 2007.<br />
<br />
E' morto l'8 dicembre 2019 a Roma<ref>https://www.ilmessaggero.it/roma/news/piero_terracina_morto_ebreo_auschwitz-4913097.html</ref><br />
<br />
== Riconoscimenti ==<br />
{{Onorificenze<br />
|immagine=Cordone di gran Croce OMRI BAR.svg<br />
|nome_onorificenza=Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana<br />
|collegamento_onorificenza=Ordine al merito della Repubblica italiana<br />
|motivazione=<br />
|data=2003<br />
}}<br />
{{Onorificenze<br />
|immagine = Olive wreath.svg<br />
|nome_onorificenza = Laurea ''honoris causa'' in [[Scienze della formazione primaria|Scienze della Formazione primaria]]<br />
|collegamento_onorificenza = <br />
|motivazione = <br />
|luogo = [[Università degli Studi del Molise]], 23 marzo 2015<br />
|Lectio magistralis = https://www.unimol.it/blog/giorno-della-memoria-la-lectio-magistralis-di-piero-terracina-alla-cerimonia-di-conferimento-della-sua-laurea-honoris-causa-in-scienze-della-formazione-primaria-3-51167/<br />
}}<br />
<br />
- Premio Capitolium 1998, Roma, Sindaco Francesco Rutelli<br />
<br />
- Premio Simpatia 2016, assegnato a Roma, al Campidoglio, per la categoria "Storie"<br />
<br />
- Premio Romei 2018, assegnato a Roma dall’ANP (Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici e alte professionalità della Scuola) a dirigenti, docenti, giornalisti ed altre personalità che si sono distinte nella loro attività professionale per l’attenzione alle problematiche formative dei giovani.<br />
<br />
È cittadino onorario delle città di:<br />
<br />
*[[Campobasso]]<br />
*[[Casier]] (TV)<br />
*[[Copertino]] (LE)<br />
*[[Corciano]] (PG)<br />
*[[Fidenza]] (PR)<br />
*[[Molfetta]]<br />
*[[Palermo]]<br />
*[[Perugia]] <br />
*[[Portico di Caserta]] (CE)<br />
*[[Recanati]] (MC)<br />
*[[Rionero in Vulture]] (PZ)<br />
*[[Siracusa]]<br />
*[[Trevi nel Lazio]] (FR)<br />
*[[Ugento]] (LE)<br />
*[[Vallemaio]] (FR)<br />
*[[Deruta]] (PG)<br />
<br />
== Note ==<br />
<references /><br />
<br />
== Bibliografia ==<br />
<br />
* Elisa Guida, ''La strada di casa'' (Viella, Roma, 2017)<br />
*L. Frassineti, L. Tagliacozzo, ''Anni spezzati,'' (Giunti Progetti Educativi, Firenze, 2009)<br />
*Bruno Maida, ''La Shoah dei bambini'' (Einaudi: Torino, 2013), pp.&nbsp;47, 274, 278.<br />
* Marcello Pezzetti, ''Il libro della Shoah italiana'' (Torino: Einaudi, 2009).<br />
* Liliana Picciotto, ''Il libro della memoria'' (II ed.; Milano: Mursia, 2001).<br />
* Erika Silvestri, Il commerciante di bottoni (Rizzoli 2007 ean 9788817047715)<br />
<br />
== Voci correlate ==<br />
* [[Olocausto in Italia]]<br />
* [[Superstiti dell'Olocausto]]<br />
* [[Campo di concentramento di Auschwitz]]<br />
* [[Bambini dell'Olocausto]]<br />
* [[Bambini di Auschwitz]]<br />
<br />
== Collegamenti esterni ==<br />
* {{Collegamenti esterni}}<br />
* {{cita web|http://www.triangoloviola.it/terracina.html|Testimonianza di Piero Terracina - "Io, deportato ad Auschwitz."}}<br />
* http://www.arteinmemoria.it/memoriedinciampo/instal/rpilo17_s.htm<br />
* http://www.progettomemoria.info<br />
*https://www.unimol.it/blog/giorno-della-memoria-la-lectio-magistralis-di-piero-terracina-alla-cerimonia-di-conferimento-della-sua-laurea-honoris-causa-in-scienze-della-formazione-primaria-3-51167/<br />
<br />
{{Antifascismo}}<br />
{{Controllo di autorità}}<br />
{{Portale|biografie|Ebraismo|nazismo}}<br />
<br />
[[Categoria:Personalità italiane della seconda guerra mondiale|Terracina, Piero]]<br />
[[Categoria:Antifascisti italiani]]<br />
[[Categoria:Ebrei italiani]]<br />
[[Categoria:Deportati razziali italiani]]<br />
[[Categoria:Superstiti italiani dell'Olocausto]]<br />
[[Categoria:Persone legate ad Auschwitz]]<br />
[[Categoria:Bambini della Shoah]]</div>Pigr8https://de.wikipedia.org/w/index.php?title=Massaker_von_Porz%C3%BBs&diff=177185253Massaker von Porzûs2013-05-05T22:20:56Z<p>Pigr8: Annullata la modifica 58656606 di 93.145.138.164 (discussione)perchè eliminare un link?</p>
<hr />
<div>{{Nota disambigua|il film del 1997 sull'eccidio|[[Porzûs (film)]]|Porzûs}}<br />
{{Coord|46.190378|13.3831|scale:25000|display=title}}<br />
{{Incidente<br />
|titolo= Eccidio di Porzûs<br />
|immagine= Porzus.jpg<br />
|didascalia= I partigiani della Osoppo a Topli Uork<br/>(inverno 1944-1945)<br />
|nazione= ITA<br />
|luogo= Gruppo di [[malga|malghe]] in località Topli Uork<ref>Il toponimo&nbsp;– scritto anche come "Topli Uorch" o "Topli Uorh"&nbsp;– è la forma dialettale locale dello sloveno "Topli vrh", e cioè "Cima calda".</ref>, in seguito dette "malghe di Porzûs", [[Faedis]] ([[provincia di Udine|UD]])<br />
|data= 7-18 febbraio 1945<br />
|obiettivo= Partigiani del Gruppo [[Brigate Osoppo]] dell'Est<br />
|tipologia= Esecuzione<br />
|vittime= 17 ([[#Le vittime|vedi elenco]])<br />
|feriti= 1 ([[Aldo Bricco]] "Centina")<br />
|esecutori= Partigiani comunisti guidati da [[Mario Toffanin]] "Giacca"<br />
|motivazione= Secondo la [[corte d'assise d'appello]] di Firenze, «atti compiuti in esecuzione di un medesimo disegno criminoso con il quale si tendeva a porre una parte del nostro Stato sotto la sovranità della [[Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia|Jugoslavia]]»<ref name=bianchi247>{{cita|Bianchi e Silvani 2012|p. 247|harv=s}}.</ref><br />
}}<br />
{{Storia del Friuli}}<br />
L<nowiki>'</nowiki>'''eccidio di Porzûs''' consistette nell'uccisione, fra il 7 e il 18 febbraio 1945, di diciassette partigiani (tra cui una donna, loro ex prigioniera) della [[Brigata Osoppo]], [[brigata partigiana|formazione]] di orientamento [[cattolicesimo|cattolico]] e laico-[[socialismo|socialista]], da parte di un gruppo di partigiani&nbsp;– in prevalenza [[Gruppi di Azione Patriottica|gappisti]]&nbsp;– appartenenti al [[Partito Comunista Italiano]]. L'evento&nbsp;– spesso definito uno dei più tragici e controversi della [[Resistenza italiana]]&nbsp;– fu ed è tuttora fonte di numerose polemiche in ordine ai mandanti dell'eccidio e alle sue motivazioni. Le vicende legate a Porzûs hanno travalicato il loro contesto locale fin dagli anni in cui si svolsero, entrando a far parte di una più ampia discussione storiografica, giornalistica e politica sulla natura e gli obiettivi immediati e prospettici del PCI in quegli anni, nonché sui suoi rapporti con i comunisti jugoslavi e con l'[[Unione Sovietica]].<br />
<br />
{{TOClimit|3}}<br />
<br />
==Contesto storico==<br />
===I partigiani jugoslavi nella Slavia friulana===<br />
{{vedi anche|Slavia friulana}}<br />
Nella storia della [[Guerra di liberazione italiana|guerra di liberazione]], la situazione nelle estreme propaggini nord-orientali dell'allora territorio italiano presenta delle caratteristiche del tutto peculiari. Abitata in parte da popolazioni slovene&nbsp;– ampiamente maggioritarie in varie zone&nbsp;– l'area comprende al proprio interno anche una regione denominata all'epoca "Slavia veneta" (oggi chiamata prevalentemente [[Slavia friulana]], in [[lingua slovena|sloveno]] ''Benečija'') appartenuta per secoli alla [[Repubblica di Venezia]] e incorporata al [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] fin dal 1866. Durante la [[seconda guerra mondiale]], il 10 settembre 1943&nbsp;– due giorni dopo l'[[Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943|annuncio]] dell'[[armistizio di Cassibile|armistizio italiano]]&nbsp;– fu inclusa formalmente dai [[Germania nazista|tedeschi]] nella [[Zona d'operazioni del Litorale adriatico]] (in [[Lingua tedesca|tedesco]] ''Operationszone Adriatisches Küstenland''&nbsp;– OZAK), territorio sul quale la sovranità della [[Repubblica Sociale Italiana]] (RSI) era puramente nominale, divenendo teatro di un'intensa repressione antipartigiana coordinata dal locale capo delle [[SS]] [[Odilo Globocnik]]<ref>{{cita libro|Stefano|Di Giusto|Operationszone Adriatisches Küstenland. Udine Gorizia Trieste Pola Fiume e Lubiana durante l'occupazione tedesca 1943-1945|2005|Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione|Udine|2005|pagine=p. 61}}</ref>.<br />
<br />
In tale contesto geografico operarono contemporaneamente tre tipologie di formazioni partigiane: gli sloveni del [[IX Korpus]], fortemente organizzati e inseriti all'interno dell'[[Esercito popolare di liberazione della Jugoslavia]] (in sloveno: ''Narodnoosvobodilna vojska in partizanski odredi Jugoslavije''&nbsp;– NOV in POJ, o NOVJ), alcune [[Brigate Garibaldi]], fra le quali in particolare quelle inserite nella [[Divisione Garibaldi Natisone]], costituita prevalentemente da militanti [[comunismo|comunisti]], e le [[Brigate Osoppo]] Friuli, con componenti di ispirazione monarchica, azionista, socialista, laica e cattolica.<br />
<br />
Tutte le terre a est del fiume [[Isonzo]]&nbsp;– e comunque ovunque vivesse una componente etnica slovena, compresa quindi la Slavia veneta&nbsp;– furono rivendicate fin dalla fine del 1941 dalla nascente [[Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia|Jugoslavia]] di [[Josip Broz Tito|Tito]]<ref>{{cita|Karlsen 2008|p. 13|harv=s}}.</ref>, che le dichiarò ufficialmente annesse nel settembre del 1943<ref>Nei giorni immediatamente successivi all'annuncio dell'armistizio, le strutture direttive dei movimenti di liberazione sloveni e croati promulgarono due distinte dichiarazioni, con le quali proclamarono annesse alla Jugoslavia l'[[Istria]] (suddivisa fra [[Slovenia]] e [[Croazia]]) e la [[Venezia Giulia]] (alla Slovenia). Le dichiarazioni furono confermate il 30 novembre 1943 a [[Jajce]] dal massimo organo federale, la Presidenza del Consiglio Antifascista di Liberazione popolare della Jugoslavia ([[AVNOJ]]). Sul punto si veda Egidio Ivetic (a cura di), ''Istria nel tempo. Manuale di storia regionale dell'Istria con riferimenti alla città di Fiume'', Centro di Ricerche Storiche di Rovigno, Unione Italiana di Fiume, Università Popolare di Trieste, Rovigno 2006, p. 566.</ref>. All'interno di questi territori gli jugoslavi pretesero di avere il comando di tutte le operazioni militari sottoponendo al controllo del NOVJ le altre formazioni combattenti, in accordo con quanto aveva stabilito, a seguito di precisa richiesta di Tito, il segretario del [[Comintern]] [[Georgi Dimitrov]] in una lettera del 3 agosto 1942: questi aveva disposto per tutta la Venezia Giulia la dipendenza delle strutture del PCI al [[Partito Comunista Sloveno]] (PCS) e di tutte le formazioni combattenti nell'area al Fronte di Liberazione Sloveno<ref>{{cita|Karlsen 2008|pp. 16-17|harv=s}}.</ref>. L'obiettivo dei partigiani jugoslavi era triplice: liberare le zone occupate dagli eserciti dell'[[Potenze dell'Asse|Asse]], creare una serie di fatti compiuti per sostanziare le proprie rivendicazioni territoriali eliminando ancora nel corso delle operazioni belliche ogni opposizione&nbsp;– reale o potenziale&nbsp;– a tale disegno e procedere nel contempo a una [[rivoluzione sociale]] di tipo [[marxismo|marxista]]<ref>Orietta Moscarda, ''Violenza politica e presa del potere in Jugoslavia'', in {{cita|Piffer 2012|pp. 37-47|harv=s}}.</ref>.<br />
<br />
===La posizione del PCI===<br />
====Premesse====<br />
La prima presa di posizione del [[Partito Comunista d'Italia]] sulla questione dei confini orientali italiani si manifestò nel 1926, durante il terzo congresso di [[Lione]]. In quell'occasione il PCd'I riprese le direttive del [[V Congresso dell'Internazionale comunista|quinto congresso]] del Comintern (Mosca 1924), che aveva elaborato la politica denominata di «rottura della Jugoslavia»: PCd'I e [[Partito Comunista Jugoslavo]] dovevano cooperare per il distacco dei popoli dalla [[Regno dei Serbi, Croati e Sloveni|monarchia dei Karađorđević]]. L'approccio alla questione ruotò intorno alla parola d'ordine di [[Lenin]] sul diritto di autodecisione<ref>V.I. Lenin, ''Sul diritto di autodecisione delle nazioni'' (1913), in ''Opere complete'', vol. XX, Editori Riuniti, Roma 1966.</ref>, eventualmente fino alla separazione dallo Stato maggioritario<ref>{{cita|Karlsen 2008|p. 10|harv=s}}.</ref>. Al quarto congresso del PCd'I, tenuto a [[Colonia (Germania)|Colonia]] nel 1931, si ribadì espressamente «il diritto delle minoranze nazionali a disporre di sé stesse fino alla separazione dallo Stato italiano»<ref>{{cita|Karlsen 2008|p. 11|harv=s}}.</ref>.<br />
<br />
A dicembre del 1933 fu elaborata da delegazioni riunitesi a Mosca una «Dichiarazione comune dei Partiti comunisti della [[Regno di Jugoslavia|Jugoslavia]], dell'Italia e dell'[[Prima repubblica austriaca|Austria]] sul problema sloveno»<ref>Pubblicata la prima volta su ''Lo Stato operaio'' nell'aprile del 1934, venne ripubblicata anche da ''l'Unità'' nel numero 4 (clandestino) del 1934, con il titolo {{cita news|url=http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1934_01/1934N004_0003_02.pdf|formato=PDF|titolo=Per l'autodecisione del popolo sloveno! Per una Slovenia libera e indipendente!|accesso=25 settembre 2012}}</ref>, con la quale i tre partiti dichiararono di essere «per l'autodecisione del popolo sloveno, senza alcuna riserva, e sino alla separazione degli Sloveni dagli Stati imperialistici che oggi li opprimono, e che sono l'Italia, la Jugoslavia e l'Austria», nel contempo affermando che «chi non lavora e non lotta per realizzare questa linea politica (...) non è un comunista, ma un opportunista contro il quale si deve combattere».<br />
<br />
Nel 1935 il PCd'I si fece promotore di un'intesa con tutte le forze slovene, comuniste e non, in un «[[fronte popolare]]» antifascista<ref>{{cita news|url=http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1935_01/1935N016_0011_02.pdf|titolo=Due parole all'«Istra»|formato=PDF|pubblicazione=l'Unità|data=1935, n. 16|accesso=25 settembre 2012}}</ref>. Ricevuta da alcuni «allarmati» comunisti triestini una richiesta di spiegazioni, l'anno successivo ''[[l'Unità]]'' clandestina pubblicò un articolo chiarificatore<ref>{{cita news|url=http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1936_01/1936N004_0015_02.pdf|formato=PDF|titolo=Qual'è <nowiki>[sic]</nowiki> la politica del Partito?|pubblicazione=l'Unità|data=1936, n. 4|accesso=25 settembre 2012}}</ref>, nel quale confermò «l'invito ai nazionalisti sloveni e croati della Venezia Giulia (...), a lavorare assieme ai comunisti ed ai nazionalisti della ex-[[TIGR]] per la costituzione di un fronte popolare (...), come via per raggiungere la libertà politica e nazionale nella Venezia Giulia», ribadendo «il diritto delle minoranze oppresse all'autodecisione fino al distacco dallo Stato italiano», ritenendo questa presa di posizione «questione di principio per noi comunisti italiani».<br />
<br />
====Gli sviluppi nella fase finale della guerra====<br />
Lo sloveno [[Edvard Kardelj]], uno dei più importanti collaboratori di Tito, in una lettera del 9 settembre 1944 inviata alla direzione del PCI Alta Italia per il tramite di Vincenzo Bianco&nbsp;– prescelto personalmente da [[Palmiro Togliatti|Togliatti]] come delegato del partito presso il Fronte di Liberazione Sloveno&nbsp;– scrisse che all'interno delle formazioni partigiane italiane occorreva «fare un repulisti di tutti gli elementi imperialisti e fascisti». Con riferimento alle zone di operazioni del IX Korpus, così proseguì: «Non possiamo lasciare su questi territori nemmeno un'unità nella quale lo spirito imperialistico italiano potrebbe essere camuffato da falsi democratici»<ref>{{cita|Aga Rossi e Carioti 2008|pp. 84-85|harv=s}}.</ref>, auspicando il passaggio dell'intera regione alla nuova Jugoslavia: «Gli italiani saranno incomparabilmente più favoriti nei loro diritti e nelle condizioni di progresso di quel che sarebbero in un'Italia rappresentata da [[Carlo Sforza|Sforza]]»<ref>{{cita|Gervasutti 1997|p. 138|harv=s}}.</ref>. Rispetto alla Osoppo, rilevò che fosse «sotto una forte influenza di diversi ufficiali [[partigiani badogliani|badogliani]] e politicamente guidata dai seguaci del [[Partito d'Azione]]»<ref>{{cita|Karlsen 2008|p. 32|harv=s}}.</ref>.<br />
<br />
A seguito della lettera, Bianco intraprese, a nome del PCI, una serie di colloqui coi rappresentanti del [[comitato centrale]] del PCS Miha Marinko, Lidija Šentjurc e Anton Vratuša "Urban"<ref>Tutti e tre ricoprirono in seguito ruoli politici di primo rango nella [[Repubblica Socialista di Slovenia]] all'interno della Jugoslavia di Tito: il primo presidente, la seconda ministro dell'educazione, il terzo primo ministro e ambasciatore jugoslavo alle [[Nazioni Unite]].</ref>. Il 17 settembre inviò una lettera a Togliatti nella quale rivelò d'aver acconsentito alla cessione delle zone reclamate dagli sloveni: «Non potevo oppormi alle giuste rivendicazioni nazionali di un popolo, che da tre anni combatte eroicamente contro il nostro comune nemico e non potevo dividere &nbsp;– e non si può &nbsp;– la città di [[Trieste]] e altri centri dal loro naturale retroterra.»<ref>{{cita libro|Lino|Felician|La resistenza patriottica a Trieste 1943-1945|Libreria Editrice Goriziana|Gorizia|2009|Pagine=p. 70}} {{cita|Franceschini 1998|p. 28|harv=s}}</ref>. Il 24 settembre egli spedì alle federazioni del PCI di [[Gorizia]], Trieste e [[Udine]], al [[commissario politico]] delle formazioni Garibaldi Friuli [[Mario Lizzero]] "Andrea" e al comitato centrale del PCS una lunga missiva&nbsp;– divenuta in seguito nota col nome di «riservatissima»&nbsp;– firmata «a nome del Comitato Centrale del PCI» che riproponeva fedelmente i postulati della lettera di Kardelj. Non solo i destini della Slavia veneta, ma quelli dell'intera Venezia Giulia e di Trieste erano chiaramente delineati: «Trieste, come tutti gli italiani veramente democratici antifascisti, avranno [sic] un migliore avvenire in un paese dove il popolo è padrone dei propri destini, che non in un'Italia occupata dai nostri alleati anglo-americani. (…) La vostra lingua e la vostra cultura italiana vi è garantita tanto dal NOVJ che dalle vostre forze armate incorporate in quelle di Tito, con appoggio della Unione Sovietica. Domani, quando la situazione dell'Italia sarà cambiata, quando il popolo nostro sarà anch'esso libero e padrone dei propri destini, il [[questione triestina|problema di Trieste]] e di voi tutti sarà risolto, nei modi e sull'esempio della Unione Sovietica»<ref>{{cita|Franceschini 1998|pp. 28-29|harv=s}}.</ref>.<br />
<br />
Il 13 ottobre 1944, sulle pagine dell'organo ufficiale del PCI Alta Italia ''La nostra lotta'', fu pubblicato un lungo articolo anonimo dal titolo «Saluto ai nostri amici e alleati jugoslavi», nel quale si annunciava che «le forze popolari del Maresciallo Tito, appoggiate dal vittorioso [[Armata Rossa|Esercito Sovietico]]» avrebbero iniziato delle «operazioni di grande respiro» anche nella «Venezia Giulia (…) e [nei] territori dell'Italia Nord-Orientale». Salutando «quest'eventualità come una grande fortuna per il nostro paese», il giornale comunista invitava ad «accogliere i soldati di Tito non solo come liberatori allo stesso modo in cui sono accolti nell'Italia liberata i soldati Anglo-Americani, ma come dei fratelli maggiori che ci hanno indicato la via della rivolta (…) e che ci apportano (…) la libertà». I soldati di Tito erano quindi da considerare «come i creatori di nuovi rapporti di convivenza e di fratellanza, non solo fra i popoli jugoslavi ma fra tutti i popoli»: «non solo i territori slavi da essi liberati, ma anche quelli italiani non saranno sottoposti al regime di armistizio, ma considerati come territori liberi, con un proprio governo rappresentato dagli organismi del movimento di liberazione, nei quali (…) ogni popolo (…) trov[erà] immediata e sicura espressione democratica». Grazie quindi all'opera congiunta dei partigiani italiani e jugoslavi «sarà tutto il popolo italiano che si sentirà legato a tutti i popoli jugoslavi e balcanici (…) [e] che si collegherà, attraverso i popoli balcanici, alla grande Unione Sovietica che è stata, e sempre sarà, faro di civiltà e di progresso per tutti i popoli (…)». «Il Partito Comunista Italiano»&nbsp;– concludeva quindi l'articolo&nbsp;– «impegna (…) tutti i comunisti (…) a combattere come i peggiori nemici della liberazione nazionale del nostro Paese e, quindi, come alleati dei tedeschi e dei fascisti quanti, con i soliti pretesti del "pericolo slavo" e del "pericolo comunista" lavorano a sabotare gli sforzi militari e politici dei nostri fratelli slavi (…)»<ref>{{cita|Bianchi e Silvani 2012|pp. 291-293|harv=s}}.</ref>.<br />
<br />
Il 17 ottobre 1944 Palmiro Togliatti ebbe un incontro personale a [[Roma]] con Kardelj e con altri dirigenti comunisti jugoslavi<ref>{{cita libro|autore=Edvard Kardelj|titolo=Reminiscences: the struggle for recognition and independence the new Yugoslavia, 1944-1957|editore=Blond & Briggs in association with Summerfield Press|città=London|anno=1982|pagine=p. 43}}</ref><ref>Il primo a parlare di tale colloquio&nbsp;– collocandolo a Bari&nbsp;– fu Paolo Spriano, che citò in tale occasione anche la presenza di «due altri dirigenti comunisti jugoslavi»: secondo alcune ricostruzioni storiche, essi sarebbero stati [[Milovan Gilas]] (cfr. Giampaolo Valdevit, ''La crisi di Trieste. Una riflessione storiografica'', Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli-Venezia Giulia, 1995, p. 49), e [[Andrija Hebrang (padre)|Andrija Hebrang]]: {{cita|Cattaruzza 2007|p. 270|harv=s}}. Si veda in proposito {{cita|Spriano 1975|p. 436 e n.|harv=s}} Kardelj nelle sue memorie apparse dopo la sua morte nel 1980 affermò che per incontrare Togliatti viaggiò «da Bari a Roma». Roma è il luogo indicato anche da {{cita|Pupo 2010|p. 67|harv=s}} e da Aga Rossi ({{cita|Piffer 2012|p. 90|harv=s}}).</ref>: secondo la minuta dell'incontro di mano dello stesso Kardelj, il leader comunista italiano «non mette in discussione che Trieste spetti alla Jugoslavia, tuttavia ci raccomanda di applicare una politica nazionale che soddisfi gli italiani»<ref>La minuta di Kardelj è riportata in svariate fonti, fra le quali {{cita|Pupo 2010|p. 67|harv=s}}.</ref>. Due giorni dopo, Togliatti inviò un'ampia lettera a Bianco, suddivisa in sei punti e «concordata con gli jugoslavi», esprimente «l'opinione non soltanto mia ma anche della direzione del Partito, da me consultata». Considerando «un fatto positivo, di cui dobbiamo rallegrarci e che in tutti i modi dobbiamo favorire, la occupazione della regione giuliana da parte delle truppe del maresciallo Tito», al fine non solo di battere tedeschi e fascisti, ma anche di creare nell'area «un regime democratico e progressivo», Togliatti ordinò a tutte le divisioni garibaldine operanti nei territori reclamati dagli jugoslavi di entrare nel NOVJ<ref>{{cita|Cattaruzza 2007|pp. 270 ss|harv=s}}.</ref><ref>{{cita|Spriano 1975|pp. 436-438|harv=s}}.</ref>, e scrisse di proprio pugno il testo dell'[[ordine del giorno]] che i garibaldini avrebbero dovuto adottare<ref>{{cita news|url=http://archiviostorico.corriere.it/1992/gennaio/31/quei_garibaldini_che_scelsero_Tito_co_0_9201318012.shtml|titolo=Quei garibaldini che scelsero Tito|pubblicazione=[[Corriere della Sera]]|data=31 gennaio 1992|accesso=28 giugno 2012}}</ref>:<br />
<br />
{{quote|I partigiani italiani riuniti il 7 novembre in occasione dell'anniversario della Grande Rivoluzione<ref>Si fa riferimento alla [[Rivoluzione d'ottobre]].</ref> accettano entusiasticamente di dipendere operativamente dal IX Corpus sloveno, consapevoli che ciò potrà rafforzare la lotta contro i nazifascisti, accelerare la liberazione del Paese e instaurare anche in Italia, come già in Jugoslavia, il [[dittatura del proletariato|potere del popolo]]<ref name=deotto>Paolo Deotto, «[http://www.storiain.net/arret/num62/artic1.htm Strage di Porzûs. Un'ombra cupa sulla Resistenza]», da ''Storia in Network''.</ref><ref>L'ordine del giorno della Brigata e della Divisione Garibaldi Natisone, datato 6 novembre 1944, ripeté quindi fedelmente il testo di Togliatti, ordinando nel contempo a tutti i comandanti delle unità minori di leggerlo nel corso di comizi o riunioni. Al riguardo, {{cita|Bianchi e Silvani 2012|pp. 301-302|harv=s}}.</ref>.}}<br />
<br />
Togliatti non fece riferimento esplicitamente alle Brigate Osoppo Friuli, ma dispose che «(…) i comunisti devono prendere posizione contro tutti quegli elementi italiani che si mantengono sul terreno e agiscono in nome dell'imperialismo e nazionalismo italiano e contro tutti coloro che contribuiscono in qualsiasi modo a creare discordia tra i due popoli»<ref>{{cita|Cattaruzza 2007|p. 271|harv=s}}.</ref>.<br />
<br />
[[File:Verdi Ninci e altri.png|thumb|right|I partigiani osovani [[Alfredo Berzanti]] "Paolo" (secondo da sinistra)<ref>Braccio destro di "Bolla", scampò all'eccidio in quanto assente da Porzûs il 7 febbraio 1945.</ref> e, a seguire verso destra, Candido Grassi "Verdi", il colonnello Emilio Grossi "Vincenzi" del comando unificato Garibaldi-Osoppo<ref>Su Emilio Grossi si veda Alberto Magnani, «[http://www.storia900bivc.it/pagine/editoria/magnani105.html Emilio Grossi a Vercelli. La presa di coscienza di un ufficiale dell'esercito]», Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli.</ref> e il garibaldino Lino Zocchi "Ninci" in una foto del 1944]]<br />
<br />
In conseguenza di ciò, fin dagli ultimi mesi del 1944 la Divisione Garibaldi Natisone passò sotto il comando del IX Korpus, venendo inquadrata all'interno del NOVJ su tre Brigate: 156ª Brigata "Bruno Buozzi", 157ª Brigata "Guido Picelli" e 158ª Brigata "Antonio Gramsci". Il 15 gennaio 1945 i comandanti della Divisione si recarono per la prima volta al comando del IX Korpus: qui trovarono Vincenzo Bianco, che si presentò come portavoce del Comitato Centrale del PCI e comunicò che la Natisone sarebbe stata integrata completamente nell'esercito di Tito, rompendo ogni contatto con le organizzazioni italiane<ref>{{cita|Cesselli 1975|pp. 34-35|harv=s}}.</ref>. Invece di rimanere a combattere nel territorio nazionale, la Divisione fu quindi trasferita all'interno della Slovenia, ritornando in Italia solo alla fine del maggio 1945. I comandi della Osoppo invece rifiutarono, sostenendo di voler fare riferimento unicamente alle strutture direttive del [[Comitato di Liberazione Nazionale]] italiano. Questa situazione acuì una preesistente spaccatura all'interno delle forze partigiane italiane nella regione, che assunse sempre più le forme di un'aspra conflittualità ideologico-politica sui fini ultimi della lotta resistenziale e sulla sistemazione confinaria postbellica.<br />
<br />
Tale acceso contrasto aveva conosciuto uno dei suoi momenti più importanti nell'agosto del 1944. A seguito del rastrellamento di Pielungo (frazione di [[Vito d'Asio]] dove aveva sede il comando della Osoppo) del 19 luglio con la conseguente liberazione di un gruppo di prigionieri tedeschi, il CLN udinese e il Comitato Regionale Veneto avevano deciso la destituzione dei comandanti osovani Candido Grassi "Verdi" e don Ascanio De Luca "Aurelio", accusati di comportamento imprudente e sostituiti col seguente organigramma: al comando l'azionista Lucio Manzin "Abba", suo vice il comunista Lino Zocchi "Ninci", già comandante della brigata Garibaldi Friuli; commissario politico il già citato comunista Mario Lizzero "Andrea"; vicecommissario l'azionista Carlo Commessatti "Spartaco". Le formazioni della Osoppo avevano reagito con molta decisione, destituendo a loro volta i comandanti designati e rimettendo al loro posto i precedenti<ref>{{cita|Gervasutti 1997|pp. 79-88|harv=s}}.</ref>.<br />
<br />
===Le pressioni slovene e garibaldine sugli osovani===<br />
Nella seconda metà del 1944 si moltiplicarono le pressioni slovene sui comandi osovani, contestualmente a una serie di accuse&nbsp;– sia da parte slovena che garibaldina&nbsp;– di intese della Osoppo con nazisti e fascisti con i quali sarebbero stati presi accordi in funzione anticomunista, di inserimento nelle proprie fila di ex fascisti, di protezione di spie, furti di materiale e addirittura di collaborazione nell'omicidio di partigiani garibaldini<ref name=agarossi85>{{cita|Aga Rossi e Carioti 2008|p. 85|harv=s}}.</ref>.<br />
A tali accuse il comando della Osoppo aveva replicato con una lunga serie di relazioni scritte, nelle quali si illustrava il violento contrasto che contrapponeva i propri reparti ai garibaldini e agli sloveni del IX Korpus, e si denunciava una serie di incidenti a scapito degli osovani oltre alle forti pressioni che continuavano ad esser esercitate per il passaggio della Osoppo alle dipendenze dei comandi sloveni, sia da parte di questi ultimi che da parte del comando della Garibaldi Natisone, accompagnate da varie minacce<ref>Si vedano in estratto alcune relazioni del comandante della Osoppo Francesco De Gregori "Bolla" in Primo Cresta, «Gorizia e la sua lotta di liberazione» in ''I cattolici isontini nel XX secolo. III. Il goriziano fra guerra e ripresa democratica (1940-1947)'', Istituto di Storia Sociale e Religiosa, Gorizia 1987, pp. 231-257.</ref>. Nello stesso periodo diversi esponenti comunisti triestini di sentimenti filoitaliani, che avevano espresso dubbi sulla futura appartenenza della città alla Jugoslavia, furono arrestati dai tedeschi, si suppone in seguito a delazioni<ref name=agarossi85/>.<br />
<br />
Un membro della missione [[Regno Unito|britannica]] del SOE ([[Special Operations Executive]]), Michael Trent (al secolo Issack Michael Gyori, nativo ungherese e residente in [[Cecoslovacchia]]<ref>{{cita news|lingua=en|titolo=Issack Michael Gyori|url=http://www.specialforcesroh.com/roll-24832.html|pubblicazione=Special Forces Roll of Honour|accesso=28 giugno 2012}}</ref>), che nello stesso periodo aveva tentato una mediazione con i comandi del IX Korpus, fu ucciso in circostanze non chiare<ref>Secondo la relazione del maggiore MacPherson del SOE, il battaglione partigiano sloveno ''Rezianska'' annunciò alla popolazione che Trent era stato portato «davanti alla giustizia» delle loro brigate, mentre tre osovani che gli facevano da scorta affermarono che era stato ucciso in uno scontro con i tedeschi. In {{cita|Aga Rossi e Carioti 2008|p. 86|harv=s}}, si ipotizza che Trent potrebbe essere caduto in un tranello tesogli dagli sloveni e consegnato ai tedeschi.</ref>.<br />
<br />
Il 22 novembre 1944, quindici giorni dopo l'inserimento dei garibaldini nel IX Korpus sloveno, ebbe luogo l'ultimo incontro (della durata di cinque ore) fra i comandi della 1ª Divisione Garibaldi Natisone e della 1ª Brigata Osoppo&nbsp;– presente il comandante osovano [[Francesco De Gregori (partigiano)|Francesco De Gregori]] "Bolla"&nbsp;– nel corso della quale i garibaldini esercitarono la massima pressione possibile per convincere gli osovani a seguirli nella loro scelta. In particolare, [[Giovanni Padoan]] "Vanni" (commissario politico della Divisione Garibaldi Natisone) dichiarò che tutti i partigiani operanti nell'Italia nord-orientale dovevano porsi alle dipendenze degli jugoslavi e che, secondo una dichiarazione ufficiale del PCI, chi non avesse appoggiato gli jugoslavi sarebbe stato da considerare nemico del popolo italiano. Aggiunse poi che chi avesse preferito «appoggiare la politica democratica borghese dell'Inghilterra, anziché quella democratica popolare progressista della Jugoslavia di Tito», sarebbe stato considerato [[conservatorismo|conservatore]] e [[reazione (politica)|reazionario]] e ritenuto di conseguenza responsabile di fronte al popolo: i garibaldini non avrebbero mai permesso l'instaurazione di un «regime democratico che facesse comodo all'Inghilterra» in Italia. Inoltre "Vanni" parlò delle vicende confinarie, affermando che l'intera Venezia Giulia era da considerarsi legittimamente appartenente alla Jugoslavia, le cui forze partigiane avrebbero proceduto in quel territorio alla mobilitazione generale: nel contempo, intimò agli osovani di non procedere ad alcun tipo di mobilitazione o di reclutamento, mettendo in dubbio la legittimità del CLN. Il colloquio ebbe un andamento burrascoso e si concluse con una rottura completa<ref>{{cita|Bianchi e Silvani 2012|pp. 302-304|harv=s}}.</ref>.<br />
<br />
[[File:Comando Garibaldi Natisone.png|thumb|Il comando della Divisione Garibaldi Natisone assieme ad alcuni ufficiali sovietici a Zakriž (Slovenia) nel gennaio 1945. Il primo a sinistra è il commissario politico [[Giovanni Padoan]] "Vanni", al centro con la barba il comandante Mario Fantini "Sasso", il primo a destra è il capo di stato maggiore Albino Marvin "Virgilio". I primi due saranno imputati nel processo per l'eccidio]]<br />
<br />
A dicembre gli sloveni esercitarono pressioni sulla Garibaldi Natisone perché agisse contro il comando osovano di Porzûs<ref name=agarossi85/><ref>{{cita|Buvoli 2003|p. 101|harv=s}}.</ref>: lo si ricava da due lettere di risposta al superiore comando del IX Korpus inviate il 6 e 12 dicembre 1944 da Mario Fantini "Sasso" e Giovanni Padoan "Vanni", come comando della Divisione Garibaldi Natisone<ref>A oggi non sono ancora note le lettere inviate dagli sloveni cui i garibaldini rispondevano. Che si tratti di pressioni per intervenire contro la Osoppo lo si desume quindi dai contenuti delle missive garibaldine.</ref>. Nella prima scrissero che:<br />
<br />
{{quote|(…) Infine, a proposito dell'Osoppo. Non appena avremo regolato la questione dell'Intendenza, cioè riceveremo sufficienti viveri dall'Intendenza per poter nutrire la 156ª Brigata, questa Brigata la faremo passare da queste parti e così potremo liquidare questa perniciosa questione (…)|"Sasso" e "Vanni", 6 dicembre 1944<ref>{{cita|Strazzolini 2006|pp. 19-20|harv=s}}.</ref>}}<br />
<br />
Nella lettera successiva tornarono sul tema:<br />
<br />
{{quote|(…) In quanto all'Osoppo che a noi interessa e la Missione Inglese, la sua liquidazione dipende dalla nuova situazione creatasi (…) abbiamo documenti raccolti ieri e cioè una dichiarazione di un osovano che li accusa in pieno. Non appena la situazione si chiarirà la questione sarà risolta dalla 157ª Brigata (…)|"Sasso" e "Vanni", 12 dicembre 1944<ref>{{cita|Strazzolini 2006|p. 20|harv=s}}.</ref>}}<br />
<br />
Il 1º gennaio 1945 si tenne un incontro in frazione Uccea di [[Resia]] fra Romano Zoffo "Barba Livio"&nbsp;– già comandante della 2ª Brigata Osoppo, in quell'epoca impegnato nell'organizzazione della 6ª Brigata Osoppo e in particolare del Battaglione Resia&nbsp;– e il commissario politico sloveno del Battaglione Rezianska, accompagnato da due ufficiali. In tale occasione gli sloveni affermarono che:<br />
<br />
{{quote|la nostra presenza in [[Val Resia]] è dovuta puramente a ragioni politiche. Indubbiamente il destino di questa striscia di territorio sarà deciso da un plebiscito che sarà tenuto in presenza delle nostre forze armate, per cui il risultato può essere considerato certo. (…) Non possiamo permettere la presenza di partigiani italiani in Val Resia finché il nostro Alto Comando non ci dà il permesso. La presenza di partigiani italiani danneggerebbe la nostra propaganda. Possiamo risolvere i nostri problemi di confine con un accordo reciproco. D'altro canto, non è impossibile che un giorno ci giunga l'ordine di disarmare le formazioni Osoppo nei dintorni della Val Resia. Per evitare una crisi tra noi, le formazioni Osoppo dovrebbero seguire l'esempio dei garibaldini e venire sotto di noi. L'Inghilterra, nella quale riponete tanta fiducia, non vi aiuterà certamente in futuro. (…) L'Inghilterra sarà il nemico del domani e il suo sistema capitalista deve sparire. Sull'esempio della Grecia, le formazioni garibaldine che hanno accettato di dipendere dagli sloveni rappresenteranno la [[Ellinikós Laïkós Apeleftherotikós Stratós|Elas]] dell'Italia<ref>{{cita|Aga Rossi e Carioti 2008|pp. 86-87|harv=s}}.</ref>.}}<br />
Poco più di un mese dopo avvenne l'eccidio.<br />
<br />
== L'eccidio ==<br />
===L'attacco alle malghe===<br />
{|{{prettytable|align=center|text-align=center|font-size=90%}}<br />
|-<br />
|[[File:Malghe Porzus.jpg|x150px]]<br />
|[[File:Il casolare presso il quale fu catturata la brigata Osoppo da Mario Toffanin.jpg|x150px]]<br />
|[[File:Malga Comando Porzus.jpg|x150px]]<br />
|-<br />
|colspan=2|Due vedute della cosiddetta "malga dell'eccidio" (la prima della fine del 1944, la seconda degli anni sessanta)<br />
|Veduta della malga comando (in fondo al crinale), dalla malga dell'eccidio<br />
|}<br />
<br />
Il [[7 febbraio]] [[1945]] un gruppo di circa cento partigiani comunisti appartenenti ai battaglioni [[Gruppi di Azione Patriottica|GAP]] "Ardito" (al comando di Urbino Sfiligoi "Bino"), "Giotto" (al comando di Lorenzo Deotto "Lilly"), "Amor" (al comando di Gustavo Bet "Gastone") e "Tremenda" (al comando di Giorgio Iulita&nbsp;– o Julita&nbsp;– "Jolly")<ref>{{cita pubblicazione|data=1º luglio 2005|titolo=Documentazione anni 1943-1957|rivista=Processo Porzus. Documenti in copia da archivi di Tribunali|editore=Istituto friulano per la storia del Movimento di Liberazione|url =http://beniculturali.ilc.cnr.it:8080/Isis/servlet/Isis?Conf=/usr/local/IsisGas/InsmliConf/Insmli.sys6.file&Obj=@Insmlif.pft&Opt=search&Field0=%22=G01/00024/00/00/00000/000/000%22|accesso=28 giugno 2012}}</ref><ref>{{cita|Bianchi e Silvani 2012|p. 163|harv=s}}.</ref> e capeggiati da [[Mario Toffanin]] "Giacca" raggiunse il comando del Gruppo delle Brigate Est della Divisione partigiana Osoppo, situato nel [[Friuli]] orientale presso alcune [[malga|malghe]] in località Topli Uork, nel comune di [[Faedis]] (in seguito la zona divenne più nota con il toponimo di Porzûs, dal nome di una vicina frazione del comune di [[Attimis]]).<br />
L'ordine ai gappisti &nbsp;– secondo la ricostruzione processuale &nbsp;– era stato messo per iscritto dal vicesegretario della federazione del PCI di Udine&nbsp;– Alfio Tambosso "Ultra"&nbsp;– nei seguenti termini:<br />
<br />
{{quote|Cari compagni, vi trasmetto, per l'esecuzione, l'ordine pervenuto dal Superiore Comando Generale. Preparate 100-150 uomini, completamente armati ed equipaggiati, con viveri a secco per 3-4 giorni, da porre alle dipendenze della divisione Garibaldi Natisone operante agli ordini del Maresciallo Tito. Vi raccomando la precisa esecuzione del presente ordine, che ha carattere di estrema importanza per il prossimo avvenire. Non appena gli uomini saranno pronti, mi avvertirete immediatamente. Provvedete ad eseguire rapidamente e cospirativamente. Gli uomini dovranno sapere solo quando saranno in viaggio. Quando verrò da voi, e cioè fra qualche giorno, spiegherò meglio ogni cosa. Ricordate che ne va del buon nome GAP e che è cosa di massima importanza. L'armata Rossa gloriosa avanza e ormai i tempi stringono. Fraternamente. Ultra 24.1.1945<ref>{{Cita news|url=http://archiviostorico.corriere.it/1996/luglio/13/senza_titolo_co_0_9607133834.shtml|titolo=Senza titolo|pubblicazione=Corriere della Sera|accesso=28 giugno 1996|data=13 luglio 1996}}</ref><ref>Alcune difese nel corso del processo affermarono che l'ordine andava invece riferito al concentramento di partigiani per l'assalto alle carceri di [[Udine]], che ebbe luogo lo stesso giorno dell'eccidio ({{cita news|url=http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1954_04/19540413_0002.pdf|formato=PDF|titolo=La difesa esalta i partigiani di Porzus|data=13 aprile 1954|pubblicazione=l'Unità|accesso=28 giugno 2012}}), ma la Corte d'Assise d'Appello di Firenze&nbsp;– a seguito di una minuziosa analisi della storia e del contenuto del documento&nbsp;– giunse alla seguente conclusione: «si deve ritenere certo che i preparativi ordinati con la lettera di "Ultra" concernevano la futura aggressione alle malghe di Porzûs» ({{cita|Bianchi e Silvani 2012|p. 176|harv=s}}).</ref>}}<br />
<br />
Sempre secondo quanto emerso durante il processo, tale ordine fu in seguito impartito a "Giacca" nel corso di una riunione tenutasi nella località di Orsaria ([[Premariacco]]) il 28 gennaio 1945, in cui erano presenti, a parte lo stesso "Giacca", anche i citati "Ultra" e "Jolly", Ostelio Modesti "Franco", Valerio Stella "Ferruccio" e Aldo Plaino "Valerio", a casa di Armando Basso "Gobbo"<ref>Cfr. {{cita|Bianchi e Silvani 2012|p. 171|harv=s}}.</ref>.<br />
Il senso generale della riunione di Orsaria venne ricordato in un memoriale stilato da Aldo Plaino "Valerio" il 12 dicembre 1946, secondo il quale: {{quote|Ero presente anch'io il giorno che venne dato a Giacca l'ordine di agire contro la "Osoppo". Franco ordinò in questo modo: "Vai, fa' e fai bene". Erano presenti Franco, Ferruccio (Stella), Marco (Juri), Giacca e io. La riunione in cui vennero dati gli ordini surriferiti venne tenuta circa gli ultimi di gennaio o i primi di febbraio 1945 in Orsaria di Premagnacco [sic], in casa del Gobbo, responsabile del CLN di Orsaria di allora<ref>{{cita|Cesselli 1975|pp. 73-74|harv=s}}</ref><ref>Un altro resoconto della riunione di Orsaria in linea con quello di Plaino fu fatto dal gappista Italo Zaina "Nullo" – a quel tempo imputanto latitante – in una lettera inviata il 18 gennaio 1950 al presidente della Corte d'Assise di Brescia: {{cita news|autore=Ercole Moggi|titolo=Grave documento di un imputato latitante|pubblicazione=La Stampa|data=12 gennaio 1950|pagina=5}}</ref>.}}<br />
Nel 1975 Toffanin rilasciò la seguente dichiarazione autografa per un libro di Marco Cesselli<ref>{{cita|Cesselli 1975|harv=s}}.</ref>, ricercatore dell'Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione:<br />
{{quote|Il 28.1.1945, a Orsaria, eravamo presenti io, Ultra (Tambosso), Franco (Modesti), Jolly (Iulita), Ferruccio (Stella), Valerio (Plaino), Gobbo (Basso), in casa del Gobbo. Ultra e Modesti danno l'ordine di andare a Porzus per liquidare il Gruppo Bolla. Contemporaneamente Ultra scrive a mano l'ordine di liquidare gli osovani. Ordine che è stato consegnato a Jolly che lo ha conservato. Poi si è parlato per le carceri di Udine, azione da svolgere da Valerio e Mancino. Sotto il mio comando abbiamo fucilato sei osovani. Siamo ritornati alla base e tre giorni dopo venne Franco (Modesti). Abbiamo avuto una riunione e si è parlato degli osovani rimasti. Anche Franco era d'accordo di farli fuori. Presente era il comando GAP: i compagni Giacca, Marco e Valerio<ref>{{cita|Bianchi e Silvani 2012|p. 168|harv=s}}.</ref><ref>{{cita|Gervasutti 1997|p. 167|harv=s}}.</ref>.}}<br />
<br />
In seguito alcuni dei gappisti che parteciparono all'azione di Topli Uork testimoniarono di non aver compreso il motivo della missione fino agli istanti precedenti l'eccidio.<br />
<br />
La 1ª Brigata Osoppo ospitava [[Elda Turchetti]], una giovane donna che [[Radio Londra]] aveva indicato come spia<ref>Secondo Strazzolini, la Turchetti su indicazione del compaesano Enore Trangoni aveva lavorato per un mese – dalla fine di giugno alla fine di luglio del 1944 – «col noto Mauro Pietro [ndr Pietro Mauro] di Reana, della SS tedesca». Nel corso degli interrogatori della Osoppo lei affermò d'essersi limitata a piccole mansioni, le più compromettenti delle quali furono la consegna di denaro a persone della zona, e di essersi in seguito allontanata quando le venne richiesto di pedinare alcuni sospetti partigiani. Secondo la testimonianza di un certo Eligio Zampa, pare che in un caso seguì per qualche giorno una persona a [[Gemona]]: {{cita news|autore=Paolo Strazzolini|titolo=Elda Turchetti: vittima dimenticata|pubblicazione=La Domenica del Messaggero|data=11 giugno 1995|pagina=4}} Stando invece a Daiana Franceschini, Elda Turchetti dichiarò invece «di essere stata invitata nel giugno 1944 da certo Trangoni a lavorare per la Questura. Introdotta da Eligio Zampa, che qui svolgeva il proprio servizio, la ragazza fu assunta dopo aver sostenuto un colloquio con Mauro Pietro di Reana, caposquadra nella zona di Gemona. Sul momento però non le furono chiare le mansioni che avrebbe dovuto svolgere. In seguito, in compagnia dello Zampa, ebbe il compito di spiare la popolazione di Gemona per individuare e segnalare che dimostrava sentimenti antifascisti. La Turchetti dichiarò tuttavia di non aver mai fatto il nome di alcuno e, rivelatosi quel compito tanto odioso, a fine luglio, su sua richiesta, fu congedata dal servizio»: {{cita|Franceschini 1998|p. 90|harv=s}}.</ref>. In seguito a tale denuncia, la stessa Turchetti si era presentata spontaneamente a un partigiano gappista suo conoscente di nome Attilio Tracogna "Paura": questi l'aveva condotta da Adriano Cernotto "Ciclone" (gerarchicamente dipendente proprio da Toffanin), che non sapendo quali decisioni prendere l'aveva riconsegnata a "Paura", il quale la portò quindi all'osovano Agostino Benetti "Gustavo", dipendente dal responsabile dell'Ufficio Informazioni della Osoppo Leonardo Bonitti "Tullio". La Turchetti venne in seguito affidata all'osovano Ivo Feruglio "Marinaio", che il 13 dicembre 1944 la portò a Topli Uork<ref>{{cita|Bianchi e Silvani 2012|pp. 194-195|harv=s}}.</ref><ref>{{cita|Strazzolini 2008|min. 2:17:02 ss.|harv=s}}</ref><ref>{{cita|Cesselli 1975|p. 48|harv=s}}</ref>.<br />
Lì fu assolta in [[istruttoria]] al termine di un processo partigiano conclusosi il [[1º febbraio]] 1945<ref>{{cita|Oliva 2002|p. 195|harv=s}}.</ref><ref>L'Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione mantiene nei propri archivi la [http://beniculturali.ilc.cnr.it:8080/Isis/servlet/Isis?Conf=/usr/local/IsisGas/InsmliConf/Insmli.sys6.file&Obj=@Insmlie.pft&Opt=search&Field0=zzG01/00010%20*%20cts=d copia dell'incartamento] approntato dalla Osoppo per l'indagine. L'originale venne sequestrato a Topli Uork dai gappisti e in seguito fu depositato nell'archivio di Lubiana. La documentazione venne reperita solamente negli anni settanta.</ref>.<br />
Dal ruolino della Osoppo tenuto da "Bolla" risulta che la donna era stata arruolata a tutti gli effetti nella 1ª Brigata Osoppo, col nome di "Livia"<ref>{{cita news|autore=Paolo Strazzolini|titolo=Elda Turchetti: vittima dimenticata|pubblicazione=La Domenica del Messaggero|data=11 giugno 1995}}</ref><ref name=strazzolini58-59>{{cita|Strazzolini 2006|pp. 58-59|harv=s}}.</ref>.<br />
La protezione data a Elda Turchetti fu in seguito indicata&nbsp;– nelle varie e spesso contraddittorie ricostruzioni di Toffanin&nbsp;– come il motivo scatenante dell'azione dei partigiani garibaldini<ref name=demarco>{{cita news|autore=Danilo De Marco|url=http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/golpdf/uni_1997_08.pdf/12CUL02A.pdf|formato=PDF|titolo=Nubi sulla Resistenza|pubblicazione=l'Unità due|data=12 agosto 1997|accesso=1º luglio 2012}}</ref>.<br />
<br />
Successivamente all'eccidio, Toffanin accusò inoltre la Osoppo di aver contrastato la politica di collaborazione con i [[Resistenza jugoslava|partigiani jugoslavi]], di non aver redistribuito agli altri gruppi partigiani parte delle armi fornite alla stessa Osoppo dagli angloamericani e di aver collaborato con elementi della [[Xª Flottiglia MAS (RSI)|Xª Flottiglia MAS]] e del [[Reggimento alpini "Tagliamento"]], appartenenti alla [[Repubblica Sociale Italiana]]. Secondo le direttive del Comando generale del [[Corpo Volontari della Libertà]] del Nord Italia, emanate nell'ottobre 1944, ogni forma di collaborazione con i soldati della RSI e con le forze germaniche era da considerare come [[tradimento (reato)|tradimento]] da punire con la condanna a morte, ma dalle ricostruzioni del dopoguerra risultò che era sempre stata la Xª MAS a cercare degli accordi con la Osoppo per opporsi alle mire jugoslave sui territori orientali italiani, ottenendone però ogni volta un rifiuto<ref>Sul tema si veda anche la ricostruzione di tutta la vicenda vista dalla parte della Decima Mas in Mario Bordogna, ''Junio Valerio Borghese e la X Flottiglia MAS'', Mursia 1995, ISBN 88-425-1950-2.</ref>.<br />
<br />
{|{{prettytable|align=center|text-align=center|font-size=90%}}<br />
|-<br />
|[[File:Alfio Tambosso.jpg|x200px]]<br />
|[[File:Mario Toffanin.jpg|x200px]]<br />
|[[File:Francesco De Gregori detto Bolla partigiano osoviano e zio del cantautore De Gregori.jpg|x200px]]<br />
|[[File:Elda Turchetti.jpg|x200px]]<br />
|[[File:Gastone Valente.jpg|x200px]]<br />
|[[File:Giovanni Comin.jpg|x200px]]<br />
|-<br />
|Alfio Tambosso "Ultra"<br />
|[[Mario Toffanin]] "Giacca"<br />
|[[Francesco De Gregori (partigiano)|Francesco<br />De Gregori]] "Bolla"<br />
|[[Elda Turchetti]] "Livia"<br />
|Gastone Valente "Enea"<br />
|Giovanni Comin "Tigre"<br />
|}<br />
<br />
La ricostruzione dettagliata dello svolgimento dell'operazione gappista fu fornita nel corso dei processi e poi ripresa e approfondita in alcune pubblicazioni<ref>Si riportano qui le ricostruzioni tratte da {{cita|Bianchi e Silvani 2012|pp. 163 ss.|harv=s}}, assieme ai resoconti della stampa dell'epoca e all'ampio riassunto contenuto in {{cita|Cresta 1969|pp. 123-125|harv=s}}.</ref>.<br />
La colonna raggiunse l'abitato di Porzûs e poi si divise in gruppi, che raggiunsero le malghe di Topli Uork in momenti diversi.<br />
Per superare i posti di guardia osovani senza creare scompiglio, i gappisti affermarono d'essere in parte dei partigiani sbandati a seguito di un rastrellamento, in parte civili fuggiti da un treno che li portava in Germania, attaccato dall'aviazione alleata.<br />
Un gruppo di gappisti si spacciò per osovano.<br />
<br />
Il messaggero del gruppo agli ordini di Toffanin fu Fortunato Pagnutti "Dinamite", un partigiano del quale sia i garibaldini che gli osovani si fidavano, avendo già svolto incarico di staffetta fra i due reparti.<br />
Un osovano di guardia fu mandato a Topli Uork a informare Francesco De Gregori "Bolla"<ref>Zio dell'omonimo [[Francesco De Gregori|cantautore romano]].</ref>, comandante del Gruppo delle Brigate Est della Divisione partigiana Osoppo, il quale inviò sul luogo il delegato politico<ref>Tale era definita nei reparti osovani la figura nota come "[[commissario politico]]" fra i garibaldini.</ref> [[Partito d'Azione|azionista]] della VI Brigata Osoppo "Friuli" Gastone Valente "Enea", di passaggio alle malghe.<br />
Questi ordinò di separare i presunti osovani dai garibaldini, volendo inviare i secondi al vicino reparto garibaldino di Canebola (una frazione di [[Faedis]]). Tuttavia, insospettitosi, fece recapitare a "Bolla" un messaggio del seguente tenore:<br />
<br />
{{quote|Si tratta di una accozzaglia di gente che mi ha fatto una pessima impressione. Alcuni dicono di essere garibaldini, altri sloveni, altri osovani, altri ancora degli evasi dai treni, in fine qualcuno di aver disertato dalle file dell'[[Esercito Nazionale Repubblicano|esercito repubblicano]]. Hanno bisogno di assistenza e di riposo. Francamente non so che pesci pigliare. Vi prego di venire qui uno di voi<ref>''Relazione sull'eccidio avvenuto nel pomeriggio del 7/2/1945 alle Malghe site sul Topli Uorc'', stilata il 25 febbraio 1945 dagli osovani del Secondo Gruppo Brigate dell'Est, integralmente riportata in {{cita|Oliva 2002|pp. 194-197|harv=s}}.</ref>.}}<br />
<br />
[[File:Le Malghe di Porzûs.svg|thumb|left|Carta dei luoghi dell'eccidio]]<br />
<br />
Durante l'operazione si palesò "Giacca", che fece arrestare tutti gli osovani presenti e attese l'arrivo di "Bolla", che si trovava alla malga comando a una certa distanza. Al suo arrivo "Bolla" fu immediatamente arrestato e subito dopo "Giacca" fece rastrellare la zona, catturando un altro gruppo di osovani in una malga vicina.<br />
<br />
Nel contempo un reparto al comando di Vittorio Juri "Marco" si occupò di raccogliere tutto il materiale presente a Topli Uork: in tale frangente fu ucciso&nbsp;– essendo stato ritenuto un osovano&nbsp;– il giovane partigiano garibaldino Giovanni Comin "Tigre" (ribattezzato in seguito "Gruaro" dagli osovani).<br />
Questi era fuggito da un treno che lo stava conducendo in un lager tedesco ed era stato indirizzato a Topli Uork dal parroco di Vergnacco (una frazione di [[Reana del Rojale]])<ref>{{cita|Strazzolini 2006|p. 58|harv=s}}.</ref>, poiché si trattava della base partigiana più vicina<ref>{{cita news|autore=Brunello Mantelli|url=http://cerca.unita.it/ARCHIVE/xml/80000/76498.xml?key=Brunello+Mantelli&first=11&orderby=0&f=fir|titolo=Porzus, la lezione non è il nazionalismo|pubblicazione=l'Unità|data=23 febbraio 2003|accesso=28 giugno 2012}}</ref>.<br />
Comin si stava avvicinando alle malghe dalla parte opposta alla strada percorsa dai gappisti, assieme al portavivande e staffetta della Osoppo Giovanni Cussig "Afro", che fu rapinato dell'orologio da polso da un gappista, ma presto rilasciato dietro assicurazione&nbsp;– data dall'osovano Gaetano Valente "Cassino"&nbsp;– che non si trattava di un partigiano<ref>{{cita|Bianchi e Silvani 2012|p. 164|harv=s}}.</ref><ref>{{cita|Gervasutti 1997|p. 163|harv=s}}.</ref>.<br />
<br />
Oltre a Comin furono subito uccisi De Gregori, Valente "Enea" e la Turchetti.<br />
<br />
[[Aldo Bricco]] "Centina", futuro comandante designato della formazione a Topli Uork per il passaggio delle consegne con De Gregori e insieme a lui giunto in vista di "Giacca" e i suoi, riuscì rocambolescamente a fuggire: colpito violentemente al volto da un gappista, ritenne che le malghe fossero sotto l'attacco di un gruppo di fascisti camuffati da partigiani e quindi si aprì a forza un varco fra i gappisti, lanciandosi poi di corsa dal costone del monte innevato. Ferito da sei colpi di arma da fuoco fu ritenuto morto, ma riuscì a trascinarsi fino al vicino paese di [[Robedischis]], dove si fece medicare da alcuni partigiani sloveni a cui raccontò d'esser stato ferito in un agguato fascista.<br />
Il giorno successivo fu arrestato dagli sloveni, ma venne liberato da un emissario osovano grazie a un [[salvacondotto]].<br />
In seguito riuscì di nascosto a raggiungere le file osovane mentre i partigiani del IX Korpus intraprendevano una vana caccia all'uomo per riprenderlo<ref>Nel corso del processo, Bricco affermò che il suo racconto dell'attacco fascista fatto ai partigiani sloveni fu «un espediente», ma aggiunse «mai potevo immaginare che si trattasse di un colpo sinistro dei garibaldini»: {{cita news|titolo=L'eccidio di Porzus nel racconto di un superstite|pubblicazione=La Stampa|data=6 ottobre 1951|pagina=5}} Secondo Cesselli e Strazzolini – che anni dopo ricostruirono la vicenda raccogliendo anche la testimonianza dello stesso Bricco – quest'ultimo invece aveva realmente ritenuto che le malghe fossero state attaccate da un gruppo di fascisti camuffati da partigiani. {{cita|Cesselli 1975|pp. 98-99|harv=s}}; {{cita|Strazzolini 2008|min. 2:01:45 ss.|harv=s}}</ref>.<br />
<br />
===Le uccisioni successive===<br />
[[File:Guido Pasolini.jpg|thumb|right|upright|[[Guido Pasolini]] "Ermes"]]<br />
<br />
Tredici altri partigiani, a seguito di processi sommari, furono imprigionati e fucilati nei giorni successivi nelle località limitrofe di Bosco Romagno, Ronchi di Spessa, Restocina e Rocca Bernarda ([[Prepotto]]): tra questi [[Guido Pasolini]] "Ermes", fratello di [[Pier Paolo Pasolini|Pier Paolo]], giunto a Topli Uork il 6 febbraio assieme a un gruppetto di osovani capitanato da "Centina". Condotto assieme a "Cariddi", "Guidone" e "Toni" presso il luogo della sua esecuzione, Pasolini riuscì inizialmente a fuggire mentre scavava la sua propria fossa. Ferito da una fucilata, raggiunse il paese di Sant'Andrat del Judro e quindi la località di Quattroventi dove si fece medicare dal locale farmacista, poi proseguì a piedi per Dolegnano ([[San Giovanni al Natisone]]), rifugiandosi in una casa ove viveva Libera Piani, un'anziana donna che gli offrì del caffelatte e una grappa. La donna chiese assistenza medica all'ostetrica locale, figlia del locale responsabile del CLN nonché intendente del battaglione gappista "Ardito". In pochi minuti Pasolini fu quindi nuovamente arrestato dal partigiano Mario Tulissi, che lo riportò ai citati gappisti "Bino" e "Lilly". Trascinato una seconda volta sul luogo dell'esecuzione, Guido Pasolini fu ucciso con un colpo di pistola<ref>{{cita|Cesselli 1975|pp. 113-115|harv=s}}; {{cita|Strazzolini 2006|pp. 66-71|harv=s}}.</ref>.<br />
<br />
Furono risparmiati due osovani che passarono nei GAP, Leo Patussi "Tin" e Gaetano Valente "Cassino". Questi ultimi, assieme a Bricco, dopo la guerra furono tra i principali accusatori di Toffanin e compagni nei vari processi che si svolsero fra Udine, [[Venezia]], [[Brescia]], [[Lucca]] e [[Firenze]]. Altri tre osovani&nbsp;– Aroldo Bollina "Gianni", Antonio di Memmo "Pescara" e un terzo del quale si conosce solo il nome di battaglia, "Leo"&nbsp;– giunti alle malghe assieme a "Ermes" con il gruppo di "Centina" il giorno prima dell'attacco, si salvarono fuggendo per tempo avendo percepito il pericolo<ref>{{cita|Strazzolini 2008|min. 1:42:00 ss.|harv=s}}</ref>.<br />
Allo stesso modo si salvarono Giulio Emerati, Virgilio Cois, Giuseppe Turco, Giovanni ed Enrico Smerrecar, che per portare armi o viveri stavano risalendo verso le malghe e furono fermati dai gappisti ma rilasciati non essendo ritenuti osovani: con Emerati era il giovane studente in medicina Franco Celledoni "Atteone", che invece fu catturato e in seguito ucciso<ref>{{cita|Cesselli 1975|p. 91|harv=s}}; {{cita|Strazzolini 2008|min. 2:14:00 ss.|harv=s}}</ref><ref>Emerati testimoniò al processo, rilasciando poi delle interviste negli anni ottanta e novanta, nelle quali raccontò la storia di quel giorno. Cfr. Paola Treppo, «Vent'anni fa un filmato ricco di testimonianze che precorse i tempi», ''Il Gazzettino'', 10 febbraio 2008.</ref>.<br />
<br clear="all/><br />
<br />
===Altri osovani uccisi===<br />
[[File:Erasmo Sparacino.jpg|thumb|upright|Erasmo Sparacino "Flavio"]]<br />
<br />
Un evento considerato «il prologo dei tragici fatti di Porzûs»<ref>{{cita|Strazzolini 2006|p. 39|harv=s}}.</ref> ebbe luogo il 16 gennaio 1945, quando altri tre osovani&nbsp;– Antonio Turlon "Make", Annunziato Rizzo "Rinato" e Mario Gaudino "Vandalo"&nbsp;– furono sequestrati a [[Taipana]] [[Provincia di Udine|(UD)]] da una pattuglia del IX Korpus sloveno di stanza a Platischis: dopo le infruttuose richieste di rilascio da parte di "Bolla", furono fucilati il 12 aprile 1945 nella località di Borij di Rucchin di [[Drenchia]]<ref>{{cita|Strazzolini 2006|pp. 39-40|harv=s}}.</ref><ref>Il 14 marzo successivo fu arrestato dal IX Korpus anche Marino Cicuttini "Cecco", già vicecomandante della VI Brigata Osoppo-Friuli, inviato nell'autunno del 1944 nelle valli del Natisone per creare e comandare la VII Brigata Osoppo. Si veda {{cita news|autore=Renzo Biondo|url=http://www.fiapitalia.it/immagini/copertine/pdf/Lettera%20n.5_6_10.pdf|titolo=Le brigate "Osoppo": ispirazione azionista e cattolica|pubblicazione=Lettera ai compagni|data=settembre/dicembre 2010|pagina=11|accesso=18 luglio 2012}} Cicuttini riuscì però a fuggire dall'improvvisata prigione nella quale era stato rinchiuso assieme a "Make", "Rinato" e "Vandalo", nella latteria-scuola di Obenetto (Zavart di Drenchia): {{cita|Strazzolini 2008|min. 1:14:00 ss.|harv=s}}</ref>: i nomi di battaglia di tutti e tre compaiono nella lapide in memoria dei trucidati murata a Topli Uork, mentre i nomi dei soli Turlon e Rizzo appaiono nel cippo ''Ai Martiri della Osoppo'' di Bosco Romagno ([[Cividale del Friuli|Cividale]])<ref>{{cita web|titolo=Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza italiana: Francesco De Gregori|url=http://www.italia-liberazione.it/ultimelettere/ultimelettereanagrafe.php?ricerca=502&attresi=3&barra=si&lingua=it|pubblicazione=Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia|accesso=28 giugno 2012}}</ref>.<br />
Tra i partigiani sfuggiti all'eccidio figura Erasmo Sparacino "Flavio", che però fu catturato in seguito dai tedeschi e fucilato a Cividale il 12 febbraio 1945<ref>{{cita news|autore=Paolo Strazzolini|titolo=L'identità di "Vandalo" ora non è più un mistero|pubblicazione=Messaggero Veneto|data=18 novembre 1996}}</ref><ref>{{cita|Strazzolini 2006|pp. 64-65|harv=s}}.</ref>: il suo nome appare comunque in entrambi i memoriali di cui sopra.<br />
<br />
==Le vittime==<br />
Quello che segue è l'elenco completo degli osovani uccisi dai gappisti, comprendendo fra questi anche Elda Turchetti ed Egidio Vazzaz (erroneamente citato Vazzas negli atti processuali), il cui corpo non fu mai ritrovato<ref>{{cita|Gervasutti 1997|pp. 213 ss|harv=s}}.</ref>.<br />
<br />
{| style="width:100%; background:transparent; font-size:90%"<br />
| align="center" |<br />
{| class="prettytable sortable"<br />
! width="70" | Nome !! width="80" | Cognome !! width="110" | Nome di guerra !! width="110" | Luogo dell'uccisione !! width="115" | Data dell'uccisione !! width="320" | Note biografiche<br />
|-<br />
| Angelo || Augelli || ''Massimo'' || Rocca Bernarda || 9 febbraio 1945 || Nato a [[Canicattì]] (AG) il 22 luglio 1923. Effettivo del Gruppo Est Brigate Osoppo Friuli&nbsp;– I Brigata. Il suo corpo è tumulato a Udine.<br />
|-<br />
| Antonio || Cammarata || ''Toni'' || Bosco Romagno || 18 febbraio 1945 || Nato a [[Petraglia]] (PA) il 23 dicembre 1923. Effettivo del Comando Gruppo Brigate Osoppo Friuli Est&nbsp;– I Brigata Reparto Comando. Tumulato prima a Cividale, poi a Udine.<br />
|-<br />
| Franco || Celledoni || ''Ateone (Atteone)'' || Rocca Bernarda || 12 febbraio 1945 || Nato a [[Faedis]] il 14 dicembre 1918. Effettivo della II Divisione Osoppo Friuli. Ufficiale medico (studente di medicina), fu catturato dai gappisti mentre si recava a Topli Uork. Tumulato a Faedis.<br />
|-<br />
| Giovanni || Comin || ''Tigre'' (o ''Gruaro'') || Malghe di Topli Uork || 7 febbraio 1945 || Nato a Bagnara di [[Gruaro]] (VE) nel 1926. Operaio. Garibaldino col nome di ''Tigre'', era fuggito dalla deportazione in Germania ed era stato indirizzato a Topli Uork dal parroco di Vergnacco<ref name=strazzolini58-59/>. Nelle successive ricostruzioni di parte osovana viene arbitrariamente chiamato ''Gruaro'' e dichiarato effettivo della III Divisione Osoppo Friuli&nbsp;– Comando Gruppo Brigata Est&nbsp;– I Brigata&nbsp;– Battaglione Val Torre. Tumulato a Bagnara di Gruaro.<br />
|-<br />
| Francesco || [[Francesco De Gregori (partigiano)|De Gregori]] || ''Bolla'' || Malghe di Topli Uork || 7 febbraio 1945 || Nato a [[Roma]] il 10 giugno 1910. Capitano degli alpini. Comandante del Gruppo Brigate Osoppo dell'Est. Tumulato a Udine.<br />
|-<br />
| Enzo || D'Orlandi || ''Roberto'' || Bosco Musich&nbsp;– Restocina || 12 febbraio 1945 || Nato a [[Cividale del Friuli]] il 3 febbraio 1923. Studente. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli&nbsp;– VI Brigata&nbsp;– Battaglione Julio. Tumulato a Cividale del Friuli.<br />
|-<br />
| Pasquale || Mazzeo || ''Cariddi'' || Bosco Romagno || 18 febbraio 1945 || Nato a [[Messina]] il 9 maggio 1914. Già brigadiere della [[Guardia di Finanza]] prima di entrare nella Osoppo. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli&nbsp;– I Brigata Reparto Comando. Tumulato a Udine.</small><br />
|-<br />
| Gualtiero || Michielon<ref>Erroneamente citato Michelon negli atti processuali.</ref> || ''Porthos'' || Bosco Musich&nbsp;– Restocina || 8-18 febbraio 1945 || Nato a [[Portogruaro]] (VE) il 17 luglio 1920. Studente. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli&nbsp;– I Brigata Reparto Comando. Tumulato a Portogruaro.<br />
|-<br />
| Guido || [[Guido Pasolini|Pasolini]] || ''Ermes'' || Bosco Romagno || 12 febbraio 1945 || Nato a [[Bologna]] il 4 ottobre 1925. Studente. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli&nbsp;– VI Brigata&nbsp;– Vice delegato Polizia di Brigata. Tumulato a Casarsa della Delizia (PN).<br />
|-<br />
| Antonio || Previti || ''Guidone'' || Bosco Romagno || 18 febbraio 1945 || Nato a [[Messina]] il 13 gennaio 1919. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli&nbsp;– VI Brigata&nbsp;– Battaglione Zanon. Carabiniere a [[Zara]] prima di entrare nella Osoppo. Tumulato a Udine.<br />
|-<br />
| Salvatore || Saba || ''Cagliari'' || Bosco Romagno o Restocina || 9 febbraio 1945 || Nato a [[Serdiana]] (CA) il 22 luglio 1921. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli&nbsp;– I Brigata&nbsp;– Battaglione Zanon. Tumulato a Udine.<br />
|-<br />
| Giuseppe || Sfregola || ''Barletta'' || Ronchi di Spessa || 7 o 8 febbraio 1945 || Nato a [[Barletta]] il 31 ottobre 1921. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli&nbsp;– I Brigata&nbsp;– Battaglione Zanon. Ucciso prima che iniziassero gli interrogatori, prima di entrare nella Osoppo era brigadiere dei Carabinieri. Tumulato a Barletta.<br />
|-<br />
| Primo || Targato || ''Rapido'' || Bosco Romagno || 10 febbraio 1945 || Nato a [[Piombino Dese]] (PD) il 1º luglio 1923, residente a Novate Milanese. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli&nbsp;– I Brigata&nbsp;– Reparto Comando. Tumulato a Udine, il suo corpo in seguito venne traslato a Milano.<br />
|-<br />
| Elda || [[Elda Turchetti|Turchetti]] || ''Livia'' || Malghe di Topli Uork || 7 febbraio 1945 || Nata a [[Povoletto]] (UD) il 21 dicembre 1923. Cotoniera. Ex prigioniera della Osoppo, effettiva della I Brigata Osoppo. Tumulata a Savorgnano al Torre (UD).<br />
|-<br />
| Giuseppe || Urso || ''Aragona'' || Bosco Musich&nbsp;– Restocina || 10 febbraio 1945 || Nato ad [[Aragona (Italia)|Aragona]] (AG) il 1º giugno 1923. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli&nbsp;– I Brigata&nbsp;– Battaglione Zanon. Tumulato a Udine, traslato poi a Canicattì (AG).<br />
|-<br />
| Gastone || Valente || ''Enea'' || Malghe di Topli Uork || 7 febbraio 1945 || Nato a [[Udine]] il 30 ottobre 1913. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli, azionista, delegato politico della VI Brigata Osoppo. Tumulato a Udine.<br />
|-<br />
| Egidio || Vazzaz (Vazzas) || ''Ado'' || Località ignota || 7 febbraio 1945 ? || Nato a [[Taipana]] (UD) il 10 settembre 1919. Muratore. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli&nbsp;– I Brigata&nbsp;– Battaglione Zanon. Il suo corpo non venne mai recuperato. Si presume che sia stato ucciso nelle vicinanze delle malghe di Topli Uork.<br />
|}<br />
|}<br />
<br />
==Le prime notizie dell'eccidio e le reazioni==<br />
Nei giorni immediatamente seguenti all'eccidio, scoperto da alcuni abitanti del luogo, le notizie si accavallarono confuse: la direzione della federazione del PCI di Udine fece circolare la voce secondo la quale l'attacco fosse opera di forze tedesche o fasciste<ref>{{cita news|autore=Ercole Moggi|titolo=Nega e non ricorda il principale imputato|pubblicazione=La Stampa|data=11 gennaio 1950|pagina= 4}}</ref>.<br />
Qualche giorno dopo la Gioventù Antifascista Italiana e Slovena, un'organizzazione politica che propugnava l'annessione della zona alla Jugoslavia, organizzò a [[Circhina]] una conferenza cui parteciparono alcuni garibaldini della Natisone, nel corso della quale fu annunciata la soppressione del comando osovano senza peraltro specificare a opera di chi: vi furono applausi e grida di entusiasmo, giacché fra i garibaldini era opinione diffusa che gli osovani fossero dei reazionari in combutta con i fascisti<ref>{{cita|Gervasutti 1997|p. 172|harv=s}}.</ref>.<br />
<br />
===La relazione di Toffanin, Plaino e Juri===<br />
Il 10 febbraio Mario Toffanin (che in tale occasione si firmò col suo secondo nome di guerra "Marino") e i suoi sottoposti, Aldo Plaino "Valerio" e il citato Vittorio Juri "Marco", stilarono una relazione indirizzata alla federazione comunista di Udine e al comando del IX Korpus sloveno tramite Giovanni Padoan "Vanni" e Mario Blason "Bruno" (vicecommissario politico della Garibaldi Natisone), in cui sostennero che l'esecuzione aveva avuto «pieno consenso della Federazione del partito», accusando i partigiani della Osoppo di essere dei traditori venduti a fascisti e tedeschi, aggiungendo il particolare secondo il quale "Bolla", in punto di morte, avrebbe inneggiato al «fascismo internazionale». I tre comandanti gappisti scrissero degli osovani che «esaminati attentamente uno a uno, abbiamo notato che essi non erano altro che figli di papà, delicati attendisti che se la passavano comodamente in montagna». Nella parte finale della relazione "Marino", "Valerio" e "Marco" invitarono i «comandi superiori» a «estirpare del tutto queste formazioni reazionarie». I tre allegarono un documento indicante ulteriori obiettivi da tenere in considerazione: fra di essi Candido Grassi "Verdi" (definito «pericolosissimo») e don [[Aldo Moretti]] "Lino"<ref>{{cita|Bianchi e Silvani 2012|pp. 191-193|harv=s}}.</ref>. Nel corso del successivo processo le difese di alcuni imputati affermarono che tale relazione venne stilata in data successiva, al fine di far apparire un'iniziativa autonoma di "Giacca", "Valerio" e "Marco" quella che invece era stata l'esecuzione di precisi ordini superiori<ref>{{cita|Bianchi e Silvani 2012|p. 190|harv=s}}.</ref>. In anni più recenti, "Vanni" confermò l'autenticità del documento, ma affermò di non averlo mai visto all'epoca<ref name=demarco/>. La ricercatrice storica [[Alessandra Kersevan]]&nbsp;– considerando che la relazione venne procurata grazie ad un furto ad una sede dell'[[Associazione Nazionale Partigiani Italiani|ANPI]] da parte di alcuni osovani&nbsp;– insinuò invece che potesse essere stata prodotta da questi ultimi<ref>{{cita|Kersevan 1995|pp. 255-262|harv=s}}.</ref>.<br />
<br />
===Le inchieste partigiane===<br />
Lo stesso giorno in cui Toffanin inviò la sua relazione il comando della Osoppo affidò l'incarico di compiere una prima indagine ad Agostino Benetti "Gustavo"<ref>{{cita|Gervasutti 1997|pp. 172-176|harv=s}}.</ref>, che in pochi giorni appuntò i propri sospetti sui comunisti.<br />
Informati i superiori, questi interessarono il CLN provinciale, che in una riunione del 21 febbraio&nbsp;– in assenza del rappresentante comunista&nbsp;– incaricò un rappresentante del Partito d'Azione e uno della [[Democrazia Cristiana]] di svolgere ulteriori accertamenti.<br />
Fu avvisato il Comitato Regionale Veneto (CRV), il quale avocò a sé l'inchiesta: il 5 marzo successivo il CLN provinciale sospese quindi la propria indagine. Il CRV istituì una nuova commissione, formata da un rappresentante del Partito d'Azione (Luciano Commessatti "Gigi"), uno della DC e un terzo del PCI. Il 12 marzo Commessatti s'incontrò con i garibaldini Ostelio Modesti "Franco", segretario della federazione del PCI di Udine, e il citato "Ultra", vicesegretario: quest'ultimo affermò che l'azione delle malghe di Topli Uork era stata «un colpo di testa di "Giacca"»<ref name=gervasutti173>{{cita|Gervasutti 1997|p. 173|harv=s}}.</ref>. Organizzato un successivo incontro con i capi garibaldini aperto anche ai comandanti osovani, Commessatti si poté incontrare solo con i primi, giacché i dirigenti osovani erano stati tutti arrestati dai tedeschi nel corso di una riunione indetta per organizzare l'incontro con i garibaldini. A seguito di quell'arresto di massa, i partigiani sloveni diffusero un volantino nella bassa friulana, in cui si legge che<br />
<br />
{{quote|I resti di quella che era la Brigata Osoppo, che si è lasciata annientare dal tiranno nazifascista pur di non cercare aiuto in una quanto mai opportuna fusione con le forze di liberazione comuniste del generale Tito sono ormai senza capi. Essi non sono più combattenti per la libertà, ma falliti politici (…), essi non sono più partigiani! Perché non hanno voluto sottostare agli ordini del Maresciallo Tito Comandante in Capo delle Forze di Liberazione, sono stati abbandonati alla loro sorte e sono stati logicamente sconfitti. I superstiti che ancora vagano per le campagne non sono autorizzati da alcuna autorità competente. Coloro che non dimostrano di essere regolarmente inquadrati nelle Osvobodilne Brigate non devono ricevere nessun aiuto dalla popolazione. La popolazione che lo farà imparerà a conoscere la potenza di Tito (…)<ref>{{cita|Gervasutti 1997|p. 186|harv=s}}.</ref>}}<br />
<br />
[[File:Mario Lizzero.jpg|upright|thumb|left|[[Mario Lizzero]] "Andrea"]]<br />
<br />
L'incontro fra la commissione e i capi garibaldini Lino Zocchi "Ninci" (comandante del gruppo Divisioni Garibaldi del Friuli), Mario Lizzero "Andrea" (commissario politico delle brigate Garibaldi in Friuli), Modesti e Valerio Stella "Ferruccio" (comandante della Brigata Garibaldi Friuli) si svolse in un clima molto teso. La tesi nuovamente propugnata dai garibaldini a Commessatti fu quella del colpo di testa di Toffanin, ma i capi comunisti impedirono alla commissione di interrogarlo, rassicurando che avrebbero provveduto loro alla sua «giusta punizione»<ref name=gervasutti173/>. La commissione si trovò quindi ad un punto morto: mancando la relazione ufficiale della Osoppo a causa dell'arresto dei suoi capi, i garibaldini si rifiutarono di mettere per iscritto le loro informazioni e, a quel punto, l'unico documento in mano ai commissari fu una relazione degli osovani [[Alfredo Berzanti]] "Paolo" (in seguito deputato democristiano) ed Eusebio Palumbo "Olmo": il membro comunista della commissione si rifiutò però di accettarla perché «di parte»<ref name=gervasutti174>{{cita|Gervasutti 1997|p. 174|harv=s}}.</ref>.<br />
<br />
Il 31 marzo 1945 il CLN invitò i comandi osovani e garibaldini a nominare un'altra commissione paritetica d'inchiesta, nella speranza non solo di chiarire l'episodio di Topli Uork, ma anche di conoscere la sorte&nbsp;– ancora ignota&nbsp;– degli altri osovani arrestati da "Giacca" e i suoi uomini. Il 3 aprile successivo si ritrovarono "Verdi" e Giovanni Battista Carron "Vico" per la Osoppo insieme a Ostelio Modesti per i garibaldini; quest'ultimo cambiò radicalmente la versione precedentemente sostenuta da Tambosso, affermando che l'attacco alle malghe era stata opera di fascisti camuffati da partigiani, così com'era stato annunciato dalla radio, che tuttavia aveva in quei giorni fatto riferimento a un episodio avvenuto nella zona del [[Collio (territorio)|Collio]], distante da Porzûs<ref name=gervasutti174/>.<br />
Modesti passò all'attacco, accusando gli osovani di non essersi adoperati con le popolazioni friulane per propagandare la figura di Tito, del quale si aspettava l'entrata da liberatore a Udine<ref>{{cita|Gervasutti 1997|pp. 174-175|harv=s}}.</ref>. Alla fine della discussione si decise di nominare l'ennesima commissione formata da un osovano, un garibaldino e un rappresentante del CLN come presidente. Per tali incarichi furono designati rispettivamente il citato Berzanti, Valeriano Rossitti "Piero" e il [[Partito Liberale Italiano|liberale]] Manlio Gardi "Bruto"<ref>Per Daiana Franceschini la commissione fu invece formata da Berzanti, Gardi (chiamato "Nane") e il garibaldino Bruno Mullig "Pietro": {{cita|Franceschini 1998|p. 94|harv=s}}. Secondo il [http://www.anpigiovaniudine.org/node/195 sito] dell'ANPI di Udine Mullig era stato sostituito da Rossitti, ma al 25 aprile 1945 Gardi non aveva ancora ottenuto il mandato ufficiale.</ref>. Per vari motivi, tuttavia, quest'ultima commissione non s'insediò mai e, mentre gli osovani chiesero a varie riprese di andare a fondo della questione, i garibaldini misero in campo una serie di atteggiamenti dilatori. La successiva insurrezione di aprile/maggio 1945 fece passare in secondo piano l'indagine.<br />
<br />
Durante queste vicende all'interno delle forze partigiane comuniste sorse una reazione all'operato del gruppo di Toffanin.<br />
Mario Lizzero, venuto a sapere dell'eccidio, propose la condanna a morte per Toffanin e i suoi uomini, ma questi in un primo tempo non ricevettero alcuna sanzione, venendo solamente destituiti dalle loro posizioni di comando nei GAP ad aprile del 1945, oltre due mesi dopo l'attacco<ref name="gervasutti173"/><ref name=manin>{{cita news|autore=Giuseppina Manin|url=http://archiviostorico.corriere.it/1997/luglio/30/Strage_partigiani_arriva_film_tabu_co_0_9707307692.shtml|titolo=Strage di partigiani, arriva il film tabù|pubblicazione=Corriere della Sera|data=30 luglio 1997|accesso=28 giugno 2012}}</ref>. Secondo la ricostruzione di "Vanni", Lizzero sarebbe stato invece il grande artefice della strategia difensiva del partito comunista, tendente a colpevolizzare il solo Toffanin, per impedire che si arrivassero a scoprire i veri mandanti dell'eccidio, cioè il IX Korpus sloveno che aveva ordinato l'operazione alla federazione del PCI di Udine. Fatto arrestare Toffanin il 20 febbraio 1945 e condannatolo alla [[fucilazione]], Lizzero inaspettatamente lo liberò a seguito di un incontro a quattr'occhi, rifiutandosi poi di rivelare il contenuto del loro colloquio. Secondo Padoan, in quell'occasione «"Giacca" confessò ad "Andrea" che l'ordine dello sterminio gli era stato dato dal Comando Sloveno». Contestualmente&nbsp;– riferisce "Vanni"&nbsp;– Lizzero sviò le indagini subito ordinate dal Comitato Regionale Veneto, impedendo a Luciano Commessatti "Gigi" di interrogare Toffanin, tanto che, tornato a [[Padova]], "Gigi" denunciò la non collaborazione di Lizzero e di "Ninci"<ref>Giovanni Padoan, «[http://www.carnialibera1944.it/resistenza/porzus.htm La regia dei fatti di Porzûs]», da ''Porzûs: strumentalizzazione e realtà storica'', Edizioni della Laguna, 2000.</ref>. Nel 2011 il tribunale di Udine, nell'ambito di un procedimento di primo grado per diffamazione contro l'imprenditore e politico locale Diego Volpe Pasini, ha però sancito «che non risponde al vero che la responsabilità, neppure politica, [dell'eccidio di Porzûs] sia da ricondurre all’allora segretario del Pci [Mario Lizzero]»<ref>{{cita news|autore=Luana de Francisco|titolo=Porzûs, l’on. Lizzero s’ispirò al pluralismo|url=http://messaggeroveneto.gelocal.it/cronaca/2012/03/07/news/porzus-l-on-lizzero-s-ispiro-al-pluralismo-1.3262720|pubblicazione=Messaggero Veneto|data=7 marzo 2012|accesso=19 luglio 2012}}</ref>. I dirigenti della federazione del PCI di Udine Modesti e Tambosso sostennero, sia all'epoca che in seguito, che la responsabilità dell'azione fosse da imputarsi interamente a Toffanin, il quale non avrebbe interpretato correttamente gli ordini.<br />
<br />
==I processi==<br />
{{vedi anche|Processi per l'eccidio di Porzûs}}<br />
{|{{prettytable|align=center|text-align=center|font-size=90%}}<br />
|-<br />
|[[File:Esumazioni Bosco Romagno.jpg|x130px]]<br />
|[[File:Funerali Cividale 21 giugno 1945.jpg|x130px]]<br />
|[[File:Funerali Cividale 21 giugno 1945-2.jpg|x130px]]<br />
|[[File:Funerale Guido Pasolini.jpg|x140px]]<br />
|-<br />
|Esumazione di un corpo<br />a Bosco Romagno<br />
|colspan=2|Due immagini dei funerali di Cividale<br />
|Inumazione della salma di Guido Pasolini<br />nel cimitero di Casarsa della Delizia<br />
|}<br />
<br />
Verso metà giugno i corpi dei trucidati di Bosco Romagno vennero ritrovati dai parenti. Il 21 giugno 1945 si svolsero i funerali delle vittime a [[Cividale del Friuli]]<ref>{{cita news|titolo=I responsabili del massacro nella morsa delle accuse|pubblicazione=La Stampa|data=17 gennaio 1950|pagina= 4}}</ref>. Il 23 giugno, gli osovani Grassi (all'epoca [[Partito Socialista Italiano|socialista]], in seguito deputato [[Partito Socialista Democratico Italiano|socialdemocratico]]) e Berzanti presentarono una denuncia al Procuratore del Regno di Udine, a nome del Comando del Gruppo Divisioni "Osoppo Friuli"<ref>{{cita pubblicazione|data=12 ottobre 2005|titolo=Sentenza del giudice istruttore di Udine. Vol. I. 5 novembre 1947|rivista=Processo Porzus. Documenti in copia dall'Archivio Osoppo di Udine. Istruttoria e dibattimento|editore=Istituto friulano per la storia del Movimento di Liberazione|url=http://beniculturali.ilc.cnr.it:8080/Isis/servlet/Isis?Conf=/usr/local/IsisGas/InsmliConf/Insmli.sys6.file&Obj=@Insmlie.pft&Opt=search&Field0=zzG01/00025/01%20*%20cts=d|accesso=28 giugno 2012}}</ref><ref name=bianchi14>{{cita|Bianchi e Silvani 2012|p. 14|harv=s}}.</ref>.<br />
<br />
===Il processo di primo grado===<br />
{{doppia immagine|right|Porzus - La Stampa.png|170|Prima sentenza Porzus.jpg|210|Confronto tra i commenti alle sentenze di primo grado dei quotidiani ''[[La Stampa]]'' e ''[[l'Unità]]'': il primo evidenzia le pesanti condanne, il secondo pone in rilevo l'assoluzione dal reato di tradimento, con l'[[occhiello (giornalismo)|occhiello]] che recita: «I garibaldini della Natisone escono a testa alta dall'aula»}}<br />
Il 13 dicembre 1948 la procura di Venezia chiuse l'istruttoria penale con rinvio a giudizio di 45 imputati davanti alla [[corte d'assise]] di Udine per rispondere dei delitti di omicidio aggravato continuato e saccheggio<ref name=bianchi14/>. Per [[legittima suspicione]] la Corte di Cassazione trasferì il procedimento a [[Brescia]], dove il dibattimento ebbe inizio il 9 gennaio 1950. Rinviata la causa a nuovo ruolo per permettere al pubblico ministero di contestare altri reati agli imputati, il processo fu trasferito una seconda volta per legittima suspicione avanti la corte d'assise di [[Lucca]], dove nel settembre [[1951]] ricominciò la [[fase dibattimentale]]<ref>{{cita|Bianchi e Silvani 2012|pp. 11-15|harv=s}}.</ref><ref>{{cita|Gervasutti 1997|p. 177|harv=s}}.</ref>.<br />
<br />
Gli imputati erano nel frattempo saliti a 51, ma 18 erano da tempo fuggiti in Jugoslavia o in Cecoslovacchia<ref>{{cita news|autore=Ercole Moggi|titolo=Nega e non ricorda il principale imputato|pubblicazione=La Stampa|data=11 gennaio 1950|pagina=4}}</ref>: fra questi Mario Toffanin "Giacca", Felice Angelini "Fuga", Bruno Grion "Falchetto", Vittorio Iuri (Juri) "Marco", Leonida Mazzaroli "Silvestro", Fortunato Pagnutti "Dinamite", Bruno Pizzo "Cunine", Antonio Mondini "Boris", Adriano Cernotto "Ciclone"<ref>{{cita|Gervasutti 1997|pp. 177-178|harv=s}}.</ref>, Gustavo Bet "Gastone"<ref name=mautino>{{cita news|autore=Ferdinando Mautino|url=http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1952_04/19520407_0001.pdf|formato=PDF|titolo=La sentenza per i fatti di Porzus ha stroncato l'infame accusa di tradimento|pubblicazione=l'Unità|data=7 aprile 1952|accesso=28 giugno 2012}}</ref>, Italo Zaina "Nullo"<ref>{{cita news|autore=Ercole Moggi|titolo=Grave documento di un imputato latitante|pubblicazione=La Stampa|data=12 gennaio 1950|pagina=5}}</ref>, Aldo Plaino "Valerio"<ref>''Italian affairs: documents and notes'' (in inglese), Presidenza del Consiglio dei Ministri, servizio Informazioni, 1954, vol. III, p. 413.</ref> e Giovanni Padoan "Vanni"<ref>{{cita pubblicazione|autore=Philip Cooke|anno=2006|titolo =Da partigiano a quadro di partito: l'educazione degli emigranti politici italiani in Cecoslovacchia|rivista=RS&nbsp;– Ricerche storiche|editore=Istituto per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Reggio Emilia|città=Reggio Emilia|numero=101|pagine=26-27}}</ref>.<br />
<br />
Il 6 aprile [[1952]] vi fu la prima sentenza: [[Mario Toffanin]], Vittorio Juri e Alfio Tambosso furono condannati all'[[ergastolo]]; Aldo Plaino e Ostelio Modesti a trent'anni di [[reclusione]] ciascuno. Nel complesso, furono irrogati tre ergastoli e 704 anni, 2 mesi e 10 giorni di reclusione a quarantuno imputati<ref>''La Stampa'': {{cita news|titolo=Quarantun condanne per la strage di Porzus|pubblicazione=[[La Stampa]]|data=7 aprile 1962|pagina=1}}</ref><ref>Sommando i dati presenti in {{cita|Bianchi e Silvani 2012|pp. 7-8|harv=s}}, risultano 659 anni.</ref>, ridotti a 289 per l'applicazione di una serie di condoni previsti da norme entrate in vigore nel frattempo. Per effetto di ciò Toffanin e Juri si videro ridotta la pena a trent'anni, Tambosso a ventinove, Modesti a nove e Plaino a dieci. Dieci imputati furono assolti, fra di essi Lino Zocchi "Ninci", Mario Fantini "Sasso" (già comandante della Divisione Garibaldi Natisone), Valerio Stella "Ferruccio" (già comandante della Brigata Garibaldi Friuli) e Giovanni Padoan "Vanni".<br />
Tutti gli imputati furono assolti dal reato di tradimento per attentato all'integrità dello Stato<ref name=mautino/>.<br />
<br />
===Il processo d'appello===<br />
[[File:L'Unità su sentenza appello Porzus.jpg|thumb|La sentenza del processo d'appello su ''l'Unità'' del 1º maggio 1954]]<br />
Il processo di secondo grado si svolse presso la [[corte d'assise d'appello]] di [[Firenze]], cui si erano [[appello (ordinamento penale italiano)|appellate]] le parti per motivi opposti: la pubblica accusa per un inasprimento generale delle pene e per il riconoscimento del reato di tradimento, le difese per chiedere l'assoluzione piena.<br />
<br />
La sentenza del 30 aprile 1954 decretò che «la strage (…) fu un atto tendente a porre una parte del territorio italiano sotto la sovranità jugoslava», ma assolse gli imputati per il reato di tradimento in quanto «pur essendo [l'azione degli imputati] subiettivamente ed obiettivamente diretta al fine del tradimento» non determinò «una situazione di pericolo per l'interesse dello Stato al mantenimento della sua integrità territoriale»<ref>{{cita|Bianchi e Silvani 2012|p. 260|harv=s}}.</ref><ref name=stampa12-8-55>{{cita news|titolo=Si rifarà il processo per la strage di Porzus?|pubblicazione=La Stampa|data=12 agosto 1955|pagina= 4}}</ref>. La corte si pronunciò anche in merito alle accuse di collaborazionismo mosse alla Osoppo da Toffanin, concludendo che non esistesse alcuna prova in tal senso e rimarcando non solo l'inesistenza di accordi con tedeschi e fascisti, ma anche la «profonda avversione verso il nazifascismo» di "Bolla"<ref>{{cita|Bianchi e Silvani 2012|pp. 194, 263 ss|harv=s}}.</ref>.<br />
<br />
Furono confermate le pene precedentemente inflitte dalla corte d'assise di Lucca per i reati principali e inasprite le pene per i reati di sequestro di persona e saccheggio.<br />
Giovanni Padoan, in assise assolto per insufficienza di prove, fu condannato a trent'anni di reclusione, ridotti a due per effetto delle varie amnistie e condoni.<br />
A causa di tali provvedimenti legislativi, nessuno dei condannati presenti al processo finì detenuto, mentre una parte di essi continuò la [[latitanza]] all'estero<ref>{{cita news|url=http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1954_05/19540501_0007.pdf|formato=PDF|titolo=I garibaldini della "Natisone" assolti dall'accusa di tradimento|pubblicazione=l'Unità|data= 1º maggio 1954|accesso=28 giugno 2012}}</ref>.<br />
<br />
Il procuratore generale di Firenze impugnò la sentenza presso la Cassazione, chiedendo l'annullamento dell'assoluzione per il reato di tradimento per aver attentato all'integrità dello Stato nei confronti di Juri, Modesti, Padoan, Paino, Tambosso, Toffanin, Zocchi e Fantini.<br />
Nei confronti degli ultimi due fu chiesto anche l'annullamento della sentenza di assoluzione per insufficienza di prove per il reato di omicidio, sequestro di persona e rapina<ref name=stampa12-8-55/>.<br />
Analogamente impugnarono la sentenza gli imputati per chiedere nuovamente l'assoluzione.<br />
<br />
===Il processo in Cassazione===<br />
Il [[18 giugno]] [[1957]] iniziò la discussione dell'impugnazione della sentenza di secondo grado presso la Corte di Cassazione: il Procuratore Generale, in linea con le richieste della procura di Firenze, chiese il rigetto del ricorso degli imputati e un nuovo processo per il reato di tradimento<ref>{{cita news|titolo=Chiesto un nuovo processo per il massacro di Porzus|pubblicazione=La Stampa|data=19 giugno 1957|pagina= 4}}</ref>.<br />
Il giorno seguente la Corte accolse ''in toto'' le tesi dell'accusa confermando le sentenze, che divennero così definitive, per gli omicidi e i reati minori connessi, ma ordinando al contempo l'istruzione di un nuovo processo presso la corte d'assise d'appello di [[Perugia]] per il solo reato di tradimento per attentato contro l'integrità dello Stato per tutti gli imputati più importanti, nonché per il reato di omicidio, rapina e sequestro di persona per Zocchi e Fantini<ref>{{cita|Bianchi e Silvani 2012|pp. 283-284|harv=s}}.</ref>.<br />
<br />
===Il nuovo processo a Perugia===<br />
Fra la sentenza della Cassazione e l'apertura del procedimento a Perugia fu emanato l'[[11 luglio]] [[1959]] un [[decreto del presidente della Repubblica|decreto presidenziale]] di [[amnistia]]<ref name=dpr460>{{cita web|editore=Università di Torino|formato=PDF|url=http://eunomos.di.unito.it/index.php?action=loadLaw&urn=urn:nir:presidente.repubblica:decreto:1959-07-11;460&format=pdf&countryCode=it_IT&level=na&currentTextRevision=0|titolo=Decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1959, n. 460, Concessione di amnistia e indulto|accesso=28 giugno 2012}}</ref> che coprì anche i reati di natura politica, intendendo con ciò anche ogni delitto comune determinato&nbsp;– in tutto o in parte&nbsp;– da motivi politici<ref name=dpr460/>. Pervenuti quindi gli atti nel capoluogo umbro, il procuratore generale di Perugia chiuse la fase istruttoria rilevando l'estinzione del reato per sopraggiunta amnistia per tutti gli imputati (sentenza dell'11 marzo 1960). Pur avendone titolo ai sensi dell'art. 14 del citato decreto<ref name=dpr460/>, nessun imputato esercitò il diritto alla rinuncia al beneficio al fine di farsi giudicare<ref>{{cita|Bianchi e Silvani 2012|p. 284|harv=s}}.</ref>. Questo fu l'ultimo della lunga catena di atti processuali relativi alle vicende legate all'eccidio di Porzûs.<br />
<br />
== La sorte degli imputati ==<br />
Nessuno dei condannati scontò pene in carcere salvo il periodo della detenzione in attesa della conclusione del processo, che in alcuni casi si protrasse per qualche anno. Alcuni fra i principali imputati riparati all'estero vi rimasero anche dopo la fine delle loro vicende processuali<ref>Tutte le brevi notizie sui gappisti e garibaldini, laddove non specificato diversamente, sono tratte da {{cita|Cesselli 1975|pp. 159-163|harv=s}}.</ref>:<br />
*[[Mario Toffanin]] "Giacca" (condannato all'ergastolo), [[contumacia|contumace]], si trasferì in Jugoslavia alla fine della guerra. Spostatosi in [[Cecoslovacchia]] a seguito del conflitto fra Tito e Stalin del 1948, ritornerà in [[Slovenia]] nel 1967. Condannato ad altri trent'anni di pena per reati non coperti dall'amnistia del 1959 commessi fra il 1940 e il 1946 – furto, rapine, estorsioni e omicidi, anche ai danni di una compagna di lotta – non fece ritorno in Italia neppure nel luglio 1978 nonostante la [[grazia (diritto)|grazia]] concessagli dal presidente [[Sandro Pertini]] da poco insediatosi al Quirinale<ref>{{cita news|url=http://archiviostorico.corriere.it/1997/settembre/20/Toffanin_Pertini_grazio_procura_non_co_0_97092014627.shtml|titolo=Toffanin, Pertini lo graziò ma la Procura non voleva|pubblicazione=Corriere della Sera|data=20 settembre 1997|accesso=28 giugno 2012}}</ref>. Visse per anni a [[Scoffie]] (frazione di [[Capodistria]]) continuando a percepire la pensione italiana<ref>{{cita news|autore=Roberto Morelli|url=http://archiviostorico.corriere.it/1996/febbraio/28/comandante_Giacca_graziato_Pertini_co_0_96022810765.shtml|titolo=Il comandante Giacca graziato da Pertini|pubblicazione=Corriere della Sera|data=28 febbraio 1996|accesso=1 settembre 2012}}</ref> e morì a [[Sesana]] il 22 gennaio 1999. Più volte intervistato dalla stampa italiana negli anni successivi alla fuga, si dichiarò sempre certo del tradimento della Osoppo: ribadì più volte la correttezza delle sue azioni e continuò ad accusare gli uomini della Osoppo, tra le altre cose, di aver inglobato al proprio interno molti uomini appartenenti a gruppi fascisti, di aver collaborato attivamente con gli uomini della [[Repubblica Sociale Italiana|RSI]] e di aver spesso trattenuto le forniture di armi e attrezzature britanniche che secondo gli accordi spettavano ai garibaldini<ref name=stella>{{cita news|autore=[[Gian Antonio Stella]]|url=http://archiviostorico.corriere.it/1992/gennaio/31/NOINDC_co_0_92013110951.shtml|titolo=Strage di Porzus: non si pente il fucilatore "rosso"|pubblicazione=Corriere della Sera|data=31 gennaio 1992|accesso=28 giugno 2012}}</ref><ref name=morelli1996>{{cita news|autore=Roberto Morelli|url=http://archiviostorico.corriere.it/1996/agosto/30/pensionato_delle_Foibe_non_pento_co_0_96083010674.shtml|titolo=Io, pensionato delle Foibe, non mi pento|pubblicazione=Corriere della Sera|data=30 agosto 1996|accesso=28 giugno 2012}}</ref><ref name=nava>{{cita news|autore=Massimo Nava|url=http://archiviostorico.corriere.it/1997/agosto/19/Porzus_giusto_sparare_noi_loro_co_0_9708195043.shtml|titolo=A Porzus fu giusto sparare: o noi o loro|pubblicazione=Corriere della Sera|data=19 agosto 1997|accesso=28 giugno 2012}}</ref><ref name=deotto/>.<br />
*Vittorio Juri "Marco" (ergastolo) visse il resto della propria vita a Capodistria, maturando la pensione italiana e gestendo un bar<ref>I suoi figli [[Aurelio Juri|Aurelio]] e [[Franco Juri|Franco]] sono divenuti personaggi di spicco della vita politica e culturale della Slovenia. L'11 settembre 2009, in occasione di un discorso pubblico nel corso dell'annuale commemorazione dei quattro appartenenti al [[TIGR]] fucilati a [[Basovizza]] dalle autorità fasciste nel 1930, Franco Juri affermò d'essere «più che mai fiero di essere figlio di un partigiano italiano garibaldino che combatté il fascismo e il nazismo a fianco dei partigiani sloveni». [http://www.skgz.org/bazovica-2009---franco-juri ''Bazovica 2009 - Franco Juri''], Dal sito dell'SKGZ - Unione Culturale Economica Slovena.</ref>.<br />
*Alfio Tambosso "Ultra" (ergastolo) si stabilì a [[Lubiana]] (Slovenia) dove acquisì una buona fama come [[mosaicista]]<ref>Il suo nome viene citato anche in alcuni saggi di storia dell'arte slovena, quali per esempio Maja Lozar Štamcar, ''Društvo oblikovalcev Slovenije - prvo desetletje (1951-1961)'', in ''Acta Historiae Artis Slovenica'', 15, Ljubljana 2010, p. 160.</ref>, tornando in Italia di tanto in tanto dopo l'amnistia del 1959.<br />
*Ostelio Modesti "Franco" (30 anni), scarcerato nel 1954, fu in seguito segretario del PCI per la provincia di [[Matera]]<ref name=finetti/>, e poi funzionario della federazione del PCI di [[Belluno]]<ref>{{cita|Cesselli 1975|pp. 160-161|harv=s}}.</ref>.<br />
*[[Giovanni Padoan]] "Vanni" (30 anni) nel 1950 fu eletto segretario dell'[[ANPI]] di Udine, poi fino all'assoluzione di Lucca riparò all'estero. Nel 1954 fu eletto segretario regionale dell'ANPI del Veneto. Dopo la condanna di Firenze fuggì nuovamente, per ritornare in Italia dopo l'amnistia. Gestì un negozio di mercerie a [[Cormons]] e fece parte del direttivo dell'Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione<ref name=finetti>{{cita libro|Ugo|Finetti|La Resistenza cancellata|2004|Edizioni Ares|Milano|pagine=p. 319}}</ref>.<br />
*Aldo Plaino "Valerio" (30 anni) rientrò dal [[Territorio libero di Trieste]] in Italia a seguito dell'amnistia: fece l'autista, poi una volta pensionato si ritirò a [[Buttrio]].<br />
*Lorenzo Deotto "Lilly" (22 anni e 8 mesi) visse a [[Zagabria]] (Croazia), dove fece il vetraio.<br />
*Leonida Mazzaroli "Silvestro" (22 anni e 8 mesi) riparò in Francia e non rientrò più in Italia.<br />
*Urbino Sfiligoi "Bino" (22 anni e 8 mesi), rientrato dalla Jugoslavia dopo l'amnistia, fece il minatore ad Albana ([[Prepotto]]).<br />
*Tullio Di Gaspero "Osso" (20 anni e 8 mesi) rimase in carcere dal 1949 al 1959, poi tornò in Friuli a lavorare come artigiano nella lavorazione delle sedie.<br />
*Adriano Cernotto "Ciclone" (18 anni) si spostò definitivamente a [[Umago]] (Croazia), dove fece l'albergatore e morì.<br />
*Giorgio Julita "Jolly" (18 anni) fu arrestato nel 1949, ma in seguito visse fra l'Italia e la Jugoslavia, morendo in giovane età.<br />
*Venuto Mauri "Piero" (18 anni) visse in Jugoslavia e non tornò in Italia dopo l'amnistia.<br />
*Mario Giovanni Ottaviano "Bibo" (18 anni) dopo l'aministia aprì un negozio di mercerie a [[Trivignano Udinese]].<br />
*Fortunato Pagnutti "Dinamite" (18 anni) visse in Italia lavorando come operaio edile e morì all'inizio degli anni settanta.<br />
*Giorgio Sfiligoi "Terzo" (18 anni) visse il resto della sua vita in un paesino in Slovenia, ai confini col [[Collio (territorio)|Collio]] friulano.<br />
*Gustavo Bet "Gastone" (assolto per non aver commesso i fatti per alcuni omicidi, per insufficienza di prove per altri) rimase latitante fino all'amnistia, poi si stabilì a [[Lignano Sabbiadoro]], dove divenne albergatore.<br />
<br />
== La medaglia d'oro a De Gregori ==<br />
A Francesco De Gregori fu riconosciuta, nel 1945, la [[medaglia d'oro al valor militare]] alla memoria, con una motivazione contenente la seguente frase: «Cadeva vittima della tragica situazione creata dal fascismo ed alimentata dall'oppressore tedesco in quel martoriato lembo d'Italia dove il comune spirito patriottico non sempre riusciva a fondere in un sol blocco le forze della Resistenza»<ref>{{cita web|url=http://www.quirinale.it/elementi/DettaglioOnorificenze.aspx?decorato=14540|titolo=Motivazioni della medaglia d'oro al valor militare a Francesco De Gregori|accesso=28 giugno 2012}}</ref> che, non facendo alcun riferimento all'eccidio e ai suoi esecutori, fu molti anni dopo considerata «ineffabile», «reticente»<ref>{{cita news|autore=[[Paolo Simoncelli]]|titolo=Sulla strage di Porzûs strane ipocrisie|pubblicazione=[[Avvenire]]|url=http://www.anvgd.it/rassegna-stampa/8812-sulla-strage-di-porzus-strane-ipocrisie-avvenire-26-mag|data=27 maggio 2010|accesso=28 giugno 2012}}</ref> o indice di «contorsionismo»<ref>Alfio Caruso, ''Tutti vivi all'assalto'', Longanesi, Milano 2003, p. 358.</ref>.<br />
<br />
==I mandanti e le motivazioni dell'eccidio==<br />
Nel corso dei decenni varie ipotesi (talora radicalmente divergenti tra loro e che propongono letture totalmente antitetiche degli eventi) sono state avanzate sui mandanti dell'eccidio e sulle sue motivazioni, spesso in corrispondenza con la scoperta di nuovi documenti o con l'apertura di nuovi filoni giudiziari.<br />
Alcuni fra gli stessi protagonisti dei fatti, col passare del tempo, hanno modificato anche in maniera notevole le proprie precedenti dichiarazioni, rendendo il quadro ancor più difficile da interpretare.<br />
<br />
===Le versioni di Toffanin===<br />
Mario Toffanin "Giacca", principale responsabile materiale dell'eccidio di Porzûs, rilasciò una serie di interviste negli [[anni 1990|anni novanta]], nel corso delle quali mantenne alcuni punti fermi: la Osoppo era responsabile di aver intrattenuto rapporti con la Decima Mas e con i tedeschi e stava organizzando l'eliminazione del comando GAP; l'organizzazione della missione alle malghe di Topli Uork era stata solo sua; l'eccidio fu un legittimo atto di guerra, giustificato dal tradimento degli osovani e causato dall'impeto rabbioso derivante dall'aver visto la spia Elda Turchetti presso il comando partigiano: un'azione che Toffanin avrebbe sempre rifatto tale e quale, senza alcun ripensamento; il processo fu una manovra, ordita dai democristiani<ref name=stella/><ref name=morelli1996/><ref name=demarco/><ref name=nava/>. Altri aspetti vennero invece raccontati in modo difforme: fra gli altri, in un'intervista a [[Radio Radicale]] del 1992 Toffanin raccontò d'esser salito a Topli Uork dopo aver saputo da alcuni comandanti gappisti che gli osovani avevano ucciso cinque partigiani garibaldini<ref>{{cita news|autore=Maurizio Beker|url=http://www.radioradicale.it/scheda/44583?format=32|titolo=Eccidio di partigiani bianchi della brigata Osoppo a Porzus nel 1945. Intervista a [[Galliano Fogar]] e [[Mario Toffanin]] "Giacca" (in collegamento telefonico da Capodistria)|pubblicazione=Radio Radicale|data=5 febbraio 1992|accesso=17 luglio 2012}}</ref>; mentre nel 1997 affermò che i partigiani uccisi dagli osovani erano due e l'informatore sarebbe stato «un contadino»<ref name=demarco/>.<br />
<br />
In tali interviste Toffanin cambiò però completamente la propria versione rispetto a quanto aveva dichiarato nella relazione scritta a ridosso del fatto: le strutture del PCI non risultavano più coinvolte in nessuna fase dell'evento e si disconosceva l'esistenza di un qualsiasi ordine superiore relativamente alla missione e ai suoi scopi.<br />
Interrogato sulla discrepanza, nel 1992 Toffanin affermò che la relazione del 1945 era in realtà un falso<ref name=stella/>.<br />
<br />
===La tesi dei mandanti sloveni===<br />
L'ipotesi che nella storiografia italiana ha via via preso più vigore, anche sulla scorta delle risultanze processuali, le quali hanno espressamente indicato come il passaggio dei garibaldini della Natisone alle dipendenze del IX Korpus, la propaganda filojugoslava svolta nei confronti di formazioni partigiane e l'eccidio di Porzûs facessero parte di un medesimo disegno avente come scopo ultimo la cessione di parti dello Stato italiano alla Jugoslavia<ref name=bianchi247/>, e infine dell'apertura di una serie di archivi prima inaccessibili, attribuisce la motivazione dell'eccidio a una sorta di "pulizia preventiva" contro gli oppositori, reali o potenziali, del regime comunista jugoslavo che secondo i disegni espansionistici di Tito avrebbe dovuto annettere anche i territori friulani e giuliani prossimi all'attuale confine, comprendenti il [[Provincia di Gorizia (1927-1943)|Goriziano]], la [[Slavia veneta]] e la striscia costiera che da Trieste va fino a Monfalcone. La stessa dinamica avrebbe portato anche ai [[massacri delle foibe]], nelle quali furono eliminati&nbsp;– fra l'altro&nbsp;– centinaia di italiani considerati contrari all'annessione jugoslava.<br />
[[File:Vanni Padoan.png|thumb|upright|left|Giovanni Padoan "Vanni", in una vecchia foto segnaletica]]<br />
<br />
La tesi secondo la quale l'eccidio di Porzûs sia imputabile agli sloveni trovò alcune indirette conferme documentali: esso fu anche preannunciato in un rapporto al [[Foreign Office]] pervenuto pochi giorni prima della strage.<br />
In tale rapporto un ufficiale di collegamento britannico al seguito dei partigiani sloveni operanti nell'Italia nordorientale aveva reso noto che l'unità cui era aggregato aveva catturato alcuni partigiani della Osoppo e che, alle sue rimostranze, il comandante sloveno aveva risposto di avere agito in base a ordini superiori.<br />
L'autore del rapporto aveva espresso quindi l'opinione che gli sloveni avevano l'intenzione di attaccare il comando generale delle brigate Osoppo<ref>Antonio Giulio de Robertis, ''La frontiera orientale italiana nella diplomazia della II guerra mondiale'', Edizione Scientifiche Italiane, Napoli 1981, p. 247.</ref>. Lo stesso "Bolla", nel suo rapporto del 17 gennaio 1945 che denunciò il rapimento di "Make", "Rinato" e "Vandalo" da parte del IX Korpus, affermò che «certamente, nei prossimi giorni tali atti di inqualificabile violenza (…) si ripeterà (sic) a danno dei nostri piccoli distaccamenti di Prossenicco e Canebola, fino a quando si ripeterà, come logica conclusione di una linea di condotta che ormai appare fin troppo chiara, contro questo Comando stesso»<ref>{{cita|Strazzolini 2008|min. 1:37:14 ss.|harv=s}}</ref>.<br />
<br />
Fra gli autori che hanno in vario modo contribuito a questa ricostruzione dei fatti o l'hanno fatta propria almeno in senso generale, sono da ricordare [[Elena Aga Rossi]]<ref name="cita|Piffer 2012|harv=s">{{cita|Piffer 2012|harv=s}}.</ref>, Alberto Buvoli<ref name=manin/>, [[Marina Cattaruzza]]<ref>{{cita|Cattaruzza 2007|p. 279|harv=s}}.</ref>, Sergio Gervasutti<ref>{{cita|Gervasutti 1997||harv=s}}.</ref>, Tommaso Piffer<ref name="cita|Piffer 2012|harv=s"/>, [[Raoul Pupo]]<ref>{{cita|Pupo 2010|pp. 71-74|harv=s}}.</ref> e altri.<br />
<br />
L'ex commissario politico della Divisione Garibaldi Natisone Giovanni Padoan "Vanni", condannato sia in appello che in Cassazione, fin dagli [[anni 1960|anni sessanta]] intraprese un percorso di revisione delle interpretazioni allora in voga nel PCI riconoscendo la sostanziale fondatezza del verdetto di Lucca e rimarcando in modo sempre più deciso la responsabilità nella strage dei vertici del partito in Friuli e del IX Korpus sloveno<ref>Per l'evoluzione del pensiero di Padoan: {{cita|Padoan 1965|harv=s}}, {{cita|Padoan 2000|harv=s}}.</ref>. Il [[23 agosto]] [[2001]], durante un tentativo di riconciliazione fra garibaldini e osovani (peraltro non sostenuto in modo convincente dall'ANPI e dall'Associazione Partigiani Osoppo) che vide il suo abbraccio alle malghe di Topli Uork col sacerdote ed ex partigiano osovano don Redento Bello "Candido"<ref name=morelli2001>{{cita news|autore=Roberto Morelli|url=http://archiviostorico.corriere.it/2001/agosto/24/Porzus_abbraccio_che_chiude_guerra_co_0_0108245189.shtml|titolo=A Porzus, l'abbraccio che chiude la guerra|pubblicazione=Corriere della Sera|data= 24 agosto 2001|accesso=28 giugno 2012}}</ref>,<br />
"Vanni" lesse una dichiarazione che ebbe il valore di un'assunzione di «responsabilità oggettiva» per sé e la sua parte politica, indicando espressamente mandanti ed esecutori:<br />
<br />
{{quote|L'eccidio di Porzus e del Bosco Romagno, dove furono trucidati 20 partigiani osovani, è stato un crimine di guerra che esclude ogni giustificazione. E la corte d'assise di Lucca ha fatto giustizia condannando gli autori di tale misfatto. Benché il mandante di tale eccidio sia stato il Comando sloveno del IX Korpus, gli esecutori, però, erano gappisti dipendenti anche militarmente dalla Federazione del PCI di Udine, i cui dirigenti si resero complici del barbaro misfatto e siccome i GAP erano formazioni garibaldine, quale dirigente comunista d'allora e ultimo membro vivente del Comando Raggruppamento divisioni "Garibaldi-Friuli", assumo la responsabilità oggettiva a nome mio personale e di tutti coloro che concordano con questa posizione. E chiedo formalmente scusa e perdono agli eredi delle vittime del barbaro eccidio. Come affermò a suo tempo lo storico Marco Cesselli, questa dichiarazione l'avrebbe dovuta fare il Comando Raggruppamento divisioni "Garibaldi-Friuli" quando era in corso il processo di Lucca. Purtroppo, la situazione politica da guerra fredda non lo rese possibile.|Giovanni Padoan, 2001<ref>{{cita news|autore=Alessandra Santoro|url=http://espresso.repubblica.it/dettaglio/morto-vanni-padoan-%3Cbr%3Echiese-perdono-per-porz%C3%BBs/1935857|titolo=Morto Vanni Padoan, chiese perdono per Porzûs|pubblicazione=[[L'espresso]]|data= 2 gennaio 2008|accesso=28 maggio 2012}}</ref>}}<br />
<br />
===La tesi filojugoslava===<br />
La storiografia jugoslava non produsse alcuno studio sull'eccidio di Porzûs. Così com'era stata reclamata alla fine della [[prima guerra mondiale|Grande Guerra]]<ref>Ivo Lederer, ''La Jugoslavia dalla conferenza della pace al trattato di Rapallo 1919-1920'', Il Saggiatore, Milano 1966, pp. 140 ss.</ref>, la Slavia veneta fu richiesta ufficialmente dagli jugoslavi anche al termine della seconda guerra mondiale<ref>''Documento ufficiale della Commissione storica italo-slovena'', 2001, paragrafo 4, ''Periodo 1945-1956''.</ref>: era comune ritenere&nbsp;– come affermò nel 1995, dopo la fine della Federativa, il primo ministro sloveno [[Janez Janša]] nel corso della prima celebrazione della [[Festa del Litorale Sloveno|Festa del ritorno del Litorale Sloveno alla madrepatria]]&nbsp;– che se «il regime jugoslavo non avesse trascinato il Paese al di là della [[cortina di ferro]], avremmo potuto contare anche su Trieste, Gorizia e la Slavia veneta»<ref>{{cita news|titolo=Festa del Litorale: Jansa: ci mancano Trieste e Gorizia|url=http://www.leganazionale.it/index.php?option=com_content&view=article&id=750:festa-del-litorale-jansa-ci-mancano-trieste-e-gorizia&catid=113:esodo|pubblicazione=Il Piccolo|data=18 settembre 2005|accesso=29 giugno 2012}}</ref><ref>Le parole di Janša produssero un'[[interrogazione parlamentare]] del deputato di [[Alleanza Nazionale|AN]] [[Roberto Menia]]: {{cita web|url=http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_14/showXhtml.Asp?idAtto=12012&stile=6&highLight=1&paroleContenute=|titolo=Interrogazione a risposta orale 3-05044 presentata da Roberto Menia lunedì 26 settembre 2005 nella seduta n. 677|data=26 settembre 2005|accesso=29 giugno 2012}}</ref>.<br />
<br />
Sempre dal punto di vista filojugoslavo, in anni più recenti la tematica è stata brevemente ripresa, tra gli altri, dallo storico triestino [[Jože Pirjevec]]<ref>{{cita|Pirjevec 2009|pp. 78-81|harv=s}}.</ref>, nell'ambito di un saggio dedicato ai massacri delle foibe che ha creato una lunga serie di polemiche<ref>{{cita news|autore=[[Roberto Spazzali]]|url=http://www.anvgd.it/index.php?option=com_content&task=view&id=6623&Itemid=111|titolo=Pirjevec: le foibe solo propaganda|pubblicazione=[[Il Piccolo]]|data=13 ottobre 2009|accesso=29 giugno 2012}}</ref><ref>{{Cita news|autore=[[Paolo Mieli]]|url=http://archiviostorico.corriere.it/2010/aprile/06/Trieste_guerra_Tito_contro_gli_co_9_100406058.shtml|titolo=Trieste, la guerra di Tito contro gli antifascisti|pubblicazione=Corriere della Sera|data=6 aprile 2010|accesso=29 giugno 2012}}</ref><ref>{{Cita news|autore=[[Raoul Pupo]] e [[Giuseppe Parlato]]|titolo=Dalla Slovenia (via Einaudi) un altro falso storico sulle foibe|pubblicazione=[[Libero (quotidiano)|Libero]]|data=13 ottobre 2009}}</ref><ref>{{Cita news|autore=Ugo Finetti|url=http://www.ilgiornale.it/cultura/il_libro_scandalo_che_occulta_foibe/01-02-2010/articolo-id=418325-page=0-comments=1|titolo=Il libro dello scandalo che "occulta" le foibe|data=1º febbraio 2010|pubblicazione=[[il Giornale]]|accesso=29 giugno 2012}}</ref>.<br />
<br />
Secondo Pirjevec, nelle speranze dei comunisti sloveni e italiani l'impeto rivoluzionario comune avrebbe dovuto espandersi in tutto il nord Italia, vagheggiando addirittura che tutte le Divisioni Garibaldi «nell'Italia propriamente detta» si assoggettassero al Fronte di liberazione sloveno<ref>{{cita|Pirjevec 2009|p. 80 e nota 291|harv=s}}.</ref>.<br />
La Osoppo, costituendo un movimento resistenziale "bianco", per opporsi a queste mire avrebbe intrattenuto rapporti diplomatici con la [[Wehrmacht]], con i collaborazionisti cosacchi e con la Decima Mas.<br />
Pirjevec per primo riportò la notizia secondo la quale cinque partigiani garibaldini sarebbero stati uccisi da membri della Osoppo quando fu diffusa la notizia della loro adesione al IX Korpus sloveno, ma da una verifica successiva risultò che il documento contenuto in uno degli archivi di stato russi citato dallo storico triestino a sostegno della propria affermazione in realtà non parla di «conflitti fra partigiani comunisti e partigiani democratici sul confine orientale italiano nel 1945»<ref>{{cita|Pirjevec 2009|p. 80|harv=s}}. La confutazione della fonte è a opera di Patrick Karlsen ed Elena Aga Rossi, che contattarono i responsabili dell'archivio V. Šepelev e S. Rosental. Il virgolettato è tratto direttamente dalla risposta di questi ultimi, citata in {{cita|Piffer 2012|p. 111|harv=s}}.</ref>. Sempre secondo Pirjevec, in Friuli si sarebbero manifestate delle «tendenze separatistiche (…), dove alcuni circoli pensavano di staccarsi dall'Italia e aderire come entità autonoma alla Jugoslavia». In tale contesto sarebbe avvenuto il «fatto tragico» dell'attacco gappista di Porzûs, del quale il IX Korpus sarebbe stato completamente ignaro, ma visto il successivo asilo prestato in seguito a Toffanin dagli sloveni, sarebbero sorte delle «voci tendenziose (…) che la strage fosse stata voluta da loro», il che avrebbe contribuito a far assumere al fatto, «marginale pur nella sua tragicità», delle «dimensioni sproporzionate»<ref>{{cita|Pirjevec 2009|pp. 80-81|harv=s}}.</ref>.<br />
<br />
===Altre ricostruzioni===<br />
====Le ipotesi di Aldo Moretti====<br />
{{vedi anche|Aldo Moretti}}<br />
Monsignor Aldo Moretti "Lino", [[medaglia d'oro al valor militare]] e tra i fondatori delle Divisioni Osoppo, pur ritenendo che l'eccidio di Porzûs fosse stato compiuto «…nell'interesse della causa slovena (…) con l'indispensabile consenso degli uomini del PCI»<ref>{{cita pubblicazione|autore=Aldo Moretti|anno=1987|titolo=La "questione nazionale" del goriziano nell'esperienza osovana (1943-1945)|rivista=I cattolici isontini nel XX secolo|editore=Istituto di Storia Sociale e Religiosa|città=Gorizia|volume=III|pagine=194|url=http://books.google.it/books?id=ppiSaksgqKwC&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false|accesso=29 giugno 2012}}</ref>, espresse anche l'opinione secondo la quale gli Alleati&nbsp;– in particolare i servizi segreti britannici&nbsp;– pensando già al dopoguerra e temendo la collaborazione tra i partigiani cattolici e quelli comunisti, avessero cercato di dividere quel fronte fino a sacrificare la Osoppo per mano delle formazioni comuniste oramai al servizio degli jugoslavi (considerati a questo punto futuri nemici più che attuali alleati), al fine di screditarle<ref name=famcrimoretti>{{cita news|autore=[[Alberto Bobbio]]|url=http://www.stpauls.it/fc97/3697fc/3697fc102.htm|titolo=La strage di Porzus, la verità del partigiano Lino|pubblicazione=[[Famiglia Cristiana]]|data=10 settembre 1997|accesso=29 giugno 2012}}</ref>. Le stesse denunce di Radio Londra contro Elda Turchetti, oltre ad un certo tergiversare da parte dell'ufficiale inglese Thomas Rowort "Nicholson" nel gestire le (poi rifiutate) proposte di alleanza in chiave anti-jugoslava da parte della [[Xª Flottiglia MAS (Repubblica Sociale Italiana)|Xª MAS]], sarebbero rientrate in tale strategia<ref name=famcrimoretti/>.<br />
<br />
L'ipotesi di Moretti del coinvolgimento dei servizi segreti britannici nell'eccidio di Porzûs non fu in seguito approfondita dalla storiografia internazionale, se non da alcuni autori&nbsp;– segnatamente Alessandra Kersevan e Goradz Bajc&nbsp;– in termini più ampi, laddove le attività di detti servizi segreti vengono inserite in un quadro di doppi e tripli giochi comprendente svariati altri attori.<br />
<br />
====Le ipotesi di Alessandra Kersevan e Gorazd Bajc====<br />
In un libro apparso nel 1995, la ricercatrice [[Friuli-Venezia Giulia|friulana]] [[Alessandra Kersevan]] sottopose ad analisi una parte dei documenti e delle testimonianze all'epoca apparsi, il tutto presentato in maniera discorsiva come se si trattasse di un lungo colloquio fra due ricercatori<ref>{{cita|Kersevan 1995|harv=s}}.</ref>.<br />
Alla luce di una serie di fatti contemporanei e successivi all'eccidio, Kersevan ipotizzò che nella vicenda di Porzûs vi fosse stato un massiccio intervento manipolatorio dei servizi segreti militari angloamericani in combutta con quelli italiani, in un quadro di doppi e tripli giochi che coinvolsero il PCI, l'ignaro Toffanin&nbsp;– che quindi sarebbe stato strumento inconsapevole dell'imperialismo statunitense&nbsp;– nonché la Decima Mas di [[Junio Valerio Borghese]].<br />
Nelle estreme terre nordorientali italiane si sarebbe quindi giocato fin dal 1944-1945 un prodromo della [[guerra fredda]] postbellica, con fortissime infiltrazioni fasciste repubblicane all'interno del movimento partigiano friulano, al fine ultimo di impedire il saldarsi dei movimenti comunisti sloveni e italiani in un moto rivoluzionario esteso al Nord Italia, gettando il discredito sui partigiani jugoslavi anche con altre contestuali campagne di disinformazione e manipolazione, come quella dei massacri delle foibe.<br />
In tal quadro il IX Korpus sloveno sarebbe quindi stato contemporaneamente spettatore e vittima, mentre i comandi della Osoppo sarebbero stati in realtà conniventi con i nazisti e la Decima Mas in funzione anticomunista e antislava, con la collaborazione occulta ma attiva delle potenze occidentali e la benedizione della chiesa cattolica locale, coinvolta fin nelle sue più alte gerarchie.<br />
<br />
Tale gigantesca operazione sarebbe poi continuata col processo, considerato dalla Kersevan una montatura basata in gran parte su testimonianze e documenti falsi o manipolati, compresi fra gli altri non solo il rapporto sui fatti stilato da "Giacca" e i suoi, ma anche la famosa lettera di accusa agli sloveni e ai garibaldini che Guido Pasolini spedì al fratello Pierpaolo a novembre del 1944 e che fu poi trasmessa da quest'ultimo alle autorità inquirenti<ref name=kersevan2008>Alessandra Kersevan. «Porzûs: il più grande processo antipartigiano del dopoguerra». AA.VV., ''Foibe. Revisionismo di stato e amnesie della Repubblica'', Kappa Vu, Udine 2008, pp. 115 ss.</ref>.<br />
Il tutto non sarebbe stato che il prodromo delle attività di [[Organizzazione Gladio|Gladio]], con varie connessioni con la [[mafia]], la [[P2]] e lo [[strategia della tensione|stragismo di Stato]].<br />
A partire dagli anni novanta, a rafforzare tutto ciò&nbsp;– sempre secondo Kersevan&nbsp;– si sarebbe saldata un'altra manovra tutta politica a opera degli eredi del PCI ([[Partito Democratico della Sinistra|PDS]], poi [[Democratici di Sinistra|DS]]) e dei fascisti ([[Alleanza Nazionale|AN]]): una «convergenza destra-sinistra tesa a ricostruire un immaginario condiviso anticomunista. Non è un caso che il film ''[[Porzûs (film)|Porzûs]]'' di [[Renzo Martinelli]] sia stato finanziato dall'allora governo di centro-sinistra, cioè dal ministro della cultura [[Walter Veltroni]], ma apprezzato anche a destra»<ref name=kersevan2008/>.<br />
Kersevan sostiene che, con la fuga in Jugoslavia e in altri paesi socialisti degli imputati del processo condannati per vari reati, sarebbe stata costretta ad andarsene dal Friuli «la meglio gioventù»<ref name=kersevan2008/>.<br />
<br />
Una simile linea interpretativa è stata proposta anche dallo storico [[Trieste|triestino]] dell'[[Università del Litorale]] di [[Capodistria]] Gorazd Bajc<ref>Gorazd Bajc, ''Operacija Julijska Krajina. Severovzhodna meja Italije in zavezniške obveščevalne službe, 1943-1945'', Univerza na Primorskem&nbsp;– Znanstveno-raziskovalno središče, Zal. Annales, Koper 2006.</ref>: eccidio di Porzûs e massacri delle foibe sarebbero delle enormi montature propagandistiche montate ad arte o «incoraggiate» dai servizi segreti statunitensi per spezzare l'intesa fra comunisti italiani e sloveni.<br />
<br />
====Le ipotesi giudiziarie di Carlo Mastelloni====<br />
Simile a quella di Bajc fu anche un'ipotesi avanzata nel 1997 dal giudice istruttore Carlo Mastelloni nell'ambito della sua inchiesta su [[Argo 16]], peraltro conclusasi senza alcuna conferma giudiziaria e senza alcuna condanna<ref>{{cita news|url=http://archiviostorico.corriere.it/1999/dicembre/17/Argo_tutti_assolti_Non_sabotaggio_co_0_9912179585.shtml|autore=Luciano Ferraro|titolo=Argo 16, tutti assolti: "Non fu un sabotaggio del Mossad"|pubblicazione=Corriere della Sera|data= 17 dicembre 1999|accesso=29 giugno 2012}}</ref>. In tale complesso contesto denso di doppi e tripli giochi, anche la stessa figura di Mario Toffanin sarebbe da riconsiderare: alcuni lo vedrebbero addirittura come agente dei tedeschi<ref>{{cita news|autore=[[Gian Antonio Stella]]|url=http://archiviostorico.corriere.it/1997/agosto/27/Porzus_grande_trappola_co_0_9708275946.shtml|titolo=Porzus. La grande trappola|pubblicazione=Corriere della Sera|data=27 agosto 1997|accesso=29 giugno 2012}} Per la pubblicazione dell'articolo citato, nel 2005 la [[RCS Quotidiani s.p.a.]], [[Ferruccio De Bortoli]] e Gian Antonio Stella furono chiamati in giudizio dinanzi al tribunale di Milano dai congiunti di Mario Lizzero e condannati a versare loro un risarcimento per danni morali, in quanto il testo contiene espressioni giudicate «offensive della memoria» del defunto commissario politico partigiano. Si veda il [http://archiviostorico.corriere.it/2005/dicembre/24/TRIBUNALE_MILANO_co_9_051224032.shtml dispositivo della sentenza] pubblicato sullo stesso quotidiano.</ref>.<br />
<br />
== Le controversie politiche e storiografiche sull'eccidio ==<br />
{{vedi anche|Controversie sull'eccidio di Porzûs}}<br />
Le responsabilità politiche e materiali dell'eccidio di Porzûs sono al centro di un acceso dibattito politico e storiografico<ref>[[Elena Aga Rossi]], ''L'eccidio di Porzus e la sua memoria'', in {{cita|Piffer 2012|harv=s}}. Il saggio è stato poi ripubblicato lo stesso anno col titolo {{cita pubblicazione|titolo="Porzus" nella storiografia. La Osoppo e il mancato "rovesciamento di fronte"|rivista=[[Critica Sociale]]|numero=3-4|pagine=24-25|url=http://www.criticasociale.net/files/2_0004665_file_1.pdf|accesso=29 giugno 2012}}</ref>, intersecatosi fino agli [[anni 1950|anni cinquanta]] con i processi ai quali furono sottoposti esecutori e presunti mandanti della strage. Gli eventi legati a Porzûs hanno acquisito un valore paradigmatico: per gli uni del tentativo di delegittimare la Resistenza proiettando sull'intero movimento partigiano un episodio ritenuto marginale, per gli altri della natura totalitaria e antidemocratica del Partito Comunista Italiano e del carattere sostanzialmente antinazionale della sua politica<ref>{{cita|Piffer 2012|''Introduzione'', pp. 7 ss. e pp. 94 ss|harv=s}}.</ref>.<br />
<br />
Durante il processo, il PCI organizzò una campagna di stampa per ribadire le accuse di connivenza con fascisti e nazisti dei reparti della Osoppo, ritenendo che in Italia fosse sostanzialmente tornata al potere una destra direttamente connessa col regime fascista, della quale la Democrazia Cristiana era il cardine, che tramite il processo per l'eccidio voleva mettere sotto accusa il PCI e l'intero movimento resistenziale<ref>{{cita news|autore=[[Davide Lajolo]]|url=http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1952_01/19520127_0003.pdf|titolo=Le vicende del processo Porzus e la campagna elettorale D.C.|pubblicazione=l'Unità|data=27 gennaio 1952|accesso=29 giugno 2012|formato=PDF}}</ref>. Della chiusura della vicenda giudiziaria per intervenuta amnistia nel 1959 non fu data notizia, e per circa quindici anni sulla vicenda cadde il silenzio.<br />
<br />
Nel 1964 [[Roberto Battaglia]]&nbsp;– storico iscritto al PCI, già comandante partigiano&nbsp;– nella sua ''Storia della Resistenza italiana'' attribuì la responsabilità dell'eccidio all'anticomunismo di "Bolla", che si sarebbe scontrato con «l'animosa intolleranza di fanatici avversari»<ref>Roberto Battaglia, ''Storia della Resistenza italiana'', Torino, Einaudi, 1964, pp. 442-443.</ref>. La tesi di Battaglia, che indicò gli osovani come corresponsabili dell'eccidio, nei decenni successivi venne ripresa, in tutto o in parte, da altri autori come [[Giorgio Bocca]]<ref>Giorgio Bocca, ''Storia dell'Italia partigiana'', Bari, Laterza, 1966, p. 441.</ref> o Giampaolo Gallo<ref>{{cita libro|Giampaolo|Gallo|La resistenza in Friuli|2005|Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione|Udine|2005|pagine=p. 209}}</ref>. Un altro gruppo di autori concentrò la propria attenzione sulle responsabilità degli osovani in relazione ai loro contatti con la Decima Mas, che avrebbe quindi, se non giustificato, quanto meno reso comprensibile la reazione di Toffanin e i suoi: su tale aspetto insistettero per esempio Pierluigi Pallante<ref>{{cita libro|Pierluigi|Pallante|Il PCI e la questione nazionale. Friuli-Venezia Giulia 1941-1945|1980|Del Bianco|Udine|1980|pagine=pp. 236 ss}}</ref> e Pier Arrigo Carnier<ref>{{cita libro|Pier Arrigo|Carnier|Lo sterminio mancato. La dominazione nazista nel Veneto orientale 1943-1945|1982|Mursia|Milano|1982|pagine=pp. 180-182}}</ref>.<br />
<br />
Nel 1975 venne pubblicato il primo studio specifico sull'eccidio, ''Porzûs, due volti della Resistenza'' di Marco Cesselli, nel quale si espressero delle caute aperture verso una revisione della precedente interpretazione dell'eccidio e si misero in luce le responsabilità politiche dei massimi dirigenti del PCI friulano, ma per il resto del decennio e per quasi tutti gli [[anni 1980|anni ottanta]] la storia di Porzûs non suscitò quasi alcun interesse da parte degli storici accademici<ref>{{cita news|autore=[[Dario Fertilio]]|url=http://archiviostorico.corriere.it/1997/agosto/13/Malga_Porzus_risveglio_della_sinistra_co_0_9708135173.shtml|titolo=Malga Porzus, il risveglio della sinistra|pubblicazione=Corriere della Sera|data=13 agosto 1997|accesso=29 giugno 2012}}</ref>.<br />
<br />
La questione tornò prepotentemente all'attenzione dell'opinione pubblica negli [[anni 1990|anni novanta]], intersecandosi con altre polemiche quali quelle sul cosiddetto [[triangolo della morte (Emilia)|triangolo della morte]] o quelle su [[Organizzazione Gladio|Gladio]], un'organizzazione anticomunista di tipo ''[[stay-behind]]'' legata alla [[NATO]], a cui aderì un numero imprecisato di ex partigiani della Osoppo<ref>[[Cesare Bermani]], ''Il nemico interno. Guerra civile e lotte di classe in Italia, 1943-1976'', Roma, Odradek 2003.</ref>. La polemica raggiunse la sua acme quando l'allora presidente della Repubblica [[Francesco Cossiga]], nel corso di una visita in Friuli nel febbraio del 1992, incontrò pubblicamente un gruppo di appartenenti a Gladio, accusando i partigiani comunisti di aver combattuto anche per l'instaurazione di una dittatura contro gli interessi nazionali dell'Italia<ref>{{cita news|autore=Pasquale Cascella|url=http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1992_02/19920209_0003.pdf|formato=PDF|titolo=Partigiani? No, volevano la dittatura|pubblicazione=l'Unità|data= 9 febbraio 1992|accesso=29 giugno 2012}}</ref>.<br />
<br />
Nella seconda metà del decennio, le polemiche si incrociarono con un più ampio dibattito sulla revisione storiografica del fascismo e della Resistenza, notevolmente aumentato a partire dall'entrata nel governo del [[Movimento Sociale Italiano]] (1994) e visto nell'ottica più ampia delle questioni relative alla cessione dei territori orientali a seguito del [[trattato di Parigi fra l'Italia e le potenze alleate|trattato di pace del 1947]], ai [[massacri delle foibe]] e all'[[esodo istriano|esodo giuliano-dalmata]]<ref>[[Elena Aga Rossi]], «Il PCI tra identità comunista e interesse nazionale» in Marina Cattaruzza (a cura di), ''La nazione in rosso: socialismo, comunismo e interesse nazionale 1889-1953'', Rubbettino 2005</ref><ref>Giovanni Sale, ''Il Novecento fra genocidi, paure e speranze'', Milano, Jaca Book 2006</ref><ref>Glenda Sluga, ''The problem of Trieste and the Italo-Yugoslav border: Difference, Identity, and Sovereignity in Twentieth-Century Europe'', State University of New York Press, 2002</ref>. Furono quindi pubblicati diversi articoli e saggi, che a loro volta causarono ulteriori polemiche, anche a causa della nascita e dello sviluppo delle più diverse ipotesi sui mandanti effettivi della spedizione gappista.<br />
<br />
Ulteriori contrasti sorsero alla notizia che alla [[54ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia|54ª Mostra del Cinema di Venezia]] del [[1997]] sarebbe stato presentato ''[[Porzûs (film)|Porzûs]]'', film sull'eccidio diretto da [[Renzo Martinelli]]. ''Delo'', il più importante quotidiano sloveno, accusò gli «ex comunisti in Italia» ([[Partito Democratico della Sinistra|PDS]]) di utilizzare un film sul «più celebre falso storico organizzato dai servizi segreti italiani» per condurre una «guerra di propaganda» contro Slovenia e Croazia al fine di porre «i due paesi sotto l'influenza dell'Italia»<ref>{{cita news|url=http://archiviostorico.corriere.it/1997/agosto/21/Porzus_falso_antisloveno_alimentato_dal_co_0_9708216365.shtml|titolo=Porzus? Un falso antisloveno alimentato dal Pds|pubblicazione=Corriere della Sera|data=21 agosto 1997|accesso=29 giugno 2012}}</ref><ref>{{Cita news|url=http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/golpdf/uni_1997_08.pdf/22SPE02A.pdf|formato=PDF|titolo=Caso "Porzûs". Giacca ricorre agli avvocati|pubblicazione=l'Unità due|data= 22 agosto 1997|accesso=29 giugno 2012}}</ref>.<br />
<br />
Fra il 2001 e il 2003 vi furono due tentativi di riconciliazione: il primo fu il già citato incontro fra "Vanni" e il sacerdote osovano don Redento Bello "Candido" (23 agosto 2001)<ref name=morelli2001/>; il secondo, sempre organizzato da "Vanni" e "Candido", coinvolse anche i vertici dell'Associazione Partigiani Osoppo e una serie di politici locali e nazionali (9 febbraio 2003)<ref>{{cita news|autore=Andrea Del Vanga|url=http://www.sissco.it/index.php?id=1291&tx_wfqbe_pi1&#91;idrassegna&#93;=1362|titolo=A Porzus, noi comunisti responsabili della strage|pubblicazione=Il Messaggero|data=10 febbraio 2003|accesso=30 giugno 2012}}</ref>, ma i rapporti fra reduci osovani e garibaldini non si rasserenarono completamente.<br />
<br />
Ormai sdoganato come argomento di studio, anche nel nuovo secolo l'eccidio di Porzûs non è scevro di interpretazioni difformi anche all'interno delle stesse opere storiografiche, riproponendo talvolta alcuni tipici approcci degli anni precedenti. L'attuale panorama storiografico fa quindi ancora ritenere ad alcuni che «Nonostante decenni di polemiche e ricerche, non è comunque tuttora disponibile un'esauriente ricostruzione che inquadri l'episodio nel suo contesto, analizzando l'eccidio in relazione al tema più generale non solo dei rapporti interni alla Resistenza italiana e della politica del PCI, ma anche delle relazioni tra le altre forze in campo, i comunisti sloveni e la X Mas»<ref>{{cita|Piffer 2012|p. 110|harv=s}}.</ref>.<br />
<br />
Il 29 maggio 2012 il presidente della Repubblica [[Giorgio Napolitano]] ha visitato il comune di Faedis, dove ha scoperto una targa in memoria dei trucidati. Nel suo discorso, Napolitano ha definito l'eccidio «tra le più pesanti ombre che siano gravate sulla gloriosa epopea della Resistenza» individuandone le radici in un «torbido groviglio [di] feroci ideologismi di una parte, con calcoli e pretese di dominio di una potenza straniera a danno dell'Italia, in una zona martoriata come quella del confine orientale del nostro Paese»<ref>{{cita web|url=http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Discorso&key=2450|titolo=Intervento del Presidente Napolitano al Municipio di Faedis in ricordo delle vittime delle Malghe di Porzus|data=29 maggio 2012|accesso=30 giugno 2012}}</ref>.<br />
Nonostante l'invito di Napolitano alla riconciliazione fra le diverse anime della Resistenza, i contrasti fra ANPI e APO (Associazione Partigiani Osoppo) non risultano superati: quest'ultima chiede all'ANPI di sottoscrivere il documento di assunzione di responsabilità e di scuse presentato ufficialmente nel 2001 da Giovanni Padoan "Vanni", mentre la prima chiede che sia l'APO a fare un primo passo<ref>{{cita news|autore=Domenico Pecile|url=http://messaggeroveneto.gelocal.it/cronaca/2012/05/31/news/dopo-la-visita-di-napolitano-appello-a-vuoto-faedis-resta-divisa-1.5183875|titolo=Dopo la visita di Napolitano. Appello a vuoto, Faedis resta divisa|pubblicazione=Messaggero Veneto|data= 31 maggio 2012|accesso=30 giugno 2012}}</ref>.<br />
<br />
==La memoria==<br />
Il sito ufficiale dell'[[Associazione Nazionale Partigiani d'Italia]] (ANPI) attribuisce la morte di De Gregori a «uno scontro tra partigiani»<ref>{{cita web|url=http://www.anpi.it/donne-e-uomini/francesco-de-gregori/|titolo=Donne e uomini della Resistenza: Francesco De Gregori|editore=ANPI|accesso=28 giugno 2012}}</ref>, definendo l'eccidio «guerra intestina all'interno delle formazioni partigiane»<ref>{{cita web|url=http://www.anpi.it/brigate-osoppo/|titolo=Brigate Osoppo|editore=ANPI|accesso=1 settembre 2012}}</ref> e continuando a individuarne le cause in una serie di tensioni dovute ai «contatti presi dalla Osoppo con i fascisti per contrattare la non cessione di territori alla Jugoslavia di Tito»<ref>{{cita web|url=http://www.anpi.it/leccidio-di-porzus/|titolo=L'eccidio di Porzûs|editore=ANPI|accesso=22 agosto 2012}}</ref>.<br />
<br />
L'Associazione Partigiani Osoppo-Friuli, nata nel 1947 e non facente parte dell'ANPI, bensì della [[Federazione Italiana Volontari della Libertà]] (FIVL), fin dai primi tempi della propria fondazione ha mantenuto vivo il ricordo dell'eccidio di Porzûs. Da svariati anni, in occasione dell'anniversario dell'assalto gappista, organizza quindi una cerimonia direttamente alle malghe di Topli Uork, in genere accompagnata da altre manifestazioni di tipo storico/rievocativo o commemorativo, quali mostre, convegni, presentazioni di libri, messe e concerti. Nel periodo estivo viene invece organizzato un incontro al Bosco Romagno, a ricordare gli osovani ivi uccisi<ref>{{cita web|url=http://www.partigianiosoppo.it|titolo=Associazione Partigiani "Osoppo-Friuli"|accesso=30 giugno 2012}}</ref>. Entrambe le manifestazioni sono state variamente contrastate e contestate da vari gruppi della sinistra estrema oltre che, in certi casi, dall'ANPI. In anni più recenti alcune volte le critiche hanno trovato supporto nelle teorie storiche di [[Alessandra Kersevan]]<ref>{{cita web|titolo=Lettera aperta di Alessandra Kersevan al presidente Napolitano su Porzûs|url=http://enna.anpi.it/2012/06/02/lettera-aperta-al-presidente-napolitano-su-porzus/|accesso=30 giugno 2012}}</ref><ref>{{cita news|autore=Ilaria Purassanta|url=http://messaggeroveneto.gelocal.it/cronaca/2012/02/11/news/napolitano-a-porzus-l-anpi-la-visita-chiuda-le-polemiche-1.3169215|titolo=Napolitano a Porzûs. L'Anpi: "La visita chiuda le polemiche"|pubblicazione=Messaggero Veneto|data=11 febbraio 2012|accesso=30 giugno 2012}}; nell'articolo si riporta l'opinione di Federico Vincenti, presidente dell'ANPI per la provincia di Udine, che fra l'altro ha dichiarato: «(…) la strage alle malghe è imputabile a Mario Toffanin. La responsabilità è sua e invece hanno cercato di infangare il comandante e il commissario della Garibaldi e peraltro i loro diffamatori sono stati condannati di recente dal tribunale. È ora di finirla con il revisionismo storico che ha colpito e umiliato la nostra Resistenza friulana, una delle più forti in Europa»</ref><ref>{{cita web|url=http://www.cobaspisa.it/foibe-e-revisionismo-storicopolitico/|titolo=Foibe e revisionismo storico/politico|accesso=30 giugno 2012}}</ref>. Solo nel 2009 un rappresentante dell'ANPI, a titolo personale, ha partecipato alla cerimonia alle malghe<ref>{{cita|Piffer 2012|p. 104|harv=s}}.</ref>.<br />
<br />
== Le malghe di Porzûs come bene di interesse culturale ==<br />
Il [[18 gennaio]] [[2010]] la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Friuli-Venezia Giulia emise un decreto che rendeva di «interesse culturale» il «bene denominato Malghe di Porzûs», ma a seguito di una serie di polemiche derivanti dal contenuto della relazione storica allegata, il provvedimento fu revocato dall'allora [[Ministero per i Beni e le Attività Culturali|ministro per i beni culturali]] [[Sandro Bondi]]<ref>Il 9 maggio 2010, durante una conferenza stampa, [[Carlo Giovanardi]] contestò la correttezza della relazione storica allegata al decreto, affermando che alcuni dei contenuti della stessa sembravano ripresi da [[Wikipedia]] (cfr. Dino Messina, «[http://lanostrastoria.corriere.it/2010/05/27/il_pasticcio_ministeriale_sull/ Il pasticcio ministeriale sull'eccidio di Porzus]», ''Corriere della Sera'', 27 maggio 2010; «[http://messaggeroveneto.gelocal.it/cronaca/2010/05/27/news/pasticcio-storico-su-porzus-bondi-blocca-il-riconoscimento-1.43917 Pasticcio storico su Porzûs: Bondi blocca il riconoscimento]», ''Messaggero Veneto'', 27 maggio 2010. Il 25 maggio anche il quotidiano cattolico ''[[Avvenire]]'', attraverso un editoriale dello storico [[Paolo Simoncelli]] («Sulla strage di Porzûs strane ipocrisie», 26 maggio 2010), denunciò come erronea la versione dei fatti fornita dal decreto. Secondo Simoncelli la ricostruzione non rese giustizia di quanto storicamente accaduto e successivamente condannato dai tribunali. A tale articolo fecero seguito diversi interventi sui quotidiani nazionali. Per la revoca del provvedimento, si veda {{cita web|url=http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Comunicati/visualizza_asset.html_1277851451.html|titolo=Il Ministro Bondi su la Malga di Porzus|editore=Ministero per i Beni e le Attività Culturali|accesso=6 settembre 2012}}</ref>.<br />
Corretta la relazione storica, il decreto fu reiterato a novembre dello stesso anno<ref>{{cita news|autore=Fabrizio Caccia|url=http://archiviostorico.corriere.it/2010/novembre/27/Porzus_corretti_gli_errori_della_co_9_101127066.shtml|titolo=Porzûs, corretti gli errori della «relazione copiata»|data=27 novembre 2010|pubblicazione=Corriere della Sera|accesso=6 settembre 2012}}</ref>.<br />
<br />
Da tempo è attivo l'iter procedurale per dichiarare le malghe di Porzûs [[monumento nazionale]]<ref>{{cita news|autore=Antonio Carioti|url=http://archiviostorico.corriere.it/2011/febbraio/04/malghe_Porzus_siano_dichiarate_monumento_co_9_110204054.shtml|titolo=Le malghe di Porzûs siano dichiarate monumento nazionale|data=4 febbraio 2011|pubblicazione=Corriere della Sera|accesso=30 giugno 2012}}</ref>. Alcuni dirigenti dell'ANPI si sono opposti all'iniziativa, così come alla proposta di intitolare alcune vie cittadine ai «martiri di Porzûs»<ref>È il caso di Giorgio Coianiz, presidente della sezione di San Giorgio di Nogaro (UD) dell'ANPI, che ha inviato una lettera aperta a tutti i consiglieri comunali del suo paese, nonché ai consiglieri della provincia, stigmatizzando quelli che ritiene tentativi di una politica «becera e populista» di proporre «temi che riseminano odio» (cfr. «L'ANPI scrive ai politici: su Porzûs non siete informati», ''Messaggero Veneto'', 19 agosto 2010).</ref>.<br />
<br />
== Note ==<br />
{{references|2}}<br />
<br />
== Bibliografia ==<br />
;Saggistica<br />
* {{cita libro|||autore=[[Elena Aga Rossi]], [[Victor Zaslavsky]]|[[Togliatti e Stalin|Togliatti e Stalin. Il PCI e la politica estera staliniana negli archivi di Mosca]]|1997|[[Il Mulino]]|Bologna|id=ISBN 9788815118691|cid=Aga Rossi e Zaslavsky 1997}}<br />
* {{cita pubblicazione|autore=Elena Aga Rossi||coautori=Antonio Carioti|data=giugno 2008|titolo=I prodromi dell'eccidio di Porzûs|rivista=Ventunesimo Secolo|numero=16|pagine=83-88|cid=Aga Rossi e Carioti 2008}}<br />
* {{cita libro|||curatore=Gianfranco Bianchi e Silvano Silvani|Per rompere un silenzio più triste della morte. Il processo di Porzûs. Testo della sentenza 30.04.1954 della corte d'assise d'appello di Firenze|2012|annooriginale=1983|La Nuova Base Editrice|Udine|id=ISBN 8863290598|cid=Bianchi e Silvani 2012}}<br />
* {{cita libro|Alberto|Buvoli|Le formazioni Osoppo Friuli. Documenti 1944-45|2003|Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione|Udine|id=ISBN 8887388105|cid=Buvoli 2003}}<br />
* {{cita libro|Marina|Cattaruzza|wkautore=Marina Cattaruzza|L'Italia e il confine orientale|2007|Il Mulino|Bologna|id=ISBN 8815113940|cid=Cattaruzza 2007}}<br />
* {{cita libro|Marco|Cesselli|Porzûs. Due volti della Resistenza|1975|La Pietra|Milano|cid=Cesselli 1975}} Ristampa: Udine, Aviani, 2012. ISBN 9788877721532<br />
* {{cita libro|Primo|Cresta|wkautore=Primo Cresta|[[Un partigiano dell'Osoppo al confine orientale]]|1969|Del Bianco|Udine|cid=Cresta 1969}}<br />
* {{cita libro|Daiana|Franceschini|Porzûs. La Resistenza lacerata|1998|Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione del Friuli-Venezia Giulia|Trieste|cid=Franceschini 1998}}<br />
* {{cita libro|Sergio|Gervasutti|Il giorno nero di Porzus. La stagione della Osoppo|1997|annooriginale=1981|Marsilio|Venezia|id=ISBN 8831768158|cid=Gervasutti 1997}}<br />
* {{cita libro|Patrick|Karlsen|Il PCI, il confine orientale e il contesto internazionale 1941-1955|Anno Accademico 2007-2008|cid=Karlsen 2008}} Tesi di dottorato poi pubblicata con il titolo {{cita libro|||Frontiera rossa. Il PCI, il confine orientale e il contesto internazionale 1941-1955|2010|Libreria Editrice Goriziana|Gorizia|id=ISBN 8861020747}}<br />
* {{cita libro|Alessandra|Kersevan|wkautore=Alessandra Kersevan|Porzûs, Dialoghi sopra un processo da rifare|1995|Edizioni Kappa Vu|Udine|id=ISBN 8889808756|cid=Kersevan 1995}}<br />
* {{cita libro|Antonio|Lenoci|Porzûs. La Resistenza tradita|1998|Laterza|Bari|id=ISBN 8882310442}}<br />
* {{cita libro|Gianni|Oliva|wkautore=Gianni Oliva|Foibe. Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell'Istria|2002|Mondadori|Milano|id=ISBN 8804515848|cid=Oliva 2002}}<br />
* {{cita libro|Giovanni|Padoan|wkautore=Giovanni Padoan|Abbiamo lottato insieme. Partigiani italiani e sloveni al confine orientale|1965|Del Bianco|Udine|cid=Padoan 1965}}<br />
* {{cita libro|Giovanni|Padoan|Porzûs. Strumentalizzazione e verità storica|2000|Edizioni della Laguna|Mariano del Friuli|cid=Padoan 2000}}<br />
* {{cita libro|||curatore=Tommaso Piffer|Porzûs. Violenza e Resistenza sul confine orientale|2012|Il Mulino|Bologna|id=ISBN 8815234861|cid=Piffer 2012}}<br />
* {{cita libro|Jože|Pirjevec|wkautore=Jože Pirjevec|Foibe. Una storia d'Italia|2009|Einaudi|Torino|id=ISBN 8806198041|cid=Pirjevec 2009}}<br />
* {{cita libro|Raoul|Pupo|wkautore=Raoul Pupo|Trieste '45|2010|Laterza|Bari|id=ISBN 9788842092636|cid=Pupo 2010}}<br />
* {{cita libro|Paolo|Spriano|wkautore=Paolo Spriano|Storia del Partito Comunista Italiano. V. La Resistenza. Togliatti e il partito nuovo|1975|Einaudi|Torino|id=ISBN 8806115022|cid=Spriano 1975}}<br />
* {{cita libro|Paolo|Strazzolini|Da Porzûs a Bosco Romagno|2006|Associazione Culturale Forum Democratico|Spilimbergo|cid=Strazzolini 2006}}<br />
;DVD<br />
* {{cita libro|Paolo|Strazzolini|Udine nella memoria&nbsp;– 1945. Da Porzûs a Bosco Romagno. L'eccidio alle malghe di Topli Uork. I fatti, i luoghi, i personaggi|2008|Udine|Comune di Udine&nbsp;– Comune di Attimis|cid=Strazzolini 2008}}<br />
<br />
==Collegamenti esterni==<br />
;Saggi<br />
* {{cita pubblicazione|autore=Elena Aga Rossi|anno=2012|titolo="Porzus" nella storiografia. La Osoppo e il mancato "rovesciamento di fronte"|rivista=[[Critica Sociale]]|numero=3-4|pagine=24-25|url=http://www.criticasociale.net/files/2_0004665_file_1.pdf|accesso=29 giugno 2012}}<br />
* Paolo Deotto, ''[http://www.storiain.net/arret/num62/artic1.htm Strage di Porzûs. Un'ombra cupa sulla Resistenza]'', da Storia in Network.<br />
;Interviste<br />
* [https://docs.google.com/viewer?url=http://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2012/03/ComandanteGiacca.pdf ''Intervista al Comandante Giacca. La verità su Porzûs'', Quaderni di ''Rivoluzione'', Padova 2005 (Prima ed. 1998)] da diecifebbraio.info<br />
* [http://www.ilsussidiario.net/News/Cultura/2012/2/4/PORZUS-Cosi-quella-strage-ha-mandato-in-crisi-il-Pci-e-Togliatti-/238940/ ''Porzûs. Così quella strage ha mandato in "crisi" il Pci (e Togliatti)''.] Intervista a Patrick Karlsen da ilsussidiario.net<br />
<br />
;Interviste audio<br />
da [[Radio Radicale]]:<br />
* [http://www.radioradicale.it/scheda/44583?format=32 Eccidio di partigiani bianchi della brigata Osoppo a Porzus nel 1945], intervista di Maurizio Beker a [[Galliano Fogar]] e [[Mario Toffanin]] "Giacca" (in collegamento telefonico da Capodistria), 5 febbraio 1992<br />
* [http://www.radioradicale.it/scheda/296597/a-65-anni-dalla-strage-di-porzus-intervista-al-professor-paolo-pezzino A 65 anni dalla strage di Porzus], intervista di Lanfranco Palazzolo al professor [[Paolo Pezzino]], 2 febbraio 2010<br />
* [http://www.radioradicale.it/scheda/355173/porzus-violenza-e-resistenza-sul-confine-orientale-presentazione-del-libro-a-cura-di-tommaso-piffer-il-mul "Porzus. Violenza e Resistenza sul confine orientale" presentazione del libro a cura di Tommaso Piffer (Il Mulino)], intervista di Lanfranco Palazzolo a Tommaso Piffer, 20 giugno 2012<br />
<br />
;Articoli di quotidiani<br />
Gli articoli de ''[[La Stampa]]'' citati nella voce possono essere letti al seguente indirizzo:<br />
* [http://www.archiviolastampa-ng.csi.it/ Archivio storico]<br />
<br />
{{Eccidio di Porzûs}}<br />
{{Resistenza italiana}}<br />
<br />
{{Portale|Friuli-Venezia Giulia|Seconda guerra mondiale}}<br />
{{vetrina|25|9|2012|Wikipedia:Vetrina/Segnalazioni/Eccidio di Porzûs|arg=guerra|arg2=storia}}<br />
<br />
[[Categoria:Eccidio di Porzûs| ]]</div>Pigr8https://de.wikipedia.org/w/index.php?title=SBB_HG_3/3&diff=114371935SBB HG 3/32013-02-18T17:16:14Z<p>Pigr8: /* Einzelnachweise */</p>
<hr />
<div><!-- schweizbezogen --><br />
{{Infobox Schienenfahrzeug<br />
| Farbe1= D81E05<br />
| Farbe2= FFFFFF<br />
|Baureihe=SBB HG 3/3<br />
|Abbildung=SBB HG 33 1052 SLM 30.03.1905.jpg<br />
|Name= HG 3/3 Nr. 1052, SLM-Werksfoto von 1905<br />
|Nummerierung=1051-1068 <br />
|Hersteller= [[Schweizerische Lokomotiv- und Maschinenfabrik|SLM]]<br />
|Baujahre=1905-1910, 1926<br />
|Ausmusterung=1965<br />
|Anzahl=18<br />
|Spurweite=1.000 mm<br />
|Anfahrzugkraft=<br />
|Höchstgeschwindigkeit=40 km/h (Adhäsion)<br>13 km/h (Zahnrad) <br />
|LängeÜberKupplung=7.450 mm (1051-1052)<br>7.550 mm (1053-1057)<br>7.540 mm (1058-1068)<br />
|Höhe=3.500 mm<br />
|Gesamtradstand=3.100 mm<br />
|Leermasse=23,5 t (1051-1052)<br>24 t (1053-1057)<br>25,37 t (1058-1068)<br />
|Dienstmasse=30 t (1051-1052)<br>30,5 t (1053-1057)<br>31,6 t (1058-1068)<br />
|Dienstmasse=30 t (1051-1052)<br>30,5 t (1053-1057)<br>31,6 t (1058-1068)<br />
|Kupplungstyp=Trichterkupplung Bauart Brünig, ab 1941 +GF+<br />
|Bremsen=[[Gegendruckbremse]], <br>[[Dampfbremse]] Bauart Klose (bis 1908), <br>[[Druckluftbremse (Eisenbahn)|Druckluftbremse]] Bauart [[George Westinghouse|Westinghouse]] (ab 1908)<br />
|Zusatzbremse=<br />
|Feststellbremse=3 Handbremsen, wirkend auf hintere Kuppelachse, Bremszahnrad und Triebzahnrad<br />
|Bauart=Cz n2 (4v)<br />
|Zylinderanzahl=2 Adhäsion, 2 Zahnrad<br />
|Zylinderdurchmesser=380 mm<br />
|Kolbenhub=450 mm<br />
|Kuppelraddurchmesser=910 mm<br />
|Kesseldruck=14 Atü <br />
|AnzahlHeizrohre=160<br />
|Heizrohrlänge=2.500 mm (1051-1057)<br>2.680 mm (1058-1068)<br />
|Rostfläche=1,3 m³<br />
|Strahlungsheizfläche=5,7 m²<br />
|Rohrheizfläche=56,5 m² (1051-1057)<br>61,2 m² (1058-1068)<br />
|Verdampfungsheizfläche=62,2 m² (1051-1057)<br>66,9 m² (1058-1068)<br />
|IndizierteLeistung=<br />
|Steuerungsart=Walschaerts<br />
|Wasser=2,8 m³ (1051-1057)<br>3,0 m³ (1058-1068)<br />
|Brennstoff=800 kg (Kohle)<br />
|Zahnradsystem=[[Nikolaus Riggenbach|Riggenbach]]<br />
|ZR-Zylinderdurchmesser=380 mm<br />
|ZR-Kolbenhub=450 mm<br />
|Antriebszahnräder=1<br />
|Bremszahnräder=1<br />
|GrößeZahnrad=860 mm<br />
|Beharrungsbremse=<br />
|Gefälle=<br />
}}<br />
<br />
Die [[Dampflokomotive]]n des Typs '''HG 3/3''' wurden ab 1905 von den [[Schweizerische Bundesbahnen|Schweizerischen Bundesbahnen]] (SBB) für den Einsatz auf der [[meterspur]]igen [[Brünigbahn]] beschafft. Die dreiachsigen Lokomotiven für [[Adhäsionsbahn|Adhäsions-]] und [[Zahnradbahn|Zahnradbetrieb]] wurden durch die [[Schweizerische Lokomotiv- und Maschinenfabrik]] hergestellt. Die benachbarte [[Berner Oberland-Bahnen|Berner Oberland-Bahn]] besaß ebenfalls vier Maschinen dieses Typs.<br />
<br />
==Konstruktion==<br />
Die Maschinen sind als dreiachsige [[Nassdampf]]lokomotiven konzipiert. Die drei Kuppelachsen sind in einem Innenrahmen gelagert, der Antrieb erfolgt auf die mittlere Achse. Die vier Zylinder des Adhäsions- und Zahnradantriebs sind in einem gemeinsamen [[Gusseisen|Gussblock]] übereinander angeordnet und arbeiten auf Zahnradstrecken in [[Verbundwirkung]]. Das mit dem Abdampf der Hochdruck-Adhäsionszylinder betriebene Niederdruck-Zahnradtriebwerk arbeitet über ein [[Vorgelege]] auf das innerhalb des Rahmens zwischen der ersten und zweiten Kuppelachse angeordnete Antriebszahnrad. Bedingt durch das Übersetzungsverhältnis von 1:2,2 des Vorgeleges arbeitet das Zahnradtriebwerk doppelt so schnell wie das Adhäsionstriebwerk und mit entgegengesetzter Arbeitsrichtung. Der dadurch bedingte höhere Dampfverbrauch gleicht die Expansion des Dampfes aus, weshalb sowohl Hochdruck- als auch Niederdruckzylinder mit dem gleichen Durchmesser ausgestattet werden konnten. Beide Triebwerke verfügen über [[Steuerung (Dampfmaschine)|Steuerungen]] der Bauart [[Egide Walschaerts|Walschaerts]]. Die Steuerungen für beide Triebwerksteile lassen sich nur gemeinsam betätigen, die meisten Bauteile sind identisch, um die Ersatzteilhaltung zu vereinfachen.<br />
<br />
Der aus zwei Schüssen bestehende Kessel verfügt über eine kupferne [[Feuerbüchse]] sowie 160 Heizröhren. Der Dampfdom ist auf der vorderen Kesselhälfte angeordnet und verfügt über zwei Sicherheitsventile der Bauart Popp. Ab der Lokomotive 1058 wurde der [[Langkessel]] geringfügig verlängert, wobei die Anzahl der Rauchrohre gleich blieb. Die Wasserkästen sind beiderseits des Kessels angeordnet und fassen 2.800, bei späteren Lokomotiven 3.000 Liter Wasser. Der Kohlevorrat von 800&nbsp;kg wird im linken Wasserkasten in der Nähe des Führerhauses mitgeführt. Auf der hinteren Kesselhälfte ist ein Sanddom angeordnet, die Sandung erfolgt vor der Triebachse.<br />
<br />
An Bremssystemen sind eine [[Gegendruckbremse]] sowie auf die hintere Kuppelachse, das Zahnradvorgelege und das Bremszahnrad wirkende Handbremsen vorhanden. Eine ursprünglich eingebaute [[Dampfbremse]] der Bauart [[Adolf Klose|Klose]] wurde ab 1908 durch eine Druckluftbremse der Bauart [[George Westinghouse|Westinghouse]] ersetzt, alle danach gelieferten Lokomotiven erhielten diese ab Werk.<br />
<br />
==Geschichte==<br />
Die Schweizerischen Bundesbahnen (SBB) beschafften die HG 3/3 ab 1905, um die von der [[Jura-Simplon-Bahn]] übernommenen leistungsschwachen Zahnradlokomotiven des Typs [[JBL HG 2/2|HG 2/2]] ersetzen. Zusätzlich zur größeren Höchstgeschwindigkeit ermöglichte auch die Tatsache, dass die HG 3/3 auch mit dem Kessel voran auf Gefällestrecken eingesetzt werden konnten und daher nicht auf der Passhöhe gedreht werden mussten, eine deutliche Erhöhung der Reisegeschwindigkeit auf der Brünigbahn.<br />
<br />
Die beiden 1905 in Betrieb genommenen Prototypen bewährten sich im Planeinsatz sehr gut, so dass unmittelbar darauf weitere Serienmaschinen bestellt werden konnten. Bis 1910 trafen so insgesamt 17 weitere Lokomotiven bei der Brünigbahn ein. Ab Lokomotive 1058 wurden Kessel und Wasserkästen geringfügig vergrößert, ansonsten waren alle Einheiten bis auf kleine Details baugleich. Eine 18. Lokomotive wurde 1926 durch die SLM nach den ursprünglichen Konstruktionszeichnungen nachgebaut. <br />
<br />
Die im Depot [[Meiringen]] stationierten Lokomotiven beförderten alle Züge über die Brünig-Bergstrecke und kamen auch auf den Flachstrecken zum Einsatz. Aus Rücksicht auf die schwache Mittelpufferkupplung mussten schwere Züge über den Pass mit bis zu drei Zwischen- und Schiebelokomotiven befördert werden.<br />
<br />
Mit der Elektrifizierung der Brünigbahn im Kriegsjahr 1941 wurden die Dampflokomotiven für den regulären Verkehr entbehrlich. Jedoch wurden zwischen 1941 und 1947 nur acht Maschinen ausgemustert, der Rest blieb in Anbetracht der Zeitumstände als Reserve weiter in Betrieb. Erst ab 1949 erfolgten weitere Ausmusterungen, wobei zwei Lokomotiven mit ausgebautem Zahnradtriebwerk an die [[Thessalische Eisenbahnen]] verkauft wurden und bis in die 70er Jahre im Rangierdienst im Hafen von [[Volos (Stadt)|Volos]] zum Einsatz kamen. Die Lok 1058 blieb dort – allerdings in schrottreifem Zustand – erhalten. Lok 1063 kam 1957 ins [[Verkehrshaus]] in [[Luzern]]. Zur Darstellung der Funktionsweise wurde sie auf der linken Seite größtenteils aufgeschnitten, das Fahrgestell und die Triebwerke werden elektrisch angetrieben.<br />
<br />
Als fahrdrahtunabhängige Reserve blieben zuletzt noch die Lokomotiven 1065, 1067 und 1068 vorhanden. Außer bei der Schneeräumung kamen sie auch im Rangierdienst in Meiringen und [[Interlaken]] Ost zum Einsatz, wo sie auch auf den mit [[Gleichstrom]] elektrifizierten Gleisen der [[Berner Oberland-Bahnen]] (BOB) und [[Meiringen-Innertkirchen-Bahn]] (MIB) verkehrten. Die endgültige Ausmusterung erfolgte schließlich im September 1965. Während die Lok 1065 verschrottet wurde, gelangte die Lok 1067 in den Besitz der [[Ballenberg-Dampfbahn]], die sie seit 1972 wieder im Nostalgieverkehr auf der Brünigbahn einsetzt. Lok 1068 wurde als Denkmal in Meiringen aufgestellt. Dort blieb sie bis zum Jahr 2000, seitdem ist sie ebenfalls im Besitz der Ballenberg-Dampfbahn. Es ist geplant, auch diese Lokomotive betriebsfähig aufzuarbeiten.<br />
<br />
===HG 3/3 der BOB===<br />
Nachdem sich die beiden Prototypen der SBB im Betrieb bewährt hatten, beschaffte auch die benachbarte [[Berner Oberland-Bahnen|Berner Oberland-Bahn]] (BOB) im Jahr 1906 zwei HG 3/3. Die beiden Lokomotiven, die die Nummern 7 und 8 trugen, waren weitestgehend baugleich mit den zeitgleich gebauten SBB-Lokomotiven der Serie 1053-1057. Zwei weitere Exemplare mit den Nummern 9 und 10 folgten 1910, welche der verbesserten SBB-Version ab Nummer 1058 entsprachen. Mit der Elektrifizierung der BOB im Jahr 1914 wurden die meisten Dampflokomotiven abgestellt und zum Verkauf ausgeschrieben.<br />
<br />
Lok 9 wurde 1915 an die [[Società Veneta Ferrovie]] in [[Padua]] verkauft, welche die von der SLM auf 950&nbsp;mm umgespurte Lok bis 1958 auf der Strecke [[Rocchette]]-[[Asiago (Venetien)|Asiago]] einsetzte. Die drei übrigen Lokomotiven gelangten 1917 zur [[Strade Ferrate del Mediterraneo]] in [[Kalabrien]]<ref>http://www.webalice.it/robertotroiano/rotabili%20storici.htm Gruppe MCL 260 im Kalabrien</ref>, nachdem sie ebenfalls von der SLM auf eine Spurweite von 950&nbsp;mm umgebaut worden waren. Sie verkehrten dort bis etwa 1950 zusammen mit ebenfalls von der BOB erworbenen [[BOB HG 3/3|HG 3/3]] älterer Bauart auf der Strecke Spezzano Albanese-Lagonegro in [[Kalabrien]].<br />
<br />
{| class="prettytable" <br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center" span style="color:#D22222"<br />
| colspan="7" | <big><big>'''Liste der HG 3/3 der SBB Brünigbahn und Berner Oberland-Bahn'''</big></big><br />
|- bgcolor="#D22222" align="center" span style="color:#ffffff"<br />
!Nr.<br />
!Fabriknummer<br />
!Inbetriebnahme<br />
!Ausm.<br />
!Kaufpreis (SFr.)<br />
!Verbleib<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1051<br />
|1656<br />
|23.03.1905<br />
|1943<br />
|51.000<br />
|verschrottet<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1052<br />
|1657<br />
|30.03.1905<br />
|1942<br />
|51.000<br />
|verschrottet<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1053<br />
|1711<br />
|25.03.1906<br />
|1953<br />
|51.000<br />
|verschrottet<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1054<br />
|1712<br />
|01.05.1906<br />
|1949<br />
|51.000<br />
|verschrottet<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1055<br />
|1713<br />
|04.05.1906<br />
|1949<br />
|51.000<br />
|Ohne Zahnradtriebwerk an [[Thessalische Eisenbahnen]], [[Volos (Stadt)|Volos]], 1984 verschrottet.<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1056<br />
|1831<br />
|10.07.1907<br />
|1947<br />
|51.000<br />
|verschrottet<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1057<br />
|1832<br />
|19.07.1907<br />
|1941<br />
|51.000<br />
|verschrottet<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1058<br />
|1912<br />
|31.07.1908<br />
|1949<br />
|57.000<br />
|Ohne Zahnradtriebwerk an Thessalische Eisenbahnen, Volos. Als Museumsfahrzeug vorgesehen, 2007 noch vorhanden.<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1059<br />
|1913<br />
|14.08.1908<br />
|1942<br />
|57.000<br />
|verschrottet<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1060<br />
|1914<br />
|28.08.1908<br />
|1943<br />
|57.000<br />
|verschrottet, Kessel an 1068<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1061<br />
|1915<br />
|04.09.1908<br />
|1944<br />
|57.000<br />
|verschrottet<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1062<br />
|1992<br />
|10.05.1909<br />
|1942<br />
|57.000<br />
|verschrottet, Kessel an 1063<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1063<br />
|1993<br />
|15.05.1909<br />
|1957<br />
|57.000<br />
|1957 an [[Verkehrshaus]], teilweise aufgeschnitten<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1064<br />
|1994<br />
|21.05.1909<br />
|1956<br />
|57.000<br />
|verschrottet<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1065<br />
|2081<br />
|26.03.1910<br />
|1965<br />
|57.000<br />
|verschrottet<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1066<br />
|2082<br />
|31.03.1910<br />
|1957<br />
|57.000<br />
|verschrottet<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1067<br />
|2083<br />
|06.04.1910<br />
|1965<br />
|57.000<br />
|1965 an Ballenberg-Dampfbahn, seit 1972 wieder betriebsfähig<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1068<br />
|3134<br />
|08.07.1926<br />
|1965<br />
|110.900<br />
|1966 Denkmal in [[Meiringen]], 2000 an Ballenberg-Dampfbahn, betriebsfähige Aufarbeitung geplant<br />
|- bgcolor="#D22222" align="center" span style="color:#ffffff"<br />
| colspan = "7" |<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|7<br />
|1728<br />
|1906<br />
|1914<br />
|51.700<br />
|1917 an [[Strade Ferrate del Mediterraneo]], dort Nr. 261, ausgemustert und verschrottet um 1950<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|8<br />
|1729<br />
|1906<br />
|1914<br />
|51.700<br />
|1917 an Strade Ferrate del Mediterraneo, dort Nr. 262, ausgemustert und verschrottet um 1950<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|9<br />
|2084<br />
|1910<br />
|1914<br />
|57.800<br />
|1915 an [[Società Veneta Ferrovie]], dort Nr. 110, ausgemustert und verschrottet um 1958<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|10<br />
|2085<br />
|1910<br />
|1914<br />
|57.800<br />
|1917 an Strade Ferrate del Mediterraneo, dort Nr. 263, ausgemustert und verschrottet um 1950<br />
|- bgcolor="#D22222" align="center" span style="color:#ffffff"<br />
| colspan = "7" |<br />
|}<br />
<br />
== Einzelnachweise ==<br />
<references /><br />
<br />
==Literatur==<br />
* Claude Jeanmaire: ''Die schmalspurige Brünigbahn (SBB).'' Archiv Nr. 39. Verlag Eisenbahn, Villingen 1982. ISBN 3-85649-039-6<br />
* Hugo Müller, Urs Jossi: ''100 Jahre BOB. Die Berner-Oberland-Bahnen.'' EZ-Special 4. Komet-Verlag, Köniz 1990.<br />
<br />
==Weblinks==<br />
*[http://www.dampfbahnen.ch/ www.dampfbahnen.ch] Homepage der Ballenberg-Dampfbahn, Betreiber der Museumslokomotive 1067.<br />
*[http://www.webalice.it/robertotroiano/rotabili%20storici.htm www.webalice.it/robertotroiano] Private Homepage mit Informationen zum Einsatz der HG 3/3 in Kalabrien (italienisch).<br />
<br />
[[Kategorie:Triebfahrzeug (Zentralbahn)]]<br />
<br />
[[ja:スイス国鉄HG3/3形蒸気機関車]]</div>Pigr8https://de.wikipedia.org/w/index.php?title=SBB_HG_3/3&diff=114371876SBB HG 3/32013-02-18T17:15:00Z<p>Pigr8: /* HG 3/3 der BOB */</p>
<hr />
<div><!-- schweizbezogen --><br />
{{Infobox Schienenfahrzeug<br />
| Farbe1= D81E05<br />
| Farbe2= FFFFFF<br />
|Baureihe=SBB HG 3/3<br />
|Abbildung=SBB HG 33 1052 SLM 30.03.1905.jpg<br />
|Name= HG 3/3 Nr. 1052, SLM-Werksfoto von 1905<br />
|Nummerierung=1051-1068 <br />
|Hersteller= [[Schweizerische Lokomotiv- und Maschinenfabrik|SLM]]<br />
|Baujahre=1905-1910, 1926<br />
|Ausmusterung=1965<br />
|Anzahl=18<br />
|Spurweite=1.000 mm<br />
|Anfahrzugkraft=<br />
|Höchstgeschwindigkeit=40 km/h (Adhäsion)<br>13 km/h (Zahnrad) <br />
|LängeÜberKupplung=7.450 mm (1051-1052)<br>7.550 mm (1053-1057)<br>7.540 mm (1058-1068)<br />
|Höhe=3.500 mm<br />
|Gesamtradstand=3.100 mm<br />
|Leermasse=23,5 t (1051-1052)<br>24 t (1053-1057)<br>25,37 t (1058-1068)<br />
|Dienstmasse=30 t (1051-1052)<br>30,5 t (1053-1057)<br>31,6 t (1058-1068)<br />
|Dienstmasse=30 t (1051-1052)<br>30,5 t (1053-1057)<br>31,6 t (1058-1068)<br />
|Kupplungstyp=Trichterkupplung Bauart Brünig, ab 1941 +GF+<br />
|Bremsen=[[Gegendruckbremse]], <br>[[Dampfbremse]] Bauart Klose (bis 1908), <br>[[Druckluftbremse (Eisenbahn)|Druckluftbremse]] Bauart [[George Westinghouse|Westinghouse]] (ab 1908)<br />
|Zusatzbremse=<br />
|Feststellbremse=3 Handbremsen, wirkend auf hintere Kuppelachse, Bremszahnrad und Triebzahnrad<br />
|Bauart=Cz n2 (4v)<br />
|Zylinderanzahl=2 Adhäsion, 2 Zahnrad<br />
|Zylinderdurchmesser=380 mm<br />
|Kolbenhub=450 mm<br />
|Kuppelraddurchmesser=910 mm<br />
|Kesseldruck=14 Atü <br />
|AnzahlHeizrohre=160<br />
|Heizrohrlänge=2.500 mm (1051-1057)<br>2.680 mm (1058-1068)<br />
|Rostfläche=1,3 m³<br />
|Strahlungsheizfläche=5,7 m²<br />
|Rohrheizfläche=56,5 m² (1051-1057)<br>61,2 m² (1058-1068)<br />
|Verdampfungsheizfläche=62,2 m² (1051-1057)<br>66,9 m² (1058-1068)<br />
|IndizierteLeistung=<br />
|Steuerungsart=Walschaerts<br />
|Wasser=2,8 m³ (1051-1057)<br>3,0 m³ (1058-1068)<br />
|Brennstoff=800 kg (Kohle)<br />
|Zahnradsystem=[[Nikolaus Riggenbach|Riggenbach]]<br />
|ZR-Zylinderdurchmesser=380 mm<br />
|ZR-Kolbenhub=450 mm<br />
|Antriebszahnräder=1<br />
|Bremszahnräder=1<br />
|GrößeZahnrad=860 mm<br />
|Beharrungsbremse=<br />
|Gefälle=<br />
}}<br />
<br />
Die [[Dampflokomotive]]n des Typs '''HG 3/3''' wurden ab 1905 von den [[Schweizerische Bundesbahnen|Schweizerischen Bundesbahnen]] (SBB) für den Einsatz auf der [[meterspur]]igen [[Brünigbahn]] beschafft. Die dreiachsigen Lokomotiven für [[Adhäsionsbahn|Adhäsions-]] und [[Zahnradbahn|Zahnradbetrieb]] wurden durch die [[Schweizerische Lokomotiv- und Maschinenfabrik]] hergestellt. Die benachbarte [[Berner Oberland-Bahnen|Berner Oberland-Bahn]] besaß ebenfalls vier Maschinen dieses Typs.<br />
<br />
==Konstruktion==<br />
Die Maschinen sind als dreiachsige [[Nassdampf]]lokomotiven konzipiert. Die drei Kuppelachsen sind in einem Innenrahmen gelagert, der Antrieb erfolgt auf die mittlere Achse. Die vier Zylinder des Adhäsions- und Zahnradantriebs sind in einem gemeinsamen [[Gusseisen|Gussblock]] übereinander angeordnet und arbeiten auf Zahnradstrecken in [[Verbundwirkung]]. Das mit dem Abdampf der Hochdruck-Adhäsionszylinder betriebene Niederdruck-Zahnradtriebwerk arbeitet über ein [[Vorgelege]] auf das innerhalb des Rahmens zwischen der ersten und zweiten Kuppelachse angeordnete Antriebszahnrad. Bedingt durch das Übersetzungsverhältnis von 1:2,2 des Vorgeleges arbeitet das Zahnradtriebwerk doppelt so schnell wie das Adhäsionstriebwerk und mit entgegengesetzter Arbeitsrichtung. Der dadurch bedingte höhere Dampfverbrauch gleicht die Expansion des Dampfes aus, weshalb sowohl Hochdruck- als auch Niederdruckzylinder mit dem gleichen Durchmesser ausgestattet werden konnten. Beide Triebwerke verfügen über [[Steuerung (Dampfmaschine)|Steuerungen]] der Bauart [[Egide Walschaerts|Walschaerts]]. Die Steuerungen für beide Triebwerksteile lassen sich nur gemeinsam betätigen, die meisten Bauteile sind identisch, um die Ersatzteilhaltung zu vereinfachen.<br />
<br />
Der aus zwei Schüssen bestehende Kessel verfügt über eine kupferne [[Feuerbüchse]] sowie 160 Heizröhren. Der Dampfdom ist auf der vorderen Kesselhälfte angeordnet und verfügt über zwei Sicherheitsventile der Bauart Popp. Ab der Lokomotive 1058 wurde der [[Langkessel]] geringfügig verlängert, wobei die Anzahl der Rauchrohre gleich blieb. Die Wasserkästen sind beiderseits des Kessels angeordnet und fassen 2.800, bei späteren Lokomotiven 3.000 Liter Wasser. Der Kohlevorrat von 800&nbsp;kg wird im linken Wasserkasten in der Nähe des Führerhauses mitgeführt. Auf der hinteren Kesselhälfte ist ein Sanddom angeordnet, die Sandung erfolgt vor der Triebachse.<br />
<br />
An Bremssystemen sind eine [[Gegendruckbremse]] sowie auf die hintere Kuppelachse, das Zahnradvorgelege und das Bremszahnrad wirkende Handbremsen vorhanden. Eine ursprünglich eingebaute [[Dampfbremse]] der Bauart [[Adolf Klose|Klose]] wurde ab 1908 durch eine Druckluftbremse der Bauart [[George Westinghouse|Westinghouse]] ersetzt, alle danach gelieferten Lokomotiven erhielten diese ab Werk.<br />
<br />
==Geschichte==<br />
Die Schweizerischen Bundesbahnen (SBB) beschafften die HG 3/3 ab 1905, um die von der [[Jura-Simplon-Bahn]] übernommenen leistungsschwachen Zahnradlokomotiven des Typs [[JBL HG 2/2|HG 2/2]] ersetzen. Zusätzlich zur größeren Höchstgeschwindigkeit ermöglichte auch die Tatsache, dass die HG 3/3 auch mit dem Kessel voran auf Gefällestrecken eingesetzt werden konnten und daher nicht auf der Passhöhe gedreht werden mussten, eine deutliche Erhöhung der Reisegeschwindigkeit auf der Brünigbahn.<br />
<br />
Die beiden 1905 in Betrieb genommenen Prototypen bewährten sich im Planeinsatz sehr gut, so dass unmittelbar darauf weitere Serienmaschinen bestellt werden konnten. Bis 1910 trafen so insgesamt 17 weitere Lokomotiven bei der Brünigbahn ein. Ab Lokomotive 1058 wurden Kessel und Wasserkästen geringfügig vergrößert, ansonsten waren alle Einheiten bis auf kleine Details baugleich. Eine 18. Lokomotive wurde 1926 durch die SLM nach den ursprünglichen Konstruktionszeichnungen nachgebaut. <br />
<br />
Die im Depot [[Meiringen]] stationierten Lokomotiven beförderten alle Züge über die Brünig-Bergstrecke und kamen auch auf den Flachstrecken zum Einsatz. Aus Rücksicht auf die schwache Mittelpufferkupplung mussten schwere Züge über den Pass mit bis zu drei Zwischen- und Schiebelokomotiven befördert werden.<br />
<br />
Mit der Elektrifizierung der Brünigbahn im Kriegsjahr 1941 wurden die Dampflokomotiven für den regulären Verkehr entbehrlich. Jedoch wurden zwischen 1941 und 1947 nur acht Maschinen ausgemustert, der Rest blieb in Anbetracht der Zeitumstände als Reserve weiter in Betrieb. Erst ab 1949 erfolgten weitere Ausmusterungen, wobei zwei Lokomotiven mit ausgebautem Zahnradtriebwerk an die [[Thessalische Eisenbahnen]] verkauft wurden und bis in die 70er Jahre im Rangierdienst im Hafen von [[Volos (Stadt)|Volos]] zum Einsatz kamen. Die Lok 1058 blieb dort – allerdings in schrottreifem Zustand – erhalten. Lok 1063 kam 1957 ins [[Verkehrshaus]] in [[Luzern]]. Zur Darstellung der Funktionsweise wurde sie auf der linken Seite größtenteils aufgeschnitten, das Fahrgestell und die Triebwerke werden elektrisch angetrieben.<br />
<br />
Als fahrdrahtunabhängige Reserve blieben zuletzt noch die Lokomotiven 1065, 1067 und 1068 vorhanden. Außer bei der Schneeräumung kamen sie auch im Rangierdienst in Meiringen und [[Interlaken]] Ost zum Einsatz, wo sie auch auf den mit [[Gleichstrom]] elektrifizierten Gleisen der [[Berner Oberland-Bahnen]] (BOB) und [[Meiringen-Innertkirchen-Bahn]] (MIB) verkehrten. Die endgültige Ausmusterung erfolgte schließlich im September 1965. Während die Lok 1065 verschrottet wurde, gelangte die Lok 1067 in den Besitz der [[Ballenberg-Dampfbahn]], die sie seit 1972 wieder im Nostalgieverkehr auf der Brünigbahn einsetzt. Lok 1068 wurde als Denkmal in Meiringen aufgestellt. Dort blieb sie bis zum Jahr 2000, seitdem ist sie ebenfalls im Besitz der Ballenberg-Dampfbahn. Es ist geplant, auch diese Lokomotive betriebsfähig aufzuarbeiten.<br />
<br />
===HG 3/3 der BOB===<br />
Nachdem sich die beiden Prototypen der SBB im Betrieb bewährt hatten, beschaffte auch die benachbarte [[Berner Oberland-Bahnen|Berner Oberland-Bahn]] (BOB) im Jahr 1906 zwei HG 3/3. Die beiden Lokomotiven, die die Nummern 7 und 8 trugen, waren weitestgehend baugleich mit den zeitgleich gebauten SBB-Lokomotiven der Serie 1053-1057. Zwei weitere Exemplare mit den Nummern 9 und 10 folgten 1910, welche der verbesserten SBB-Version ab Nummer 1058 entsprachen. Mit der Elektrifizierung der BOB im Jahr 1914 wurden die meisten Dampflokomotiven abgestellt und zum Verkauf ausgeschrieben.<br />
<br />
Lok 9 wurde 1915 an die [[Società Veneta Ferrovie]] in [[Padua]] verkauft, welche die von der SLM auf 950&nbsp;mm umgespurte Lok bis 1958 auf der Strecke [[Rocchette]]-[[Asiago (Venetien)|Asiago]] einsetzte. Die drei übrigen Lokomotiven gelangten 1917 zur [[Strade Ferrate del Mediterraneo]] in [[Kalabrien]]<ref>http://www.webalice.it/robertotroiano/rotabili%20storici.htm Gruppe MCL 260 im Kalabrien</ref>, nachdem sie ebenfalls von der SLM auf eine Spurweite von 950&nbsp;mm umgebaut worden waren. Sie verkehrten dort bis etwa 1950 zusammen mit ebenfalls von der BOB erworbenen [[BOB HG 3/3|HG 3/3]] älterer Bauart auf der Strecke Spezzano Albanese-Lagonegro in [[Kalabrien]].<br />
<br />
{| class="prettytable" <br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center" span style="color:#D22222"<br />
| colspan="7" | <big><big>'''Liste der HG 3/3 der SBB Brünigbahn und Berner Oberland-Bahn'''</big></big><br />
|- bgcolor="#D22222" align="center" span style="color:#ffffff"<br />
!Nr.<br />
!Fabriknummer<br />
!Inbetriebnahme<br />
!Ausm.<br />
!Kaufpreis (SFr.)<br />
!Verbleib<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1051<br />
|1656<br />
|23.03.1905<br />
|1943<br />
|51.000<br />
|verschrottet<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1052<br />
|1657<br />
|30.03.1905<br />
|1942<br />
|51.000<br />
|verschrottet<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1053<br />
|1711<br />
|25.03.1906<br />
|1953<br />
|51.000<br />
|verschrottet<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1054<br />
|1712<br />
|01.05.1906<br />
|1949<br />
|51.000<br />
|verschrottet<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1055<br />
|1713<br />
|04.05.1906<br />
|1949<br />
|51.000<br />
|Ohne Zahnradtriebwerk an [[Thessalische Eisenbahnen]], [[Volos (Stadt)|Volos]], 1984 verschrottet.<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1056<br />
|1831<br />
|10.07.1907<br />
|1947<br />
|51.000<br />
|verschrottet<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1057<br />
|1832<br />
|19.07.1907<br />
|1941<br />
|51.000<br />
|verschrottet<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1058<br />
|1912<br />
|31.07.1908<br />
|1949<br />
|57.000<br />
|Ohne Zahnradtriebwerk an Thessalische Eisenbahnen, Volos. Als Museumsfahrzeug vorgesehen, 2007 noch vorhanden.<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1059<br />
|1913<br />
|14.08.1908<br />
|1942<br />
|57.000<br />
|verschrottet<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1060<br />
|1914<br />
|28.08.1908<br />
|1943<br />
|57.000<br />
|verschrottet, Kessel an 1068<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1061<br />
|1915<br />
|04.09.1908<br />
|1944<br />
|57.000<br />
|verschrottet<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1062<br />
|1992<br />
|10.05.1909<br />
|1942<br />
|57.000<br />
|verschrottet, Kessel an 1063<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1063<br />
|1993<br />
|15.05.1909<br />
|1957<br />
|57.000<br />
|1957 an [[Verkehrshaus]], teilweise aufgeschnitten<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1064<br />
|1994<br />
|21.05.1909<br />
|1956<br />
|57.000<br />
|verschrottet<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1065<br />
|2081<br />
|26.03.1910<br />
|1965<br />
|57.000<br />
|verschrottet<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1066<br />
|2082<br />
|31.03.1910<br />
|1957<br />
|57.000<br />
|verschrottet<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1067<br />
|2083<br />
|06.04.1910<br />
|1965<br />
|57.000<br />
|1965 an Ballenberg-Dampfbahn, seit 1972 wieder betriebsfähig<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|1068<br />
|3134<br />
|08.07.1926<br />
|1965<br />
|110.900<br />
|1966 Denkmal in [[Meiringen]], 2000 an Ballenberg-Dampfbahn, betriebsfähige Aufarbeitung geplant<br />
|- bgcolor="#D22222" align="center" span style="color:#ffffff"<br />
| colspan = "7" |<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|7<br />
|1728<br />
|1906<br />
|1914<br />
|51.700<br />
|1917 an [[Strade Ferrate del Mediterraneo]], dort Nr. 261, ausgemustert und verschrottet um 1950<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|8<br />
|1729<br />
|1906<br />
|1914<br />
|51.700<br />
|1917 an Strade Ferrate del Mediterraneo, dort Nr. 262, ausgemustert und verschrottet um 1950<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|9<br />
|2084<br />
|1910<br />
|1914<br />
|57.800<br />
|1915 an [[Società Veneta Ferrovie]], dort Nr. 110, ausgemustert und verschrottet um 1958<br />
|- bgcolor="#EEE9E9" align="center"<br />
|10<br />
|2085<br />
|1910<br />
|1914<br />
|57.800<br />
|1917 an Strade Ferrate del Mediterraneo, dort Nr. 263, ausgemustert und verschrottet um 1950<br />
|- bgcolor="#D22222" align="center" span style="color:#ffffff"<br />
| colspan = "7" |<br />
|}<br />
<br />
==Literatur==<br />
* Claude Jeanmaire: ''Die schmalspurige Brünigbahn (SBB).'' Archiv Nr. 39. Verlag Eisenbahn, Villingen 1982. ISBN 3-85649-039-6<br />
* Hugo Müller, Urs Jossi: ''100 Jahre BOB. Die Berner-Oberland-Bahnen.'' EZ-Special 4. Komet-Verlag, Köniz 1990.<br />
<br />
==Weblinks==<br />
*[http://www.dampfbahnen.ch/ www.dampfbahnen.ch] Homepage der Ballenberg-Dampfbahn, Betreiber der Museumslokomotive 1067.<br />
*[http://www.webalice.it/robertotroiano/rotabili%20storici.htm www.webalice.it/robertotroiano] Private Homepage mit Informationen zum Einsatz der HG 3/3 in Kalabrien (italienisch).<br />
<br />
[[Kategorie:Triebfahrzeug (Zentralbahn)]]<br />
<br />
[[ja:スイス国鉄HG3/3形蒸気機関車]]</div>Pigr8https://de.wikipedia.org/w/index.php?title=Massaker_von_Porz%C3%BBs&diff=177184047Massaker von Porzûs2012-06-04T20:10:46Z<p>Pigr8: /* Contesto storico */ link ( da fare come ancillare)</p>
<hr />
<div>{{vaglio|arg=storia|arg2=guerra}}<br />
{{Incidente<br />
|titolo= Eccidio di Porzûs<br />
|immagine= Porzus.jpg<br />
|didascalia= I partigiani della Osoppo a Topli Uork<br>(inverno 1944-1945)<br />
|nazione= ITA<br />
|luogo= Gruppo di malghe in località Topli Uork, in seguito dette "malghe di Porzûs", [[Faedis]], [[provincia di Udine]]<br />
|data= 7-18 [[febbraio]] [[1945]]<br />
|obiettivo= [[Partigiani]] della [[Brigata Osoppo]]<br />
|tipologia= Esecuzione<br />
|vittime= 17 o 18<br />
|esecutori= [[Partigiani]] [[comunismo|comunisti]] guidati da [[Mario Toffanin]] "Giacca"<br />
|motivazione= Secondo la corte d'Assise d'Appello di Firenze, "atti compiuti in esecuzione di un medesimo disegno criminoso con il quale si tendeva a porre una parte del nostro Stato sotto la sovranità della Jugoslavia"<ref>Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani (cur.), ''Per rompere un silenzio più triste della morte. Il processo di Porzûs. Testo della sentenza 30.04.1954 della Corte d'Assise d'Appello di Firenze'', La Nuova Base Editrice, Udine 2012 (prima ed. ivi 1983), p. 247.</ref><br />
}}<br />
{{Storia del Friuli}}<br />
<br />
L<nowiki>'</nowiki>'''eccidio di Porzûs''' consistette nell'uccisione, fra il 7 e il 18 febbraio 1945, di sedici o diciassette partigiani (più una loro ex prigioniera) della [[Brigata Osoppo]], [[formazione partigiana|formazione]] di orientamento [[cattolicesimo|cattolico]] e laico-[[socialismo|socialista]], da parte di un gruppo di partigiani - in prevalenza [[Gruppi di azione patriottica|gappisti]] - appartenenti al [[Partito Comunista Italiano]]. È uno degli episodi più tragici e controversi della storia della [[Resistenza italiana]], che ha causato varie ondate di polemiche in ordine ai mandanti dell'eccidio e alle sue motivazioni.<br />
<br />
==Contesto storico==<br />
Nella storia della [[Guerra di liberazione italiana|guerra di liberazione]], la situazione nelle estreme propaggini nord-orientali dell'allora territorio italiano presenta delle caratteristiche del tutto peculiari. Abitata in parte da popolazioni slovene - ampiamente maggioritarie in varie zone - comprende al proprio interno anche una regione denominata [[Slavia veneta]] (in [[lingua slovena|sloveno]] ''Benečija'') appartenuta per secoli alla [[Repubblica di Venezia]] e incorporata al Regno d'Italia fin dal 1866. In questo contesto geografico operarono contemporaneamente tre tipologie di formazioni partigiane: gli sloveni del [[IX Korpus]], fortemente organizzati ed inseriti all'interno dell'[[Esercito popolare di liberazione della Jugoslavia]] (EPLJ), alcune [[Brigate Garibaldi]], fra le quali in particolare quelle inserite nella [[Divisione Garibaldi Natisone]], di osservanza [[comunismo|comunista]], e le [[Brigata Osoppo|Brigate Osoppo]], di varia ispirazione: laica, azionista, liberale, socialista e cattolica. Tutte le terre ad oriente del fiume [[Isonzo]] - e comunque ovunque vivesse una componente etnica slovena, compresa quindi la Slavia veneta - vennero reclamate dalla nascente Jugoslavia di [[Josip Broz Tito|Tito]] fin dalla fine del 1941<ref>Patrick Karlsen, ''Il PCI, il confine orientale e il contesto internazionale 1941-1955'', tesi di dottorato presso l'Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 2007-2008, p. 13. La tesi venne poi pubblicata col titolo ''Frontiera rossa. Il PCI, il confine orientale e il contesto internazionale 1941-1955'', Libreria Editrice Goriziana, Gorizia 2010.</ref>, e dichiarate ufficialmente annesse alla Jugoslavia nel settembre del 1943<ref>Nei giorni immediatamente successivi all'armistizio dell'8 settembre, le strutture direttive dei movimenti di liberazione sloveni e croati promulgarono due distinte dichiarazioni, con le quali proclamarono annesse alla Jugoslavia l'Istria (suddivisa fra Slovenia e Croazia) e la Venezia Giulia (alla Slovenia). Le dichiarazioni vennero confermate il 30 novembre 1943 a [[Jajce]] dal massimo organo federale, la Presidenza del Consiglio Antifascista di Liberazione popolare della Jugoslavia ([[AVNOJ]]). Sul punto si veda Egidio Ivetic (cur.), ''Istria nel tempo. Manuale di storia regionale dell'Istria con riferimenti alla città di Fiume'', Centro di Ricerche Storiche di Rovigno, Unione Italiana di Fiume, Università Popolare di Trieste, Rovigno 2006, p. 566.</ref>. Nell'ambito di tali territori, gli jugoslavi pretesero di avere il comando di tutte le operazioni militari, sottoponendo all'EPLJ qualsiasi altra formazione combattente, nel rispetto di quanto aveva stabilito a seguito di precisa richiesta di Tito il segretario del [[Komintern]] [[Georgi Dimitrov]] in una lettera del 3 agosto 1942, che aveva sancito per tutta la Venezia Giulia la sottomissione delle strutture del PCI al Partito Comunista Sloveno (PCS), e di tutte le strutture combattenti in zona al Fronte di Liberazione Sloveno<ref>Patrick Karlsen, ''op. cit.'', pp. 16-17.</ref>. L'obiettivo dei partigiani jugoslavi fu triplice: liberare le zone occupate dagli eserciti dell'[[Potenze dell'Asse|Asse]], creare una serie di fatti compiuti per sostanziare le proprie rivendicazioni territoriali eliminando ancora nel corso delle operazioni belliche ogni opposizione - reale o potenziale - a tale disegno e procedere nel contempo ad una [[rivoluzione (politica)|rivoluzione sociale]] di stampo [[marxismo|marxista]]. Lo sloveno [[Edvard Kardelj]] - uno dei più importanti collaboratori di [[Josip Broz Tito|Tito]] - in questo senso fu categorico: in una lettera del 9 settembre 1944 a [[Vincenzo Bianco]] - prescelto personalmente da [[Palmiro Togliatti|Togliatti]] come delegato del PCI presso il Fronte di Liberazione Sloveno - scrisse che all'interno delle formazioni partigiane italiane occorreva "fare un repulisti di tutti gli elementi imperialisti e fascisti". Con riferimento alle zone di operazioni del IX Korpus, così proseguiva: "Non possiamo lasciare su questi territori nemmeno un'unità nella quale lo spirito imperialistico italiano potrebbe essere camuffato da falsi democratici"<ref>Il virgolettato è tratto da [[Elena Aga Rossi]], Antonio Carioti, ''I prodromi dell'eccidio di Porzûs'', in ''Ventunesimo Secolo'', 16, giugno 2008, pp. 84-85.</ref>, ed auspicò il passaggio dell'intera regione alla nuova Jugoslavia: "Gli italiani saranno incomparabilmente più favoriti nei loro diritti e nelle condizioni di progresso di quel che sarebbero in un'Italia rappresentata da [[Carlo Sforza|Sforza]]"<ref>Sergio Gervasutti, ''Il giorno nero di Porzûs. La stagione della Osoppo'', Marsilio, Venezia 1997, p. 138.</ref>. Rispetto alla Osoppo, rilevava che fosse "sotto una forte influenza di diversi ufficiali badogliani e politicamente guidata dai seguaci del [[Partito d'Azione]]"<ref>Il virgolettato in Patrick Karlsen, ''op. cit.'', p. 32.</ref>.<br />
[[File:Verdi Ninci e altri.png|thumb|right|300px|In questa foto del 1944 s'individuano Alfredo Berzanti "Paolo" (secondo da sinistra)<ref>Braccio destro di "Bolla", scampò all'eccidio in quanto assente da Porzûs il 7 febbraio 1945.</ref>, e a seguire verso destra Candido Grassi "Verdi", il colonnello Emilio Grossi del comando unificato Garibaldi-Osoppo<ref>Su Emilio Grossi si veda [http://www.storia900bivc.it/pagine/editoria/magnani105.html Alberto Magnani, ''Emilio Grossi a Vercelli. La presa di coscienza di un ufficiale dell'esercito'', dal sito dell'Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli.]</ref> e Lino Zocchi "Ninci"]]<br />
A seguito di una serie di contatti bilaterali, compreso un incontro personale a Bari con Kardelj, [[Palmiro Togliatti|Togliatti]] il 19 ottobre 1944 inviò quindi un'ampia lettera a Bianco, suddivisa in sei punti. Considerando "un fatto positivo, di cui dobbiamo rallegrarci e che in tutti i modi dobbiamo favorire, la occupazione della regione giuliana da parte delle truppe del maresciallo Tito", al fine non solo di battere tedeschi e fascisti, ma anche di creare nell'area "un regime democratico e progressivo", Togliatti ordinò di conseguenza alla Divisione Garibaldi Natisone di entrare nell'EPLJ<ref>Si vedano in merito le riflessioni di [[Marina Cattaruzza]], ''L'Italia ed il confine orientale'', Il Mulino, Bologna 2007, pp. 270 ss.. Il testo della lettera è stato pubblicato varie volte, citato per primo - in ampi stralci - da [[Paolo Spriano]], ''Storia del Partito Comunista Italiano. V. La Resistenza. Togliatti e il partito nuovo'', Einaudi, Torino 1975, pp. 436-438.</ref>. Togliatti scrisse anche di proprio pugno il testo dell'ordine del giorno che i garibaldini avrebbero dovuto adottare: {{quote|I partigiani italiani riuniti il 7 novembre in occasione dell’anniversario della Grande Rivoluzione<ref>Si fa riferimento alla Rivoluzione Russa.</ref> accettano entusiasticamente di dipendere operativamente dal IX Corpus sloveno, consapevoli che ciò potrà rafforzare la lotta contro i nazifascisti, accelerare la liberazione del Paese e instaurare anche in Italia, come già in Jugoslavia, il potere del popolo<ref>[http://www.identitanazionale.it/stco_5002.php Paolo Deotto, ''Strage di Porzûs. Un'ombra cupa sulla Resistenza''], dal sito dell'Istituto Storico dell’Insorgenza e per l’Identità Nazionale. L'ordine del giorno della Divisione e della Brigata Garibaldi Natisone datato 6 novembre 1944, ripetè infatti fedelmente il testo di Togliatti, ordinando nel contempo a tutti i comandanti delle unità minori di leggerlo nel corso di comizi o riunioni. In merito Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', pp. 301-302.</ref>.}}Pur senza mai fare esplicitamente il nome delle Brigate Osoppo, Togliatti dispose altresì che: {{quote|(...) i comunisti devono prendere posizione contro tutti quegli elementi italiani che si mantengono sul terreno e agiscono in nome dell'imperialismo e nazionalismo italiano e contro tutti coloro che contribuiscono in qualsiasi modo a creare discordia tra i due popoli<ref>Marina Cattaruzza, ''L'Italia e il confine orientale'', cit. p. 271.</ref>}} Di conseguenza, dagli ultimi mesi del 1944 la divisione Garibaldi Natisone si sottomise al comando del IX Korpus: ma invece di rimanere a combattere nel territorio nazionale, a fine anno venne trasferita all'interno della Slovenia, ritornando in Italia solo alla fine di maggio del 1945. I comandi della Osoppo invece rifiutarono, affermando di voler fare riferimento sempre ed unicamente alle strutture direttive del Comitato di Liberazione Nazionale italiano. Questa situazione portò a una spaccatura all'interno delle forze partigiane italiane nella regione, che via via assunse sempre più le forme di una radicale disputa ideologico-politica.<br />
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Tale disputa aveva conosciuto uno dei suoi momenti di culmine ancora ad agosto del 1944, con la destituzione dei comandi della Osoppo operata dal CLN udinese e dal Comitato Regionale Veneto e dalla loro sostituzione col seguente organigramma: al comando l'azionista Lucio Manzin "Abba", suo vice il comunista Lino Zocchi "Ninci" - già comandante della brigata Garibaldi Friuli - commissario politico il comunista [[Mario Lizzero|Mario Lizzero "Andrea"]] - già commissario politico delle brigate Garibaldi Friuli - vicecommissario l'azionista Carlo Commessatti "Spartaco". Le formazioni della Osoppo reagirono con molta decisione, destituendo a loro volta i comandanti designati e rimettendo al loro posto i precedenti: Candido Grassi "Verdi" e il sacerdote Ascanio De Luca "Aurelio"<ref>La questione è riassunta fra gli altri da [http://www.storiaxxisecolo.it/dossier/Dossier1a7a.htm Giovanni Gozzer, ''Porzûs: una Yalta giuliana''] (dal sito del Centro Studi della Resistenza, l'articolo originariamente era apparso sul ''Corriere del Ticino'', 17 novembre 1997) e da Roberto Roggero, ''Oneri e onori: le verità militari e politiche della guerra di liberazione in Italia'', Greco & Greco Editori, 2006, ISBN 9788879804172, pp. 430-431, ma entrambi appaiono abbastanza lacunosi, sbagliando perfino il nome di Zocchi "Ninci" - chiamato "Bocchi". Molto più approfondita la ricostruzione di Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', pp. 79-88.</ref>.<br />
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===Le pressioni slovene e garibaldine sugli osovani===<br />
[[File:Comando Garibaldi Natisone.png|thumb|300px|Slovenia 1945. Il comando della Divisione Garibaldi Natisone assieme ad alcuni ufficiali sovietici. Il primo a sinistra è il commissario politico Giovanni Padoan "Vanni", al centro con la barba il comandante Mario Fantini "Sasso". Entrambi saranno imputati nel processo per l'eccidio]]<br />
Nella seconda metà del 1944 si moltiplicarono le pressioni slovene sui comandi osovani, contestualmente ad una serie di accuse - sia da parte slovena che garibaldina - di cointeressenze della Osoppo con nazisti e fascisti, con i quali sarebbero stati presi accordi in funzione antipartigiana, di inserimento nelle proprie file di ex fascisti, di protezione di spie, furti di materiale e addirittura di collaborazione nell'omicidio di partigiani garibaldini<ref>Elena Aga Rossi, Antonio Carioti, ''I prodromi (...)'' cit., p. 85.</ref>. A queste accuse, il comando della Osoppo replicò con una lunga serie di relazioni scritte, nelle quali si denunciava il fortissimo contrasto che contrapponeva i propri reparti ai garibaldini e agli sloveni del IX Korpus, una serie di incidenti a scapito degli osovani e le forti pressioni che continuavano ad esser esercitate per il passaggio della Osoppo alle dipendenze dei comandi sloveni, sia da parte di questi ultimi che da parte del comando della Garibaldi Natisone, pressioni accompagnate da varie minacce<ref>Si vedano in estratto alcune relazioni del comandante della Osoppo Francesco De Gregori "Bolla" in Primo Cresta, ''Gorizia e la sua lotta di liberazione'', in ''I cattolici isontini nel XX secolo. III. Il goriziano fra guerra e ripresa democratica (1940-1947)'', Istituto di Storia Sociale e Religiosa, Gorizia 1987, pp. 231-257.</ref>. Nello stesso periodo diversi esponenti comunisti triestini di sentimenti filoitaliani, che allo stesso modo avevano espresso dubbi sulla futura appartenenza della città alla Jugoslavia, vennero arrestati dai tedeschi, probabilmente in seguito a delazioni<ref>Elena Aga Rossi, Antonio Carioti, ''I prodromi (...)'', cit. p. 85.</ref>. A dicembre gli sloveni fecero pressioni sulla Garibaldi Natisone - senza esito - perché agisse contro il comando osovano di Porzûs<ref>Alberto Buvoli, ''Le formazioni Osoppo Friuli. Documenti 1944-45'', Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione, Udine 2003, p. 101; sul punto anche Elena Aga Rossi, Antonio Carioti, ''I prodromi (...)'', cit. p. 85.</ref>.<br />
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Un membro della missione inglese del SOE (Special Operations Executive) - Michael (o Nicolas) Trent - che nello stesso periodo aveva deciso di tentare una mediazione con i comandi del IX Korpus, fu ucciso in circostanze non chiare<ref>Secondo la relazione del maggiore MacPherson del SOE, il battaglione partigiano sloveno "Rezianska" annunciò alla popolazione che Trent era stato portato "davanti alla giustizia" delle loro brigate, mentre tre osovani che gli facevano da scorta affermarono che era stato ucciso in uno scontro con i tedeschi. Si ipotizza che Trent fosse caduto in un tranello tesogli dagli sloveni e consegnato ai tedeschi. Così concludono Elena Aga Rossi, Antonio Carioti, ''I prodromi (...)'', cit., p. 86.</ref>.<br />
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Il 22 novembre 1944 - quindici giorni dopo l'inglobamento dei garibaldini nel IX Korpus sloveno - ebbe luogo l'ultimo incontro (della durata di cinque ore) fra il Comando della prima divisione Garibaldi Natisone e il comando della prima Brigata Osoppo - presente il comandante osovano [[Francesco De Gregori (partigiano)| Francesco De Gregori "Bolla"]] - nel corso della quale i garibaldini esercitarono la massima pressione possibile per convincere gli osovani a seguirli nella loro scelta. [[Giovanni Padoan|Giovanni Padoan "Vanni"]] ([[commissario politico]] della brigata Garibaldi Natisone), in particolare dichiarò che tutti i partigiani operanti nell'Italia nord-orientale erano tenuti a porsi alle dipendenze degli jugoslavi, e che secondo una dichiarazione ufficiale del PCI chi non avesse appoggiato gli jugoslavi sarebbe stato da considerarsi nemico del popolo italiano. Aggiunse poi che chi fra Gran Bretagna e Jugoslavia avesse scelto la prima era da considerarsi conservatore e reazionario, ritenuto di conseguenza responsabile di fronte al popolo, e che i garibaldini non avrebbero mai permesso l'instaurazione di un regime democratico filoinglese in queste terre. Dopo queste premesse, si intrattenne sulle vicende confinarie, affermando che l'intera Venezia Giulia era da considerarsi legittimamente appartenente alla Slovenia, le cui forze partigiane avrebbero proceduto in questo territorio alla mobilitazione generale: nel contempo, "Vanni" intimò agli osovani di non procedere ad alcun tipo di mobilitazione o di reclutamento, mettendo in dubbio la legittimità del CLN. Il colloquio ebbe un andamento burrascoso, e si concluse con una rottura completa<ref>Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', pp. 302-304.</ref>.<br />
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Il 1 gennaio 1945, venne organizzato un incontro nella località di [[Uccea]] (comune di [[Resia]]) fra Romano Zoffo "Livio" - già comandante della II Brigata Osoppo, in quell'epoca impegnato nell'organizzazione della VI Brigata Osoppo e in particolare del Battaglione Resia - e il commissario politico sloveno del Battaglione Rezianska, accompagnato da due ufficiali. In tale occasione, gli sloveni affermarono che: {{quote|la nostra presenza in Val Resia è dovuta puramente a ragioni politiche. Indubbiamente il destino di questa striscia di territorio sarà deciso da un plebiscito che sarà tenuto in presenza delle nostre forze armate, per cui il risultato può essere considerato certo. (...) Non possiamo permettere la presenza di partigiani italiani in Val Resia finché il nostro Alto Comando non ci dà il permesso. La presenza di partigiani italiani danneggerebbe la nostra propaganda. Possiamo risolvere i nostri problemi di confine con un accordo reciproco. D'altro canto, non è impossibile che un giorno ci giunga l'ordine di disarmare le formazioni Osoppo nei dintorni della Val Resia. Per evitare una crisi tra noi, le formazioni Osoppo dovrebbero seguire l'esempio dei garibaldini e venire sotto di noi. La Gran Bretagna, nella quale riponete tanta fiducia non vi aiuterà certamente in futuro. (...) La Gran Bretagna sarà il nemico del domani e il suo sistema capitalista deve sparire. Sull'esempio della Grecia, le formazioni garibaldine che hanno accettato di dipendere dagli sloveni rappresenteranno la [[Esercito Popolare Greco di Liberazione|Elas]] dell'Italia.<ref>L'intera relazione in Elena Aga Rossi, Antonio Carioti, ''I prodromi (...)'', cit. pp. 86-87.</ref>}}<br />
Poco più di un mese dopo, avvenne l'eccidio.<br />
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== L'eccidio ==<br />
[[File:Il casolare presso il quale fu catturata la brigata Osoppo da Mario Toffanin.jpg|thumb|250px|Alcune delle malghe di Topli Uork]]<br />
[[File:Mario Toffanin.jpg|thumb|125px|Mario Toffanin "Giacca"]]<br />
[[File:Francesco De Gregori detto Bolla partigiano osoviano e zio del cantautore De Gregori.jpg|thumb|125px|Francesco De Gregori "Bolla"]]<br />
Il [[7 febbraio]] [[1945]] un gruppo di [[partigiano|partigiani]] [[comunista|comunisti]] forte di circa cento unità appartenenti ai battaglioni [[Gruppi di azione patriottica|GAP]] "Ardito" (al comando di Urbino Sfiligoi "Bino"), "Giotto" (al comando di Lorenzo Deotto "Lilly"), "Amor" (al comando di Gustavo Bet "Gastone") e "Tremenda" (al comando di Giorgio Iulita "Jolly")<ref>[http://beniculturali.ilc.cnr.it:8080/Isis/servlet/Isis?Conf=/usr/local/IsisGas/InsmliConf/Insmli.sys6.file&Obj=@Insmlif.pft&Opt=search&Field0=%22=G01/00024/00/00/00000/000/000%22 ''Fondo: Processo Porzûs. Documenti in copia da archivi di Tribunali''], dall'Archivio dell'Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione. I nomi dei comandanti in Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', p. 163. Secondo Gianni Oliva (''La Resistenza: 8 settembre 1943-25 aprile 1945'', Giunti, Milano 2003, p. 65), i gappisti facevano parte della Brigata "13 martiri di Feletto", ma la sua ricostruzione appare errata in molti particolari.</ref> capeggiati da [[Mario Toffanin]] "Giacca", raggiunse il comando del [[Brigata Osoppo|Gruppo delle Brigate Est della Divisione partigiana Osoppo]], situato presso alcune [[malga|malghe]] in località Topli Uork (in seguito la zona divenne più nota con il toponimo di Porzûs, dal nome della vicina frazione dove viveva il proprietario delle malghe stesse), nel comune di [[Faedis]] nel [[Friuli]] orientale. L'ordine ai gappisti era pervenuto dal vicesegretario della federazione del PCI di Udine - Alfio Tambosso "Ultra" - il 28 gennaio 1945 in questi termini: {{quote|Cari compagni, vi trasmetto, per l'esecuzione, l'ordine pervenuto dal Superiore Comando Generale. Preparate 100-150 uomini, completamente armati ed equipaggiati, con viveri a secco per 3-4 giorni, da porre alle dipendenze della divisione Garibaldi "Natisone" operante agli ordini del Maresciallo Tito. Vi raccomando la precisa esecuzione del presente ordine, che ha carattere di estrema importanza per il prossimo avvenire. Non appena gli uomini saranno pronti, mi avvertirete immediatamente. Provvedete ad eseguire rapidamente e cospirativamente. Gli uomini dovranno sapere solo quando saranno in viaggio. Quando verrò da voi, e cioè fra qualche giorno, spiegherò meglio ogni cosa. Ricordate che ne va del buon nome GAP e che è cosa di massima importanza. L'armata Rossa gloriosa avanza e ormai i tempi stringono. Fraternamente. Ultra 24.1.1945<ref>Testo in Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', p. 171. On line con alcuni particolari differenti in [http://archiviostorico.corriere.it/1996/luglio/13/senza_titolo_co_0_9607133834.shtml ''Senza titolo''], in ''Corriere della Sera'', 13 luglio 1996, p. 35.</ref>.}} Successivamente alcuni gappisti testimonieranno di non aver compreso il motivo della missione fino agli istanti precedenti l'eccidio.<br />
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La Brigata Osoppo ospitava [[Elda Turchetti]] "Livia", una giovane donna che [[Radio Londra]] aveva indicato come spia<ref>Giovanni Di Capua, ''Resistenzialismo versus Resistenza'', Rubbettino Editore srl, 2005, ISBN 9788849811971, [http://books.google.com/books?id=4XqXnuKJphsC&lpg=PA110&dq=Elda%20Turchetti%20radio%20londra&hl=it&pg=PA110#v=onepage&q&f=false pag 110]</ref>, dopo che alcuni informatori inglesi avevano avuto segnalazioni su una sua presunta amicizia con soldati tedeschi. Secondo alcune ricostruzioni, la Turchetti si era consegnata spontaneamente alla Osoppo per farsi giudicare<ref>Questa è la ricostruzione in Ercole Moggi, ''La dolente sfilata delle madri dei trucidati'', in ''La Stampa'', 15 gennaio 1950, p. 5.</ref>, ma altri affermano che la ragazza - avendo appreso delle accuse che le erano state rivolte - si fosse rivolta al suo conoscente partigiano garibaldino Fortunato Pagnutti "Dinamite", che l'aveva condotta dallo stesso Toffanin, il quale a sua volta l'aveva consegnata al capo della polizia interna della Osoppo - Tullio Bonitti - che alla fine la condusse alle malghe di Topli Uork<ref>[http://www.storiaxxisecolo.it/dossier/Dossier1a6.htm Alberto Bobbio, ''La strage di Porzus, la verità del partigiano Lino''] dal sito "resistenzaitaliana.it". L'articolo originale è apparso su "Famiglia Cristiana"]</ref>. Qui, dopo alcuni mesi di custodia, era stata ritenuta innocente in un processo tenutosi il [[1º febbraio]] [[1945]]<ref>Gianni Oliva, ''Foibe. Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell'Istria'', Mondadori, Milano 2002, p. 195.</ref>. Il rifugio dato a Elda Turchetti fu in seguito indicato - nelle varie e spesso contraddittorie ricostruzioni di Toffanin - come [[casus belli]] per l'azione dei partigiani garibaldini<ref>Roberto Roggero, ''Oneri e onori: le verità militari e politiche della guerra di liberazione in Italia'', Greco & Greco Editori, 2006, ISBN 9788879804172, [http://books.google.com/books?id=BIVzVZoh8moC&lpg=PA435&dq=Elda%20Turchetti%20radio%20londra&hl=it&pg=PA433#v=onepage&q&f=false pag 433]</ref>. Successivamente all'eccidio, Toffanin accusò inoltre la Osoppo di aver osteggiato la politica di collaborazione con i [[Resistenza jugoslava|partigiani jugoslavi]], di non aver redistribuito agli altri gruppi partigiani delle armi che venivano fornite alla Osoppo dagli angloamericani e di aver collaborato con elementi della [[Xª Flottiglia MAS (RSI)|Xª Flottiglia MAS]] e del [[Reggimento alpini "Tagliamento"]], appartenenti alla [[Repubblica sociale italiana|RSI]]<ref>Secondo le direttive del Comando generale del [[Corpo volontari della libertà]] del Nord Italia, emanate nell'ottobre [[1944]], ogni forma di collaborazione con i soldati della RSI e con le forze germaniche era da considerare come tradimento da punire con la condanna a morte, ma dalle ricostruzioni del dopoguerra risultò che era sempre stata la [[Xª Flottiglia MAS (RSI)|Xª Flottiglia MAS]] a cercare degli accordi con la Osoppo per opporsi alle mire jugoslave sui territori orientali italiani, ottenendone però sempre un rifiuto. Sul tema si veda anche la ricostruzione di tutta la vicenda dalla parte della Decima Mas in Mario Bordogna, ''Junio Valerio Borghese e la X Flottiglia MAS'', Mursia, Milano 1995, ISBN 88-425-1950-2.</ref>.<br />
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La ricostruzione dettagliata dello svolgimento dell'operazione gappista è stata fornita nel corso dei processi e poi ripresa in alcune pubblicazioni<ref>Si riportano qui le ricostruzioni tratte da Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', pp. 163 ss., assieme ai resoconti della stampa dell'epoca e all'ampio riassunto contenuto in [[Primo Cresta]], ''Un partigiano dell'Osoppo al confine orientale'', Del Bianco Editore, Udine 1969, pp. 123-125.</ref>: la colonna raggiunse l'abitato di Porzûs e poi si divise in gruppi, che raggiunsero le malghe di Topli Uork in momenti diversi. Per superare i posti di guardia osovani senza creare scompiglio, affermarono d'essere partigiani sbandati a seguito di un rastrellamento, e in parte dei civili fuggiti da un treno che li portava in Germania, attaccato dall'aviazione alleata. Un gruppo di garibaldini si spacciò per osovano. Il messaggero del gruppo agli ordini di Toffanin fu lo stesso Pagnutti "Dinamite" che aveva portato Elda Turchetti da Toffanin: un partigiano del quale sia i garibaldini che gli osovani si fidavano, avendo già svolto incarico di staffetta fra i due reparti. Un osovano di guardia venne spedito a Topli Uork ad informare [[Francesco De Gregori (partigiano)|Francesco De Gregori]] "Bolla"<ref>Zio dell'omonimo cantautore romano [[Francesco De Gregori]]</ref> - comandante del [[Brigata Osoppo|Gruppo delle Brigate Est della Divisione partigiana Osoppo]] - che inviò sul luogo il [[commissario politico]] del reparto - appartenente al [[Partito d'Azione]] - [[Gastone Valente]] "Enea". Questi ordinò di separare i presunti osovani dai garibaldini, volendo inviare i secondi al vicino reparto garibaldino di Canebola (una frazione di [[Faedis]]). Durante quest'operazione si palesò "Giacca", che fece immediatamente arrestare tutti gli osovani presenti e aspettò l'arrivo di "Bolla" - precedentemente chiamato da Enea - che stava in una baita ad una certa distanza. Al suo arrivo, "Bolla" venne immediatamente arrestato. A questo punto, "Giacca" fece rastrellare la zona, catturando un altro gruppo di osovani in una malga vicina. Nel contempo, un reparto al comando di Vittorio Juri "Marco" si occupò di raccogliere tutto il materiale presente a Topli Uork: in questo frangente un certo Cussig, estraneo alla formazione osovana e alle malghe perché incaricato di portarvi dei viveri, venne rapinato dell'orologio da polso da un garibaldino, venendo però rilasciato dietro assicurazione - data dall'osovano Gaetano Valente "Cassino" - che non si trattava di un partigiano<ref>L'intero episodio in Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', p. 164 e in Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', p. 163.</ref>.<br />
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Francesco De Gregori "Bolla" venne subito ucciso, insieme a [[Gastone Valente]] "Enea", al giovane partigiano Giovanni Comin "Gruaro", che si trovava in zona perché voleva arruolarsi nella brigata<ref>Secondo altre ricostruzioni, Comin invece sarebbe stato un partigiano comunista fuggito da un treno che lo stava conducendo in un lager tedesco, che aveva raggiunto le malghe di Topli Uork perché erano il covo partigiano più vicino. Brunello Mantelli, ''Porzus, la lezione non è il nazionalismo'', in ''l'Unità'', 23 febbraio 2003, p. 23.</ref>, e a Elda Turchetti. Dalle risultanze processuali, risultò che De Gregori venne ucciso all'arma bianca con lo sfondamento del cranio, probabilmente per evitare il rumore delle armi da fuoco<ref>''I responsabili del massacro nella morsa delle accuse'', in ''La Stampa'', 17 gennaio 1950, p. 4.</ref>. [[Aldo Bricco]] "Centina", futuro comandante designato della formazione e a Topli Uork per il passaggio delle consegne con De Gregori e giunto in vista di "Giacca" e i suoi assieme a quest'ultimo, riuscì rocambolescamente a fuggire: apertosi un varco a forza fra i gappisti, si lanciò di corsa dal costone del monte innevato; ferito da sei colpi di arma da fuoco venne ritenuto morto, ma riuscì a trascinarsi fino al vicino paese di [[Robedischis]], dove si fece medicare da alcuni partigiani sloveni, avendo loro raccontato d'esser stato ferito in uno scontro con i fascisti<ref>''L'eccidio di Porzus nel racconto di un superstite'', in ''La Stampa'', 6 ottobre 1951, p. 5.</ref>. Tredici o quattordici altri partigiani furono imprigionati e fucilati nei giorni successivi dopo processi sommari, nelle località limitrofe di Bosco Romagno, Ronchi di Spessa, Restocina e Rocca Bernarda (Prepotto): tra questi [[Guido Pasolini|Guidalberto (Guido) Pasolini "Ermes"]], fratello di [[Pier Paolo Pasolini|Pier Paolo]]. Ne vennero risparmiati due - Leo Patussi "Tin" e Gaetano Valente "Cassino" - che passarono nei [[Gruppi di azione patriottica|GAP]]. Questi ultimi, assieme al Bricco, furono dopo la guerra fra i principali accusatori di Toffanin e compagni nei vari processi che si svolsero fra Udine, Venezia, Brescia, Lucca e Firenze.<br />
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Altri tre osovani - Antonio Turlon "Make" (in altre fonti "Macche" o "Macché"), Annunziato Rizzo "Rinato" e Mario Gaudino "Vandalo" - erano invece stati fatti prigionieri il 16 gennaio 1945 da una pattuglia del IX Korpus sloveno in località Platischis (comune di [[Taipana]], provincia di Udine), e fucilati successivamente (forse ad aprile del 1945) nella località di Spessa nel comune di [[Cividale]]: il nome di battaglia di tutti e tre appare nella lapide in memoria dei trucidati murata a Topli Uork, mentre il nome dei soli Turlon e Rizzo appare nel cippo "Ai Martiri della Osoppo" di Bosco Romagno ([[Cividale del Friuli|Cividale]])<ref>[http://www.italia-liberazione.it/ultimelettere/ultimelettereanagrafe.php?ricerca=502&attresi=3&barra=si&lingua=it Dalla pagina dedicata a Francesco De Gregori "Bolla" nel sito dell'Istituto Mazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in italia.]</ref>. Secondo alcune ricostruzioni, un partigiano sfuggito all'eccidio sarebbe stato Erasmo Sparacino "Flavio", catturato però in seguito dai tedeschi e fucilato a Cividale il 12 febbraio 1945: il suo nome appare comunque in entrambi i memoriali di cui sopra.<br />
<br />
==Le vittime==<br />
Si riporta l'elenco completo degli osovani trucidati dai partigiani di Mario Toffanin "Giacca", comprendendo fra questi anche Elda Turchetti, Erasmo Sparacino - probabilmente sfuggito all'eccidio - ed Egidio Vazzas, il cui corpo non fu mai ritrovato<ref>La data della morte e le brevi note biografiche sono tratte da Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', pp. 213 ss.</ref>.<br />
{| style="width:100%; background:transparent; font-size:90%"<br />
| align="center" |<br />
{| class="prettytable sortable" <br />
! width="70" | Nome !! width="90" | Cognome !! width="125" | Nome di guerra !! width="120" | Luogo dell'uccisione !! width="130" | Data dell'uccisione !! width="260" | Note biografiche<br />
|-<br />
| Angelo || Augello || ''Massimo'' || Rocca Bernarda || 9 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Canicattì]] (AG) il 22 luglio 1923. Effettivo del Gruppo Est Brigate Osoppo Friuli - I Brigata. Il suo corpo è tumulato a Udine.</small><br />
|-<br />
| Antonio || Cammarata || ''Toni'' || Bosco Romagno || 18 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Petraglia]] (PA) il 23 dicembre 1923. Effettivo del Comando Gruppo Brigate Osoppo Friuli Est - I Brigata Reparto Comando. Tumulato prima a Cividale, poi a Udine.</small><br />
|-<br />
| Franco || Celledoni || ''Ateone (Atteone)'' || Rocca Bernarda || 12 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Faedis]] il 14 dicembre 1918. Effettivo della II Divisione Osoppo Friuli. Ufficiale medico, fu catturato dai gappisti mentre si recava al comando della Osoppo per sostituire il medico del distaccamento. Tumulato a Faedis.</small><br />
|-<br />
| Giovanni || Comin || ''Gruaro'' || Malghe di Topli Uork || 7 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Bagnara di Gruaro]] (VE) nel 1926. operaio. Probabilmente comunista<ref>[http://beniculturali.ilc.cnr.it:8080/Isis/servlet/Isis?Conf=/usr/local/IsisGas/InsmliConf/Insmli.sys6.file]</ref>, secondo alcuni era in zona per arruolarsi fra i partigiani, mentre per altri era effettivo della III Divisione Osoppo Friuli - Comando Gruppo Brigata Est - I Brigata - Battaglione Val Torre. Tumulato a Bagnara di Gruaro.</small><br />
|-<br />
| Francesco || De Gregori || ''Bolla'' || Malghe di Topli Uork || 7 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Roma]] il 10 giugno 1910. Capitano degli alpini. Comandante del Gruppo Brigate Osoppo dell'Est. Tumulato a Udine.</small><br />
|-<br />
| Enzo || D'Orlandi || ''Roberto'' || Bosco Musich - Restocina || 12 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Cividale del Friuli]] il 3 febbraio 1923. Studente. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli - I Brigata - Battaglione Julio. Tumulato a Cividale del Friuli.</small><br />
|-<br />
| Pasquale || Mazzeo || ''Cariddi'' || Bosco Romagno || 18 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Messina]] il 9 maggio 1914. Già brigadiere della [[Guardia di Finanza]] prima di entrare nella Osoppo. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli - I Brigata Reparto Comando. Tumulato a Udine.</small><br />
|-<br />
| Gualtiero || Michelon || ''Porthos'' || Bosco Musich - Restocina || Fra l'8 e il 18 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Portogruaro]] (VE) il 17 luglio 1920. Studente. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli - I Brigata Reparto Comando. Tumulato a Portogruaro.</small><br />
|-<br />
| Guido || Pasolini || ''Ermes'' || Bosco Romagno || 12 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Bologna]] il 4 ottobre 1925. Studente. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli - VI Brigata - Vice delegato Polizia di Brigata. Tumulato a Casarsa della Delizia (PN).</small><br />
|-<br />
| Antonio || Previti || ''Guidone'' || Bosco Romagno || 18 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Messina]] il 13 gennaio 1919. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli - I Brigata - Battaglione Zanon. Carabiniere a [[Zara]] prima di entrare nella Osoppo. Tumulato a Udine.</small><br />
|-<br />
| Salvatore || Saba || ''Cagliari'' || Bosco Romagno o Restocina || 9 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Sardiana]] (CA) il 22 luglio 1921. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli - I Brigata - Battaglione Zanon. Tumulato a Udine.</small><br />
|-<br />
| Giuseppe || Sfregola || ''Barletta'' || Ronchi di Spessa || 7 o 8 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Barletta]] il 31 ottobre 1921. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli - I Brigata - Battaglione Zanon. Ucciso prima che iniziassero gli interrogatori, prima di entrare nella Osoppo era brigadiere dei Carabinieri. Tumulato a Barletta.</small><br />
|-<br />
| Erasmo || Sparacino || ''Flavio'' || Bosco Musich - Restocina || Fra l'8 e il 18 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Santa Flavia]] (PA). Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli - I Brigata - Battaglione Zanon. Secondo alcune ricostruzioni sarebbe sfuggito all'agguato a Topli Uork, poi catturato dai tedeschi e fucilato a Cividale il 12 febbraio 1945. Prima di entrare nella Osoppo, fu carabiniere in Dalmazia. Tumulato a Udine.</small><br />
|-<br />
| Primo || Targato || ''Rapido'' || Bosco Romagno || 10 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Piombino Dese]] (PD) il 1 luglio 1923, residente a Novate Milanese. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli - I Brigata - Reparto Comando. Tumulato a Udine, il suo corpo in seguito venne traslato a Milano.</small><br />
|-<br />
| Elda || Turchetti || ''Livia'' || Malghe di Topli Uork || 7 febbraio 1945 || <small>Nata a [[Povoletto]] (UD) il 21 dicembre 1923. Cotoniera. Ex prigioniera della Osoppo. Tumulata a Savorgnano al Torre (UD).</small><br />
|-<br />
| Giuseppe || Urso || ''Aragona'' || Bosco Musich - Restocina || 10 febbraio 1945 || <small>Nato ad [[Aragona]] (AG) il 1º giugno 1923. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli - I Brigata - Battaglione Zanon. Tumulato a Udine, traslato poi a Canicattì(AG).</small><br />
|-<br />
| Gastone || Valente || ''Enea'' || Malghe di Topli Uork || 7 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Udine]] il 30 ottobre 1913. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli, commissario politico del Partito d'Azione. Tumulato a Udine.</small><br />
|-<br />
| Egidio || Vazzas || ''Ado'' || Località ignota || 7 febbraio 1945 ? || <small>Nato a [[Taipana]] (UD) il 10 settembre 1919. Muratore. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli - I Brigata - Battaglione Zanon. Il suo corpo non venne mai recuperato. Si presume che sia stato ucciso nelle vicinanze delle malghe di Topli Uork.</small><br />
|}<br />
|}<br />
<br />
==Le prime notizie dell'eccidio e le reazioni==<br />
Nei primi giorni dopo la strage - scoperta da alcuni contadini del luogo il giorno successivo all'incursione alle malghe - le notizie si accavallarono confuse: la direzione della federazione del PCI di Udine fece circolare la voce secondo la quale l'eccidio fosse opera di forze tedesche o fasciste<ref>Ercole Moggi, ''Nega e non ricorda il principale imputato'', in ''La Stampa'', 11 gennaio 1950, p. 4.</ref>. Qualche giorno dopo l'eccidio, la "Gioventù antifascista italiana e slovena" - un'organizzazione politica che propugnava l'annessione della zona alla Jugoslavia - organizzò a [[Circhina]] una conferenza cui parteciparono alcuni garibaldini della Natisone, nel corso della quale venne annunciata la soppressione del comando osovano senza peraltro specificare chi fosse stato l'esecutore dell'azione: ci furono applausi e grida di entusiasmo, giacché fra i garibaldini era opinione diffusa che gli osovani fossero dei reazionari in combutta con i fascisti<ref>Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', p. 172.</ref>.<br />
<br />
===La relazione di Toffanin, Plaino e Juri===<br />
Il 10 febbraio [[Mario Toffanin]] e i suoi sottoposti, Aldo Plaino "Valerio" e Vittorio Juri "Marco", stilarono una relazione indirizzata alla federazione comunista di Udine e al comando del IX Korpus Sloveno, in cui sostenevano che l'esecuzione aveva avuto "pieno consenso della Federazione del partito", accusando i partigiani della Osoppo di essere dei traditori venduti a fascisti e tedeschi, i cui comandanti in punto di morte avrebbero inneggiato al fascismo. I tre comandanti gappisti scrissero degli osovani che "esaminati attentamente uno a uno, abbiamo notato che essi non erano altro che figli di papà, delicati attendisti che se la passavano comodamente in montagna"<ref>Stralci della relazione in Alberto Buvoli, ''L'eccidio di Porzûs: ipotesi interpretative'', in ''Storia contemporanea in Friuli'', Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, Anno XXXI - Numero 32, Udine 2001; il virgolettato è citato anche in Gian Antonio Stella, ''Strage di Porzus: non si pente il fucilatore "rosso"'', in ''Corriere della Sera'', 31 gennaio 1992, p. 2.</ref>.<br />
<br />
===Le inchieste partigiane===<br />
[[File:Mario Lizzero.jpg|150px|thumb|Mario Lizzero "Andrea"]]<br />
Lo stesso giorno in cui Toffanin inviò la sua relazione, il comando della Osoppo affidò l'incarico di compiere una prima indagine ad Agostino Benetti<ref>Tutto il racconto sulle inchieste partigiane è tratto per riassunto da Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', pp. 172-176.</ref>, che in pochi giorni appuntò i propri sospetti sui garibaldini. Informati i superiori, questi interessarono il CLN provinciale, che in una riunione del 21 febbraio - in assenza del rappresentante comunista - incaricò un rappresentante del Partito d'Azione e un rappresentante della Democrazia Cristiana di svolgere ulteriori accertamenti. Fu avvisato il Comitato Regionale Veneto (CRV), il quale avocò a sé l'inchiesta: il 5 marzo successivo il CLN provinciale sospese quindi la propria indagine. Il CRV istituì una nuova commissione, formata da un rappresentante del Partito d'Azione (Luciano Commessatti "Gigi"), uno della DC e un terzo del PCI. Il 12 marzo Commessatti s'incontrò con i garibaldini Ostelio Modesti "Franco" - segretario della federazione del PCI di Udine - e Alfio Tambosso "Ultra" - vicesegretario: quest'ultimo affermò che l'azione delle malghe di Topli Uork era stata "un colpo di testa di Giacca"<ref>Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', p. 173.</ref>. Organizzato un successivo incontro con i capi garibaldini aperto anche ai comandanti osovani, Commessatti si poté incontrare solo con i primi, giacché i dirigenti osovani erano stati tutti arrestati dai tedeschi nel corso di una riunione indetta per organizzare l'incontro con i garibaldini. A seguito di quell'arresto di massa, i partigiani sloveni diffusero un volantino nella bassa friulana, nel quale scrissero che{{quote|I resti di quella che era la Brigata Osoppo, che si è lasciata annientare dal tiranno nazifascista pur di non cercare aiuto in una quanto mai opportuna fusione con le forze di liberazione comuniste del generale Tito sono ormai senza capi. Essi non sono più combattenti per la libertà, ma falliti politici (...), essi non sono più partigiani! perché non hanno voluto sottostare agli ordini del Maresciallo Tito Comandante in Capo delle Forze di Liberazione, sono stati abbandonati alla loro sorte e sono stati logicamente sconfitti. I superstiti che ancora vagano per le campagne non sono autorizzati da alcuna autorità competente. Coloro che non dimostrano di essere regolarmente inquadrati nelle Osvobodilne Brigate non devono ricevere nessun aiuto dalla popolazione. La popolazione che lo farà imparerà a conoscere la potenza di Tito (...)<ref>Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', p. 186.</ref>}}L'incontro fra la commissione e i capi garibaldini Lino Zocchi "Ninci" (comandante del gruppo Divisioni Garibaldi del Friuli), Mario Lizzero "Andrea" (commissario politico delle brigate Garibaldi in Friuli), Modesti e Valerio Stella "Ferruccio" (comandante della Brigata Garibaldi Friuli) si svolse in un clima molto teso. La tesi che venne nuovamente formulata dai garibaldini a Commessatti fu quella del colpo di testa di "Giacca", ma i capi comunisti impedirono alla commissione di interrogare Toffanin, rassicurando che avrebbero provveduto loro alla "giusta punizione"<ref>Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', p. 173.</ref>. La commissione si trovò quindi ad un punto morto: mancando la relazione ufficiale della Osoppo a causa dell'arresto dei suoi capi, i garibaldini si rifiutarono di mettere per iscritto le loro informazioni, e a questo punto l'unico documento in mano ai commissari fu una relazione degli osovani Alfredo Berzanti "Paolo" (già commissario politico delle Brigate Osoppo dell'Est, all'epoca vicecommissario del Gruppo Divisioni Osoppo Friuli, in seguito diventerà deputato democristiano) ed Eusebio Palumbo "Olmo", ma il membro comunista della commissione si rifiutò di accettarla perché "di parte"<ref>Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', p. 174.</ref>. Il 31 marzo il CLN invitò i comandi osovani e garibaldini a nominare un'altra commissione paritetica d'inchiesta, nella speranza non solo di chiarire l'episodio di Topli Uork, ma anche di conoscere la sorte - ancora ignota - degli altri osovani portati via da "Giacca" e dai suoi. Il 3 aprile si ritrovarono per la Osoppo Candido Grassi "Verdi" e Giovanni Battista Carron "Vico" assieme a Ostelio Modesti per i garibaldini, che cambiò radicalmente la versione precedentemente sostenuta da Tambosso, affermando che l'attacco alle malghe era stata opera di fascisti camuffati da partigiani, così com'era stato annunciato dalla radio - che però aveva in quei giorni fatto riferimento ad un episodio avvenuto nella zona del [[Collio]], distante da Porzûs<ref>Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', p. 174.</ref>. In rapida successione, Modesti passò all'attacco, accusando gli osovani di non essersi adoperati con le popolazioni friulane per propagandare la figura di [[Josip Broz Tito|Tito]], del quale si aspettava l'entrata da liberatore a Udine<ref>Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', pp. 174-175.</ref>. Alla fine, si decise di nominare l'ennesima commissione formata da un osovano, un garibaldino e un rappresentante del CLN come presidente. Per questi incarichi vennero designati rispettivamente Alfredo Berzanti "Paolo", Valeriano Rossitti "Pietro" e il [[Partito Liberale Italiano|liberale]] Manlio Gardi "Bruto". Per vari motivi - però - quest'ultima commissione non s'insediò mai, e mentre gli osovani chiesero a varie riprese di andare a fondo della questione, i garibaldini misero in campo una serie di atteggiamenti dilatori. La successiva insurrezione di aprile/maggio 1945 fece passare in secondo piano l'indagine.<br />
<br />
In tutto questo periodo, all'interno delle forze partigiane comuniste s'era sviluppata però una reazione all'azione di Toffanin e dei suoi. [[Mario Lizzero]], venuto a sapere dell'eccidio, propose la condanna a morte per Toffanin e i suoi uomini, ma questi in un primo tempo non ricevettero alcuna sanzione, venendo destituiti dalle loro posizioni di comando nei GAP ad aprile del 1945, oltre due mesi dopo l'attacco<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1997/luglio/30/Strage_partigiani_arriva_film_tabu_co_0_9707307692.shtml Strage di partigiani, arriva il film tabu], articolo de [[Il Corriere della Sera]], del 30 luglio 1997; sulla tempistica della destituzione di Toffanin, si veda Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', p. 173.</ref>. Secondo la ricostruzione di Giovanni Padoan "Vanni", Lizzero sarebbe stato invece il grande artefice della strategia difensiva del partito comunista, tendente a colpevolizzare il solo Toffanin per impedire che si arrivassero a scoprire i veri mandanti dell'eccidio, e cioè il IX Korpus sloveno che aveva ordinato l'operazione alla federazione del PCI di Udine: fatto arrestare Toffanin il 20 febbraio 1945 e condannatolo alla fucilazione, Lizzero a seguito di un incontro a quattr'occhi inaspettatamente lo liberò, rifiutandosi poi di rivelare il contenuto del loro colloquio. Contestualmente, secondo Padoan Lizzero sviò le indagini subito ordinate dal Comitato Regionale Veneto, impedendo a Luciano Commessatti "Gigi" di interrogare Toffanin, tanto che - ritornato a Padova - Commessatti denunciò la non collaborazione di Lizzero e di Lino Zocchi "Ninci"<ref>[http://www.carnialibera1944.it/resistenza/porzus.htm Giovanni Padoan "Vanni", ''La regia dei fatti di Porzûs'', estratto da Id., ''Porzûs: strumentalizzazione e realtà storica'', Edizioni della Laguna, 2000]. Dal sito www.carnialibera1944.it, a cura dell'Associazione promotrice del Museo della Carnia Libera 1944.</ref>. I dirigenti della federazione del PCI di Udine Modesti e Tambosso, sia all'epoca che successivamente sosterranno che la responsabilità dell'azione fosse da imputarsi interamente a Toffanin, che non avrebbe interpretato correttamente gli ordini.<br />
<br />
==I processi==<br />
I primi a denunciare data e dinamica dell'eccidio furono subito dopo la liberazione gli ex comandanti osovani Candido Grassi "Verdi" (all'epoca [[Partito Socialista Italiano|socialista]], in seguito deputato del [[Partito Socialista Democratico Italiano|PSDI]]) e Alfredo Berzanti "Paolo". Questi accusarono i garibaldini di aver ucciso i propri compagni di lotta "sol perché si erano resi colpevoli di non aver voluto combattere i tedeschi sotto la bandiera jugoslava"<ref>''Non tutti gli imputati siederanno tra le sbarre'', in ''La Stampa'', 23 dicembre 1949.</ref>. Il 23 giugno 1945 - dopo la scoperta dei corpi dei trucidati di Bosco Romagno, ad opera dei parenti<ref>''I responsabili del massacro nella morsa delle accuse'', in ''La Stampa'', 17 gennaio 1950, p. 4</ref> - Grassi e Berzanti presentarono una denuncia al Procuratore del Regno di Udine, a nome del Comando del Gruppo Divisioni "Osoppo Friuli"<ref>L'incartamento contenente la denuncia è conservato oggi presso [http://beniculturali.ilc.cnr.it:8080/Isis/servlet/Isis?Conf=/usr/local/IsisGas/InsmliConf/Insmli.sys6.file&Obj=@Insmlie.pft&Opt=search&Field0=zzG01/00025/01%20*%20cts=d l'Archivio dell'Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione.] Si veda anche Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', p. 14.</ref>.<br />
Nei giorni precedenti, i due avevano ripetutamente chiesto a Zocchi e Lizzero di associarsi nella denuncia, ottenendone però sempre un rifiuto<ref>Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', p. 176.</ref>. Passando i mesi senza novità alcuna ed esasperati per l'attesa, i partigiani della Osoppo pubblicarono nel 1947 un numero unico stampato a Udine, riproducendo tutti i documenti accusatori "contro tutte le omertà che vietano il libero corso della giustizia"<ref>Ercole Moggi, ''Il processo per la strage dei partigiani della "Osoppo"'', in ''La Stampa'', 10 gennaio 1950, p. 8.</ref>.<br />
{|{{prettytable}} style='float:right;'<br />
|-align=center<br />
|[[File:Porzus - La Stampa.png|175px]]<br />
|[[File:Prima sentenza Porzus.jpg|215px]]<br />
|-<br />
|colspan=2|<small>''La Stampa'' e ''l'Unità'' sulla sentenza di primo grado:<br /> la prima rileva le pesanti condanne, il quotidiano comunista<br /> mette invece in evidenza l'assoluzione dal reato di tradimento,<br /> affermando che ''"i garibaldini della Natisone escono a testa alta dall'aula"''</small><br />
|}<br />
===Il processo di primo grado===<br />
Il processo venne in un primo tempo istruito dalla procura di Udine, che però dopo poco inviò l'incartamento al tribunale militare di Verona. Da questo le carte passarono a Venezia, che concludeva la propria istruttoria penale con sentenza 13 dicembre 1948, che rinviava a giudizio quarantacinque imputati davanti alla corte d'assise di Udine per rispondere dei delitti di omicidio aggravato continuato e saccheggio<ref>Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', p. 14. Da questo testo è ricostruita quasi per intero la vicenda processuale nella parte relativa ai rinvii a giudizio e ai vari spostamenti.</ref>. Per [[legittima suspicione]], la Corte di Cassazione trasferì il procedimento a Brescia, dove il 9 gennaio 1950 iniziò il dibattimento<ref>Il 26 settembre 1951 [[Pier Paolo Pasolini]] testimoniò in aula in quanto parte lesa. Fernando Bandini, Laura Betti (cur.), ''Pasolini: cronaca giudiziaria, persecuzione, morte'', Garzanti, Milano 1977, p. 226.</ref>. Il 20 gennaio la corte d'Assise di Brescia con sua ordinanza rinviò la causa a nuovo ruolo, per consentire al pubblico ministero di contestare altri reati agli imputati. Il 2 maggio 1950 la madre dell'osovano Franco Celledoni "Atteone" - ucciso nell'eccidio - denunciò al procuratore della Repubblica di Udine Alfio Tambosso "Ultra", Valerio Stella "Ferruccio", Giovanni Padoan "Vanni" quali presunti mandanti della strage, nonché Enzo Iurich "Ape" quale autore dell'uccisione di Angelo Augelli "Massimo". L'istruttoria determinata da questa denuncia venne unificata con la precedente, e l'8 febbraio 1951 la sezione istruttoria di Venezia ordinò un nuovo rinvio a giudizio avanti alla corte d'Assise di Brescia degli imputati delle due istruttorie, per rispondere dei reati precedentemente contestati, cui si aggiunsero i reati di sequestro di persona, plagio e attentato all'integrità territoriale dello stato. Il processo venne trasferito una seconda volta per [[legittima suspicione]] avanti alla corte d'Assise di Lucca, dove ricominciò la fase dibattimentale a settembre del [[1951]]<ref>Il percorso processuale è ricostruito in Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', pp. 11-15, e in Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', p. 177.</ref>. Alcuni dei maggiori imputati erano da tempo fuggiti in Jugoslavia<ref>Per la precisione, su 51 imputati risultavano latitanti Mario Toffanin "Giacca", Felice Angelini "Fuga", Bruno Gion "Falchetto", Vittorio Iuri "Marco", Leonida Mazzaroli "Silvestro", Fortunato Pagnutti "Dinamite", Bruno Pizzo "Cunine", Antonio Mondini "Boris" e Adriano Cernotto "Ciclone". L'elenco completo in Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', pp. 177-178.</ref>. Il 6 aprile [[1952]] vi fu la prima sentenza: [[Mario Toffanin]] "Giacca", Vittorio Juri "Marco" (uno dei due luogotenenti di "Giacca", assieme a Plaino) e Alfio Tambosso "Ultra", vennero condannati all'ergastolo; Aldo Plaino "Valerio" e Ostelio Modesti "Franco" a trent'anni di reclusione ciascuno. Nel complesso, vennero irrogati tre ergastoli e 659 anni di reclusione a quarantuno imputati<ref>IL conteggio esatto in Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', pp. 7-8. Il conteggio risulta di 704 anni, 2 mesi e 10 giorni secondo l'articolista de ''La Stampa'' che seguì il processo. Si veda ''Quarantun condanne per la strage di Porzus'', in ''La Stampa'', 7 aprile 1952, p. 1.</ref>, ridotti però a 289 per l'applicazione di una serie di condoni previsti da norme entrate in vigore negli anni: Toffanin e Juri si videro quindi ridotta la pena a trent'anni, Tambosso a ventinove, Modesti a nove e Plaino a dieci. Dieci imputati vennero assolti: fra di essi Lino Zocchi "Ninci", Mario Fantini "Sasso" (già comandante della Brigata Garibaldi Natisone), Valerio Stella "Ferruccio" (già comandante della Brigata Garibaldi Friuli) e Giovanni Padoan "Vanni". Tutti gli imputati vennero assolti dal reato di tradimento per attentato all'integrità dello Stato<ref>Ferdinando Mautino, ''La sentenza per i fatti di Porzus ha stroncato l'infame accusa di tradimento'', in ''l'Unità'', 7 aprile 1952, p. 1; ''Quarantun condanne per la strage di Porzus'', in ''La Stampa'', 7-8 aprile 1952, p. 1.</ref>. Alla lettura della sentenza, Modesti si rivolse ai giudici con queste parole: "Signori, la vostra sentenza ha avuto il potere di serrare dinanzi a noi le sbarre di questa gabbia, ma noi siamo più forti di voi!", al che gli altri imputati gridarono: "Viva la Resistenza!"<ref>Ferdinando Mautino, ''La sentenza per i fatti di Porzus (...)'', cit.</ref>.<br />
<br />
===L'appello===<br />
[[File:L'Unità su sentenza appello Porzus.jpg|thumb|175px|1 maggio 1954: ''[[l'Unità]]'' riferisce della sentenza del processo di appello]]<br />
Il processo in secondo grado si svolse presso la [[Corte d'assise d'appello]] di Firenze, cui si erano appellate le parti per motivi opposti: la pubblica accusa per un inasprimento generale delle pene e per il riconoscimento del reato di tradimento, le difese per chiedere l'assoluzione piena. La sentenza del 30 aprile 1954 riconobbe che "la strage (...) fu un atto tendente a porre una parte del territorio italiano sotto la sovranità jugoslava", ma assolse gli imputati per il reato di tradimento poiché "l'azione degli imputati non è stata determinante perché l'occupazione jugoslava sarebbe avvenuta ugualmente"<ref>Il virgolettato è tratto da ''Si rifarà il processo per la strage di Porzus?'', in ''La Stampa'', 12 agosto 1955, p. 4.</ref>. Vennero confermate le pene precedentemente inflitte dalla Corte d'Assise di Lucca per i reati principali ed inasprite le pene per i reati di sequestro di persona e saccheggio. [[Giovanni Padoan|Giovanni Padoan "Vanni"]] - precedentemente assolto per insufficienza di prove - fu condannato alla pena di trent'anni di reclusione, ridotti a due per effetto delle varie amnistie e condoni. A causa di tali provvedimenti legislativi, nessuno dei condannati presenti al processo finì in prigione, mentre una parte di essi continuava la latitanza all'estero<ref>''I garibaldini della "Natisone" assolti dall'accusa di tradimento'', in ''l'Unità'', 1 maggio 1954, p. 7.</ref>. Tre giorni dopo, in seconda pagina su [[l'Unità]] apparve un articolo dell'inviato speciale [[Ferdinando Mautino|Ferdinando Mautino "Carlino"]], già capo di stato maggiore delle Divisioni Garibaldi del Friuli e fra i fautori della sottomissione dei garibaldini al IX Korpus sloveno<ref>Sul punto si veda Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', pp. 19 ss.</ref>, che stigmatizzò "la speculazione [[Democrazia Cristiana|democristiana]] sui fatti di Porzûs, fra le tante porcherie commesse da questi nostri dirigenti e nemmeno fra le più rimarchevoli"<ref>Ferdinando Mautino, ''La sentenza di Firenze'', in ''l'Unità'', 4 maggio 1954, p. 2.</ref>. Il procuratore generale di Firenze impugnò la sentenza presso la Cassazione, chiedendo l'annullamento dell'assoluzione per il reato di tradimento per aver attentato all'integrità dello stato nei confronti di Juri, Modesti, Padoan, Paino, Tambosso, Toffanin, Zocchi e Fantini. Nei confronti degli ultimi due, venne chiesto anche l'annullamento della sentenza di assoluzione per insufficienza di prove per il reato di omicidio, sequestro di persona e rapina<ref>''Si rifarà il processo (...)'', cit.</ref>. Allo stesso modo, impugnarono la sentenza gli imputati per chiedere nuovamente l'assoluzione.<br />
<br />
===Quadro rissuntivo delle condanne in appello===<br />
Di seguito il quadro riassuntivo delle condanne e delle assoluzioni comminate dalla Corte d'Assise d'Appello di Firenze, con la propria sentenza del 30 aprile 1954<ref>Tutto il paragrafo è tratto da Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''Per rompere un silenzio più triste della morte. Il processo di Porzûs. Testo della sentenza 30.04.1954 della Corte d'Assise d'Appello di Firenze'', La Nuova Base Editrice, Udine 2012 (prima ed. ivi 1983), pp. 5-9 e p. 279.</ref>. Gli imputati erano accusati dei seguenti reati:<br />
* Omicidio aggravato e continuato<br />
* Rapina aggravata<br />
* Sequestro di persona<br />
* Tradimento<ref>Quest'accusa riguardava Toffanin, Iuri, Palino, Modesti, Tambosso, Zocchi, Padoan e Fantin. Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', p. 247.</ref><br />
La Corte d'Assise d'Appello assolse gli imputati dal reato di tradimento, con la formula "perché il fatto non costituisce reato": cassata l'assoluzione dalla Suprema Corte di Cassazione, il nuovo processo per lo stesso reato non venne celebrato per sopraggiunta amnistia<ref>Si veda il paragrafo "Il processo in Cassazione".</ref>.<br />
====Imputati condannati====<br />
{| style="width:100%; background:transparent; font-size:90%"<br />
| align="left" |<br />
{| class="prettytable sortable" <br />
! width="50" | Nome !! width="50" | Cognome !! width="50" | Nome di guerra !! width="90" | Pena irrogata !! width="200" | Note<ref>Le note sono basate su Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.''. In caso opposto, viene citata direttamente la fonte alternativa.</ref><br />
|-<br />
| Mario || Toffanin || ''Giacca'' || Ergastolo || Comandante del gruppo<br />
|-<br />
| Vittorio || Iuri<ref>In altre fonti il nome è reso come ''Juri''.</ref> || ''Marco'' || Ergastolo || Uno dei due bracci destri di "Giacca"<br />
|-<br />
| Alfio || Tambosso || ''Ultra'' || Ergastolo || Vicesegretario della federazione del PCI di Udine<br />
|-<br />
| Ostelio || Modesti || ''Franco'' || 30 anni || Segretario della federazione del PCI di Udine<br />
|-<br />
| Giovan Battista || Padoan || ''Vanni'' || 30 anni || Commissario politico della Brigata Garibaldi "Natisone"<br />
|-<br />
| Aldo || Plaino || ''Valerio'' || 30 anni || Uno dei due bracci destri di "Giacca"<br />
|-<br />
| Lorenzo || Deotto || ''Lilly'' || 22 anni e 8 mesi || Comandante del GAP "Giotto". Fu uno degli uccisori di Guido Pasolini "Ermes", Antonio Previti "Guidone", Antonio Cammarata "Toni", Pasquale Mazzeo "Cariddi".<br />
|-<br />
| Leonida || Mazzaroli || ''Silvestro'' || 22 anni e 8 mesi || Compagno di scuola dell'osovano Leo Patussi "Tin", probabilmente salvato grazie alla loro amicizia<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1997/agosto/29/Porzus_spara_ancora_sul_film_co_0_97082911129.shtml Dino Messina, ''Porzus: si spara ancora, sul film'', in ''Corriere della Sera'', 29 agosto 1997.].</ref>. Fu uno degli uccisori di Guido Pasolini "Ermes", Antonio Previti "Guidone", Antonio Cammarata "Toni", Pasquale Mazzeo "Cariddi"<br />
|-<br />
| Urbino || Sfiligoi || ''Bino'' || 22 anni e 8 mesi || Comandante del GAP "Ardito". Fu uno degli uccisori di Guido Pasolini "Ermes", Antonio Previti "Guidone", Antonio Cammarata "Toni", Pasquale Mazzeo "Cariddi".<br />
|-<br />
| Tullio || Di Gaspero || ''Osso'' || 20 anni e 8 mesi || Fu uno degli uccisori di Guido Pasolini "Ermes", Antonio Previti "Guidone", Antonio Cammarata "Toni", Pasquale Mazzeo "Cariddi".<br />
|-<br />
| Ernesto || Canzut || ''Lesto'' || 18 anni e 7 mesi ||<br />
|-<br />
| Felice || Angelini || ''Fuga'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Silvano || Bon || ''Sino'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Alessio || Cantarutti || ''Stefano'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Rosario || Cepile || ''Centro'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Adriano || Cernotto || ''Ciclone'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Olivo || Collarig || ''Tabacco'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Marcello || Del Torre || ''Freccia'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Luigi || Fabiani || ''Lolo'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Gino || Felcaro || ''Pacifico'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Giorgio || Iulita || ''Jolly'' || 18 anni || Comandante dela GAP "Tremenda"<br />
|-<br />
| Carlo || Maurencig || ''Pin'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Venuto || Mauri || ''Piero'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Antonio || Mondini || ''Boris'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Mario Giovanni || Ottaviano || ''Bibo'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Fortunato || Pagnutti || ''Dinamite'' || 18 anni || Guida dei gappisti verso le malghe di Topli Uork<br />
|-<br />
| Renato || Peressan || ''Titti'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Gino || Persoglia || ''Lula'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Bruno || Pizzo || ''Cunine'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Remigio || Russian || ''Ruota'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Giorgio || Sfiligoi || ''Terzo'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Gino || Tami || ''Pue'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Tarcisio || Venica || ''Furia'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Alfredo || Zuppel || ''Vespa'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Enzo || Iurich || ''Ape'' || 14 anni e 4 mesi || Uccisore di Angelo Augelli "Massimo"<br />
|-<br />
| Dario Enzo || Iaizza || ''Ivo'' || 12 anni e 9 mesi || Uccisore di Franco Celledoni "Atteone"<br />
|-<br />
| Giovanni || Brach || ''Buco'' || 12 anni 1 mese e 10 giorni ||<br />
|-<br />
| Alfredo || Caldana || ''Bomba'' || 12 anni 1 mese e 10 giorni ||<br />
|-<br />
| Bruno || Grion || ''Falchette'' || 12 anni 1 mese e 10 giorni ||<br />
|-<br />
| Ferruccio || Peressin || ''Ferro'' || 12 anni 1 mese e 10 giorni ||<br />
|-<br />
| Edo || Zuppel || ''Eppel'' || 12 anni 1 mese e 10 giorni ||<br />
|-<br />
| Sergio || Zuppel || ''Longo'' || 12 anni 1 mese e 10 giorni ||<br />
|}<br />
|}<br />
<br />
====Imputati assolti per insufficienza di prove====<br />
{| style="width:100%; background:transparent; font-size:90%"<br />
| align="left" |<br />
{| class="prettytable sortable" <br />
! width="60" | Nome !! width="60" | Cognome !! width="60" | Nome di guerra !! width="300" | Note<br />
|-<br />
| Mario || Fantini || ''Sasso'' || Comandante della Brigata Garibaldi Natisone<br />
|}<br />
|}<br />
<br />
====Imputati assolti per non aver commesso i fatti in ordine agli omicidi e per insufficienza di prove per il resto====<br />
{| style="width:100%; background:transparent; font-size:90%"<br />
| align="left" |<br />
{| class="prettytable sortable" <br />
! width="60" | Nome !! width="60" | Cognome !! width="60" | Nome di guerra !! width="300" | Note<br />
|-<br />
| Livio || Bastiani || ''Bianco'' ||<br />
|-<br />
| Gustavo || Bet || ''Gastone'' || Comandante del GAP "Amor"<br />
|-<br />
| Adino || Longo || ''Condor'' ||<br />
|-<br />
| Valerio || Stella || ''Ferruccio'' || Comandante della Brigata Garibaldi Friuli<br />
|-<br />
| Lino || Zocchi || ''Ninci'' || Comandante delle Divisioni Garibaldi Friuli<br />
|}<br />
|}<br />
<br />
===Il processo in Cassazione===<br />
Il 18 giugno 1957 iniziò la discussione dell'impugnazione della sentenza di secondo grado presso la Corte di Cassazione: il Procuratore Generale - in linea con le richieste della procura di Firenze - chiese il rigetto del ricorso degli imputati e un nuovo processo per il reato di tradimento<ref>''Chiesto un nuovo processo per il massacro di Porzus'', in ''La Stampa'', 19 giugno 1957, p. 4.</ref>. Il giorno successivo la Corte accolse ''in toto'' le tesi dell'accusa, confermando le sentenze per gli omicidi e i reati minori connessi - che quindi divennero definitive - ma stabilendo l'istruzione di un nuovo processo presso la Corte d'assise d'appello di Perugia per il solo reato di tradimento per attentato contro l'integrità dello stato per tutti gli imputati più importanti, nonché per il reato di omicidio, rapina e sequestro di persona per Zocchi e Fantini<ref>Il quadro schematico della sentenza della Cassazione in Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', pp. 283-284.</ref>.<br />
<br />
===Il nuovo processo a Perugia===<br />
Fra la sentenza della Cassazione e l'apertura del procedimento a Perugia, venne emesso un ulteriore provvedimento di amnistia e indulto ([[Decreto del presidente della Repubblica|DPR]] 11 luglio 1959 n. 460), che coprì anche i reati di natura politica, intendendo con ciò anche ogni delitto comune determinato - in tutto o in parte - da motivi politici<ref>Questa era la previsione normativa, ai sensi dell'art. 1 del DPR. Si veda in merito Pietro Pomanti, ''I provvedimenti di clemenza. Amnistia, indulto e grazia'', Giuffrè, Milano 2008, p. 76.</ref>. Pervenuti quindi gli atti nel capoluogo umbro, il procuratore generale di Perugia chiuse la fase istruttoria rilevando l'estinzione del reato per sopraggiunta amnistia per tutti gli imputati (11 marzo 1960). Nessuno di essi esercitò - come avrebbe potuto ai sensi della citata legge - il diritto di rinuncia al beneficio al fine di farsi giudicare nel processo<ref>Così fanno notare Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', p. 284.</ref>. Questo fu l'ultimo della lunga catena di atti processuali relativi alle vicende legate alla strage di Porzûs.<br />
<br />
==La sorte dei condannati e la medaglia d'oro a De Gregori==<br />
Nessuno dei condannati scontò la pena in prigione, salvo il periodo della detenzione in attesa della conclusione del processo, che in alcuni casi si protrasse per qualche anno. [[Mario Toffanin]] - condannato in contumacia - dopo l'ultima [[amnistia]] del [[1973]] non tornerà in Italia, dovendo ancora scontare altri trent'anni di prigione in base a quattro sentenze delle Corti d'assise di Trieste e Udine per furti, rapine, estorsioni e omicidi - anche ai danni di una compagna di lotta<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1997/settembre/20/Toffanin_Pertini_grazio_procura_non_co_0_97092014627.shtml ''Toffanin, Pertini lo graziò ma la Procura non voleva''], in ''Corriere della Sera'', 20 settembre 1997, p.13.</ref> - commessi fra il 1940 e il 1946 e che non erano stati amnistiati, ma non vi tornerà neppure nel luglio del 1978, quando sarà [[Grazia (diritto)|graziato]] dal Presidente [[Sandro Pertini]] da poco insediatosi al Quirinale. Morirà a [[Sesana]] ([[Slovenia]]) il [[22 gennaio]] [[1999]]. Toffanin, negli anni successivi alla fuga, si dichiarerà sempre certo del tradimento della Osoppo: ribadirà più volte la correttezza delle sue azioni e continuerà ad accusare gli uomini della Osoppo, tra le altre cose, di aver inglobato al proprio interno molti uomini appartenenti a gruppi fascisti, di aver collaborato attivamente con gli uomini della [[Repubblica Sociale Italiana|RSI]] e di aver spesso trattenuto le forniture di armi e attrezzature inglesi che secondo gli accordi spettavano ai garibaldini<ref>Paolo Deotto, ''op. cit.''.</ref>.<br />
<br />
A De Gregori nel 1945 fu riconosciuta la [[medaglia d'oro al valor militare]] alla memoria, con una motivazione contenente la seguente frase:{{quote|Cadeva vittima della tragica situazione creata dal fascismo ed alimentata dall’oppressore tedesco in quel martoriato lembo d’Italia dove il comune spirito patriottico non sempre riusciva a fondere in un sol blocco le forze della Resistenza."<ref>[http://www.quirinale.it/elementi/DettaglioOnorificenze.aspx?decorato=14540 Motivazioni della medaglia d'oro al valor militare a Francesco De Gregori], sul sito del Quirinale</ref>}}che non facendo alcun riferimento all'eccidio e ai suoi esecutori venne molti anni dopo considerata "ineffabile", "reticente"<ref>Paolo Simoncelli, ''Sulla strage di Porzûs strane ipocrisie'', in ''L'Avvenire'', 27 maggio 2010.</ref> o indice di "contorsionismo"<ref>Alfio Caruso, ''Tutti vivi all'assalto'', Longanesi, Milano 2003, p. 358.</ref>. All'interno del sito ufficiale dell'[[Associazione Nazionale Partigiani d'Italia]] (ANPI) si afferma che De Gregori sarebbe morto "in uno scontro tra partigiani"<ref>[http://www.anpi.it/donne-e-uomini/francesco-de-gregori/ ''Francesco De Gregori''], biografia dal sito dell'ANPI.</ref>.<br />
<br />
==L'eccidio e le polemiche politiche e storiografiche==<br />
Le responsabilità politiche e materiali dell'eccidio di Porzûs sono state al centro di un infuocato dibattito politico e storiografico, intersecatosi fino agli anni '60 del '900 con i processi ai quali furono sottoposti esecutori e presunti mandanti della strage. Gli eventi legati a Porzûs hanno acquisito un valore paradigmatico: per gli uni del tentativo di delegittimare la Resistenza proiettando sull'intero movimento partigiano un episodio ritenuto marginale, per gli altri della vera natura totalitaria e antidemocratica del [[Partito Comunista Italiano]]<ref>Tommaso Piffer, ''Introduzione'', in Tommaso Piffer (cur.), ''Porzûs. Violenza e Resistenza sul confine orientale'', Il Mulino, Bologna 2012, pp. 7 ss.</ref>.<br />
===Dal processo al 1960===<br />
Durante il lungo periodo in cui si susseguirono le vicende processuali, il [[Partito Comunista Italiano|PCI]] organizzò una campagna di stampa contro i reparti partigiani della Osoppo: in vari articoli de ''l'Unità'' vennero rimarcate tutte le accuse di connivenza con fascisti e nazisti che erano state avanzate all'epoca dei fatti. Allo stesso tempo, si stigmatizzò ancora una volta la figura della Turchetti, nuovamente descritta come "spia dei tedeschi, abbondantemente pagata"<ref>Per un riassunto generale di queste accuse si veda Ferdinando Mautino, ''La "Osoppo" strinse patti con la "X mas"'', in ''l'Unità'', 6 ottobre 1951, p. 5.</ref>. Fu respinta con sdegno l'infamante accusa di tradimento che aveva coinvolto in pratica tutti i vertici politico-militari del partito operanti in Friuli-Venezia Giulia nell'ultimo periodo bellico. Il PCI considerò tutto il processo una volgare montatura costituita da un castello di menzogne, da inserirsi nell'ampio filone processuale di natura reazionaria e neofascista di "messa sotto accusa" della Resistenza, operata dalle classi borghesi e capitaliste con ampi appoggi politici nel governo italiano, e segnatamente nella Democrazia Cristiana. Nel collegio di difesa degli accusati vi furono - fra gli altri - gli avvocati e parlamentari comunisti [[Umberto Terracini]] - già presidente dell'[[Assemblea Costituente della Repubblica Italiana|Assemblea Costituente]]<ref>Ferdinando Mautino, ''Terracini smantella l'accusa di tradimento mossa a carico dei partigiani garibaldini'', in ''l'Unità'', 28 marzo 1952, p. 5.</ref> - [[Fausto Gullo]] - già [[Ministro di Grazia e Giustizia]] - e [[Aldo Buzzelli]], nonché i parlamentari [[Partito Socialista Italiano|socialisti]] [[Giuseppe Ferrandi]] e [[Leonetto Amadei]], in anni successivi Presidente della [[Corte Costituzionale della Repubblica Italiana|Corte Costituzionale]]<ref>F.M. (Ferdinando Mautino), ''Il processo a Lucca per i fatti di Porzus'', in ''l'Unità'', 27 settembre 1951, p. 3.</ref>. Il 25 aprile 1950 - in occasione del quinto [[Anniversario della liberazione d'Italia|anniversario della liberazione]] - una delegazione di cinque parlamentari comunisti capeggiata da [[Luigi Longo]] e [[Gian Carlo Pajetta]] fece visita ai detenuti accusati dell'eccidio, arrestati poco prima su ordine degli inquirenti<ref>''La celebrazione ufficiale a Roma. Reggio Emilia decorata con la medaglia d'oro'', in ''l'Unità'', 25 aprile 1950, p. 1.</ref>. Alle due sentenze di Lucca e Firenze, la stampa comunistà rimarcò il fatto che era stato escluso il reato di tradimento, scandalizzandosi per la riapertura del caso a seguito della sentenza della Cassazione. Della chiusura della vicenda per intervenuta amnistia non venne data notizia. Per quindici anni sulla vicenda cadde il silenzio, rotto solo dalle annuali rievocazioni a cura dei reduci della Osoppo.<br />
<br />
===Gli anni '70===<br />
Nel [[1975]] uscì il primo studio specificamente dedicato all'eccidio, ''Porzûs, due volti della Resistenza'' di Marco Cesselli, ricercatore dell'Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, edito da una piccola casa editrice dell'area della Sinistra e pubblicizzato anche nelle pagine de ''l'Unità''<ref>''l'Unità'', 21 marzo 1975, p. 5.</ref>, nel quale si espressero per la prima volta - sia pure con qualche cautela - delle aperture verso una revisione della precedente interpretazione dell'eccidio.<br />
<br />
===Gli anni '80===<br />
Dopo il libro di Cesselli, sulla vicenda di Porzûs cadde nuovamente l'oblio: nel corso degli anni '80 la questione non suscitò quasi nessun interesse da parte degli storici accademici: all'inizio del decennio "il solo nominarla veniva considerato come un tentativo di screditare il movimento partigiano"<ref>Il virgolettato è tratto da una breve intervista alla storica Elena Aga Rossi, da [http://archiviostorico.corriere.it/1997/agosto/13/Malga_Porzus_risveglio_della_sinistra_co_0_9708135173.shtml Dario Fertilio, ''Malga Porzus, il risveglio della sinistra'', in ''Il Corriere della Sera'', 13 agosto 1997, p. 25.]</ref>.<br />
<br />
===Le polemiche degli anni '90===<br />
A maggio del [[1990]], per la prima volta due esponenti locali del PCI salirono alle malghe di Topli Uork per rendere omaggio ai partigiani della Osoppo: a quell'epoca la tesi espressa fu quella del "tragico errore" nel quale erano caduti i partigiani comunisti<ref>''Esponenti del PCI di Udine ricordano partigiani uccisi dai garibaldini'', in ''l'Unità'', 23 maggio 1990, p. 4.</ref>. Si elevarono varie proteste nel partito, ritenendo quella visita un grave passo falso, e fra i reduci partigiani comunisti e quelli della Osoppo si aprì nuovamente un'aspra polemica, con accuse e controaccuse. Intervenne su l'Unità come vicepresidente dell'Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione lo stesso Mario Lizzero "Andrea", che come commissario politico delle Brigate Garibaldi in Friuli già a ridosso dell'eccidio aveva chiesto la condanna a morte per Toffanin e i suoi, ribadendo il suo punto di vista: "Dopo tanti anni si dice ''parli chi sa, si dica quel che c'è da dire'', come se non si sapesse che sui fatti di Porzûs ci sono stati tre processi (...). <nowiki>[</nowiki>Si è trattato<nowiki>]</nowiki> di un orrendo crimine senza alcuna possibile giustificazione"<ref>''"La Osoppo una tragedia per tutti"'', in ''l'Unità'', 25 maggio 1990, p. 4.</ref>.<br />
<br />
In un libro autobiografico apparso postumo nel 1995<ref>Mario Lizzerò morì a Udine l'11 dicembre 1994.</ref>, Lizzero tornerà ancora una volta sulla questione:{{quote|un centinanio di gappisti garibaldini, senza divise (...) convintisi, senza avere prove concrete, che la ventina di partigiani osovari avessero rapporti con il nemico, appena giunti passarono per le armi il comandante "Bolla", il Commissario "Enea", una donna indicata come spia da Radio Londra, e un quarto uomo. Arrestarono poi gli altri che passarono per le armi in modo feroce, uno dopo l'altro, senza processo alcuno: 19 osovari assassinati! (...) Quella non è stata giustizia partigiana, ma un vero e proprio eccidio (...). Ritengo che l'eccidio di Porzus sia all'origine della grande perdita di prestigio e di forza della Resistenza garibaldina ed anche del PCI. Purtroppo su quella formazione GAP di "Giacca" il Comando del Gruppo Divisioni Garibaldi "Friuli" di cui ero commissario politico non ha mai avuto alcuna influenza, essendo quella formazione (che dopo Porzus pressoché sciogliemmo) legata, e questo è assai grave, alla direzione della Federazione Comunista friulana dell'epoca<ref>''Mario Lizzero “Andrea”. Il suo impegno civile, politico e sociale'', Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, Udine 1995, p. 24.</ref>.}}<br />
<br />
====Porzûs e Gladio====<br />
All'epoca della pubblicazione del libro di Lizzero, la polemica sull'eccidio di Porzûs e più generalmente sul ruolo delle Brigate Osoppo era già nuovamente esplosa due volte: una prima a partire dal 1990, a causa della rivelazione pubblica dell'esistenza di [[Organizzazione Gladio|Gladio]], un'organizzazione paramilitare segreta sorta in ambito [[NATO]] per contrastare un eventuale attacco delle forze del [[Patto di Varsavia]] ai paesi dell'[[Europa occidentale]], alla quale aderì un numero tuttora imprecisato - probabilmente dell'ordine di alcune centinaia - di ex partigiani della Osoppo<ref>Sul tema [[Cesare Bermani]], ''Il nemico interno: guerra civile e lotte di classe in Italia, 1943-1976'', Odreadek 2003.</ref>. La polemica raggiunse il suo acme quando l'allora presidente della Repubblica [[Francesco Cossiga]] nel corso di una visita in Friuli fra il 7 e il 9 febbraio del 1992 incontrò pubblicamente un gruppo di appartenenti a "Gladio", accusando i partigiani comunisti di aver combattuto anche per l'instaurazione di una dittatura, contro gli interessi nazionali dell'Italia. Riguardo all'eccidio, Cossiga dichiarò:{{quote|Onore alla memoria dei partigiani della brigata Osoppo, trucidati per odio politico e tradimento della Patria allo straniero da gappisti che avevano usurpato il nome di partigiani, infangato il nome di Garibaldi e della terra sacra del Natisone con cui si chiamava la loro divisione, agli ordini del nefasto IX Corpo jugoslavo di cui ricordiamo le vittime infoibate a Trieste e le centinaia di persone scomparse a Gorizia. (Dopo aver letto i nomi dei trucidati) Io avrei voluto che questi nomi fossero le pietre per seppellire il passato. Questi nomi sono pietre che lapidano chi offende ancora questi valorosi combattenti per la libertà<ref>Pasquale Cascella, ''Partigiani? No, volevano la dittatura'', in ''l'Unità'', 9 febbraio 1992, p. 3.</ref>.}}Il 16 febbraio dello stesso anno, Cossiga fu il primo Presidente della Repubblica Italiana a recarsi in visita - sia pur privatamente - alle malghe di Topli Uork<ref>''Cossiga oggi visita Porzus e Cargnacco'', in ''l'Unità'', 16 febbraio 1992.</ref>.<br />
<br />
====Le polemiche successive====<br />
La seconda volta in cui si assistette ad un nuovo rinfocolarsi di polemiche sull'eccidio di Porzûs si ebbe nell'ambito di un più ampio dibattito sulla revisione storiografica degli anni del fascismo e della Resistenza, notevolmente aumentato nel momento in cui il [[Movimento Sociale Italiano]], nato esplicitamente come erede politico del fascismo, andò al governo in Italia nel 1994. Il tema principale del dibattito rimase lo stesso degli anni '50: i mandanti dell'eccidio e il ruolo del PCI, visto però nell'ottica più ampia dei [[massacri delle foibe]], dell'[[esodo istriano|esodo giuliano-dalmata]] successivo alla seconda guerra mondiale e della perdita di gran parte della [[Venezia Giulia]] a seguito del [[Trattato di pace del 1947]]<ref>Sul tema si veda Glenda Sluga, ''The problem of Trieste and the Italo-Yugoslav border: Difference, Identity, and Sovereignity in Twentieth-Century Europe'', State University of New York Press, 2002; con maggior intento divulgativo Philip D. Morgan, ''The fall of Mussolini: Italy, the Italians, and the Second World War'', Oxford University Press, 2008. La connessione fra l'eccidio di Porzûs, i massacri delle foibe, l'esodo giuliano-dalmata e la perdita della Venezia Giulia - il tutto inquadrato per lo meno dal punto di vista cronologico - fa oramai parte di una vasta letteratura. A puro titolo di esempio si citano (in ordine alfabetico) Elena Aga Rossi, ''Il PCI tra identità comunista e interesse nazionale'', in Marina Cattaruzza (cur.), ''La nazione in rosso: socialismo, comunismo e interesse nazionale 1889-1953'', Rubbettino 2005; Gianni Oliva, ''Foibe. Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell'Istria'', Mondadori, Milano 2003; Giovanni Sale, ''Il Novecento fra genocidi, paure e speranze'', Jaca Book, Milano 2006</ref>. Il rinnovato interesse per queste tematiche - alcune delle quali precedentemente quasi mai trattate dalla storiografia accademica - si accompagnò a varie polemiche storico-politiche, riprese e ancor più ingigantite da una serie di articoli di stampa. Vennero pubblicati diversi saggi, che a loro volta causarono ulteriori polemiche, anche a causa della nascita e dello sviluppo di svariate ipotesi - le più diverse - sui mandanti effettivi dell'eccidio.<br />
<br />
====Il film sull'eccidio (1997)====<br />
La notizia che alla [[54ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia]] sarebbe stato presentato un film sull'eccidio - ''[[Porzûs (film)|Porzûs]]'', di [[Renzo Martinelli]] - causò ulteriori polemiche. L'allora [[ministro dei Beni culturali]] [[Walter Veltroni]] affermò di aver ricevuto delle pressioni per bloccarne l'uscita o perlomeno la partecipazione alla Mostra del Cinema<ref>Alberto Crespi, ''"Pressioni per bloccare Porzus"'', in ''l'Unità due'', 5 settembre 1997, p. 1.</ref>. Le polemiche si trasformarono in critiche in seguito alla visione del film, da alcuni ritenuto "una spettacolarizzazione urlata, qua e là addirittura volgare", di bassa obiettività storica<ref>Alberto Crespi, ''Partigiani da western'', in ''l'Unità'', 1 settembre 1997, p. 3.</ref>. Il più importante quotidiano sloveno - ''Delo'' - accusò gli "ex comunisti in Italia" ([[Partito Democratico della Sinistra|PDS]]) di utilizzare un film sul "più celebre falso storico organizzato dai servizi segreti italiani" come strumento "per condurre una guerra di propaganda contro Slovenia e Croazia"<ref>''Porzus? Un falso antisloveno alimentato dal PDS'', in ''Corriere della Sera'', 21 agosto 1997, p. 27; ''Caso "Porzûs". Giacca ricorre agli avvocati'', in ''l'Unità due'', 22 agosto 1997, p. 8.</ref>.<br />
<br />
==I mandanti e le motivazioni dell'eccidio==<br />
Nei decenni, varie ipotesi sono state avanzate sui mandanti dell'eccidio e sulle sue motivazioni, spesso in corrispondenza con la scoperta di nuovi documenti o con l'apertura di nuovi filoni giudiziari. Tali ipotesi arrivano a divergere radicalmente, proponendo letture totalmente antitetiche. Alcuni fra gli stessi protagonisti dei fatti, col passare del tempo hanno modificato - anche in maniera notevole - le proprie precedenti dichiarazioni, rendendo il quadro ancor più difficile da interpretare.<br />
<br />
===La versione di Toffanin===<br />
Mario Toffanin "Giacca" - il principale responsabile materiale dell'eccidio di Porzûs - rilasciò una serie di interviste negli anni '90, nelle quali ribadì sempre la stessa versione: la Osoppo era responsabile di aver intrattenuto rapporti con la Decima Mas e con i tedeschi e stava organizzando l'eliminazione del comando GAP; l'organizzazione della missione alle malghe di Topli Uork era stata solo sua; l'eccidio fu un legittimo atto di guerra, giustificato dal tradimento degli osovani e causato dall'impeto rabbioso derivante dall'aver visto la spia Elda Turchetti presso il comando partigiano: un'azione che Toffanin avrebbe sempre rifatto tale e quale, senza alcun ripensamento; il processo fu una manovra, ordita dai democristiani<ref>[[Gian Antonio Stella]], ''Strage di Porzus: non si pente il fucilatore "rosso"'', in ''Corriere della Sera'', 31 gennaio 1992, p. 2; Roberto Morelli, ''Io, pensionato delle Foibe, non mi pento'', in ''Corriere della Sera'', 30 agosto 1996, p. 15; Danilo De Marco, ''Nubi sulla Resistenza'', in ''l'Unità due'', 12 agosto 1997, p. 3; Massimo Nava, ''A Porzus fu giusto sparare: o noi o loro'', in ''Corriere della Sera'', 19 agosto 1997, p. 27.</ref>. In tali interviste Toffanin cambiò completamente la propria versione rispetto a quanto aveva dichiarato nella relazione scritta a ridosso del fatto: le strutture del PCI non risultavano più coinvolte in nessuna fase dell'evento, venendo disconosciuta l'esistenza di un qualsiasi ordine superiore relativamente alla missione e ai suoi scopi. Interrogato sulla discrepanza fra le due versioni, Toffanin affermò che la relazione del 1945 era in realtà un falso<ref>Gian Antonio Stella, ''Strage di Porzus: non si pente il fucilatore "rosso"'', in ''Corriere della Sera'', 31 gennaio 1992, p. 2.</ref>, ma nel 1975 lo stesso Toffanin aveva rilasciato la seguente dichiarazione autografa per il libro di Cesselli:{{quote|Il 28.1.1945, a Orsaria, eravamo presenti io, Ultra (Tambosso), Franco (Modesti), Jolly (Iulita), Ferruccio (Stella), Valerio (Plaino), Gobbo (Basso), in casa del Gobbo. Ultra e Modesti danno l'ordine di andare a Porzus per liquidare il Gruppo Bolla. Contemporaneamente Ultra scrive a mano l'ordine di liquidare gli osovani. Ordine che è stato consegnato a Jolly che lo ha conservato. Poi si è parlato per le carceri di Udine, azione da svolgere da Valerio e Mancino. Sotto il mio comando abbiamo fucilato sei osovani. Siamo ritornati alla base e tre giorni dopo venne Franco (Modesti). Abbiamo avuto una riunione e si è parlato degli osovani rimasti. Anche Franco era d'accordo di farli fuori. Presente era il comando GAP: i compagni Giacca, Marco e Valerio.<ref>La dichiarazione è ripresa interamente da Gianfranco Bianchi, Luciano Luciani, ''op. cit.'', p. 168 e da Sergio Gervasutti, ''op.cit.'', p. 167.</ref>}}<br />
<br />
===La tesi dei mandanti sloveni===<br />
L'ipotesi che nella storiografia italiana ha via via preso più vigore, anche sulla scorta delle risultanze processuali - che hanno espressamente indicato che il passaggio dei garibaldini della "Natisone" alle dipendenze del IX Korpus, la propaganda filojugoslava svolta nei confronti di formazioni partigiane e l'eccidio di Porzûs facevano parte di un medesimo disegno criminoso avente come scopo ultimo la cessione di parti dello stato italiano alla Jugoslavia<ref>Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', p. 247.</ref> - e infine dell'apertura di una serie di archivi prima inaccessibili, attribuisce la motivazione dell'eccidio ad una sorta di "pulizia preventiva" contro gli oppositori - reali o potenziali - del regime comunista jugoslavo che secondo i disegni espansionistici di Tito avrebbe dovuto annettere anche i territori friulani e giuliani prossimi all'attuale confine, comprendenti il Goriziano, la Slavia Veneta e la striscia costiera che da Trieste va fino a Monfalcone. La stessa dinamica avrebbe portato anche ai [[massacri delle foibe]], nelle quali furono eliminati - fra l'altro - centinaia di italiani considerati contrari all'annessione jugoslava. La tesi secondo la quale l'eccidio di Porzûs sia imputabile agli sloveni trovò alcune indirette conferme documentali: l'eccidio venne anche preannunciato in un rapporto al Foreign Office pervenuto pochi giorni prima della strage: in esso un ufficiale di collegamento britannico al seguito dei partigiani sloveni operanti nell'Italia nordorientale aveva reso noto che l'unità cui era aggregato aveva catturato alcuni partigiani della Osoppo, e che alle sue rimostranze il comandante sloveno aveva risposto di avere agito in base ad ordini superiori. L'autore del rapporto aveva espresso quindi l'opinione che gli sloveni avevano l'intenzione di attaccare il comando generale delle brigate Osoppo<ref>Antonio Giulio de Robertis, ''La frontiera orientale italiana nella diplomazia della II guerra mondiale'', Edizione Scientifiche Italiane, Napoli 1981, p. 247.</ref>. [[File:Vanni Padoan.png|170 px|thumb|Giovanni Padoan "Vanni", in una vecchia foto segnaletica]]Fra gli autori che hanno in vario modo contribuito a questa ricostruzione dei fatti o l'hanno fatta propria almeno in senso generale, sono da ricordare [[Marina Cattaruzza]]<ref>Marina Cattaruzza, ''L'Italia e il confine orientale'', Il Mulino, Bologna 2007, p. 279.</ref>, Tommaso Piffer, Elena Aga Rossi<ref>Per questi due, si veda il testo collettaneo ''Porzûs. Violenza e Resistenza sul confine orientale'', Il Mulino, Bologna 2012.</ref>, [[Raoul Pupo]]<ref>Raoul Pupo, ''Trieste '45'', Laterza, Bari 2010, pp. 71-74.</ref>, Sergio Gervasutti<ref>Sergio Gervasutti, ''op. cit.''.</ref> ed altri.<br />
<br />
Nel 2001, l'allora commissario politico della divisione "Garibaldi-Natisone" [[Giovanni Padoan]] "Vanni" - condannato in appello e in cassazione - confermerà pienamente questa ricostruzione, con una dichiarazione che ebbe il valore di un'assunzione piena di responsibilità per sé e il suo reparto, indicandone espressamente mandanti ed esecutori:<br />
{{quote | ''L'eccidio di Porzus e del Bosco Romagno, dove furono trucidati 20 partigiani osovani, è stato un crimine di guerra che esclude ogni giustificazione. E la Corte d'Assise di Lucca ha fatto giustizia condannando gli autori di tale misfatto. Benché il mandante di tale eccidio sia stato il Comando sloveno del IX Korpus, gli esecutori, però, erano gappisti dipendenti anche militarmente dalla Federazione del PCI di Udine, i cui dirigenti si resero complici del barbaro misfatto e siccome i GAP erano formazioni garibaldine, quale dirigente comunista d'allora e ultimo membro vivente del Comando Raggruppamento divisioni "Garibaldi-Friuli", assumo la responsabilità oggettiva a nome mio personale e di tutti coloro che concordano con questa posizione. E chiedo formalmente scusa e perdono agli eredi delle vittime del barbaro eccidio. Come affermò a suo tempo lo storico Marco Cesselli, questa dichiarazione l'avrebbe dovuta fare il Comando Raggruppamento divisioni "Garibaldi-Friuli" quando era in corso il processo di Lucca. Purtroppo, la situazione politica da guerra fredda non lo rese possibile.''|Giovanni Padoan, 2001<ref>La dichiarazione venne pubblicata la prima volta dal quotidiano triestino ''[[Il Piccolo]]'' il 24 agosto 2001, venendo poi ripresa ed ampliata in varie altre pubblicazioni.</ref>}}<br />
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===Le ricostruzioni di Aldo Moretti===<br />
[[File:Aldo Moretti.jpg|thumb|right|150px|don Aldo Moretti "Lino"]]<br />
Monsignor [[Aldo Moretti]] "Lino" - [[Medaglia d'oro al valor militare]] e fra i fondatori delle Divisioni ''Osoppo'', affermò varie volte che l'eccidio di Porzûs era stato compiuto:<br />
{{quote|...nell'interesse della causa slovena, ma il comando del IX Corpus intuì che era molto utile ai suoi scopi il coinvolgere degli italiani e trovò, con l'indispensabile consenso degli uomini del PCI, un italiano, il garibaldino Mario Toffanin ("Giacca") che accettò di rendersi esecutore materiale del misfatto con la sua GAP<ref>Aldo Moretti, ''La "questione nazionale" del goriziano nell'esperienza osovana (1943-1945)'', in AA.VV., ''I cattolici isontini nel XX secolo'', III, Istituto di storia sociale e religiosa, Gorizia 1987, pp. 189 e ss Il virgolettato è a p. 194.</ref>|Aldo Moretti, 1987}}In un’intervista a [[Famiglia Cristiana]] del 1997, Moretti espresse anche l'opinione secondo la quale gli Alleati, pensando già al [[dopoguerra]] e temendo la collaborazione tra i partigiani cattolici e partigiani comunisti, avessero cercato di dividere questo fronte fino a sacrificare la ''Osoppo'' per mano delle formazioni comuniste oramai al servizio degli jugoslavi, al fine di screditarle:<br />
{{quote|''lavorare per dividerci, anzi di sacrificarci per gettare l’ombra del discredito sulle formazioni comuniste, alle dipendenze di un esercito, quello jugoslavo, che ormai era visto come conquistatore e non più come alleato. Insomma gli Alleati erano preoccupati del loro futuro governo nella zona''|Aldo Moretti, 1997<ref name=Moretti>[http://www.romacivica.net/anpiroma/DOSSIER/Dossier1a6.htm Intervista su Famiglia Cristiana di monsignor Aldo Moretti], uno dei fondatori delle Brigate Osoppo</ref>}}Le stesse denunce di [[Radio Londra]] contro Elda Turchetti sarebbero rientrate in questa strategia. Moretti sostenne inoltre che gli attriti fra i garibaldini e gli osovani del'autunno del [[1944]] avevano dato il via a voci di collaborazione tra il gruppo ''Osoppo'' e le forze nazifasciste, voci peraltro recisamente negate:<br />
{{quote|''Qualche intesa umanitaria, nessun tradimento. Tentavamo solo di anticipare la pace in un angolo del fronte''|Aldo Moretti, 1997<ref name=Moretti/>}}<br />
In questa atmosfera di sospetto due proposte di alleanza contro le formazioni comuniste arrivarono alla ''Osoppo'' da parte del federale fascista di [[Udine]], per conto del tenente colonnello delle [[Schutzstaffel|SS]] von Hallesleben, ma vennero respinte subito da Moretti con due lettere, datate 28 dicembre 1944 e 10 gennaio 1945, fatte pervenire al federale di Udine tramite l'arcivescovo [[Giuseppe Nogara]]<ref>Paolo Deotto, ''op. cit.''</ref>. Le voci tuttavia divennero insistenti quando Cino Boccazzi, partigiano della Osoppo preso prigioniero dalla [[Xª Flottiglia MAS (RSI)|Xª Flottiglia MAS]], venne effettivamente mandato a [[Udine]] (secondo la ricostruzione data da Moretti - ribadita in sede processuale dallo stesso Boccazzi - sotto la minaccia di veder uccisa la propria moglie e i propri figli se si fosse rifiutato) per cercare un contatto per una possibile collaborazione nella difesa del confine orientale. L’ufficiale britannico Thomas Rowort "Nicholson" - presente in incognito a Udine e a cui era stata riferita la proposta - attese prima di consultarsi con il comando a Londra, che rispose poi negativamente all'offerta. L'attesa rese ancora più forti le voci di una possibile trattativa tra la ''Osoppo'' e la Decima Mas<ref name=Moretti/>. Le accuse di collaborazionismo con i fascisti e con i tedeschi che fecero parte dell'ampia strategia messa in campo per screditare la Osoppo, continuarono anche dopo la fine della guerra, venendo riprese a partire dall'inizio degli anni Duemila da alcuni autori di estrema sinistra.<br />
<br />
L'ipotesi di Moretti del coinvolgimento dei servizi segreti inglesi non è stata in seguito approfondita dalla storiografia internazionale, se non in termini globalmente più complottistici.<br />
<br />
===La tesi filojugoslava===<br />
La storiografia jugoslava non produsse alcuno studio sull'eccidio di Porzûs. Così com'era stata reclamata alla fine della [[prima guerra mondiale]]<ref>Ivo Lederer, ''La Jugoslavia dalla conferenza della pace al trattato di Rapallo 1919-1920'', Il Saggiatore, Milano 1966, pp. 140 ss.</ref>, la Slavia veneta venne richiesta ufficialmente dagli jugoslavi anche al termine della seconda guerra mondiale<ref>''Documento ufficiale della Commissione storica italo-slovena'', 2001, paragrafo 4, ''Periodo 1945-1956''.</ref>: era comune ritenere - come affermò nel 1995 dopo il crollo della Federativa il primo ministro sloveno [[Janez Janša]] nel corso della prima celebrazione della [[Festa del Litorale Sloveno|Festa del ritorno del Litorale Sloveno alla madrepatria]] - che se "il regime jugoslavo non avesse trascinato il Paese al di là della cortina di ferro, avremmo potuto contare anche su Trieste, Gorizia e la Slavia veneta<ref>''Il Piccolo'', 18 settembre 2005. Il discorso provocò qualche blanda reazione anche in Italia, quale un'interrogazione parlamentare del deputato di [[Alleanza Nazionale]] [[Roberto Menia]][http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_14/showXhtml.Asp?idAtto=12012&stile=6&highLight=1&paroleContenute=].</ref>".<br />
<br />
In anni più recenti, la tematica dal punto di vista filojugoslavo è stata brevemente ripresa - fra le altre - dallo storico triestino [[Jože Pirjevec]], nell'ambito in un saggio espressamente dedicato ai [[massacri delle foibe]] che ha creato una lunga serie di polemiche<ref>Jože Pirjevec, ''Foibe. Una storia italiana'', Einaudi, Torino 2009, pp. 78-81. Fra i vari storici e giornalisti italiani che hanno criticato questo saggio, ricordiamo [[Paolo Mieli]] [http://archiviostorico.corriere.it/2010/aprile/06/Trieste_guerra_Tito_contro_gli_co_9_100406058.shtml P.Mieli, ''Trieste, la guerra di Tito contro gli antifascisti'', in ''Corriere della Sera'', 6 aprile 2010.], [[Roberto Spazzali]] [http://www.anvgd.it/index.php?option=com_content&task=view&id=6623&Itemid=111 R.Spazzali, ''Pirjevec: le foibe solo propaganda'', in ''Il Piccolo'', 13 ottobre 2009], [[Raoul Pupo]] e [[Giuseppe Parlato]] [http://www.iltricolore.org/modules.php?name=News&file=article&sid=1097 G.Parlato, ''Dalla Slovenia (via Einaudi) un altro falso storico sulle foibe'', in ''Libero'', 13 ottobre 2009].</ref>. Per Pirjevec, nelle speranze dei comunisti sloveni e italiani l'impeto rivoluzionario comune avrebbe dovuto espandersi in tutto il nord Italia, vagheggiando addirittura che tutte le Divisioni Garibaldi "nell'Italia propriamente detta" si assoggettassero al Fronte di liberazione sloveno<ref>Jože Pirjevec, ''op. cit.'', p. 80 e nota 291.</ref>. La Osoppo, costituendo un movimento resistenziale "bianco", per opporsi a queste mire avrebbe intrattenuto rapporti diplomatici con la Wehrmacht, con i collaborazionisti cosacchi e con la Decima Mas. Secondo Pirjevec, cinque partigiani garibaldini sarebbero stati uccisi da membri della Osoppo, quando fu diffusa la notizia della loro adesione al IX Korpus sloveno<ref>Jože Pirjevec, ''op. cit.'', p. 80. La notizia - tratta dall'autore da un archivio sovietico - non risulta finora presente in altre opere.</ref>, mentre in Friuli si sarebbero manifestate delle "tendenze separatistiche (...), dove alcuni circoli pensavano di staccarsi dall'Italia e aderire come entità autonoma alla Jugoslavia". In questo quadro sarebbe avvenuto il "fatto tragico" dell'attacco gappista di Porzûs, del quale - sempre secondo Pirjevec - il IX Korpus sarebbe stato completamente ignaro, ma visto il successivo asilo prestato in seguito a Toffanin dagli sloveni, sarebbero sorte delle "voci tendenziose (...) che la strage fosse stata voluta da loro", il che avrebbe contribuito a far assumere a questo fatto "marginale pur nella sua tragicità" delle "dimensioni sproporzionate"<ref>Tutti i virgolettati da Jože Pirjevec, ''op. cit.'', pp. 80-81.</ref>.<br />
<br />
===Teorie del complotto===<br />
In un libro apparso nel 1995<ref>Alessandra Kersevan, ''Porzûs: dialoghi sopra un processo da rifare'', Edizioni Kappa Vu, Udine 1995.</ref>, la ricercatrice Alessandra Kersevan sottopose ad analisi una parte dei documenti e delle testimonianze all'epoca apparsi, il tutto presentato in maniera discorsiva come se si trattasse di un lungo colloquio fra due ricercatori. Alla luce di una serie di fatti contemporanei e successivi all'eccidio, Kersevan arrivò ad ipotizzare che nella vicenda di Porzûs vi fosse stato un massiccio intervento manipolatorio dei servizi segreti militari angloamericani in combutta con quelli italiani, in un quadro di doppi e tripli giochi che coinvolsero il PCI, l'ignaro Toffanin - che quindi sarebbe stato strumento inconsapevole dell'imperialismo americano - nonché la Decima Mas di Junio Valerio Borghese. Nelle estreme terre nordorientali italiane si sarebbe quindi giocato fin dal 1944-1945 un prodromo della [[guerra fredda]] postbellica, con fortissime infiltrazioni fasciste repubblicane all'interno del movimento partigiano friulano, col fine ultimo di impedire il saldarsi dei movimenti comunisti sloveni e italiani in un moto rivoluzionario esteso al Nord Italia, gettando il discredito sui partigiani jugoslavi anche con altre contestuali campagne di disinformazione e manipolazione, come quella dei [[massacri delle foibe]]. In questo quadro, il IX Korpus sloveno sarebbe quindi stato contemporaneamente spettatore e vittima, mentre i comandi della Osoppo sarebbero stati in realtà conniventi con i nazisti e la Decima Mas, in funzione anticomunista e antislava, con la collaborazione occulta ma attiva delle potenze occidentali e la benedizione della chiesa cattolica locale, coinvolta fin nelle sue più alte gerarchie. Questa gigantesca operazione sarebbe poi continuata col processo, considerato dalla Kersevan una montatura basata in gran parte su testimonianze e documenti falsi o manipolati, compresi fra gli altri non solo il rapporto sui fatti stilato da Giacca e i suoi, ma anche la famosa lettera di accusa agli sloveni e ai garibaldini che Guido Pasolini spedì al fratello Pierpaolo a novembre del 1944 e che venne poi trasmessa da quest'ultimo alle autorità inquirenti<ref>Alessandra Kersevan, ''Porzûs: il più grande processo antipartigiano del dopoguerra'', in AA.VV., ''Foibe. Revisionismo di stato e amnesie della Repubblica'', KappaVu, Udine 2008, pp. 115 ss.</ref>. Il tutto non sarebbe stato che il prodromo delle attività di Gladio, con varie connessioni con la [[mafia]], la [[P2]] e lo stragismo di stato. A partire dagli anni '90 a rafforzare tutto ciò - sempre secondo Kersevan - si sarebbe saldata un'altra manovra tutta politica ad opera degli eredi del PCI ([[Partito Democratico della Sinistra|PDS]], poi [[Democratici di sinistra|DS]]) e dei fascisti ([[Alleanza Nazionale|AN]]): una "convergenza destra-sinistra tesa a ricostruire un immaginario condiviso anticomunista. Non è un caso che il film [su Porzûs]<ref>Si fa riferimento alla citata opera di Martinelli.</ref> sia stato finanziato dall’allora governo di centro-sinistra, cioè dal ministro della cultura [[Walter Veltroni]], ma apprezzato anche a destra"<ref>Alessandra Kersevan, ''Porzûs: il più grande processo antipartigiano del dopoguerra'', cit.</ref>. Secondo la Kersevan, con la fuga in Jugoslavia e in altri paesi socialisti degli imputati del processo condannati per vari reati, sarebbe stata costretta ad andarsene dal Friuli "la meglio gioventù"<ref>''Ivi''.</ref>.<br />
<br />
Una simile linea interpretativa è stata proposta anche dallo storico triestino dell'[[Università del Litorale]] di [[Capodistria]] [[Gorazd Bajc]]<ref>Gorazd Bajc, ''Operacija Julijska Krajina. Severovzhodna meja Italije in zavezniške obveščevalne službe, 1943-1945'', Univerza na Primorskem - Znanstveno-raziskovalno središče, Zal. Annales, Koper 2006.</ref>: eccidio di Porzûs e massacri delle foibe sarebbero delle enormi montature propagandistiche montate ad arte o "incoraggiate" dai servizi segreti statunitensi, per spezzare l'intesa fra comunisti italiani e sloveni. Questa fu anche un'ipotesi avanzata nel 1997 dal giudice istruttore [[Carlo Mastelloni]] nell'ambito della sua inchiesta su [[Argo 16]], peraltro conclusasi senza alcuna conferma giudiziaria e senza alcuna condanna<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1999/dicembre/17/Argo_tutti_assolti_Non_sabotaggio_co_0_9912179585.shtml Luciano Ferraro, ''Argo 16, tutti assolti: «Non fu un sabotaggio del Mossad»''], in ''Corriere della Sera'', 17 dicembre 1999, p. 17.</ref>. In tale complesso contesto denso di doppi e tripli giochi, anche la stessa figura di Mario Toffanin sarebbe da riconsiderare: alcuni lo vedrebbero addirittura come agente dei tedeschi<ref>Sull'inchiesta di Mastelloni e le ipotesi su Toffanin, Gian Antonio Stella, ''Porzus. La grande trappola'', in ''Corriere della Sera'', 27 agosto 1997, p. 27.</ref>.<br />
<br />
== Le malghe di Porzûs come bene di interesse culturale ==<br />
Il [[18 gennaio]] [[2010]] la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia emise un decreto che rendeva di "interesse culturale" il "bene denominato Malghe di Porzûs", ma a seguito di una serie di polemiche derivanti dal contenuto della relazione storica allegata, il provvedimento venne revocato dal [[Ministero per i Beni e le Attività Culturali|ministro per i beni culturali ed ambientali]] ''pro tempore'', [[Sandro Bondi]]<ref>Il [[9 maggio]] [[2010]], durante una conferenza stampa, l'onorevole [[Carlo Giovanardi]] contestò la correttezza della "''Relazione storica''" allegata al decreto, affermando che alcuni dei contenuti della stessa sembravano ripresi da [[Wikipedia]]. In merito si veda [http://lanostrastoria.corriere.it/2010/05/il-pasticcio-ministeriale-sull.html ''Il pasticcio ministeriale sull'eccidio di Porzus''], articolo de [[Il Corriere della Sera]], 27 maggio 2010. Il [[25 maggio]] anche il quotidiano cattolico [[Avvenire]] - attraverso un editoriale delle storico [[Paolo Simoncelli]] ([http://www.avvenire.it/Cultura/strage+porzus+simoncelli_201005261015186330000.htm ''Sulla strage di Porzûs strane ipocrisie''], 26 maggio 2010), denunciò come erronea la versione dei fatti fornita dal decreto. Secondo Simoncelli la ricostruzione non rese giustizia di quanto storicamente accaduto e successivamente condannato dai tribunali. A questo articolo fecero seguito diversi interventi sui quotidiani nazionali. Per la revoca del provvedimento, si veda [http://www.avvenire.it/Cultura/CASO+PORZS_201005280751198000000.htm ''Porzûs, il ministero cambia rotta''], in [[Avvenire]], 28 maggio 2010</ref>. Corretta la relazione storica, il decreto fu reiterato a novembre dello stesso anno<ref>[http://www.anvgd.it/notizie/10421-27-nov-giovanardi-corretta-relazione-su-malghe-porzus ''Giovanardi: corretta la relazione storica sugli avvenimenti delle Malghe di Porzus'', ''[[ANSA]] 26 novembre 2010.]</ref>.<br />
<br />
Da tempo è stato avviato l<nowiki>'</nowiki>''iter'' procedurale per dichiarare le malghe di Porzûs [[monumento nazionale]]<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/2011/febbraio/04/malghe_Porzus_siano_dichiarate_monumento_co_9_110204054.shtml Antonio Corioti, ''Le malghe di Porzûs siano dichiarate monumento nazionale'', in ''Corriere della Sera'', 4 febbraio 2011.]</ref>. Alcuni dirigenti dell'ANPI si sono opposti all'iniziativa, così come si sono opposti alla proposta di intitolare alcune vie cittadine ai "martiri di Porzûs"<ref>E' il caso di Giorgio Coianiz, presidente della sezione di San Giorgio di Nogaro (UD) dell'ANPI, che ha inviato una lettera aperta a tutti i consiglieri comunali del suo paese, nonché ai consiglieri della provincia, stigmatizzando quelli che a suo parere appaiono dei tentativi "beceri e populisti" di "riseminare odio". Si veda in merito ''L'ANPI scrive ai politici: su Porzûs non siet informati'', in ''Messaggero Veneto'', 19 agosto 2010.</ref>.<br />
<br />
==La memoria==<br />
L'Associazione Partigiani Osoppo-Friuli - nata nel 1947 e non facente parte dell'ANPI, bensì della [[Federazione Italiana Volontari della Libertà]] - fin dai primi tempi della propria fondazione ha mantenuto vivo il ricordo dell'eccidio di Porzûs. Da svariati anni - in occasione dell'anniversario dell'assalto gappista - viene quindi organizzata una cerimonia direttamente alle malghe di Topli Uork, in genere accompagnata da altre manifestazioni di tipo storico/rievocativo o commemorativo, quali mostre, convegni, presentazione di libri, messe e concerti. Nel periodo estivo viene invece organizzato un incontro al Bosco Romagno, a ricordare gli osovani qui trucidati<ref>Si veda il [http://www.partigianiosoppo.it/easynet/Frameset.asp?CODE=PartigianiOsoppo&FROMSTART=TRUE sito ufficiale] dell'Associazione.</ref>. Entrambe le manifestazioni sono state variamente contrastate e contestate da vari gruppi della sinistra estrema oltre che dall'ANPI, argomentando in genere - in anni più recenti - riportando le teorie complottiste di Alessandra Kersevan<ref>[http://messaggeroveneto.gelocal.it/cronaca/2012/02/11/news/napolitano-a-porzus-l-anpi-la-visita-chiuda-le-polemiche-1.3169215 Ilaria Purassanta, ''Napolitano a Porzûs. L’Anpi: «La visita chiuda le polemiche»'', in ''Messaggero Veneto'', 11 febbraio 2012.] In questo articolo si riporta l'opinione di Federico Vincenti, presidente dell'ANPI per la provincia di Udine, che fra l'altro ha dichiarato: ''"(...) la strage alle malghe è imputabile a Mario Toffanin. La responsabilità è sua e invece hanno cercato di infangare il comandante e il commissario della Garibaldi e peraltro i loro diffamatori sono stati condannati di recente dal tribunale. È ora di finirla con il revisionismo storico che ha colpito e umiliato la nostra Resistenza friulana, una delle più forti in Europa.</ref><ref>[http://www.cobaspisa.it/foibe-e-revisionismo-storicopolitico/ ''Foibe e revisionismo storico/politico'', dal sito dei COBAS di Pisa.]</ref><ref>[http://www.contropiano.org/it/archivio-news/documenti/item/9219-porzus-lettera-aperta-al-presidente-napolitano Alessandra Kersevan, ''Porzus. Lettera aperta al presidente Napolitano'', dal sito ''Contropiano.org. Settimanale comunista online''.]</ref>. Solo nel 2006 un rappresentante dell'ANPI, a titolo personale, ha partecipato alla cerimonia alle malghe.<br />
<br />
==Porzûs e [[Pier Paolo Pasolini]]==<br />
[[File:Guido Pasolini.jpg|thumb|upright|Guido Pasolini "Ermes"]]<br />
L'eccidio delle malghe di Porzûs venne varie volte rievocato da Pier Paolo Pasolini, che vi perse il fratello Guido, cui era legatissimo. Il problema del rapporto fra osovani e garibaldini era stato esplicitato da Guido in una celebre lettera al fratello del 27 novembre 1944 (il testo è riportato per estratto, con la punteggiatura ed eventuali errori originali secondo il metodo della trascrizione diplomatica):<br />
{{quote|Pier Paolo Carissimo: (...) ti metto senz'altro al corrente della nostra situazione come si presenta alla data di oggi 27 Novembre. (...) Si riorganizza la brigata: in breve tempo raggiungiamo i 600 uomini nella vallata Attimis-Subit. Si entra in contatto con i mandanti delle 2 brigate Garibaldi che fiancheggiano il nostro schieramento: si forma la divisione Garibaldi-Osoppo, si firma un patto di amicizia con gli sloveni che, slealmente hanno cominciato la propaganda slovena nel territorio da noi occupato. (...) In quegli stessi giorni giunge una missione slovena inviata da Tito: si propone l'assorbimento della nostra divisione da parte della Armata slovena: ci fanno capire fra l'altro che qualora facessimo parte dell'esercito sloveno eviteremmo il disarmo. Il comandante di divisione Sasso (un garibaldino) tentenna, il vice comandante Bolla (Osoppo) pone un energico rifiuto. Gli sloveni se ne vanno scontenti. Il comandante Sasso promette solennemente a Bolla (...) che della questione non si sarebbe più parlato. (...) I presidi garibaldini fanno di tutto per demoralizzarci e indurci a togliere le mostrine tricolore (A [Memino] un commissario garibaldino mi punta sulla fronte la pistola perché gli ho gridato in faccia che non ha idea di che cosa significhi essere "Uomini liberi", e che ragionare come un federale fascista [infatti nelle file garibaldine si è "liberi" di dire bene del comunismo], altrimenti sei trattato come "Nemico del proletario" (Nientemeno!) oppure "Idealista che succhia il sangue del popolo" (senti che roba!)) A fronte alta dichiariamo di essere italiani e di combattere per la bandiera italiana, non per lo "straccio" russo. (...) Gli sloveni frattanto approfittano della situazione ed entrano in trattative col comando garibaldino (si riparla dell'antico progetto di assorbimento delle nostre formazioni da parte slovena) Bolla strepita: ma oramai non ha più l'autorità che novecento uomini pronti a tutto gli davano ... Il delegato sloveno fa comprendere a Bolla che la sua presenza non è gradita ai colloqui, Bolla raccoglie i suoi uomini e si allontana dignitosamente. Raggiungiamo la zona Prosenicco-Subit-Porzus e quivi ci riorganizziamo. Passano una ventina di giorni. Frattanto Enea (lasciato a Codromaz come osservatore) ci fa sapere che i garibaldini lo hanno rassicurato (la notizia dell'accordo con gli sloveni viene solennemente smentita) ... Ci raggiunge a Porzus: siamo al 2 novembre. Il giorno dopo giunge al nostro comando il comandante della divisione "Garibaldi" Sasso. Ha un lungo colloquio con Bolla (smentisce di nuovo solennemente la notizia dell'accordo con Tito e promette che mai più ne riparlerà) tenta di riconciliarsi con la brigata Osoppo oramai riorganizzata... Il 7 novembre, anniversario della rivoluzione russa per tutti i reparti garibaldini si festeggia l'avvenuta unione con le truppe slovene. L'accordo era stato firmato prima delle famose solenni smentite!!! Gran parte però dei garibaldini non voleva l'accordo (deciso da pochi uomini) molti piangono di rabbia e non vogliono sostituire la stella rossa alla stella tricolore. Alcuni ottengono di passare nelle file dell'Osoppo e ci raccontano che i commissari garibaldi hanno iniziato una propaganda di intimidazione fra i reparti... Una delle clausole dell'accordo con gli sloveni è la seguente: I reparti garibaldini si impegnano di effettuare una leale propaganda in favore degli sloveni e di mobilitare la popolazione maschile nelle zone sotto il loro controllo. I mobilitati non possono far parte di formazioni italiane ma devono entrare in reparti sloveni! Quattro giorni fa si presenta al nostro comando il famigerato commissario Vanni: dichiara al nostro comandante Bolla: "Per ordine del maresciallo Tito la prima brigata Osoppo deve sgomberare la zona (territorio di influenza slovena) a meno che non acconsenta ad entrare nelle formazioni slovene" Siamo arrivati dunque al vertice della parabola: come andrà a finire? Udine è a 12-16 km di distanza. La nostra parola d'ordine per ora è di rispondere ad una sleale propaganda anti-italiana con una propaganda più convincente.(...) dovresti scrivere qualche articolo che fa al caso nostro (...) con qualche poesia magari, in italiano e friulano (...) Negli articoli cerca appena di sfiorare gli argomenti suaccennati: devi essere un italiano che parla agli italiani. Mi dimenticavo: i commissari garibaldini (la notizia ci giunge da fonte non controllata) hanno intenzione di costruire la repubblica (armata) sovietica del Friuli: pedina di lancio per un la bolscevizzazione dell'Italia!! Ti mando una copia del programma del partito d'azione al quale ho aderito con entusiasmo (...) è bene che tu sappia com'è la situazione anche perché ho bisogno se non altro dei tuoi consigli. Comprendo perfettamente che molto probabilmente tu non hai avrai né tempo né voglia di compilare gli articoli su accennati comunque se hai intenzione di farli: falli al più presto (...) Se non altro almeno scrivi a me qualche riga ... Ti bacio con grandissimo affetto. Guido (...)|Guido Pasolini al fratello Pierpaolo, 27 novembre 1944<ref>Pier Paolo Pasolini, Nico Naldini (cur.), ''Lettere'', Vol. I, Einaudi, Torino 1986, pp. LXVIII ss. Il testo completo è il seguente: Pier Paolo Carissimo: Quanto ti scriverò in questa lettera ti stupirà moltissimo: "Ma io non c'entro!" dirai alla fine ponendo facendo uno sconsolato gesto con le mani ... Ne sono pienamente d'accordo. Siccome però una situazione penosissima e grave provoca uno stato d'animo per cui si sente l'assoluta necessità di confidarsi con qualcuno, e d'altra parte "siamo" convinti che tu, con qualche articolo ti ci puoi essere di grande aiuto, avendone d'altra parte ricevuta l'autorizzazione, ti metto al senz'altro al corrente della nostra situazione come si presenta alla dalla data di oggi 27 Novembre. Non dire nulla alla mamma: si spaventerebbe per nulla... Cronaca degli avvenimenti dal 29 luglio ad oggi: 3.000 tedeschi e fascisti in tali giornate iniziano un rastrellamento nella zona della Ia brigata Brigate Osoppo Friuli, (la mia) inizio delle operazione 5 ½ del mattino: attacco di sorpresa nemico (proveniente da Prosenicco) in zona Subit. Una brigata slovena (la 128a ?) che aveva il preciso compito di sbarrare la strada al nemico in questo settore (rappresentante il tergo del nostro schieramento) si ritira senza sparare un colpo di fucile! Risultato: due nostre postazioni di mitraglia in posizione dominante sopra Subit resistono eroicamente fino alle 4 del pomeriggio (60 morti tedeschi); esaurite le munizioni gli uomini si ritirano sul monte Carnizza presidiato dal nostro battaglione Udine. Frattanto si era combattuto anche sulle falde del Carnizza. Da notare che, sull'altro versante del Carnizza aveva sede la IIa brigata Garibaldi. Dopo 5 ore di combattimenti arrivano sul luogo 5 garibaldini con in mitragliatore inglese (Bren): sparano da lontano qualche scarica. Nel tardo pomeriggio giunge sul luogo un pattuglione, sempre garibaldino di 30 uomini, ma i tedeschi avevano ormai desistito dall'empio dall'attacco al Carnizza. Risultato delle operazioni: 200 tedeschi o fascisti caduti o feriti (tutti per parte dell'Osoppo, 1 ferito leggero da parte nostra! A tanta distanza di tempo apprendiamo ora, con nostro grande stupore che furono 30 i garibaldini arrivati sul luogo a cose finite a rovesciare in nostro favore le sorti della battaglia ... (ma questa è cosa da niente ...). Si riorganizza la brigata: in breve tempo raggiungiamo i 600 uomini nella vallata Attimis-Subit. Si entra in contatto con i mandanti delle 2 brigate Garibaldi che fiancheggiano il nostro schieramento: si forma la divisione Garibaldi-Osoppo, si firma un patto di amicizia con gli sloveni che, slealmente hanno cominciato la propaganda slovena nel territorio da noi occupato. Giunge per radio una notizia ad aggravare la situazione: gli inglesi nelle terre liberate, disarmano le formazioni partigiane. A noi dell'Osoppo la notizia non ci fa né caldo né freddo: "Una volta che l'Italia è liberata!...), La cosa sembra invece mettere il fuoco nelle vene in certi commissari garibaldini. Banni (da nessuno autorizzato), commissario di divisione, nella pubblica piazza di Nimis grida le seguenti parole (in un discorso enfatico quanto vuoto di sostanza): “Io vi assicuro che né Russi (la parola è detta di quasi di sfuggita) né Americani né Inglesi (qui la voce tuona) disarmeranno la I° Divisione Garibaldi-Osoppo." In quegli stessi giorni giunge una missione slovena inviata da Tito: si propone l'assorbimento della nostra divisione da parte della Armata slovena: ci fanno capire fra l'altro che qualora facessimo parte dell'esercito sloveno eviteremmo il disarmo. Il comandante di divisione Sasso (un garibaldino) tentenna, il vice comandante Bolla (Osoppo) pone un energico rifiuto. Gli sloveni se ne vanno scontenti. Il comandante Sasso promette solennemente a Bolla (quindi alla nostra brigata) che della questione non si sarebbe più parlato. Ma gli sloveni (è evidente che la cosa [illeggibile] sta loro molto a cuore) non abbandonano la partita e ritornano alla carica. Sempre energico e deciso il contegno di Bolla, ambiguo quello di Sasso (sobillato evidentemente da Vanni) il quale sembra incline ad accettare. Bolla fa presente che qualora avvenisse l'accordo con gli sloveni (per noi sarebbe molto peggio di una battaglia perdita) la brigata Osoppo si sarebbe staccata dalla divisione. Siamo agli ultimi di settembre: la situazione militare è minacciosa. Lo schieramento della divisione troppo avanzato, (siamo quasi in pianura) è debole. Novecento uomini della brigata Osoppo tengono fronte sull'arco di colline: Passo di Monte Croce (tenuto da reparti garibaldini) Savorgnano-Ravosa-Racchiuso. La prima brigata garibaldi (1200 uomini) copre da Nimis alla nostra destra, la IIa Garibaldi (1.000 uomini) copre Faedis alla nostra sinistra. La notte fra il 26 e 27 settembre si inizia un furibondo cannoneggiamento delle nostre posizioni da parte delle artiglierie tedesche (un treno blindato fra Reana-Tricesimo, 2 batterie del forte di Tricesimo, 2 batterie a Pavoletto). Il giorno seguente 2 divisioni tedesche con carri armati attaccano simultaneamente Nimis e Faedis. Alla sera dello stesso giorno (27) carri armati pesanti entrano nei due paesi. Noi, al centro dello schieramento siamo all'oscuro de non sappiamo nulla. La notte continua incessante il martellamento delle artiglierie, la mattina del 28 riprende la pressione tedesca sulle nostre ali: da Faedis su Racchiuso, da Nimis su Monte Croce: Il grosso dei reparti garibaldini si sgancia, noi dell'Osoppo sempre all'oscuro di tutto attendiamo il nemico sulle nostre postazioni ormai avanzatissime. Verso le 3 del pomeriggio i tedeschi sono su monte Croce: puntano su Attimis! (siamo quasi circondati) Frattanto un altro fatto gravissimo: reparti tedeschi da Prosenicco puntano su Subit per con lo scopo di scendere su Attimis e quindi tagliarci la strada della ritirata. Gli sloveni (incaricati di proteggerci le spalle) si ritirano senza sparare un colpo! Le nostre postazioni sopra Subit di copertura vengono sopraffatte dal numero e dai messi. Il paese cade in possesso del nemico: contemporaneamente alla caduta di Passo Monte Croce. Un nostro battaglione rinforzato parte al contrassalto, con eroico furore ributta i tedeschi al di là della montagna. (La Via della ritirata è aperta) Ma le cose erano già precipitate: Garibaldini sbandati con mille notizie false ed esagerate gettano il panico fra le nostre file che finalmente hanno ricevuto l'ordine di ritirata: ("Nulla da fare, i tedeschi sono a Racchiuso e Attimis" "Gettate le armi i comandanti sono fuggiti in borghese" ecc... ecc...) Molti si sbandano, molti riescono a raggiungere Attimis, poi Forame e Subit. Gli ultimi a ripiegare (c'ero anch'io ed il mio comandante Romolo) escono da Attimis quando vi entrano i tedeschi calati da Monte Croce: qualche raffica passa sibilando sulle nostre teste. Inutile che ti descriva la drammatica ritirata notturna (ancora una volta ingannati!: sul monte Joannes est del Carnizza) vi doveva essere un presidio garibaldino: infatti vi troviamo le truppe tedesche schierate come un plotone d'esecuzione (in fila di fronte con le armi spianate): il nostro comandante di brigata Ferruccio cade con 17 compagni. Il vicecomandante di divisione Bolla riesce invece a passare con un 100 uomini: gli altri si sbandano fra i quali io e Romolo. Comincia l'odissea dei dispersi in cerca del loro comandante. I presidi garibaldini fanno di tutto per demoralizzarci e indurci a togliere le mostrine tricolore (A [Memino] un commissario garibaldino mi punta sulla fronte la pistola perché gli ho gridato in faccia che non ha idea di che cosa significhi essere "Uomini liberi", e che ragionare come un federale fascista [infatti nelle file garibaldine si è "liberi" di dire bene del comunismo], altrimenti sei trattato come "Nemico del proletario" (Nientemeno!) oppure "Idealista che succhia il sangue del popolo" (senti che roba!)) A fronte alta dichiariamo di essere italiani e di combattere per la bandiera italiana, non per lo "straccio" russo .... A Codromaz raggiungiamo il comandante Bolla ed Enea, del quale sono diventato amico e dal quale ho saputo i retroscena ecc... ecc... Gli sloveni frattanto approfittano della situazione ed entrano in trattative col comando garibaldino (si riparla dell'antico progetto di assorbimento delle nostre formazioni da parte slovena) Bolla strepita: ma oramai non ha più l'autorità che novecento uomini pronti a tutto gli davano ... Il delegato sloveno fa comprendere di a Bolla che la sua presenza non è gradita ai colloqui, Bolla raccoglie i suoi uomini e si allontana dignitosamente. Raggiungiamo la zona Prosenicco-Subit-Porzus e quivi ci riorganizziamo. Passano una ventina di giorni. Frattanto Enea (lasciato a Codromaz come osservatore) vien ci fa sapere che i garibaldini lo hanno rassicurato (la notizia dell'accordo con gli sloveni viene solennemente smentita) ... Ci raggiunge a Porzus: siamo al 2 novembre. In Il giorno dopo giunge al nostro comando il comandante della divisione "Garibaldi" Sasso. Ha un lungo colloquio con Bolla (smentisce di nuovo solennemente la notizia dell'accordo con Tito e promette che mai più ne riparlerà) tenta di riconciliarsi con la brigata Osoppo oramai riorganizzata... Il 7 novembre, anniversario della rivoluzione russa per tutti i reparti garibaldini si festeggia l'avvenuta unione con le truppe slovene. L'accordo era stato firmato prima delle famose solenni smentite!!! Gran parte però dei garibaldini non voleva l'accordo (deciso da pochi uomini) molti piangono di rabbia e non vogliono sostituire la stella rossa alla stella tricolore. Alcuni ottengono di passare nelle file dell'Osoppo e ci raccontano che i commissari garibaldi hanno iniziato una propaganda di intimidazione fra i reparti la propaganda ... Una delle clausole dell'accordo con gli sloveni è la seguente: I reparti garibaldini si impegnano di effettuare una leale propaganda in favore degli sloveni e di mobilitare la popolazione maschile nelle zone sotto il loro controllo. I mobilitati non possono far parte di formazioni italiane ma devono entrare in reparti sloveni! Quattro giorni fa si presenta al nostro comando il famigerato commissario Vanni: dichiara al nostro comandante Bolla: “Per ordine del maresciallo Tito la prima brigata Osoppo deve sgomberare la zona (territorio di influenza slovena) a meno che non acconsenta ad entrare nelle formazioni slovene” Siamo arrivati dunque al vertice della parabola: come andrà a finire? Udine è a 12-16 km di distanza. Il La nostra parola d'ordine per ora è di rispondere ad una sleale propaganda anti-italiana con una propaganda più convincente. Abbiamo fondato fra gli altri un nuovo giornale: “Quelli del Tricolore”. dovresti scrivere qualche articolo che fa al caso nostro<br />
(non è che noi siamo a corto di argomenti né tanto meno ci manchino gli “scrittori”, ma io sono convinto che tu ci puoi essere di molto aiuto...) con qualche poesia magari, in italiano e friulano (non traduzione), qualche canzone su arie note,<br />
pure in italiano e friulano ecc.... ecc.... Negli articoli cerca appena di sfiorare gli argomenti suaccennati: devi essere un italiano che parla agli italiani. Mi dimenticavo: i commissari garibaldini (la notizia ci giunge da fonte non controllata) hanno intenzione di costruire la repubblica (armata) sovietica del Friuli: pedina di lancio per un la bolscevizzazione dell'Italia!! Ti mando una copia del programma del partito d'azione al quale ho aderito con entusiasmo (quanti ho conosciuto del P.A. Sono persone onestissime miti e leali: verri italiani: Enea rassomiglia moltissimo a Sara). Naturalmente tutta questa tirata ti ha annoiato moltissimo ma è bene che tu sappia com'è la situazione anche perché ho bisogno se non altro dei tuoi consigli. Comprendo perfettamente che molto probabilmente tu non hai avrai né tempo né voglia di compilare gli articoli su accennati comunque se hai intenzione di farli: falli al più presto e dalli a Berto per busta chiusa ed avverti (può farlo la mamma) della avvenuta consegna Elda Paravano che a sua volta andrà a ritirare ogni cosa a Udine ecc... ecc... Se non altro almeno scrivi a me qualche riga ... Ti bacio con grandissimo affetto. Guido<br>P.S. Di alla mamma che nel caso avesse qualche altra cosa da mandarmi (Guanti, calzettoni, naftalina), vi aggiunga un fazzoletto tricolore ed uno verde ... Saluta tutti e se vedi Renato accennagli quanto ti ho scritto... Non ho il tempo di rileggere la lettera devo partire per la montagna <u>immediatamente</u>. La lettera è scaricabile in trascrizione diplomatica on-line dal sito dell'Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia [http://www.insmli.it/pubblicazioni/84/letguipas441127_or.pdf]</ref>}}<br />
Il 21 giugno 1945, il corpo di Guido Pasolini - riesumato in località Bosco Romagno - viene portato a [[Casarsa della Delizia|Casarsa]], e lì tumulato: per l'occasione Pier Paolo compone un elogio funebre, nel quale fra l'altro afferma:<br />
{{quote|Quanto sia il dolore di mia madre, mio, e di tutti questi fratelli e madri e parenti non mi sento ora di esprimere. Certo è una realtà troppo grande, questa di saperli morti, per essere contenuta nei nostri cuori di uomini. (...) Io per mio fratello posso dire che è stata la sorte del suo corpo entusiasta che l’ha ucciso e che egli non poteva sopravvivere al suo entusiasmo. Ora, gli ideali per cui è morto, il suo dolcissimo tricolore, se lo hanno rapito in un silenzio che non è ormai più nostro. E con lui tutti i suoi eroici compagni. E solo noi, loro parenti, possiamo piangerli pur non negando che ne siamo orgogliosi, pur restando convinti che senza il loro martirio non si sarebbe trovata la forza sufficiente a reagire contro la bassezza, e la crudeltà e l’egoismo, in nome di quegli ideali per cui essi sono morti. (...) Ma noi alla società non chiediamo lacrime, chiediamo giustizia.|Pier Paolo Pasolini, 21 giugno 1945<ref>Il testo completo in [[Enzo Siciliano]], ''Vita di Pasolini'', Mondadori, Milano 2005, pp. 105-106.</ref>}}<br />
In una lettera del 21 agosto 1945 indirizzata all'amico poeta Luciano Serra, Pier Paolo così ricostruì la vicenda:<br />
{{quote|essendo stato richiesto a questi giovani, veramente eroici, di militare nelle file garibaldino-slave, essi si sono rifiutati dicendo di voler combattere per l'Italia e la libertà; non per Tito e il comunismo. Così sono stati ammazzati tutti, barbaramente<ref>Pier Paolo Pasolini, ''Guido voleva combattere per la libertà, non per il comunismo'', in ''Lettere agli amici'', Guanda 1976</ref>.}}<br />
Lo stesso mese scriverà nel suo diario denominato ''Stroligut'' la seguente poesia per il fratello:<br />
{{quote|La libertà, l'Italia<br>e chissà Dio quale destino disperato<br>ti voleva<br>dopo aver vissuto e patito<br>in questo silenzio.<br>Quando i traditori nelle battaglie<br>bagnavano di sangue generoso la neve,<br>"Scappa - ti hanno detto - non tornare lassù"<br>Ti potevi salvare,<br>ma tu<br>non hai lasciato soli<br>i tuoi compagni a morire<br>"Scappa torna indietro<br>Ti potevi salvare,<br>ma tu<br>sei tornato lassù,<br>camminando.<br>Tua madre, tuo padre, tuo fratello<br>lontano<br>con tutto il tuo passato e la tua vita infinita,<br>in quel giorno noi sapevamo<br>che qualcosa più grande di loro<br>ti chiamava<br>col tuo cuore innocente.|Pier Paolo Pasolini, ''Corus in morte di Guido'', 1945<ref>Il testo in [http://www.pasolini.net/vita02.htm Massimiliano Valente, Anna Molteni, ''Pier Paolo Pasolini. La vita. La seconda guerra mondiale. La morte del fratello Guido. Pasolini dal 1945 al 1949'', dal sito www.pasolini.net.]</ref>|La livertat, l'Itaia<br>e quissa diu cual distin disperat<br>a ti volevin<br>dopu tant vivut e patit<br>ta quistu silensiu<br>Cuant qe i traditours ta li Baitis<br>a bagnavin di sanc zenerous la neif,<br>"Sçampa - a ti an dita - no sta tornà lassù"<br>I ti podevis salvati,<br>ma tu<br>i no ti às lassat bessòi<br>i tu cumpains a murì.<br>"Sçampa, torna indavour"<br>I te podevis salvati<br>ma tu<br>i ti soso tornat lassù,<br>çaminant.<br>To mari, to pari, to fradi<br>lontans<br>cun dut il to passat e la to vita infinida,<br>in qel dì a no savevin<br>qe alc di pì grant di lour<br>al ti clamava<br>cu'l to cour innosent.|lingua=fur}}<br />
La condanna dell'eccidio e dei suoi autori fu netta: in una lettera al direttore del ''Mattino del Popolo'' dell'8 febbraio 1948, il poeta invitò perentoriamente:<br />
{{quote|I miei compagni comunisti farebbero bene, io credo, ad accettare la responsabilità, a prepararsi a scontare, dato che questo è l’unico modo per cancellare quella macchia rossa di sangue che è ben visibile sul rosso della loro bandiera.|Pier Paolo Pasolini, 1948<ref>La lettera in Pier Paolo Pasolini, Nico Naldini (cur.), ''Un paese di temporali e di primule'', Guanda, Parma 1993, p. 183.</ref>}}<br />
{|id="" style="clear:both; float:right; margin-top: 0.5em; margin-left: 0.5em; margin-bottom: 0.5em; text-align:Left; width:200px; background-color:#FFFFE0; border:1px solid gray; font-size:80%; padding:5px; -moz-border-radius: 0.7em"<br />
|Pier Paolo Pasolini<br><br />
;'''"Vittoria"'''<br />
(...)<br><br />
Se ne vanno<br><br />
aiuto si voltano le schiene<br><br />
le loro schiene<br><br />
sotto le eroiche giacche<br><br />
di mendicanti di disertori<br><br />
sono così serene le montagne<br><br />
verso cui ritornano batte<br><br />
così leggero il mitra<br><br />
sul loro fianco al passo<br><br />
che è come quello<br><br />
di quando cala il sole<br><br />
sulle intatte<br><br />
forme della vita<br><br />
tornata uguale<br><br />
nel basso e nel profondo<br><br />
aiuto se ne vanno<br><br />
tornano ai loro silenti giorni<br><br />
di Marzabotto o di via Tasso<br><br />
con la testa spaccata<br><br />
la nostra testa<br><br />
tesoro umile della famiglia<br><br />
grossa testa di secondo genito<br><br />
mio fratello riprende<br><br />
il sanguinoso sonno<br><br />
solo tra le foglie secche<br><br />
e i caldi fieni<br><br />
d'un bosco delle prealpi<br><br />
nel dolore e la pace<br><br />
d'un interminabile domenica<br><br />
eppure<br><br />
questo è un giorno di vittoria.<br><br />
|}<br />
Nella risposta ad un lettore della rivista ''Vie Nuove'' del 15 luglio 1961, Pasolini scrisse:<br />
{{quote|Sulle montagne, tra il Friuli e la Jugoslavia, Guido combatté a lungo, valorosamente, per alcuni mesi: egli si era arruolato nella divisione Osoppo, che operava nella zona della Venezia Giulia insieme alla divisione Garibaldi. Furono giorni terribili: mia madre sentiva che Guido non sarebbe tornato più. Cento volte egli avrebbe potuto cadere combattendo contro i fascisti e i tedeschi: perché era un ragazzo di una generosità che non ammetteva nessuna debolezza, nessun compromesso. Invece era destinato a morire in un modo più tragico ancora.<br /><br />
Lei sa che la Venezia Giulia è al confine tra l’Italia e la Jugoslavia: così, in quel periodo, la Jugoslavia tendeva ad annettersi l’intero territorio e non soltanto quello che, in realtà, le spettava. È sorta una lotta di nazionalismi, insomma. Mio fratello, pur iscritto al Partito d’Azione, pur intimamente socialista (è certo che oggi sarebbe stato al mio fianco), non poteva accettare che un territorio italiano, com’è il Friuli, potesse esser mira del nazionalismo jugoslavo. Si oppose, e lottò.<br /><br />
Negli ultimi mesi, nei monti della Venezia Giulia la situazione era disperata, perché ognuno era tra due fuochi. Come lei sa, la Resistenza jugoslava, ancor più che quella italiana, era comunista: sicché Guido, venne a trovarsi come nemici gli uomini di Tito, tra i quali c’erano anche degli italiani, naturalmente le cui idee politiche egli in quel momento sostanzialmente condivideva, ma di cui non poteva condividere la politica immediata, nazionalistica.<br /><br />
Egli morì in un modo che non mi regge il cuore di raccontare: avrebbe potuto anche salvarsi, quel giorno: è morto per correre in aiuto del suo comandante e dei suoi compagni. Credo che non ci sia nessun comunista che possa disapprovare l’operato del partigiano Guido Pasolini. Io sono orgoglioso di lui, ed è il ricordo di lui, della sua generosità, della sua passione, che mi obbliga a seguire la strada che seguo. Che la sua morte sia avvenuta così, in una situazione complessa e apparentemente difficile da giudicare, non mi dà nessuna esitazione. Mi conferma soltanto nella convinzione che nulla è semplice, nulla avviene senza complicazioni e sofferenze: e che quello che conta soprattutto è la lucidità critica che distrugge le parole e le convenzioni, e va a fondo nelle cose, dentro la loro segreta e inalienabile verità<ref>''Vie Nuove'', n. 28, anno XVI, 15 luglio 1961.</ref>}}<br />
<br />
Pier Paolo Pasolini - ricordandone la tragica fine - dedicherà a Guido la poesia ''Vittoria'', in occasione della ricorrenza del 25 aprile 1964<ref>Pier Paolo Pasolini, "Vittoria", in ''Poesia in forma di rosa'', Garzanti, Milano 1964</ref>.<br />
<br />
Presso l'archivio del seminario vescovile di Udine venne infine ritrovata una poesia inedita dedicata a Guido dal fratello, probabilmente composta nell'immediatezza della notizia della sua morte:<br />
{{quote|(...) No, Guido, non salire!<br>Non ricordi più il tuo nome? Ermes, ritorna indietro,<br>davanti c'è Porzus contro il cielo<br>ma voltati, e alle tue spalle<br>vedrai la pianura tiepida di luci<br>tua madre lieta, i tuoi libri.<br>Ah Ermes non salire,<br>spezza i passi che ti portano in alto,<br>a Musi è la via del ritorno,<br>a Porzus non c'è che azzurro. (...)|Pier Paolo Pasolini, 1945 (?)<ref>Il testo è riportato in estratto da [http://archiviostorico.corriere.it/1997/marzo/16/rossi_uccisero_partigiano_co_0_97031614639.shtml Dario Fertilio, ''E i rossi uccisero il partigiano'', in ''Corriere della Sera'', 16 marzo 1997, p. 35.] La poesia completa in Giovanni Falaschi, ''La letteratura partigiana in Italia 1943-1945'', Editori Riuniti, Roma 1984, p. 264.</ref>}}<br />
<br />
== Note ==<br />
{{references|2}}<br />
<br />
== Bibliografia ==<br />
* Gianfranco Bianchi, Silvano Solvani (cur.), ''Per rompere un silenzio più triste della morte. Il processo di Porzûs. Testo della sentenza 30.04.1954 della Corte d'Assise d'Appello di Firenze'', La Nuova Base Editrice, Udine 2012 (prima ed. ivi 1983)<br />
* Alberto Buvoli, ''Le formazioni Osoppo Friuli. Documenti 1944-45'', Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione, Udine 2003<br />
* [[Marina Cattaruzza]], ''L'Italia e il confine orientale'', Il Mulino, Bologna 2007<br />
* Marco Cesselli, ''Porzûs due volti della Resistenza'', La Pietra, Milano 1975<br />
* [[Primo Cresta]], ''[[Un partigiano dell'Osoppo al confine orientale]]'', [[Del Bianco Editore]], Udine [[1969]]<br />
* Daiana Franceschini, ''Porzûs. La Resistenza lacerata'', Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione del Friuli-Venezia Giulia, Trieste 1998<br />
* [[Sergio Gervasutti]], ''Il giorno nero di Porzus, la stagione della Osoppo'', Marsilio, Venezia 1997<br />
* Patrick Karlsen, ''Frontiera rossa. Il PCI, il confine orientale e il contesto internazionale 1941-1955'', Libreria Editrice Goriziana, Gorizia 2010.<br />
* Alessandra Kersevan, ''Porzûs, Dialoghi sopra un processo da rifare'', Edizioni Kappa Vu, Udine 1995<br />
* Antonio Lenoci, ''Porzûs. La Resistenza tradita'', Laterza, Bari 1998<br />
* Giovanni Padoan "Vanni", ''Abbiamo lottato insieme. Partigiani italiani e sloveni al confine orientale'', Del Bianco, Udine 1965<br />
* Giovanni Padoan "Vanni", ''Porzûs. Strumentalizzazione e verità storica'', Edizioni della Laguna, Mariano del Friuli 2000<br />
* Tommaso Piffer (cur.), ''Porzûs. Violenza e Resistenza sul confine orientale'', Il Mulino, Bologna 2012<br />
<br />
==Collegamenti esterni==<br />
* [http://www.storiain.net/arret/num62/artic1.htm Paolo Deotto, ''Strage di Porzûs: un'ombra cupa sulla Resistenza'']<br />
<br />
== Voci correlate ==<br />
* [[Brigata Osoppo]]<br />
* [[Friuli]]<br />
* [[Resistenza italiana]]<br />
<br />
{{Portale|Friuli-Venezia Giulia|Storia}}<br />
{{Antifascismo}}<br />
<br />
[[Categoria:Stragi commesse in Italia durante la seconda guerra mondiale|Porzûs]]<br />
[[Categoria:Storia del Friuli]]<br />
[[Categoria:Brigate Garibaldi| Eccidio, Por]]<br />
[[Categoria:Brigate Osoppo| Eccidio, Por]]<br />
[[Categoria:Resistenza italiana| Eccidio, Por]]<br />
<br />
[[en:Porzûs massacre]]<br />
[[fur:Ecidi di Porçûs]]</div>Pigr8https://de.wikipedia.org/w/index.php?title=Massaker_von_Porz%C3%BBs&diff=177183718Massaker von Porzûs2012-06-04T20:10:46Z<p>Pigr8: /* Contesto storico */ link ( da fare come ancillare)</p>
<hr />
<div>{{vaglio|arg=storia|arg2=guerra}}<br />
{{Incidente<br />
|titolo= Eccidio di Porzûs<br />
|immagine= Porzus.jpg<br />
|didascalia= I partigiani della Osoppo a Topli Uork<br>(inverno 1944-1945)<br />
|nazione= ITA<br />
|luogo= Gruppo di malghe in località Topli Uork, in seguito dette "malghe di Porzûs", [[Faedis]], [[provincia di Udine]]<br />
|data= 7-18 [[febbraio]] [[1945]]<br />
|obiettivo= [[Partigiani]] della [[Brigata Osoppo]]<br />
|tipologia= Esecuzione<br />
|vittime= 17 o 18<br />
|esecutori= [[Partigiani]] [[comunismo|comunisti]] guidati da [[Mario Toffanin]] "Giacca"<br />
|motivazione= Secondo la corte d'Assise d'Appello di Firenze, "atti compiuti in esecuzione di un medesimo disegno criminoso con il quale si tendeva a porre una parte del nostro Stato sotto la sovranità della Jugoslavia"<ref>Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani (cur.), ''Per rompere un silenzio più triste della morte. Il processo di Porzûs. Testo della sentenza 30.04.1954 della Corte d'Assise d'Appello di Firenze'', La Nuova Base Editrice, Udine 2012 (prima ed. ivi 1983), p. 247.</ref><br />
}}<br />
{{Storia del Friuli}}<br />
<br />
L<nowiki>'</nowiki>'''eccidio di Porzûs''' consistette nell'uccisione, fra il 7 e il 18 febbraio 1945, di sedici o diciassette partigiani (più una loro ex prigioniera) della [[Brigata Osoppo]], [[formazione partigiana|formazione]] di orientamento [[cattolicesimo|cattolico]] e laico-[[socialismo|socialista]], da parte di un gruppo di partigiani - in prevalenza [[Gruppi di azione patriottica|gappisti]] - appartenenti al [[Partito Comunista Italiano]]. È uno degli episodi più tragici e controversi della storia della [[Resistenza italiana]], che ha causato varie ondate di polemiche in ordine ai mandanti dell'eccidio e alle sue motivazioni.<br />
<br />
==Contesto storico==<br />
Nella storia della [[Guerra di liberazione italiana|guerra di liberazione]], la situazione nelle estreme propaggini nord-orientali dell'allora territorio italiano presenta delle caratteristiche del tutto peculiari. Abitata in parte da popolazioni slovene - ampiamente maggioritarie in varie zone - comprende al proprio interno anche una regione denominata [[Slavia veneta]] (in [[lingua slovena|sloveno]] ''Benečija'') appartenuta per secoli alla [[Repubblica di Venezia]] e incorporata al Regno d'Italia fin dal 1866. In questo contesto geografico operarono contemporaneamente tre tipologie di formazioni partigiane: gli sloveni del [[IX Korpus]], fortemente organizzati ed inseriti all'interno dell'[[Esercito popolare di liberazione della Jugoslavia]] (EPLJ), alcune [[Brigate Garibaldi]], fra le quali in particolare quelle inserite nella [[Divisione Garibaldi Natisone]], di osservanza [[comunismo|comunista]], e le [[Brigata Osoppo|Brigate Osoppo]], di varia ispirazione: laica, azionista, liberale, socialista e cattolica. Tutte le terre ad oriente del fiume [[Isonzo]] - e comunque ovunque vivesse una componente etnica slovena, compresa quindi la Slavia veneta - vennero reclamate dalla nascente Jugoslavia di [[Josip Broz Tito|Tito]] fin dalla fine del 1941<ref>Patrick Karlsen, ''Il PCI, il confine orientale e il contesto internazionale 1941-1955'', tesi di dottorato presso l'Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 2007-2008, p. 13. La tesi venne poi pubblicata col titolo ''Frontiera rossa. Il PCI, il confine orientale e il contesto internazionale 1941-1955'', Libreria Editrice Goriziana, Gorizia 2010.</ref>, e dichiarate ufficialmente annesse alla Jugoslavia nel settembre del 1943<ref>Nei giorni immediatamente successivi all'armistizio dell'8 settembre, le strutture direttive dei movimenti di liberazione sloveni e croati promulgarono due distinte dichiarazioni, con le quali proclamarono annesse alla Jugoslavia l'Istria (suddivisa fra Slovenia e Croazia) e la Venezia Giulia (alla Slovenia). Le dichiarazioni vennero confermate il 30 novembre 1943 a [[Jajce]] dal massimo organo federale, la Presidenza del Consiglio Antifascista di Liberazione popolare della Jugoslavia ([[AVNOJ]]). Sul punto si veda Egidio Ivetic (cur.), ''Istria nel tempo. Manuale di storia regionale dell'Istria con riferimenti alla città di Fiume'', Centro di Ricerche Storiche di Rovigno, Unione Italiana di Fiume, Università Popolare di Trieste, Rovigno 2006, p. 566.</ref>. Nell'ambito di tali territori, gli jugoslavi pretesero di avere il comando di tutte le operazioni militari, sottoponendo all'EPLJ qualsiasi altra formazione combattente, nel rispetto di quanto aveva stabilito a seguito di precisa richiesta di Tito il segretario del [[Komintern]] [[Georgi Dimitrov]] in una lettera del 3 agosto 1942, che aveva sancito per tutta la Venezia Giulia la sottomissione delle strutture del PCI al Partito Comunista Sloveno (PCS), e di tutte le strutture combattenti in zona al Fronte di Liberazione Sloveno<ref>Patrick Karlsen, ''op. cit.'', pp. 16-17.</ref>. L'obiettivo dei partigiani jugoslavi fu triplice: liberare le zone occupate dagli eserciti dell'[[Potenze dell'Asse|Asse]], creare una serie di fatti compiuti per sostanziare le proprie rivendicazioni territoriali eliminando ancora nel corso delle operazioni belliche ogni opposizione - reale o potenziale - a tale disegno e procedere nel contempo ad una [[rivoluzione (politica)|rivoluzione sociale]] di stampo [[marxismo|marxista]]. Lo sloveno [[Edvard Kardelj]] - uno dei più importanti collaboratori di [[Josip Broz Tito|Tito]] - in questo senso fu categorico: in una lettera del 9 settembre 1944 a [[Vincenzo Bianco]] - prescelto personalmente da [[Palmiro Togliatti|Togliatti]] come delegato del PCI presso il Fronte di Liberazione Sloveno - scrisse che all'interno delle formazioni partigiane italiane occorreva "fare un repulisti di tutti gli elementi imperialisti e fascisti". Con riferimento alle zone di operazioni del IX Korpus, così proseguiva: "Non possiamo lasciare su questi territori nemmeno un'unità nella quale lo spirito imperialistico italiano potrebbe essere camuffato da falsi democratici"<ref>Il virgolettato è tratto da [[Elena Aga Rossi]], Antonio Carioti, ''I prodromi dell'eccidio di Porzûs'', in ''Ventunesimo Secolo'', 16, giugno 2008, pp. 84-85.</ref>, ed auspicò il passaggio dell'intera regione alla nuova Jugoslavia: "Gli italiani saranno incomparabilmente più favoriti nei loro diritti e nelle condizioni di progresso di quel che sarebbero in un'Italia rappresentata da [[Carlo Sforza|Sforza]]"<ref>Sergio Gervasutti, ''Il giorno nero di Porzûs. La stagione della Osoppo'', Marsilio, Venezia 1997, p. 138.</ref>. Rispetto alla Osoppo, rilevava che fosse "sotto una forte influenza di diversi ufficiali badogliani e politicamente guidata dai seguaci del [[Partito d'Azione]]"<ref>Il virgolettato in Patrick Karlsen, ''op. cit.'', p. 32.</ref>.<br />
[[File:Verdi Ninci e altri.png|thumb|right|300px|In questa foto del 1944 s'individuano Alfredo Berzanti "Paolo" (secondo da sinistra)<ref>Braccio destro di "Bolla", scampò all'eccidio in quanto assente da Porzûs il 7 febbraio 1945.</ref>, e a seguire verso destra Candido Grassi "Verdi", il colonnello Emilio Grossi del comando unificato Garibaldi-Osoppo<ref>Su Emilio Grossi si veda [http://www.storia900bivc.it/pagine/editoria/magnani105.html Alberto Magnani, ''Emilio Grossi a Vercelli. La presa di coscienza di un ufficiale dell'esercito'', dal sito dell'Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli.]</ref> e Lino Zocchi "Ninci"]]<br />
A seguito di una serie di contatti bilaterali, compreso un incontro personale a Bari con Kardelj, [[Palmiro Togliatti|Togliatti]] il 19 ottobre 1944 inviò quindi un'ampia lettera a Bianco, suddivisa in sei punti. Considerando "un fatto positivo, di cui dobbiamo rallegrarci e che in tutti i modi dobbiamo favorire, la occupazione della regione giuliana da parte delle truppe del maresciallo Tito", al fine non solo di battere tedeschi e fascisti, ma anche di creare nell'area "un regime democratico e progressivo", Togliatti ordinò di conseguenza alla Divisione Garibaldi Natisone di entrare nell'EPLJ<ref>Si vedano in merito le riflessioni di [[Marina Cattaruzza]], ''L'Italia ed il confine orientale'', Il Mulino, Bologna 2007, pp. 270 ss.. Il testo della lettera è stato pubblicato varie volte, citato per primo - in ampi stralci - da [[Paolo Spriano]], ''Storia del Partito Comunista Italiano. V. La Resistenza. Togliatti e il partito nuovo'', Einaudi, Torino 1975, pp. 436-438.</ref>. Togliatti scrisse anche di proprio pugno il testo dell'ordine del giorno che i garibaldini avrebbero dovuto adottare: {{quote|I partigiani italiani riuniti il 7 novembre in occasione dell’anniversario della Grande Rivoluzione<ref>Si fa riferimento alla Rivoluzione Russa.</ref> accettano entusiasticamente di dipendere operativamente dal IX Corpus sloveno, consapevoli che ciò potrà rafforzare la lotta contro i nazifascisti, accelerare la liberazione del Paese e instaurare anche in Italia, come già in Jugoslavia, il potere del popolo<ref>[http://www.identitanazionale.it/stco_5002.php Paolo Deotto, ''Strage di Porzûs. Un'ombra cupa sulla Resistenza''], dal sito dell'Istituto Storico dell’Insorgenza e per l’Identità Nazionale. L'ordine del giorno della Divisione e della Brigata Garibaldi Natisone datato 6 novembre 1944, ripetè infatti fedelmente il testo di Togliatti, ordinando nel contempo a tutti i comandanti delle unità minori di leggerlo nel corso di comizi o riunioni. In merito Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', pp. 301-302.</ref>.}}Pur senza mai fare esplicitamente il nome delle Brigate Osoppo, Togliatti dispose altresì che: {{quote|(...) i comunisti devono prendere posizione contro tutti quegli elementi italiani che si mantengono sul terreno e agiscono in nome dell'imperialismo e nazionalismo italiano e contro tutti coloro che contribuiscono in qualsiasi modo a creare discordia tra i due popoli<ref>Marina Cattaruzza, ''L'Italia e il confine orientale'', cit. p. 271.</ref>}} Di conseguenza, dagli ultimi mesi del 1944 la divisione Garibaldi Natisone si sottomise al comando del IX Korpus: ma invece di rimanere a combattere nel territorio nazionale, a fine anno venne trasferita all'interno della Slovenia, ritornando in Italia solo alla fine di maggio del 1945. I comandi della Osoppo invece rifiutarono, affermando di voler fare riferimento sempre ed unicamente alle strutture direttive del Comitato di Liberazione Nazionale italiano. Questa situazione portò a una spaccatura all'interno delle forze partigiane italiane nella regione, che via via assunse sempre più le forme di una radicale disputa ideologico-politica.<br />
<br />
Tale disputa aveva conosciuto uno dei suoi momenti di culmine ancora ad agosto del 1944, con la destituzione dei comandi della Osoppo operata dal CLN udinese e dal Comitato Regionale Veneto e dalla loro sostituzione col seguente organigramma: al comando l'azionista Lucio Manzin "Abba", suo vice il comunista Lino Zocchi "Ninci" - già comandante della brigata Garibaldi Friuli - commissario politico il comunista [[Mario Lizzero|Mario Lizzero "Andrea"]] - già commissario politico delle brigate Garibaldi Friuli - vicecommissario l'azionista Carlo Commessatti "Spartaco". Le formazioni della Osoppo reagirono con molta decisione, destituendo a loro volta i comandanti designati e rimettendo al loro posto i precedenti: Candido Grassi "Verdi" e il sacerdote Ascanio De Luca "Aurelio"<ref>La questione è riassunta fra gli altri da [http://www.storiaxxisecolo.it/dossier/Dossier1a7a.htm Giovanni Gozzer, ''Porzûs: una Yalta giuliana''] (dal sito del Centro Studi della Resistenza, l'articolo originariamente era apparso sul ''Corriere del Ticino'', 17 novembre 1997) e da Roberto Roggero, ''Oneri e onori: le verità militari e politiche della guerra di liberazione in Italia'', Greco & Greco Editori, 2006, ISBN 9788879804172, pp. 430-431, ma entrambi appaiono abbastanza lacunosi, sbagliando perfino il nome di Zocchi "Ninci" - chiamato "Bocchi". Molto più approfondita la ricostruzione di Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', pp. 79-88.</ref>.<br />
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===Le pressioni slovene e garibaldine sugli osovani===<br />
[[File:Comando Garibaldi Natisone.png|thumb|300px|Slovenia 1945. Il comando della Divisione Garibaldi Natisone assieme ad alcuni ufficiali sovietici. Il primo a sinistra è il commissario politico Giovanni Padoan "Vanni", al centro con la barba il comandante Mario Fantini "Sasso". Entrambi saranno imputati nel processo per l'eccidio]]<br />
Nella seconda metà del 1944 si moltiplicarono le pressioni slovene sui comandi osovani, contestualmente ad una serie di accuse - sia da parte slovena che garibaldina - di cointeressenze della Osoppo con nazisti e fascisti, con i quali sarebbero stati presi accordi in funzione antipartigiana, di inserimento nelle proprie file di ex fascisti, di protezione di spie, furti di materiale e addirittura di collaborazione nell'omicidio di partigiani garibaldini<ref>Elena Aga Rossi, Antonio Carioti, ''I prodromi (...)'' cit., p. 85.</ref>. A queste accuse, il comando della Osoppo replicò con una lunga serie di relazioni scritte, nelle quali si denunciava il fortissimo contrasto che contrapponeva i propri reparti ai garibaldini e agli sloveni del IX Korpus, una serie di incidenti a scapito degli osovani e le forti pressioni che continuavano ad esser esercitate per il passaggio della Osoppo alle dipendenze dei comandi sloveni, sia da parte di questi ultimi che da parte del comando della Garibaldi Natisone, pressioni accompagnate da varie minacce<ref>Si vedano in estratto alcune relazioni del comandante della Osoppo Francesco De Gregori "Bolla" in Primo Cresta, ''Gorizia e la sua lotta di liberazione'', in ''I cattolici isontini nel XX secolo. III. Il goriziano fra guerra e ripresa democratica (1940-1947)'', Istituto di Storia Sociale e Religiosa, Gorizia 1987, pp. 231-257.</ref>. Nello stesso periodo diversi esponenti comunisti triestini di sentimenti filoitaliani, che allo stesso modo avevano espresso dubbi sulla futura appartenenza della città alla Jugoslavia, vennero arrestati dai tedeschi, probabilmente in seguito a delazioni<ref>Elena Aga Rossi, Antonio Carioti, ''I prodromi (...)'', cit. p. 85.</ref>. A dicembre gli sloveni fecero pressioni sulla Garibaldi Natisone - senza esito - perché agisse contro il comando osovano di Porzûs<ref>Alberto Buvoli, ''Le formazioni Osoppo Friuli. Documenti 1944-45'', Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione, Udine 2003, p. 101; sul punto anche Elena Aga Rossi, Antonio Carioti, ''I prodromi (...)'', cit. p. 85.</ref>.<br />
<br />
Un membro della missione inglese del SOE (Special Operations Executive) - Michael (o Nicolas) Trent - che nello stesso periodo aveva deciso di tentare una mediazione con i comandi del IX Korpus, fu ucciso in circostanze non chiare<ref>Secondo la relazione del maggiore MacPherson del SOE, il battaglione partigiano sloveno "Rezianska" annunciò alla popolazione che Trent era stato portato "davanti alla giustizia" delle loro brigate, mentre tre osovani che gli facevano da scorta affermarono che era stato ucciso in uno scontro con i tedeschi. Si ipotizza che Trent fosse caduto in un tranello tesogli dagli sloveni e consegnato ai tedeschi. Così concludono Elena Aga Rossi, Antonio Carioti, ''I prodromi (...)'', cit., p. 86.</ref>.<br />
<br />
Il 22 novembre 1944 - quindici giorni dopo l'inglobamento dei garibaldini nel IX Korpus sloveno - ebbe luogo l'ultimo incontro (della durata di cinque ore) fra il Comando della prima divisione Garibaldi Natisone e il comando della prima Brigata Osoppo - presente il comandante osovano [[Francesco De Gregori (partigiano)| Francesco De Gregori "Bolla"]] - nel corso della quale i garibaldini esercitarono la massima pressione possibile per convincere gli osovani a seguirli nella loro scelta. [[Giovanni Padoan|Giovanni Padoan "Vanni"]] ([[commissario politico]] della brigata Garibaldi Natisone), in particolare dichiarò che tutti i partigiani operanti nell'Italia nord-orientale erano tenuti a porsi alle dipendenze degli jugoslavi, e che secondo una dichiarazione ufficiale del PCI chi non avesse appoggiato gli jugoslavi sarebbe stato da considerarsi nemico del popolo italiano. Aggiunse poi che chi fra Gran Bretagna e Jugoslavia avesse scelto la prima era da considerarsi conservatore e reazionario, ritenuto di conseguenza responsabile di fronte al popolo, e che i garibaldini non avrebbero mai permesso l'instaurazione di un regime democratico filoinglese in queste terre. Dopo queste premesse, si intrattenne sulle vicende confinarie, affermando che l'intera Venezia Giulia era da considerarsi legittimamente appartenente alla Slovenia, le cui forze partigiane avrebbero proceduto in questo territorio alla mobilitazione generale: nel contempo, "Vanni" intimò agli osovani di non procedere ad alcun tipo di mobilitazione o di reclutamento, mettendo in dubbio la legittimità del CLN. Il colloquio ebbe un andamento burrascoso, e si concluse con una rottura completa<ref>Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', pp. 302-304.</ref>.<br />
<br />
Il 1 gennaio 1945, venne organizzato un incontro nella località di [[Uccea]] (comune di [[Resia]]) fra Romano Zoffo "Livio" - già comandante della II Brigata Osoppo, in quell'epoca impegnato nell'organizzazione della VI Brigata Osoppo e in particolare del Battaglione Resia - e il commissario politico sloveno del Battaglione Rezianska, accompagnato da due ufficiali. In tale occasione, gli sloveni affermarono che: {{quote|la nostra presenza in Val Resia è dovuta puramente a ragioni politiche. Indubbiamente il destino di questa striscia di territorio sarà deciso da un plebiscito che sarà tenuto in presenza delle nostre forze armate, per cui il risultato può essere considerato certo. (...) Non possiamo permettere la presenza di partigiani italiani in Val Resia finché il nostro Alto Comando non ci dà il permesso. La presenza di partigiani italiani danneggerebbe la nostra propaganda. Possiamo risolvere i nostri problemi di confine con un accordo reciproco. D'altro canto, non è impossibile che un giorno ci giunga l'ordine di disarmare le formazioni Osoppo nei dintorni della Val Resia. Per evitare una crisi tra noi, le formazioni Osoppo dovrebbero seguire l'esempio dei garibaldini e venire sotto di noi. La Gran Bretagna, nella quale riponete tanta fiducia non vi aiuterà certamente in futuro. (...) La Gran Bretagna sarà il nemico del domani e il suo sistema capitalista deve sparire. Sull'esempio della Grecia, le formazioni garibaldine che hanno accettato di dipendere dagli sloveni rappresenteranno la [[Esercito Popolare Greco di Liberazione|Elas]] dell'Italia.<ref>L'intera relazione in Elena Aga Rossi, Antonio Carioti, ''I prodromi (...)'', cit. pp. 86-87.</ref>}}<br />
Poco più di un mese dopo, avvenne l'eccidio.<br />
<br />
== L'eccidio ==<br />
[[File:Il casolare presso il quale fu catturata la brigata Osoppo da Mario Toffanin.jpg|thumb|250px|Alcune delle malghe di Topli Uork]]<br />
[[File:Mario Toffanin.jpg|thumb|125px|Mario Toffanin "Giacca"]]<br />
[[File:Francesco De Gregori detto Bolla partigiano osoviano e zio del cantautore De Gregori.jpg|thumb|125px|Francesco De Gregori "Bolla"]]<br />
Il [[7 febbraio]] [[1945]] un gruppo di [[partigiano|partigiani]] [[comunista|comunisti]] forte di circa cento unità appartenenti ai battaglioni [[Gruppi di azione patriottica|GAP]] "Ardito" (al comando di Urbino Sfiligoi "Bino"), "Giotto" (al comando di Lorenzo Deotto "Lilly"), "Amor" (al comando di Gustavo Bet "Gastone") e "Tremenda" (al comando di Giorgio Iulita "Jolly")<ref>[http://beniculturali.ilc.cnr.it:8080/Isis/servlet/Isis?Conf=/usr/local/IsisGas/InsmliConf/Insmli.sys6.file&Obj=@Insmlif.pft&Opt=search&Field0=%22=G01/00024/00/00/00000/000/000%22 ''Fondo: Processo Porzûs. Documenti in copia da archivi di Tribunali''], dall'Archivio dell'Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione. I nomi dei comandanti in Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', p. 163. Secondo Gianni Oliva (''La Resistenza: 8 settembre 1943-25 aprile 1945'', Giunti, Milano 2003, p. 65), i gappisti facevano parte della Brigata "13 martiri di Feletto", ma la sua ricostruzione appare errata in molti particolari.</ref> capeggiati da [[Mario Toffanin]] "Giacca", raggiunse il comando del [[Brigata Osoppo|Gruppo delle Brigate Est della Divisione partigiana Osoppo]], situato presso alcune [[malga|malghe]] in località Topli Uork (in seguito la zona divenne più nota con il toponimo di Porzûs, dal nome della vicina frazione dove viveva il proprietario delle malghe stesse), nel comune di [[Faedis]] nel [[Friuli]] orientale. L'ordine ai gappisti era pervenuto dal vicesegretario della federazione del PCI di Udine - Alfio Tambosso "Ultra" - il 28 gennaio 1945 in questi termini: {{quote|Cari compagni, vi trasmetto, per l'esecuzione, l'ordine pervenuto dal Superiore Comando Generale. Preparate 100-150 uomini, completamente armati ed equipaggiati, con viveri a secco per 3-4 giorni, da porre alle dipendenze della divisione Garibaldi "Natisone" operante agli ordini del Maresciallo Tito. Vi raccomando la precisa esecuzione del presente ordine, che ha carattere di estrema importanza per il prossimo avvenire. Non appena gli uomini saranno pronti, mi avvertirete immediatamente. Provvedete ad eseguire rapidamente e cospirativamente. Gli uomini dovranno sapere solo quando saranno in viaggio. Quando verrò da voi, e cioè fra qualche giorno, spiegherò meglio ogni cosa. Ricordate che ne va del buon nome GAP e che è cosa di massima importanza. L'armata Rossa gloriosa avanza e ormai i tempi stringono. Fraternamente. Ultra 24.1.1945<ref>Testo in Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', p. 171. On line con alcuni particolari differenti in [http://archiviostorico.corriere.it/1996/luglio/13/senza_titolo_co_0_9607133834.shtml ''Senza titolo''], in ''Corriere della Sera'', 13 luglio 1996, p. 35.</ref>.}} Successivamente alcuni gappisti testimonieranno di non aver compreso il motivo della missione fino agli istanti precedenti l'eccidio.<br />
<br />
La Brigata Osoppo ospitava [[Elda Turchetti]] "Livia", una giovane donna che [[Radio Londra]] aveva indicato come spia<ref>Giovanni Di Capua, ''Resistenzialismo versus Resistenza'', Rubbettino Editore srl, 2005, ISBN 9788849811971, [http://books.google.com/books?id=4XqXnuKJphsC&lpg=PA110&dq=Elda%20Turchetti%20radio%20londra&hl=it&pg=PA110#v=onepage&q&f=false pag 110]</ref>, dopo che alcuni informatori inglesi avevano avuto segnalazioni su una sua presunta amicizia con soldati tedeschi. Secondo alcune ricostruzioni, la Turchetti si era consegnata spontaneamente alla Osoppo per farsi giudicare<ref>Questa è la ricostruzione in Ercole Moggi, ''La dolente sfilata delle madri dei trucidati'', in ''La Stampa'', 15 gennaio 1950, p. 5.</ref>, ma altri affermano che la ragazza - avendo appreso delle accuse che le erano state rivolte - si fosse rivolta al suo conoscente partigiano garibaldino Fortunato Pagnutti "Dinamite", che l'aveva condotta dallo stesso Toffanin, il quale a sua volta l'aveva consegnata al capo della polizia interna della Osoppo - Tullio Bonitti - che alla fine la condusse alle malghe di Topli Uork<ref>[http://www.storiaxxisecolo.it/dossier/Dossier1a6.htm Alberto Bobbio, ''La strage di Porzus, la verità del partigiano Lino''] dal sito "resistenzaitaliana.it". L'articolo originale è apparso su "Famiglia Cristiana"]</ref>. Qui, dopo alcuni mesi di custodia, era stata ritenuta innocente in un processo tenutosi il [[1º febbraio]] [[1945]]<ref>Gianni Oliva, ''Foibe. Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell'Istria'', Mondadori, Milano 2002, p. 195.</ref>. Il rifugio dato a Elda Turchetti fu in seguito indicato - nelle varie e spesso contraddittorie ricostruzioni di Toffanin - come [[casus belli]] per l'azione dei partigiani garibaldini<ref>Roberto Roggero, ''Oneri e onori: le verità militari e politiche della guerra di liberazione in Italia'', Greco & Greco Editori, 2006, ISBN 9788879804172, [http://books.google.com/books?id=BIVzVZoh8moC&lpg=PA435&dq=Elda%20Turchetti%20radio%20londra&hl=it&pg=PA433#v=onepage&q&f=false pag 433]</ref>. Successivamente all'eccidio, Toffanin accusò inoltre la Osoppo di aver osteggiato la politica di collaborazione con i [[Resistenza jugoslava|partigiani jugoslavi]], di non aver redistribuito agli altri gruppi partigiani delle armi che venivano fornite alla Osoppo dagli angloamericani e di aver collaborato con elementi della [[Xª Flottiglia MAS (RSI)|Xª Flottiglia MAS]] e del [[Reggimento alpini "Tagliamento"]], appartenenti alla [[Repubblica sociale italiana|RSI]]<ref>Secondo le direttive del Comando generale del [[Corpo volontari della libertà]] del Nord Italia, emanate nell'ottobre [[1944]], ogni forma di collaborazione con i soldati della RSI e con le forze germaniche era da considerare come tradimento da punire con la condanna a morte, ma dalle ricostruzioni del dopoguerra risultò che era sempre stata la [[Xª Flottiglia MAS (RSI)|Xª Flottiglia MAS]] a cercare degli accordi con la Osoppo per opporsi alle mire jugoslave sui territori orientali italiani, ottenendone però sempre un rifiuto. Sul tema si veda anche la ricostruzione di tutta la vicenda dalla parte della Decima Mas in Mario Bordogna, ''Junio Valerio Borghese e la X Flottiglia MAS'', Mursia, Milano 1995, ISBN 88-425-1950-2.</ref>.<br />
<br />
La ricostruzione dettagliata dello svolgimento dell'operazione gappista è stata fornita nel corso dei processi e poi ripresa in alcune pubblicazioni<ref>Si riportano qui le ricostruzioni tratte da Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', pp. 163 ss., assieme ai resoconti della stampa dell'epoca e all'ampio riassunto contenuto in [[Primo Cresta]], ''Un partigiano dell'Osoppo al confine orientale'', Del Bianco Editore, Udine 1969, pp. 123-125.</ref>: la colonna raggiunse l'abitato di Porzûs e poi si divise in gruppi, che raggiunsero le malghe di Topli Uork in momenti diversi. Per superare i posti di guardia osovani senza creare scompiglio, affermarono d'essere partigiani sbandati a seguito di un rastrellamento, e in parte dei civili fuggiti da un treno che li portava in Germania, attaccato dall'aviazione alleata. Un gruppo di garibaldini si spacciò per osovano. Il messaggero del gruppo agli ordini di Toffanin fu lo stesso Pagnutti "Dinamite" che aveva portato Elda Turchetti da Toffanin: un partigiano del quale sia i garibaldini che gli osovani si fidavano, avendo già svolto incarico di staffetta fra i due reparti. Un osovano di guardia venne spedito a Topli Uork ad informare [[Francesco De Gregori (partigiano)|Francesco De Gregori]] "Bolla"<ref>Zio dell'omonimo cantautore romano [[Francesco De Gregori]]</ref> - comandante del [[Brigata Osoppo|Gruppo delle Brigate Est della Divisione partigiana Osoppo]] - che inviò sul luogo il [[commissario politico]] del reparto - appartenente al [[Partito d'Azione]] - [[Gastone Valente]] "Enea". Questi ordinò di separare i presunti osovani dai garibaldini, volendo inviare i secondi al vicino reparto garibaldino di Canebola (una frazione di [[Faedis]]). Durante quest'operazione si palesò "Giacca", che fece immediatamente arrestare tutti gli osovani presenti e aspettò l'arrivo di "Bolla" - precedentemente chiamato da Enea - che stava in una baita ad una certa distanza. Al suo arrivo, "Bolla" venne immediatamente arrestato. A questo punto, "Giacca" fece rastrellare la zona, catturando un altro gruppo di osovani in una malga vicina. Nel contempo, un reparto al comando di Vittorio Juri "Marco" si occupò di raccogliere tutto il materiale presente a Topli Uork: in questo frangente un certo Cussig, estraneo alla formazione osovana e alle malghe perché incaricato di portarvi dei viveri, venne rapinato dell'orologio da polso da un garibaldino, venendo però rilasciato dietro assicurazione - data dall'osovano Gaetano Valente "Cassino" - che non si trattava di un partigiano<ref>L'intero episodio in Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', p. 164 e in Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', p. 163.</ref>.<br />
<br />
Francesco De Gregori "Bolla" venne subito ucciso, insieme a [[Gastone Valente]] "Enea", al giovane partigiano Giovanni Comin "Gruaro", che si trovava in zona perché voleva arruolarsi nella brigata<ref>Secondo altre ricostruzioni, Comin invece sarebbe stato un partigiano comunista fuggito da un treno che lo stava conducendo in un lager tedesco, che aveva raggiunto le malghe di Topli Uork perché erano il covo partigiano più vicino. Brunello Mantelli, ''Porzus, la lezione non è il nazionalismo'', in ''l'Unità'', 23 febbraio 2003, p. 23.</ref>, e a Elda Turchetti. Dalle risultanze processuali, risultò che De Gregori venne ucciso all'arma bianca con lo sfondamento del cranio, probabilmente per evitare il rumore delle armi da fuoco<ref>''I responsabili del massacro nella morsa delle accuse'', in ''La Stampa'', 17 gennaio 1950, p. 4.</ref>. [[Aldo Bricco]] "Centina", futuro comandante designato della formazione e a Topli Uork per il passaggio delle consegne con De Gregori e giunto in vista di "Giacca" e i suoi assieme a quest'ultimo, riuscì rocambolescamente a fuggire: apertosi un varco a forza fra i gappisti, si lanciò di corsa dal costone del monte innevato; ferito da sei colpi di arma da fuoco venne ritenuto morto, ma riuscì a trascinarsi fino al vicino paese di [[Robedischis]], dove si fece medicare da alcuni partigiani sloveni, avendo loro raccontato d'esser stato ferito in uno scontro con i fascisti<ref>''L'eccidio di Porzus nel racconto di un superstite'', in ''La Stampa'', 6 ottobre 1951, p. 5.</ref>. Tredici o quattordici altri partigiani furono imprigionati e fucilati nei giorni successivi dopo processi sommari, nelle località limitrofe di Bosco Romagno, Ronchi di Spessa, Restocina e Rocca Bernarda (Prepotto): tra questi [[Guido Pasolini|Guidalberto (Guido) Pasolini "Ermes"]], fratello di [[Pier Paolo Pasolini|Pier Paolo]]. Ne vennero risparmiati due - Leo Patussi "Tin" e Gaetano Valente "Cassino" - che passarono nei [[Gruppi di azione patriottica|GAP]]. Questi ultimi, assieme al Bricco, furono dopo la guerra fra i principali accusatori di Toffanin e compagni nei vari processi che si svolsero fra Udine, Venezia, Brescia, Lucca e Firenze.<br />
<br />
Altri tre osovani - Antonio Turlon "Make" (in altre fonti "Macche" o "Macché"), Annunziato Rizzo "Rinato" e Mario Gaudino "Vandalo" - erano invece stati fatti prigionieri il 16 gennaio 1945 da una pattuglia del IX Korpus sloveno in località Platischis (comune di [[Taipana]], provincia di Udine), e fucilati successivamente (forse ad aprile del 1945) nella località di Spessa nel comune di [[Cividale]]: il nome di battaglia di tutti e tre appare nella lapide in memoria dei trucidati murata a Topli Uork, mentre il nome dei soli Turlon e Rizzo appare nel cippo "Ai Martiri della Osoppo" di Bosco Romagno ([[Cividale del Friuli|Cividale]])<ref>[http://www.italia-liberazione.it/ultimelettere/ultimelettereanagrafe.php?ricerca=502&attresi=3&barra=si&lingua=it Dalla pagina dedicata a Francesco De Gregori "Bolla" nel sito dell'Istituto Mazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in italia.]</ref>. Secondo alcune ricostruzioni, un partigiano sfuggito all'eccidio sarebbe stato Erasmo Sparacino "Flavio", catturato però in seguito dai tedeschi e fucilato a Cividale il 12 febbraio 1945: il suo nome appare comunque in entrambi i memoriali di cui sopra.<br />
<br />
==Le vittime==<br />
Si riporta l'elenco completo degli osovani trucidati dai partigiani di Mario Toffanin "Giacca", comprendendo fra questi anche Elda Turchetti, Erasmo Sparacino - probabilmente sfuggito all'eccidio - ed Egidio Vazzas, il cui corpo non fu mai ritrovato<ref>La data della morte e le brevi note biografiche sono tratte da Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', pp. 213 ss.</ref>.<br />
{| style="width:100%; background:transparent; font-size:90%"<br />
| align="center" |<br />
{| class="prettytable sortable" <br />
! width="70" | Nome !! width="90" | Cognome !! width="125" | Nome di guerra !! width="120" | Luogo dell'uccisione !! width="130" | Data dell'uccisione !! width="260" | Note biografiche<br />
|-<br />
| Angelo || Augello || ''Massimo'' || Rocca Bernarda || 9 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Canicattì]] (AG) il 22 luglio 1923. Effettivo del Gruppo Est Brigate Osoppo Friuli - I Brigata. Il suo corpo è tumulato a Udine.</small><br />
|-<br />
| Antonio || Cammarata || ''Toni'' || Bosco Romagno || 18 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Petraglia]] (PA) il 23 dicembre 1923. Effettivo del Comando Gruppo Brigate Osoppo Friuli Est - I Brigata Reparto Comando. Tumulato prima a Cividale, poi a Udine.</small><br />
|-<br />
| Franco || Celledoni || ''Ateone (Atteone)'' || Rocca Bernarda || 12 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Faedis]] il 14 dicembre 1918. Effettivo della II Divisione Osoppo Friuli. Ufficiale medico, fu catturato dai gappisti mentre si recava al comando della Osoppo per sostituire il medico del distaccamento. Tumulato a Faedis.</small><br />
|-<br />
| Giovanni || Comin || ''Gruaro'' || Malghe di Topli Uork || 7 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Bagnara di Gruaro]] (VE) nel 1926. operaio. Probabilmente comunista<ref>[http://beniculturali.ilc.cnr.it:8080/Isis/servlet/Isis?Conf=/usr/local/IsisGas/InsmliConf/Insmli.sys6.file]</ref>, secondo alcuni era in zona per arruolarsi fra i partigiani, mentre per altri era effettivo della III Divisione Osoppo Friuli - Comando Gruppo Brigata Est - I Brigata - Battaglione Val Torre. Tumulato a Bagnara di Gruaro.</small><br />
|-<br />
| Francesco || De Gregori || ''Bolla'' || Malghe di Topli Uork || 7 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Roma]] il 10 giugno 1910. Capitano degli alpini. Comandante del Gruppo Brigate Osoppo dell'Est. Tumulato a Udine.</small><br />
|-<br />
| Enzo || D'Orlandi || ''Roberto'' || Bosco Musich - Restocina || 12 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Cividale del Friuli]] il 3 febbraio 1923. Studente. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli - I Brigata - Battaglione Julio. Tumulato a Cividale del Friuli.</small><br />
|-<br />
| Pasquale || Mazzeo || ''Cariddi'' || Bosco Romagno || 18 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Messina]] il 9 maggio 1914. Già brigadiere della [[Guardia di Finanza]] prima di entrare nella Osoppo. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli - I Brigata Reparto Comando. Tumulato a Udine.</small><br />
|-<br />
| Gualtiero || Michelon || ''Porthos'' || Bosco Musich - Restocina || Fra l'8 e il 18 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Portogruaro]] (VE) il 17 luglio 1920. Studente. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli - I Brigata Reparto Comando. Tumulato a Portogruaro.</small><br />
|-<br />
| Guido || Pasolini || ''Ermes'' || Bosco Romagno || 12 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Bologna]] il 4 ottobre 1925. Studente. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli - VI Brigata - Vice delegato Polizia di Brigata. Tumulato a Casarsa della Delizia (PN).</small><br />
|-<br />
| Antonio || Previti || ''Guidone'' || Bosco Romagno || 18 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Messina]] il 13 gennaio 1919. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli - I Brigata - Battaglione Zanon. Carabiniere a [[Zara]] prima di entrare nella Osoppo. Tumulato a Udine.</small><br />
|-<br />
| Salvatore || Saba || ''Cagliari'' || Bosco Romagno o Restocina || 9 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Sardiana]] (CA) il 22 luglio 1921. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli - I Brigata - Battaglione Zanon. Tumulato a Udine.</small><br />
|-<br />
| Giuseppe || Sfregola || ''Barletta'' || Ronchi di Spessa || 7 o 8 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Barletta]] il 31 ottobre 1921. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli - I Brigata - Battaglione Zanon. Ucciso prima che iniziassero gli interrogatori, prima di entrare nella Osoppo era brigadiere dei Carabinieri. Tumulato a Barletta.</small><br />
|-<br />
| Erasmo || Sparacino || ''Flavio'' || Bosco Musich - Restocina || Fra l'8 e il 18 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Santa Flavia]] (PA). Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli - I Brigata - Battaglione Zanon. Secondo alcune ricostruzioni sarebbe sfuggito all'agguato a Topli Uork, poi catturato dai tedeschi e fucilato a Cividale il 12 febbraio 1945. Prima di entrare nella Osoppo, fu carabiniere in Dalmazia. Tumulato a Udine.</small><br />
|-<br />
| Primo || Targato || ''Rapido'' || Bosco Romagno || 10 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Piombino Dese]] (PD) il 1 luglio 1923, residente a Novate Milanese. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli - I Brigata - Reparto Comando. Tumulato a Udine, il suo corpo in seguito venne traslato a Milano.</small><br />
|-<br />
| Elda || Turchetti || ''Livia'' || Malghe di Topli Uork || 7 febbraio 1945 || <small>Nata a [[Povoletto]] (UD) il 21 dicembre 1923. Cotoniera. Ex prigioniera della Osoppo. Tumulata a Savorgnano al Torre (UD).</small><br />
|-<br />
| Giuseppe || Urso || ''Aragona'' || Bosco Musich - Restocina || 10 febbraio 1945 || <small>Nato ad [[Aragona]] (AG) il 1º giugno 1923. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli - I Brigata - Battaglione Zanon. Tumulato a Udine, traslato poi a Canicattì(AG).</small><br />
|-<br />
| Gastone || Valente || ''Enea'' || Malghe di Topli Uork || 7 febbraio 1945 || <small>Nato a [[Udine]] il 30 ottobre 1913. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli, commissario politico del Partito d'Azione. Tumulato a Udine.</small><br />
|-<br />
| Egidio || Vazzas || ''Ado'' || Località ignota || 7 febbraio 1945 ? || <small>Nato a [[Taipana]] (UD) il 10 settembre 1919. Muratore. Effettivo della III Divisione Osoppo Friuli - I Brigata - Battaglione Zanon. Il suo corpo non venne mai recuperato. Si presume che sia stato ucciso nelle vicinanze delle malghe di Topli Uork.</small><br />
|}<br />
|}<br />
<br />
==Le prime notizie dell'eccidio e le reazioni==<br />
Nei primi giorni dopo la strage - scoperta da alcuni contadini del luogo il giorno successivo all'incursione alle malghe - le notizie si accavallarono confuse: la direzione della federazione del PCI di Udine fece circolare la voce secondo la quale l'eccidio fosse opera di forze tedesche o fasciste<ref>Ercole Moggi, ''Nega e non ricorda il principale imputato'', in ''La Stampa'', 11 gennaio 1950, p. 4.</ref>. Qualche giorno dopo l'eccidio, la "Gioventù antifascista italiana e slovena" - un'organizzazione politica che propugnava l'annessione della zona alla Jugoslavia - organizzò a [[Circhina]] una conferenza cui parteciparono alcuni garibaldini della Natisone, nel corso della quale venne annunciata la soppressione del comando osovano senza peraltro specificare chi fosse stato l'esecutore dell'azione: ci furono applausi e grida di entusiasmo, giacché fra i garibaldini era opinione diffusa che gli osovani fossero dei reazionari in combutta con i fascisti<ref>Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', p. 172.</ref>.<br />
<br />
===La relazione di Toffanin, Plaino e Juri===<br />
Il 10 febbraio [[Mario Toffanin]] e i suoi sottoposti, Aldo Plaino "Valerio" e Vittorio Juri "Marco", stilarono una relazione indirizzata alla federazione comunista di Udine e al comando del IX Korpus Sloveno, in cui sostenevano che l'esecuzione aveva avuto "pieno consenso della Federazione del partito", accusando i partigiani della Osoppo di essere dei traditori venduti a fascisti e tedeschi, i cui comandanti in punto di morte avrebbero inneggiato al fascismo. I tre comandanti gappisti scrissero degli osovani che "esaminati attentamente uno a uno, abbiamo notato che essi non erano altro che figli di papà, delicati attendisti che se la passavano comodamente in montagna"<ref>Stralci della relazione in Alberto Buvoli, ''L'eccidio di Porzûs: ipotesi interpretative'', in ''Storia contemporanea in Friuli'', Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, Anno XXXI - Numero 32, Udine 2001; il virgolettato è citato anche in Gian Antonio Stella, ''Strage di Porzus: non si pente il fucilatore "rosso"'', in ''Corriere della Sera'', 31 gennaio 1992, p. 2.</ref>.<br />
<br />
===Le inchieste partigiane===<br />
[[File:Mario Lizzero.jpg|150px|thumb|Mario Lizzero "Andrea"]]<br />
Lo stesso giorno in cui Toffanin inviò la sua relazione, il comando della Osoppo affidò l'incarico di compiere una prima indagine ad Agostino Benetti<ref>Tutto il racconto sulle inchieste partigiane è tratto per riassunto da Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', pp. 172-176.</ref>, che in pochi giorni appuntò i propri sospetti sui garibaldini. Informati i superiori, questi interessarono il CLN provinciale, che in una riunione del 21 febbraio - in assenza del rappresentante comunista - incaricò un rappresentante del Partito d'Azione e un rappresentante della Democrazia Cristiana di svolgere ulteriori accertamenti. Fu avvisato il Comitato Regionale Veneto (CRV), il quale avocò a sé l'inchiesta: il 5 marzo successivo il CLN provinciale sospese quindi la propria indagine. Il CRV istituì una nuova commissione, formata da un rappresentante del Partito d'Azione (Luciano Commessatti "Gigi"), uno della DC e un terzo del PCI. Il 12 marzo Commessatti s'incontrò con i garibaldini Ostelio Modesti "Franco" - segretario della federazione del PCI di Udine - e Alfio Tambosso "Ultra" - vicesegretario: quest'ultimo affermò che l'azione delle malghe di Topli Uork era stata "un colpo di testa di Giacca"<ref>Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', p. 173.</ref>. Organizzato un successivo incontro con i capi garibaldini aperto anche ai comandanti osovani, Commessatti si poté incontrare solo con i primi, giacché i dirigenti osovani erano stati tutti arrestati dai tedeschi nel corso di una riunione indetta per organizzare l'incontro con i garibaldini. A seguito di quell'arresto di massa, i partigiani sloveni diffusero un volantino nella bassa friulana, nel quale scrissero che{{quote|I resti di quella che era la Brigata Osoppo, che si è lasciata annientare dal tiranno nazifascista pur di non cercare aiuto in una quanto mai opportuna fusione con le forze di liberazione comuniste del generale Tito sono ormai senza capi. Essi non sono più combattenti per la libertà, ma falliti politici (...), essi non sono più partigiani! perché non hanno voluto sottostare agli ordini del Maresciallo Tito Comandante in Capo delle Forze di Liberazione, sono stati abbandonati alla loro sorte e sono stati logicamente sconfitti. I superstiti che ancora vagano per le campagne non sono autorizzati da alcuna autorità competente. Coloro che non dimostrano di essere regolarmente inquadrati nelle Osvobodilne Brigate non devono ricevere nessun aiuto dalla popolazione. La popolazione che lo farà imparerà a conoscere la potenza di Tito (...)<ref>Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', p. 186.</ref>}}L'incontro fra la commissione e i capi garibaldini Lino Zocchi "Ninci" (comandante del gruppo Divisioni Garibaldi del Friuli), Mario Lizzero "Andrea" (commissario politico delle brigate Garibaldi in Friuli), Modesti e Valerio Stella "Ferruccio" (comandante della Brigata Garibaldi Friuli) si svolse in un clima molto teso. La tesi che venne nuovamente formulata dai garibaldini a Commessatti fu quella del colpo di testa di "Giacca", ma i capi comunisti impedirono alla commissione di interrogare Toffanin, rassicurando che avrebbero provveduto loro alla "giusta punizione"<ref>Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', p. 173.</ref>. La commissione si trovò quindi ad un punto morto: mancando la relazione ufficiale della Osoppo a causa dell'arresto dei suoi capi, i garibaldini si rifiutarono di mettere per iscritto le loro informazioni, e a questo punto l'unico documento in mano ai commissari fu una relazione degli osovani Alfredo Berzanti "Paolo" (già commissario politico delle Brigate Osoppo dell'Est, all'epoca vicecommissario del Gruppo Divisioni Osoppo Friuli, in seguito diventerà deputato democristiano) ed Eusebio Palumbo "Olmo", ma il membro comunista della commissione si rifiutò di accettarla perché "di parte"<ref>Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', p. 174.</ref>. Il 31 marzo il CLN invitò i comandi osovani e garibaldini a nominare un'altra commissione paritetica d'inchiesta, nella speranza non solo di chiarire l'episodio di Topli Uork, ma anche di conoscere la sorte - ancora ignota - degli altri osovani portati via da "Giacca" e dai suoi. Il 3 aprile si ritrovarono per la Osoppo Candido Grassi "Verdi" e Giovanni Battista Carron "Vico" assieme a Ostelio Modesti per i garibaldini, che cambiò radicalmente la versione precedentemente sostenuta da Tambosso, affermando che l'attacco alle malghe era stata opera di fascisti camuffati da partigiani, così com'era stato annunciato dalla radio - che però aveva in quei giorni fatto riferimento ad un episodio avvenuto nella zona del [[Collio]], distante da Porzûs<ref>Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', p. 174.</ref>. In rapida successione, Modesti passò all'attacco, accusando gli osovani di non essersi adoperati con le popolazioni friulane per propagandare la figura di [[Josip Broz Tito|Tito]], del quale si aspettava l'entrata da liberatore a Udine<ref>Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', pp. 174-175.</ref>. Alla fine, si decise di nominare l'ennesima commissione formata da un osovano, un garibaldino e un rappresentante del CLN come presidente. Per questi incarichi vennero designati rispettivamente Alfredo Berzanti "Paolo", Valeriano Rossitti "Pietro" e il [[Partito Liberale Italiano|liberale]] Manlio Gardi "Bruto". Per vari motivi - però - quest'ultima commissione non s'insediò mai, e mentre gli osovani chiesero a varie riprese di andare a fondo della questione, i garibaldini misero in campo una serie di atteggiamenti dilatori. La successiva insurrezione di aprile/maggio 1945 fece passare in secondo piano l'indagine.<br />
<br />
In tutto questo periodo, all'interno delle forze partigiane comuniste s'era sviluppata però una reazione all'azione di Toffanin e dei suoi. [[Mario Lizzero]], venuto a sapere dell'eccidio, propose la condanna a morte per Toffanin e i suoi uomini, ma questi in un primo tempo non ricevettero alcuna sanzione, venendo destituiti dalle loro posizioni di comando nei GAP ad aprile del 1945, oltre due mesi dopo l'attacco<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1997/luglio/30/Strage_partigiani_arriva_film_tabu_co_0_9707307692.shtml Strage di partigiani, arriva il film tabu], articolo de [[Il Corriere della Sera]], del 30 luglio 1997; sulla tempistica della destituzione di Toffanin, si veda Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', p. 173.</ref>. Secondo la ricostruzione di Giovanni Padoan "Vanni", Lizzero sarebbe stato invece il grande artefice della strategia difensiva del partito comunista, tendente a colpevolizzare il solo Toffanin per impedire che si arrivassero a scoprire i veri mandanti dell'eccidio, e cioè il IX Korpus sloveno che aveva ordinato l'operazione alla federazione del PCI di Udine: fatto arrestare Toffanin il 20 febbraio 1945 e condannatolo alla fucilazione, Lizzero a seguito di un incontro a quattr'occhi inaspettatamente lo liberò, rifiutandosi poi di rivelare il contenuto del loro colloquio. Contestualmente, secondo Padoan Lizzero sviò le indagini subito ordinate dal Comitato Regionale Veneto, impedendo a Luciano Commessatti "Gigi" di interrogare Toffanin, tanto che - ritornato a Padova - Commessatti denunciò la non collaborazione di Lizzero e di Lino Zocchi "Ninci"<ref>[http://www.carnialibera1944.it/resistenza/porzus.htm Giovanni Padoan "Vanni", ''La regia dei fatti di Porzûs'', estratto da Id., ''Porzûs: strumentalizzazione e realtà storica'', Edizioni della Laguna, 2000]. Dal sito www.carnialibera1944.it, a cura dell'Associazione promotrice del Museo della Carnia Libera 1944.</ref>. I dirigenti della federazione del PCI di Udine Modesti e Tambosso, sia all'epoca che successivamente sosterranno che la responsabilità dell'azione fosse da imputarsi interamente a Toffanin, che non avrebbe interpretato correttamente gli ordini.<br />
<br />
==I processi==<br />
I primi a denunciare data e dinamica dell'eccidio furono subito dopo la liberazione gli ex comandanti osovani Candido Grassi "Verdi" (all'epoca [[Partito Socialista Italiano|socialista]], in seguito deputato del [[Partito Socialista Democratico Italiano|PSDI]]) e Alfredo Berzanti "Paolo". Questi accusarono i garibaldini di aver ucciso i propri compagni di lotta "sol perché si erano resi colpevoli di non aver voluto combattere i tedeschi sotto la bandiera jugoslava"<ref>''Non tutti gli imputati siederanno tra le sbarre'', in ''La Stampa'', 23 dicembre 1949.</ref>. Il 23 giugno 1945 - dopo la scoperta dei corpi dei trucidati di Bosco Romagno, ad opera dei parenti<ref>''I responsabili del massacro nella morsa delle accuse'', in ''La Stampa'', 17 gennaio 1950, p. 4</ref> - Grassi e Berzanti presentarono una denuncia al Procuratore del Regno di Udine, a nome del Comando del Gruppo Divisioni "Osoppo Friuli"<ref>L'incartamento contenente la denuncia è conservato oggi presso [http://beniculturali.ilc.cnr.it:8080/Isis/servlet/Isis?Conf=/usr/local/IsisGas/InsmliConf/Insmli.sys6.file&Obj=@Insmlie.pft&Opt=search&Field0=zzG01/00025/01%20*%20cts=d l'Archivio dell'Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione.] Si veda anche Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', p. 14.</ref>.<br />
Nei giorni precedenti, i due avevano ripetutamente chiesto a Zocchi e Lizzero di associarsi nella denuncia, ottenendone però sempre un rifiuto<ref>Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', p. 176.</ref>. Passando i mesi senza novità alcuna ed esasperati per l'attesa, i partigiani della Osoppo pubblicarono nel 1947 un numero unico stampato a Udine, riproducendo tutti i documenti accusatori "contro tutte le omertà che vietano il libero corso della giustizia"<ref>Ercole Moggi, ''Il processo per la strage dei partigiani della "Osoppo"'', in ''La Stampa'', 10 gennaio 1950, p. 8.</ref>.<br />
{|{{prettytable}} style='float:right;'<br />
|-align=center<br />
|[[File:Porzus - La Stampa.png|175px]]<br />
|[[File:Prima sentenza Porzus.jpg|215px]]<br />
|-<br />
|colspan=2|<small>''La Stampa'' e ''l'Unità'' sulla sentenza di primo grado:<br /> la prima rileva le pesanti condanne, il quotidiano comunista<br /> mette invece in evidenza l'assoluzione dal reato di tradimento,<br /> affermando che ''"i garibaldini della Natisone escono a testa alta dall'aula"''</small><br />
|}<br />
===Il processo di primo grado===<br />
Il processo venne in un primo tempo istruito dalla procura di Udine, che però dopo poco inviò l'incartamento al tribunale militare di Verona. Da questo le carte passarono a Venezia, che concludeva la propria istruttoria penale con sentenza 13 dicembre 1948, che rinviava a giudizio quarantacinque imputati davanti alla corte d'assise di Udine per rispondere dei delitti di omicidio aggravato continuato e saccheggio<ref>Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', p. 14. Da questo testo è ricostruita quasi per intero la vicenda processuale nella parte relativa ai rinvii a giudizio e ai vari spostamenti.</ref>. Per [[legittima suspicione]], la Corte di Cassazione trasferì il procedimento a Brescia, dove il 9 gennaio 1950 iniziò il dibattimento<ref>Il 26 settembre 1951 [[Pier Paolo Pasolini]] testimoniò in aula in quanto parte lesa. Fernando Bandini, Laura Betti (cur.), ''Pasolini: cronaca giudiziaria, persecuzione, morte'', Garzanti, Milano 1977, p. 226.</ref>. Il 20 gennaio la corte d'Assise di Brescia con sua ordinanza rinviò la causa a nuovo ruolo, per consentire al pubblico ministero di contestare altri reati agli imputati. Il 2 maggio 1950 la madre dell'osovano Franco Celledoni "Atteone" - ucciso nell'eccidio - denunciò al procuratore della Repubblica di Udine Alfio Tambosso "Ultra", Valerio Stella "Ferruccio", Giovanni Padoan "Vanni" quali presunti mandanti della strage, nonché Enzo Iurich "Ape" quale autore dell'uccisione di Angelo Augelli "Massimo". L'istruttoria determinata da questa denuncia venne unificata con la precedente, e l'8 febbraio 1951 la sezione istruttoria di Venezia ordinò un nuovo rinvio a giudizio avanti alla corte d'Assise di Brescia degli imputati delle due istruttorie, per rispondere dei reati precedentemente contestati, cui si aggiunsero i reati di sequestro di persona, plagio e attentato all'integrità territoriale dello stato. Il processo venne trasferito una seconda volta per [[legittima suspicione]] avanti alla corte d'Assise di Lucca, dove ricominciò la fase dibattimentale a settembre del [[1951]]<ref>Il percorso processuale è ricostruito in Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', pp. 11-15, e in Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', p. 177.</ref>. Alcuni dei maggiori imputati erano da tempo fuggiti in Jugoslavia<ref>Per la precisione, su 51 imputati risultavano latitanti Mario Toffanin "Giacca", Felice Angelini "Fuga", Bruno Gion "Falchetto", Vittorio Iuri "Marco", Leonida Mazzaroli "Silvestro", Fortunato Pagnutti "Dinamite", Bruno Pizzo "Cunine", Antonio Mondini "Boris" e Adriano Cernotto "Ciclone". L'elenco completo in Sergio Gervasutti, ''op. cit.'', pp. 177-178.</ref>. Il 6 aprile [[1952]] vi fu la prima sentenza: [[Mario Toffanin]] "Giacca", Vittorio Juri "Marco" (uno dei due luogotenenti di "Giacca", assieme a Plaino) e Alfio Tambosso "Ultra", vennero condannati all'ergastolo; Aldo Plaino "Valerio" e Ostelio Modesti "Franco" a trent'anni di reclusione ciascuno. Nel complesso, vennero irrogati tre ergastoli e 659 anni di reclusione a quarantuno imputati<ref>IL conteggio esatto in Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', pp. 7-8. Il conteggio risulta di 704 anni, 2 mesi e 10 giorni secondo l'articolista de ''La Stampa'' che seguì il processo. Si veda ''Quarantun condanne per la strage di Porzus'', in ''La Stampa'', 7 aprile 1952, p. 1.</ref>, ridotti però a 289 per l'applicazione di una serie di condoni previsti da norme entrate in vigore negli anni: Toffanin e Juri si videro quindi ridotta la pena a trent'anni, Tambosso a ventinove, Modesti a nove e Plaino a dieci. Dieci imputati vennero assolti: fra di essi Lino Zocchi "Ninci", Mario Fantini "Sasso" (già comandante della Brigata Garibaldi Natisone), Valerio Stella "Ferruccio" (già comandante della Brigata Garibaldi Friuli) e Giovanni Padoan "Vanni". Tutti gli imputati vennero assolti dal reato di tradimento per attentato all'integrità dello Stato<ref>Ferdinando Mautino, ''La sentenza per i fatti di Porzus ha stroncato l'infame accusa di tradimento'', in ''l'Unità'', 7 aprile 1952, p. 1; ''Quarantun condanne per la strage di Porzus'', in ''La Stampa'', 7-8 aprile 1952, p. 1.</ref>. Alla lettura della sentenza, Modesti si rivolse ai giudici con queste parole: "Signori, la vostra sentenza ha avuto il potere di serrare dinanzi a noi le sbarre di questa gabbia, ma noi siamo più forti di voi!", al che gli altri imputati gridarono: "Viva la Resistenza!"<ref>Ferdinando Mautino, ''La sentenza per i fatti di Porzus (...)'', cit.</ref>.<br />
<br />
===L'appello===<br />
[[File:L'Unità su sentenza appello Porzus.jpg|thumb|175px|1 maggio 1954: ''[[l'Unità]]'' riferisce della sentenza del processo di appello]]<br />
Il processo in secondo grado si svolse presso la [[Corte d'assise d'appello]] di Firenze, cui si erano appellate le parti per motivi opposti: la pubblica accusa per un inasprimento generale delle pene e per il riconoscimento del reato di tradimento, le difese per chiedere l'assoluzione piena. La sentenza del 30 aprile 1954 riconobbe che "la strage (...) fu un atto tendente a porre una parte del territorio italiano sotto la sovranità jugoslava", ma assolse gli imputati per il reato di tradimento poiché "l'azione degli imputati non è stata determinante perché l'occupazione jugoslava sarebbe avvenuta ugualmente"<ref>Il virgolettato è tratto da ''Si rifarà il processo per la strage di Porzus?'', in ''La Stampa'', 12 agosto 1955, p. 4.</ref>. Vennero confermate le pene precedentemente inflitte dalla Corte d'Assise di Lucca per i reati principali ed inasprite le pene per i reati di sequestro di persona e saccheggio. [[Giovanni Padoan|Giovanni Padoan "Vanni"]] - precedentemente assolto per insufficienza di prove - fu condannato alla pena di trent'anni di reclusione, ridotti a due per effetto delle varie amnistie e condoni. A causa di tali provvedimenti legislativi, nessuno dei condannati presenti al processo finì in prigione, mentre una parte di essi continuava la latitanza all'estero<ref>''I garibaldini della "Natisone" assolti dall'accusa di tradimento'', in ''l'Unità'', 1 maggio 1954, p. 7.</ref>. Tre giorni dopo, in seconda pagina su [[l'Unità]] apparve un articolo dell'inviato speciale [[Ferdinando Mautino|Ferdinando Mautino "Carlino"]], già capo di stato maggiore delle Divisioni Garibaldi del Friuli e fra i fautori della sottomissione dei garibaldini al IX Korpus sloveno<ref>Sul punto si veda Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', pp. 19 ss.</ref>, che stigmatizzò "la speculazione [[Democrazia Cristiana|democristiana]] sui fatti di Porzûs, fra le tante porcherie commesse da questi nostri dirigenti e nemmeno fra le più rimarchevoli"<ref>Ferdinando Mautino, ''La sentenza di Firenze'', in ''l'Unità'', 4 maggio 1954, p. 2.</ref>. Il procuratore generale di Firenze impugnò la sentenza presso la Cassazione, chiedendo l'annullamento dell'assoluzione per il reato di tradimento per aver attentato all'integrità dello stato nei confronti di Juri, Modesti, Padoan, Paino, Tambosso, Toffanin, Zocchi e Fantini. Nei confronti degli ultimi due, venne chiesto anche l'annullamento della sentenza di assoluzione per insufficienza di prove per il reato di omicidio, sequestro di persona e rapina<ref>''Si rifarà il processo (...)'', cit.</ref>. Allo stesso modo, impugnarono la sentenza gli imputati per chiedere nuovamente l'assoluzione.<br />
<br />
===Quadro rissuntivo delle condanne in appello===<br />
Di seguito il quadro riassuntivo delle condanne e delle assoluzioni comminate dalla Corte d'Assise d'Appello di Firenze, con la propria sentenza del 30 aprile 1954<ref>Tutto il paragrafo è tratto da Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''Per rompere un silenzio più triste della morte. Il processo di Porzûs. Testo della sentenza 30.04.1954 della Corte d'Assise d'Appello di Firenze'', La Nuova Base Editrice, Udine 2012 (prima ed. ivi 1983), pp. 5-9 e p. 279.</ref>. Gli imputati erano accusati dei seguenti reati:<br />
* Omicidio aggravato e continuato<br />
* Rapina aggravata<br />
* Sequestro di persona<br />
* Tradimento<ref>Quest'accusa riguardava Toffanin, Iuri, Palino, Modesti, Tambosso, Zocchi, Padoan e Fantin. Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', p. 247.</ref><br />
La Corte d'Assise d'Appello assolse gli imputati dal reato di tradimento, con la formula "perché il fatto non costituisce reato": cassata l'assoluzione dalla Suprema Corte di Cassazione, il nuovo processo per lo stesso reato non venne celebrato per sopraggiunta amnistia<ref>Si veda il paragrafo "Il processo in Cassazione".</ref>.<br />
====Imputati condannati====<br />
{| style="width:100%; background:transparent; font-size:90%"<br />
| align="left" |<br />
{| class="prettytable sortable" <br />
! width="50" | Nome !! width="50" | Cognome !! width="50" | Nome di guerra !! width="90" | Pena irrogata !! width="200" | Note<ref>Le note sono basate su Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.''. In caso opposto, viene citata direttamente la fonte alternativa.</ref><br />
|-<br />
| Mario || Toffanin || ''Giacca'' || Ergastolo || Comandante del gruppo<br />
|-<br />
| Vittorio || Iuri<ref>In altre fonti il nome è reso come ''Juri''.</ref> || ''Marco'' || Ergastolo || Uno dei due bracci destri di "Giacca"<br />
|-<br />
| Alfio || Tambosso || ''Ultra'' || Ergastolo || Vicesegretario della federazione del PCI di Udine<br />
|-<br />
| Ostelio || Modesti || ''Franco'' || 30 anni || Segretario della federazione del PCI di Udine<br />
|-<br />
| Giovan Battista || Padoan || ''Vanni'' || 30 anni || Commissario politico della Brigata Garibaldi "Natisone"<br />
|-<br />
| Aldo || Plaino || ''Valerio'' || 30 anni || Uno dei due bracci destri di "Giacca"<br />
|-<br />
| Lorenzo || Deotto || ''Lilly'' || 22 anni e 8 mesi || Comandante del GAP "Giotto". Fu uno degli uccisori di Guido Pasolini "Ermes", Antonio Previti "Guidone", Antonio Cammarata "Toni", Pasquale Mazzeo "Cariddi".<br />
|-<br />
| Leonida || Mazzaroli || ''Silvestro'' || 22 anni e 8 mesi || Compagno di scuola dell'osovano Leo Patussi "Tin", probabilmente salvato grazie alla loro amicizia<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1997/agosto/29/Porzus_spara_ancora_sul_film_co_0_97082911129.shtml Dino Messina, ''Porzus: si spara ancora, sul film'', in ''Corriere della Sera'', 29 agosto 1997.].</ref>. Fu uno degli uccisori di Guido Pasolini "Ermes", Antonio Previti "Guidone", Antonio Cammarata "Toni", Pasquale Mazzeo "Cariddi"<br />
|-<br />
| Urbino || Sfiligoi || ''Bino'' || 22 anni e 8 mesi || Comandante del GAP "Ardito". Fu uno degli uccisori di Guido Pasolini "Ermes", Antonio Previti "Guidone", Antonio Cammarata "Toni", Pasquale Mazzeo "Cariddi".<br />
|-<br />
| Tullio || Di Gaspero || ''Osso'' || 20 anni e 8 mesi || Fu uno degli uccisori di Guido Pasolini "Ermes", Antonio Previti "Guidone", Antonio Cammarata "Toni", Pasquale Mazzeo "Cariddi".<br />
|-<br />
| Ernesto || Canzut || ''Lesto'' || 18 anni e 7 mesi ||<br />
|-<br />
| Felice || Angelini || ''Fuga'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Silvano || Bon || ''Sino'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Alessio || Cantarutti || ''Stefano'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Rosario || Cepile || ''Centro'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Adriano || Cernotto || ''Ciclone'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Olivo || Collarig || ''Tabacco'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Marcello || Del Torre || ''Freccia'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Luigi || Fabiani || ''Lolo'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Gino || Felcaro || ''Pacifico'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Giorgio || Iulita || ''Jolly'' || 18 anni || Comandante dela GAP "Tremenda"<br />
|-<br />
| Carlo || Maurencig || ''Pin'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Venuto || Mauri || ''Piero'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Antonio || Mondini || ''Boris'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Mario Giovanni || Ottaviano || ''Bibo'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Fortunato || Pagnutti || ''Dinamite'' || 18 anni || Guida dei gappisti verso le malghe di Topli Uork<br />
|-<br />
| Renato || Peressan || ''Titti'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Gino || Persoglia || ''Lula'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Bruno || Pizzo || ''Cunine'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Remigio || Russian || ''Ruota'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Giorgio || Sfiligoi || ''Terzo'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Gino || Tami || ''Pue'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Tarcisio || Venica || ''Furia'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Alfredo || Zuppel || ''Vespa'' || 18 anni ||<br />
|-<br />
| Enzo || Iurich || ''Ape'' || 14 anni e 4 mesi || Uccisore di Angelo Augelli "Massimo"<br />
|-<br />
| Dario Enzo || Iaizza || ''Ivo'' || 12 anni e 9 mesi || Uccisore di Franco Celledoni "Atteone"<br />
|-<br />
| Giovanni || Brach || ''Buco'' || 12 anni 1 mese e 10 giorni ||<br />
|-<br />
| Alfredo || Caldana || ''Bomba'' || 12 anni 1 mese e 10 giorni ||<br />
|-<br />
| Bruno || Grion || ''Falchette'' || 12 anni 1 mese e 10 giorni ||<br />
|-<br />
| Ferruccio || Peressin || ''Ferro'' || 12 anni 1 mese e 10 giorni ||<br />
|-<br />
| Edo || Zuppel || ''Eppel'' || 12 anni 1 mese e 10 giorni ||<br />
|-<br />
| Sergio || Zuppel || ''Longo'' || 12 anni 1 mese e 10 giorni ||<br />
|}<br />
|}<br />
<br />
====Imputati assolti per insufficienza di prove====<br />
{| style="width:100%; background:transparent; font-size:90%"<br />
| align="left" |<br />
{| class="prettytable sortable" <br />
! width="60" | Nome !! width="60" | Cognome !! width="60" | Nome di guerra !! width="300" | Note<br />
|-<br />
| Mario || Fantini || ''Sasso'' || Comandante della Brigata Garibaldi Natisone<br />
|}<br />
|}<br />
<br />
====Imputati assolti per non aver commesso i fatti in ordine agli omicidi e per insufficienza di prove per il resto====<br />
{| style="width:100%; background:transparent; font-size:90%"<br />
| align="left" |<br />
{| class="prettytable sortable" <br />
! width="60" | Nome !! width="60" | Cognome !! width="60" | Nome di guerra !! width="300" | Note<br />
|-<br />
| Livio || Bastiani || ''Bianco'' ||<br />
|-<br />
| Gustavo || Bet || ''Gastone'' || Comandante del GAP "Amor"<br />
|-<br />
| Adino || Longo || ''Condor'' ||<br />
|-<br />
| Valerio || Stella || ''Ferruccio'' || Comandante della Brigata Garibaldi Friuli<br />
|-<br />
| Lino || Zocchi || ''Ninci'' || Comandante delle Divisioni Garibaldi Friuli<br />
|}<br />
|}<br />
<br />
===Il processo in Cassazione===<br />
Il 18 giugno 1957 iniziò la discussione dell'impugnazione della sentenza di secondo grado presso la Corte di Cassazione: il Procuratore Generale - in linea con le richieste della procura di Firenze - chiese il rigetto del ricorso degli imputati e un nuovo processo per il reato di tradimento<ref>''Chiesto un nuovo processo per il massacro di Porzus'', in ''La Stampa'', 19 giugno 1957, p. 4.</ref>. Il giorno successivo la Corte accolse ''in toto'' le tesi dell'accusa, confermando le sentenze per gli omicidi e i reati minori connessi - che quindi divennero definitive - ma stabilendo l'istruzione di un nuovo processo presso la Corte d'assise d'appello di Perugia per il solo reato di tradimento per attentato contro l'integrità dello stato per tutti gli imputati più importanti, nonché per il reato di omicidio, rapina e sequestro di persona per Zocchi e Fantini<ref>Il quadro schematico della sentenza della Cassazione in Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', pp. 283-284.</ref>.<br />
<br />
===Il nuovo processo a Perugia===<br />
Fra la sentenza della Cassazione e l'apertura del procedimento a Perugia, venne emesso un ulteriore provvedimento di amnistia e indulto ([[Decreto del presidente della Repubblica|DPR]] 11 luglio 1959 n. 460), che coprì anche i reati di natura politica, intendendo con ciò anche ogni delitto comune determinato - in tutto o in parte - da motivi politici<ref>Questa era la previsione normativa, ai sensi dell'art. 1 del DPR. Si veda in merito Pietro Pomanti, ''I provvedimenti di clemenza. Amnistia, indulto e grazia'', Giuffrè, Milano 2008, p. 76.</ref>. Pervenuti quindi gli atti nel capoluogo umbro, il procuratore generale di Perugia chiuse la fase istruttoria rilevando l'estinzione del reato per sopraggiunta amnistia per tutti gli imputati (11 marzo 1960). Nessuno di essi esercitò - come avrebbe potuto ai sensi della citata legge - il diritto di rinuncia al beneficio al fine di farsi giudicare nel processo<ref>Così fanno notare Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', p. 284.</ref>. Questo fu l'ultimo della lunga catena di atti processuali relativi alle vicende legate alla strage di Porzûs.<br />
<br />
==La sorte dei condannati e la medaglia d'oro a De Gregori==<br />
Nessuno dei condannati scontò la pena in prigione, salvo il periodo della detenzione in attesa della conclusione del processo, che in alcuni casi si protrasse per qualche anno. [[Mario Toffanin]] - condannato in contumacia - dopo l'ultima [[amnistia]] del [[1973]] non tornerà in Italia, dovendo ancora scontare altri trent'anni di prigione in base a quattro sentenze delle Corti d'assise di Trieste e Udine per furti, rapine, estorsioni e omicidi - anche ai danni di una compagna di lotta<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1997/settembre/20/Toffanin_Pertini_grazio_procura_non_co_0_97092014627.shtml ''Toffanin, Pertini lo graziò ma la Procura non voleva''], in ''Corriere della Sera'', 20 settembre 1997, p.13.</ref> - commessi fra il 1940 e il 1946 e che non erano stati amnistiati, ma non vi tornerà neppure nel luglio del 1978, quando sarà [[Grazia (diritto)|graziato]] dal Presidente [[Sandro Pertini]] da poco insediatosi al Quirinale. Morirà a [[Sesana]] ([[Slovenia]]) il [[22 gennaio]] [[1999]]. Toffanin, negli anni successivi alla fuga, si dichiarerà sempre certo del tradimento della Osoppo: ribadirà più volte la correttezza delle sue azioni e continuerà ad accusare gli uomini della Osoppo, tra le altre cose, di aver inglobato al proprio interno molti uomini appartenenti a gruppi fascisti, di aver collaborato attivamente con gli uomini della [[Repubblica Sociale Italiana|RSI]] e di aver spesso trattenuto le forniture di armi e attrezzature inglesi che secondo gli accordi spettavano ai garibaldini<ref>Paolo Deotto, ''op. cit.''.</ref>.<br />
<br />
A De Gregori nel 1945 fu riconosciuta la [[medaglia d'oro al valor militare]] alla memoria, con una motivazione contenente la seguente frase:{{quote|Cadeva vittima della tragica situazione creata dal fascismo ed alimentata dall’oppressore tedesco in quel martoriato lembo d’Italia dove il comune spirito patriottico non sempre riusciva a fondere in un sol blocco le forze della Resistenza."<ref>[http://www.quirinale.it/elementi/DettaglioOnorificenze.aspx?decorato=14540 Motivazioni della medaglia d'oro al valor militare a Francesco De Gregori], sul sito del Quirinale</ref>}}che non facendo alcun riferimento all'eccidio e ai suoi esecutori venne molti anni dopo considerata "ineffabile", "reticente"<ref>Paolo Simoncelli, ''Sulla strage di Porzûs strane ipocrisie'', in ''L'Avvenire'', 27 maggio 2010.</ref> o indice di "contorsionismo"<ref>Alfio Caruso, ''Tutti vivi all'assalto'', Longanesi, Milano 2003, p. 358.</ref>. All'interno del sito ufficiale dell'[[Associazione Nazionale Partigiani d'Italia]] (ANPI) si afferma che De Gregori sarebbe morto "in uno scontro tra partigiani"<ref>[http://www.anpi.it/donne-e-uomini/francesco-de-gregori/ ''Francesco De Gregori''], biografia dal sito dell'ANPI.</ref>.<br />
<br />
==L'eccidio e le polemiche politiche e storiografiche==<br />
Le responsabilità politiche e materiali dell'eccidio di Porzûs sono state al centro di un infuocato dibattito politico e storiografico, intersecatosi fino agli anni '60 del '900 con i processi ai quali furono sottoposti esecutori e presunti mandanti della strage. Gli eventi legati a Porzûs hanno acquisito un valore paradigmatico: per gli uni del tentativo di delegittimare la Resistenza proiettando sull'intero movimento partigiano un episodio ritenuto marginale, per gli altri della vera natura totalitaria e antidemocratica del [[Partito Comunista Italiano]]<ref>Tommaso Piffer, ''Introduzione'', in Tommaso Piffer (cur.), ''Porzûs. Violenza e Resistenza sul confine orientale'', Il Mulino, Bologna 2012, pp. 7 ss.</ref>.<br />
===Dal processo al 1960===<br />
Durante il lungo periodo in cui si susseguirono le vicende processuali, il [[Partito Comunista Italiano|PCI]] organizzò una campagna di stampa contro i reparti partigiani della Osoppo: in vari articoli de ''l'Unità'' vennero rimarcate tutte le accuse di connivenza con fascisti e nazisti che erano state avanzate all'epoca dei fatti. Allo stesso tempo, si stigmatizzò ancora una volta la figura della Turchetti, nuovamente descritta come "spia dei tedeschi, abbondantemente pagata"<ref>Per un riassunto generale di queste accuse si veda Ferdinando Mautino, ''La "Osoppo" strinse patti con la "X mas"'', in ''l'Unità'', 6 ottobre 1951, p. 5.</ref>. Fu respinta con sdegno l'infamante accusa di tradimento che aveva coinvolto in pratica tutti i vertici politico-militari del partito operanti in Friuli-Venezia Giulia nell'ultimo periodo bellico. Il PCI considerò tutto il processo una volgare montatura costituita da un castello di menzogne, da inserirsi nell'ampio filone processuale di natura reazionaria e neofascista di "messa sotto accusa" della Resistenza, operata dalle classi borghesi e capitaliste con ampi appoggi politici nel governo italiano, e segnatamente nella Democrazia Cristiana. Nel collegio di difesa degli accusati vi furono - fra gli altri - gli avvocati e parlamentari comunisti [[Umberto Terracini]] - già presidente dell'[[Assemblea Costituente della Repubblica Italiana|Assemblea Costituente]]<ref>Ferdinando Mautino, ''Terracini smantella l'accusa di tradimento mossa a carico dei partigiani garibaldini'', in ''l'Unità'', 28 marzo 1952, p. 5.</ref> - [[Fausto Gullo]] - già [[Ministro di Grazia e Giustizia]] - e [[Aldo Buzzelli]], nonché i parlamentari [[Partito Socialista Italiano|socialisti]] [[Giuseppe Ferrandi]] e [[Leonetto Amadei]], in anni successivi Presidente della [[Corte Costituzionale della Repubblica Italiana|Corte Costituzionale]]<ref>F.M. (Ferdinando Mautino), ''Il processo a Lucca per i fatti di Porzus'', in ''l'Unità'', 27 settembre 1951, p. 3.</ref>. Il 25 aprile 1950 - in occasione del quinto [[Anniversario della liberazione d'Italia|anniversario della liberazione]] - una delegazione di cinque parlamentari comunisti capeggiata da [[Luigi Longo]] e [[Gian Carlo Pajetta]] fece visita ai detenuti accusati dell'eccidio, arrestati poco prima su ordine degli inquirenti<ref>''La celebrazione ufficiale a Roma. Reggio Emilia decorata con la medaglia d'oro'', in ''l'Unità'', 25 aprile 1950, p. 1.</ref>. Alle due sentenze di Lucca e Firenze, la stampa comunistà rimarcò il fatto che era stato escluso il reato di tradimento, scandalizzandosi per la riapertura del caso a seguito della sentenza della Cassazione. Della chiusura della vicenda per intervenuta amnistia non venne data notizia. Per quindici anni sulla vicenda cadde il silenzio, rotto solo dalle annuali rievocazioni a cura dei reduci della Osoppo.<br />
<br />
===Gli anni '70===<br />
Nel [[1975]] uscì il primo studio specificamente dedicato all'eccidio, ''Porzûs, due volti della Resistenza'' di Marco Cesselli, ricercatore dell'Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, edito da una piccola casa editrice dell'area della Sinistra e pubblicizzato anche nelle pagine de ''l'Unità''<ref>''l'Unità'', 21 marzo 1975, p. 5.</ref>, nel quale si espressero per la prima volta - sia pure con qualche cautela - delle aperture verso una revisione della precedente interpretazione dell'eccidio.<br />
<br />
===Gli anni '80===<br />
Dopo il libro di Cesselli, sulla vicenda di Porzûs cadde nuovamente l'oblio: nel corso degli anni '80 la questione non suscitò quasi nessun interesse da parte degli storici accademici: all'inizio del decennio "il solo nominarla veniva considerato come un tentativo di screditare il movimento partigiano"<ref>Il virgolettato è tratto da una breve intervista alla storica Elena Aga Rossi, da [http://archiviostorico.corriere.it/1997/agosto/13/Malga_Porzus_risveglio_della_sinistra_co_0_9708135173.shtml Dario Fertilio, ''Malga Porzus, il risveglio della sinistra'', in ''Il Corriere della Sera'', 13 agosto 1997, p. 25.]</ref>.<br />
<br />
===Le polemiche degli anni '90===<br />
A maggio del [[1990]], per la prima volta due esponenti locali del PCI salirono alle malghe di Topli Uork per rendere omaggio ai partigiani della Osoppo: a quell'epoca la tesi espressa fu quella del "tragico errore" nel quale erano caduti i partigiani comunisti<ref>''Esponenti del PCI di Udine ricordano partigiani uccisi dai garibaldini'', in ''l'Unità'', 23 maggio 1990, p. 4.</ref>. Si elevarono varie proteste nel partito, ritenendo quella visita un grave passo falso, e fra i reduci partigiani comunisti e quelli della Osoppo si aprì nuovamente un'aspra polemica, con accuse e controaccuse. Intervenne su l'Unità come vicepresidente dell'Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione lo stesso Mario Lizzero "Andrea", che come commissario politico delle Brigate Garibaldi in Friuli già a ridosso dell'eccidio aveva chiesto la condanna a morte per Toffanin e i suoi, ribadendo il suo punto di vista: "Dopo tanti anni si dice ''parli chi sa, si dica quel che c'è da dire'', come se non si sapesse che sui fatti di Porzûs ci sono stati tre processi (...). <nowiki>[</nowiki>Si è trattato<nowiki>]</nowiki> di un orrendo crimine senza alcuna possibile giustificazione"<ref>''"La Osoppo una tragedia per tutti"'', in ''l'Unità'', 25 maggio 1990, p. 4.</ref>.<br />
<br />
In un libro autobiografico apparso postumo nel 1995<ref>Mario Lizzerò morì a Udine l'11 dicembre 1994.</ref>, Lizzero tornerà ancora una volta sulla questione:{{quote|un centinanio di gappisti garibaldini, senza divise (...) convintisi, senza avere prove concrete, che la ventina di partigiani osovari avessero rapporti con il nemico, appena giunti passarono per le armi il comandante "Bolla", il Commissario "Enea", una donna indicata come spia da Radio Londra, e un quarto uomo. Arrestarono poi gli altri che passarono per le armi in modo feroce, uno dopo l'altro, senza processo alcuno: 19 osovari assassinati! (...) Quella non è stata giustizia partigiana, ma un vero e proprio eccidio (...). Ritengo che l'eccidio di Porzus sia all'origine della grande perdita di prestigio e di forza della Resistenza garibaldina ed anche del PCI. Purtroppo su quella formazione GAP di "Giacca" il Comando del Gruppo Divisioni Garibaldi "Friuli" di cui ero commissario politico non ha mai avuto alcuna influenza, essendo quella formazione (che dopo Porzus pressoché sciogliemmo) legata, e questo è assai grave, alla direzione della Federazione Comunista friulana dell'epoca<ref>''Mario Lizzero “Andrea”. Il suo impegno civile, politico e sociale'', Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, Udine 1995, p. 24.</ref>.}}<br />
<br />
====Porzûs e Gladio====<br />
All'epoca della pubblicazione del libro di Lizzero, la polemica sull'eccidio di Porzûs e più generalmente sul ruolo delle Brigate Osoppo era già nuovamente esplosa due volte: una prima a partire dal 1990, a causa della rivelazione pubblica dell'esistenza di [[Organizzazione Gladio|Gladio]], un'organizzazione paramilitare segreta sorta in ambito [[NATO]] per contrastare un eventuale attacco delle forze del [[Patto di Varsavia]] ai paesi dell'[[Europa occidentale]], alla quale aderì un numero tuttora imprecisato - probabilmente dell'ordine di alcune centinaia - di ex partigiani della Osoppo<ref>Sul tema [[Cesare Bermani]], ''Il nemico interno: guerra civile e lotte di classe in Italia, 1943-1976'', Odreadek 2003.</ref>. La polemica raggiunse il suo acme quando l'allora presidente della Repubblica [[Francesco Cossiga]] nel corso di una visita in Friuli fra il 7 e il 9 febbraio del 1992 incontrò pubblicamente un gruppo di appartenenti a "Gladio", accusando i partigiani comunisti di aver combattuto anche per l'instaurazione di una dittatura, contro gli interessi nazionali dell'Italia. Riguardo all'eccidio, Cossiga dichiarò:{{quote|Onore alla memoria dei partigiani della brigata Osoppo, trucidati per odio politico e tradimento della Patria allo straniero da gappisti che avevano usurpato il nome di partigiani, infangato il nome di Garibaldi e della terra sacra del Natisone con cui si chiamava la loro divisione, agli ordini del nefasto IX Corpo jugoslavo di cui ricordiamo le vittime infoibate a Trieste e le centinaia di persone scomparse a Gorizia. (Dopo aver letto i nomi dei trucidati) Io avrei voluto che questi nomi fossero le pietre per seppellire il passato. Questi nomi sono pietre che lapidano chi offende ancora questi valorosi combattenti per la libertà<ref>Pasquale Cascella, ''Partigiani? No, volevano la dittatura'', in ''l'Unità'', 9 febbraio 1992, p. 3.</ref>.}}Il 16 febbraio dello stesso anno, Cossiga fu il primo Presidente della Repubblica Italiana a recarsi in visita - sia pur privatamente - alle malghe di Topli Uork<ref>''Cossiga oggi visita Porzus e Cargnacco'', in ''l'Unità'', 16 febbraio 1992.</ref>.<br />
<br />
====Le polemiche successive====<br />
La seconda volta in cui si assistette ad un nuovo rinfocolarsi di polemiche sull'eccidio di Porzûs si ebbe nell'ambito di un più ampio dibattito sulla revisione storiografica degli anni del fascismo e della Resistenza, notevolmente aumentato nel momento in cui il [[Movimento Sociale Italiano]], nato esplicitamente come erede politico del fascismo, andò al governo in Italia nel 1994. Il tema principale del dibattito rimase lo stesso degli anni '50: i mandanti dell'eccidio e il ruolo del PCI, visto però nell'ottica più ampia dei [[massacri delle foibe]], dell'[[esodo istriano|esodo giuliano-dalmata]] successivo alla seconda guerra mondiale e della perdita di gran parte della [[Venezia Giulia]] a seguito del [[Trattato di pace del 1947]]<ref>Sul tema si veda Glenda Sluga, ''The problem of Trieste and the Italo-Yugoslav border: Difference, Identity, and Sovereignity in Twentieth-Century Europe'', State University of New York Press, 2002; con maggior intento divulgativo Philip D. Morgan, ''The fall of Mussolini: Italy, the Italians, and the Second World War'', Oxford University Press, 2008. La connessione fra l'eccidio di Porzûs, i massacri delle foibe, l'esodo giuliano-dalmata e la perdita della Venezia Giulia - il tutto inquadrato per lo meno dal punto di vista cronologico - fa oramai parte di una vasta letteratura. A puro titolo di esempio si citano (in ordine alfabetico) Elena Aga Rossi, ''Il PCI tra identità comunista e interesse nazionale'', in Marina Cattaruzza (cur.), ''La nazione in rosso: socialismo, comunismo e interesse nazionale 1889-1953'', Rubbettino 2005; Gianni Oliva, ''Foibe. Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell'Istria'', Mondadori, Milano 2003; Giovanni Sale, ''Il Novecento fra genocidi, paure e speranze'', Jaca Book, Milano 2006</ref>. Il rinnovato interesse per queste tematiche - alcune delle quali precedentemente quasi mai trattate dalla storiografia accademica - si accompagnò a varie polemiche storico-politiche, riprese e ancor più ingigantite da una serie di articoli di stampa. Vennero pubblicati diversi saggi, che a loro volta causarono ulteriori polemiche, anche a causa della nascita e dello sviluppo di svariate ipotesi - le più diverse - sui mandanti effettivi dell'eccidio.<br />
<br />
====Il film sull'eccidio (1997)====<br />
La notizia che alla [[54ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia]] sarebbe stato presentato un film sull'eccidio - ''[[Porzûs (film)|Porzûs]]'', di [[Renzo Martinelli]] - causò ulteriori polemiche. L'allora [[ministro dei Beni culturali]] [[Walter Veltroni]] affermò di aver ricevuto delle pressioni per bloccarne l'uscita o perlomeno la partecipazione alla Mostra del Cinema<ref>Alberto Crespi, ''"Pressioni per bloccare Porzus"'', in ''l'Unità due'', 5 settembre 1997, p. 1.</ref>. Le polemiche si trasformarono in critiche in seguito alla visione del film, da alcuni ritenuto "una spettacolarizzazione urlata, qua e là addirittura volgare", di bassa obiettività storica<ref>Alberto Crespi, ''Partigiani da western'', in ''l'Unità'', 1 settembre 1997, p. 3.</ref>. Il più importante quotidiano sloveno - ''Delo'' - accusò gli "ex comunisti in Italia" ([[Partito Democratico della Sinistra|PDS]]) di utilizzare un film sul "più celebre falso storico organizzato dai servizi segreti italiani" come strumento "per condurre una guerra di propaganda contro Slovenia e Croazia"<ref>''Porzus? Un falso antisloveno alimentato dal PDS'', in ''Corriere della Sera'', 21 agosto 1997, p. 27; ''Caso "Porzûs". Giacca ricorre agli avvocati'', in ''l'Unità due'', 22 agosto 1997, p. 8.</ref>.<br />
<br />
==I mandanti e le motivazioni dell'eccidio==<br />
Nei decenni, varie ipotesi sono state avanzate sui mandanti dell'eccidio e sulle sue motivazioni, spesso in corrispondenza con la scoperta di nuovi documenti o con l'apertura di nuovi filoni giudiziari. Tali ipotesi arrivano a divergere radicalmente, proponendo letture totalmente antitetiche. Alcuni fra gli stessi protagonisti dei fatti, col passare del tempo hanno modificato - anche in maniera notevole - le proprie precedenti dichiarazioni, rendendo il quadro ancor più difficile da interpretare.<br />
<br />
===La versione di Toffanin===<br />
Mario Toffanin "Giacca" - il principale responsabile materiale dell'eccidio di Porzûs - rilasciò una serie di interviste negli anni '90, nelle quali ribadì sempre la stessa versione: la Osoppo era responsabile di aver intrattenuto rapporti con la Decima Mas e con i tedeschi e stava organizzando l'eliminazione del comando GAP; l'organizzazione della missione alle malghe di Topli Uork era stata solo sua; l'eccidio fu un legittimo atto di guerra, giustificato dal tradimento degli osovani e causato dall'impeto rabbioso derivante dall'aver visto la spia Elda Turchetti presso il comando partigiano: un'azione che Toffanin avrebbe sempre rifatto tale e quale, senza alcun ripensamento; il processo fu una manovra, ordita dai democristiani<ref>[[Gian Antonio Stella]], ''Strage di Porzus: non si pente il fucilatore "rosso"'', in ''Corriere della Sera'', 31 gennaio 1992, p. 2; Roberto Morelli, ''Io, pensionato delle Foibe, non mi pento'', in ''Corriere della Sera'', 30 agosto 1996, p. 15; Danilo De Marco, ''Nubi sulla Resistenza'', in ''l'Unità due'', 12 agosto 1997, p. 3; Massimo Nava, ''A Porzus fu giusto sparare: o noi o loro'', in ''Corriere della Sera'', 19 agosto 1997, p. 27.</ref>. In tali interviste Toffanin cambiò completamente la propria versione rispetto a quanto aveva dichiarato nella relazione scritta a ridosso del fatto: le strutture del PCI non risultavano più coinvolte in nessuna fase dell'evento, venendo disconosciuta l'esistenza di un qualsiasi ordine superiore relativamente alla missione e ai suoi scopi. Interrogato sulla discrepanza fra le due versioni, Toffanin affermò che la relazione del 1945 era in realtà un falso<ref>Gian Antonio Stella, ''Strage di Porzus: non si pente il fucilatore "rosso"'', in ''Corriere della Sera'', 31 gennaio 1992, p. 2.</ref>, ma nel 1975 lo stesso Toffanin aveva rilasciato la seguente dichiarazione autografa per il libro di Cesselli:{{quote|Il 28.1.1945, a Orsaria, eravamo presenti io, Ultra (Tambosso), Franco (Modesti), Jolly (Iulita), Ferruccio (Stella), Valerio (Plaino), Gobbo (Basso), in casa del Gobbo. Ultra e Modesti danno l'ordine di andare a Porzus per liquidare il Gruppo Bolla. Contemporaneamente Ultra scrive a mano l'ordine di liquidare gli osovani. Ordine che è stato consegnato a Jolly che lo ha conservato. Poi si è parlato per le carceri di Udine, azione da svolgere da Valerio e Mancino. Sotto il mio comando abbiamo fucilato sei osovani. Siamo ritornati alla base e tre giorni dopo venne Franco (Modesti). Abbiamo avuto una riunione e si è parlato degli osovani rimasti. Anche Franco era d'accordo di farli fuori. Presente era il comando GAP: i compagni Giacca, Marco e Valerio.<ref>La dichiarazione è ripresa interamente da Gianfranco Bianchi, Luciano Luciani, ''op. cit.'', p. 168 e da Sergio Gervasutti, ''op.cit.'', p. 167.</ref>}}<br />
<br />
===La tesi dei mandanti sloveni===<br />
L'ipotesi che nella storiografia italiana ha via via preso più vigore, anche sulla scorta delle risultanze processuali - che hanno espressamente indicato che il passaggio dei garibaldini della "Natisone" alle dipendenze del IX Korpus, la propaganda filojugoslava svolta nei confronti di formazioni partigiane e l'eccidio di Porzûs facevano parte di un medesimo disegno criminoso avente come scopo ultimo la cessione di parti dello stato italiano alla Jugoslavia<ref>Gianfranco Bianchi, Silvano Silvani, ''op. cit.'', p. 247.</ref> - e infine dell'apertura di una serie di archivi prima inaccessibili, attribuisce la motivazione dell'eccidio ad una sorta di "pulizia preventiva" contro gli oppositori - reali o potenziali - del regime comunista jugoslavo che secondo i disegni espansionistici di Tito avrebbe dovuto annettere anche i territori friulani e giuliani prossimi all'attuale confine, comprendenti il Goriziano, la Slavia Veneta e la striscia costiera che da Trieste va fino a Monfalcone. La stessa dinamica avrebbe portato anche ai [[massacri delle foibe]], nelle quali furono eliminati - fra l'altro - centinaia di italiani considerati contrari all'annessione jugoslava. La tesi secondo la quale l'eccidio di Porzûs sia imputabile agli sloveni trovò alcune indirette conferme documentali: l'eccidio venne anche preannunciato in un rapporto al Foreign Office pervenuto pochi giorni prima della strage: in esso un ufficiale di collegamento britannico al seguito dei partigiani sloveni operanti nell'Italia nordorientale aveva reso noto che l'unità cui era aggregato aveva catturato alcuni partigiani della Osoppo, e che alle sue rimostranze il comandante sloveno aveva risposto di avere agito in base ad ordini superiori. L'autore del rapporto aveva espresso quindi l'opinione che gli sloveni avevano l'intenzione di attaccare il comando generale delle brigate Osoppo<ref>Antonio Giulio de Robertis, ''La frontiera orientale italiana nella diplomazia della II guerra mondiale'', Edizione Scientifiche Italiane, Napoli 1981, p. 247.</ref>. [[File:Vanni Padoan.png|170 px|thumb|Giovanni Padoan "Vanni", in una vecchia foto segnaletica]]Fra gli autori che hanno in vario modo contribuito a questa ricostruzione dei fatti o l'hanno fatta propria almeno in senso generale, sono da ricordare [[Marina Cattaruzza]]<ref>Marina Cattaruzza, ''L'Italia e il confine orientale'', Il Mulino, Bologna 2007, p. 279.</ref>, Tommaso Piffer, Elena Aga Rossi<ref>Per questi due, si veda il testo collettaneo ''Porzûs. Violenza e Resistenza sul confine orientale'', Il Mulino, Bologna 2012.</ref>, [[Raoul Pupo]]<ref>Raoul Pupo, ''Trieste '45'', Laterza, Bari 2010, pp. 71-74.</ref>, Sergio Gervasutti<ref>Sergio Gervasutti, ''op. cit.''.</ref> ed altri.<br />
<br />
Nel 2001, l'allora commissario politico della divisione "Garibaldi-Natisone" [[Giovanni Padoan]] "Vanni" - condannato in appello e in cassazione - confermerà pienamente questa ricostruzione, con una dichiarazione che ebbe il valore di un'assunzione piena di responsibilità per sé e il suo reparto, indicandone espressamente mandanti ed esecutori:<br />
{{quote | ''L'eccidio di Porzus e del Bosco Romagno, dove furono trucidati 20 partigiani osovani, è stato un crimine di guerra che esclude ogni giustificazione. E la Corte d'Assise di Lucca ha fatto giustizia condannando gli autori di tale misfatto. Benché il mandante di tale eccidio sia stato il Comando sloveno del IX Korpus, gli esecutori, però, erano gappisti dipendenti anche militarmente dalla Federazione del PCI di Udine, i cui dirigenti si resero complici del barbaro misfatto e siccome i GAP erano formazioni garibaldine, quale dirigente comunista d'allora e ultimo membro vivente del Comando Raggruppamento divisioni "Garibaldi-Friuli", assumo la responsabilità oggettiva a nome mio personale e di tutti coloro che concordano con questa posizione. E chiedo formalmente scusa e perdono agli eredi delle vittime del barbaro eccidio. Come affermò a suo tempo lo storico Marco Cesselli, questa dichiarazione l'avrebbe dovuta fare il Comando Raggruppamento divisioni "Garibaldi-Friuli" quando era in corso il processo di Lucca. Purtroppo, la situazione politica da guerra fredda non lo rese possibile.''|Giovanni Padoan, 2001<ref>La dichiarazione venne pubblicata la prima volta dal quotidiano triestino ''[[Il Piccolo]]'' il 24 agosto 2001, venendo poi ripresa ed ampliata in varie altre pubblicazioni.</ref>}}<br />
<br />
===Le ricostruzioni di Aldo Moretti===<br />
[[File:Aldo Moretti.jpg|thumb|right|150px|don Aldo Moretti "Lino"]]<br />
Monsignor [[Aldo Moretti]] "Lino" - [[Medaglia d'oro al valor militare]] e fra i fondatori delle Divisioni ''Osoppo'', affermò varie volte che l'eccidio di Porzûs era stato compiuto:<br />
{{quote|...nell'interesse della causa slovena, ma il comando del IX Corpus intuì che era molto utile ai suoi scopi il coinvolgere degli italiani e trovò, con l'indispensabile consenso degli uomini del PCI, un italiano, il garibaldino Mario Toffanin ("Giacca") che accettò di rendersi esecutore materiale del misfatto con la sua GAP<ref>Aldo Moretti, ''La "questione nazionale" del goriziano nell'esperienza osovana (1943-1945)'', in AA.VV., ''I cattolici isontini nel XX secolo'', III, Istituto di storia sociale e religiosa, Gorizia 1987, pp. 189 e ss Il virgolettato è a p. 194.</ref>|Aldo Moretti, 1987}}In un’intervista a [[Famiglia Cristiana]] del 1997, Moretti espresse anche l'opinione secondo la quale gli Alleati, pensando già al [[dopoguerra]] e temendo la collaborazione tra i partigiani cattolici e partigiani comunisti, avessero cercato di dividere questo fronte fino a sacrificare la ''Osoppo'' per mano delle formazioni comuniste oramai al servizio degli jugoslavi, al fine di screditarle:<br />
{{quote|''lavorare per dividerci, anzi di sacrificarci per gettare l’ombra del discredito sulle formazioni comuniste, alle dipendenze di un esercito, quello jugoslavo, che ormai era visto come conquistatore e non più come alleato. Insomma gli Alleati erano preoccupati del loro futuro governo nella zona''|Aldo Moretti, 1997<ref name=Moretti>[http://www.romacivica.net/anpiroma/DOSSIER/Dossier1a6.htm Intervista su Famiglia Cristiana di monsignor Aldo Moretti], uno dei fondatori delle Brigate Osoppo</ref>}}Le stesse denunce di [[Radio Londra]] contro Elda Turchetti sarebbero rientrate in questa strategia. Moretti sostenne inoltre che gli attriti fra i garibaldini e gli osovani del'autunno del [[1944]] avevano dato il via a voci di collaborazione tra il gruppo ''Osoppo'' e le forze nazifasciste, voci peraltro recisamente negate:<br />
{{quote|''Qualche intesa umanitaria, nessun tradimento. Tentavamo solo di anticipare la pace in un angolo del fronte''|Aldo Moretti, 1997<ref name=Moretti/>}}<br />
In questa atmosfera di sospetto due proposte di alleanza contro le formazioni comuniste arrivarono alla ''Osoppo'' da parte del federale fascista di [[Udine]], per conto del tenente colonnello delle [[Schutzstaffel|SS]] von Hallesleben, ma vennero respinte subito da Moretti con due lettere, datate 28 dicembre 1944 e 10 gennaio 1945, fatte pervenire al federale di Udine tramite l'arcivescovo [[Giuseppe Nogara]]<ref>Paolo Deotto, ''op. cit.''</ref>. Le voci tuttavia divennero insistenti quando Cino Boccazzi, partigiano della Osoppo preso prigioniero dalla [[Xª Flottiglia MAS (RSI)|Xª Flottiglia MAS]], venne effettivamente mandato a [[Udine]] (secondo la ricostruzione data da Moretti - ribadita in sede processuale dallo stesso Boccazzi - sotto la minaccia di veder uccisa la propria moglie e i propri figli se si fosse rifiutato) per cercare un contatto per una possibile collaborazione nella difesa del confine orientale. L’ufficiale britannico Thomas Rowort "Nicholson" - presente in incognito a Udine e a cui era stata riferita la proposta - attese prima di consultarsi con il comando a Londra, che rispose poi negativamente all'offerta. L'attesa rese ancora più forti le voci di una possibile trattativa tra la ''Osoppo'' e la Decima Mas<ref name=Moretti/>. Le accuse di collaborazionismo con i fascisti e con i tedeschi che fecero parte dell'ampia strategia messa in campo per screditare la Osoppo, continuarono anche dopo la fine della guerra, venendo riprese a partire dall'inizio degli anni Duemila da alcuni autori di estrema sinistra.<br />
<br />
L'ipotesi di Moretti del coinvolgimento dei servizi segreti inglesi non è stata in seguito approfondita dalla storiografia internazionale, se non in termini globalmente più complottistici.<br />
<br />
===La tesi filojugoslava===<br />
La storiografia jugoslava non produsse alcuno studio sull'eccidio di Porzûs. Così com'era stata reclamata alla fine della [[prima guerra mondiale]]<ref>Ivo Lederer, ''La Jugoslavia dalla conferenza della pace al trattato di Rapallo 1919-1920'', Il Saggiatore, Milano 1966, pp. 140 ss.</ref>, la Slavia veneta venne richiesta ufficialmente dagli jugoslavi anche al termine della seconda guerra mondiale<ref>''Documento ufficiale della Commissione storica italo-slovena'', 2001, paragrafo 4, ''Periodo 1945-1956''.</ref>: era comune ritenere - come affermò nel 1995 dopo il crollo della Federativa il primo ministro sloveno [[Janez Janša]] nel corso della prima celebrazione della [[Festa del Litorale Sloveno|Festa del ritorno del Litorale Sloveno alla madrepatria]] - che se "il regime jugoslavo non avesse trascinato il Paese al di là della cortina di ferro, avremmo potuto contare anche su Trieste, Gorizia e la Slavia veneta<ref>''Il Piccolo'', 18 settembre 2005. Il discorso provocò qualche blanda reazione anche in Italia, quale un'interrogazione parlamentare del deputato di [[Alleanza Nazionale]] [[Roberto Menia]][http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_14/showXhtml.Asp?idAtto=12012&stile=6&highLight=1&paroleContenute=].</ref>".<br />
<br />
In anni più recenti, la tematica dal punto di vista filojugoslavo è stata brevemente ripresa - fra le altre - dallo storico triestino [[Jože Pirjevec]], nell'ambito in un saggio espressamente dedicato ai [[massacri delle foibe]] che ha creato una lunga serie di polemiche<ref>Jože Pirjevec, ''Foibe. Una storia italiana'', Einaudi, Torino 2009, pp. 78-81. Fra i vari storici e giornalisti italiani che hanno criticato questo saggio, ricordiamo [[Paolo Mieli]] [http://archiviostorico.corriere.it/2010/aprile/06/Trieste_guerra_Tito_contro_gli_co_9_100406058.shtml P.Mieli, ''Trieste, la guerra di Tito contro gli antifascisti'', in ''Corriere della Sera'', 6 aprile 2010.], [[Roberto Spazzali]] [http://www.anvgd.it/index.php?option=com_content&task=view&id=6623&Itemid=111 R.Spazzali, ''Pirjevec: le foibe solo propaganda'', in ''Il Piccolo'', 13 ottobre 2009], [[Raoul Pupo]] e [[Giuseppe Parlato]] [http://www.iltricolore.org/modules.php?name=News&file=article&sid=1097 G.Parlato, ''Dalla Slovenia (via Einaudi) un altro falso storico sulle foibe'', in ''Libero'', 13 ottobre 2009].</ref>. Per Pirjevec, nelle speranze dei comunisti sloveni e italiani l'impeto rivoluzionario comune avrebbe dovuto espandersi in tutto il nord Italia, vagheggiando addirittura che tutte le Divisioni Garibaldi "nell'Italia propriamente detta" si assoggettassero al Fronte di liberazione sloveno<ref>Jože Pirjevec, ''op. cit.'', p. 80 e nota 291.</ref>. La Osoppo, costituendo un movimento resistenziale "bianco", per opporsi a queste mire avrebbe intrattenuto rapporti diplomatici con la Wehrmacht, con i collaborazionisti cosacchi e con la Decima Mas. Secondo Pirjevec, cinque partigiani garibaldini sarebbero stati uccisi da membri della Osoppo, quando fu diffusa la notizia della loro adesione al IX Korpus sloveno<ref>Jože Pirjevec, ''op. cit.'', p. 80. La notizia - tratta dall'autore da un archivio sovietico - non risulta finora presente in altre opere.</ref>, mentre in Friuli si sarebbero manifestate delle "tendenze separatistiche (...), dove alcuni circoli pensavano di staccarsi dall'Italia e aderire come entità autonoma alla Jugoslavia". In questo quadro sarebbe avvenuto il "fatto tragico" dell'attacco gappista di Porzûs, del quale - sempre secondo Pirjevec - il IX Korpus sarebbe stato completamente ignaro, ma visto il successivo asilo prestato in seguito a Toffanin dagli sloveni, sarebbero sorte delle "voci tendenziose (...) che la strage fosse stata voluta da loro", il che avrebbe contribuito a far assumere a questo fatto "marginale pur nella sua tragicità" delle "dimensioni sproporzionate"<ref>Tutti i virgolettati da Jože Pirjevec, ''op. cit.'', pp. 80-81.</ref>.<br />
<br />
===Teorie del complotto===<br />
In un libro apparso nel 1995<ref>Alessandra Kersevan, ''Porzûs: dialoghi sopra un processo da rifare'', Edizioni Kappa Vu, Udine 1995.</ref>, la ricercatrice Alessandra Kersevan sottopose ad analisi una parte dei documenti e delle testimonianze all'epoca apparsi, il tutto presentato in maniera discorsiva come se si trattasse di un lungo colloquio fra due ricercatori. Alla luce di una serie di fatti contemporanei e successivi all'eccidio, Kersevan arrivò ad ipotizzare che nella vicenda di Porzûs vi fosse stato un massiccio intervento manipolatorio dei servizi segreti militari angloamericani in combutta con quelli italiani, in un quadro di doppi e tripli giochi che coinvolsero il PCI, l'ignaro Toffanin - che quindi sarebbe stato strumento inconsapevole dell'imperialismo americano - nonché la Decima Mas di Junio Valerio Borghese. Nelle estreme terre nordorientali italiane si sarebbe quindi giocato fin dal 1944-1945 un prodromo della [[guerra fredda]] postbellica, con fortissime infiltrazioni fasciste repubblicane all'interno del movimento partigiano friulano, col fine ultimo di impedire il saldarsi dei movimenti comunisti sloveni e italiani in un moto rivoluzionario esteso al Nord Italia, gettando il discredito sui partigiani jugoslavi anche con altre contestuali campagne di disinformazione e manipolazione, come quella dei [[massacri delle foibe]]. In questo quadro, il IX Korpus sloveno sarebbe quindi stato contemporaneamente spettatore e vittima, mentre i comandi della Osoppo sarebbero stati in realtà conniventi con i nazisti e la Decima Mas, in funzione anticomunista e antislava, con la collaborazione occulta ma attiva delle potenze occidentali e la benedizione della chiesa cattolica locale, coinvolta fin nelle sue più alte gerarchie. Questa gigantesca operazione sarebbe poi continuata col processo, considerato dalla Kersevan una montatura basata in gran parte su testimonianze e documenti falsi o manipolati, compresi fra gli altri non solo il rapporto sui fatti stilato da Giacca e i suoi, ma anche la famosa lettera di accusa agli sloveni e ai garibaldini che Guido Pasolini spedì al fratello Pierpaolo a novembre del 1944 e che venne poi trasmessa da quest'ultimo alle autorità inquirenti<ref>Alessandra Kersevan, ''Porzûs: il più grande processo antipartigiano del dopoguerra'', in AA.VV., ''Foibe. Revisionismo di stato e amnesie della Repubblica'', KappaVu, Udine 2008, pp. 115 ss.</ref>. Il tutto non sarebbe stato che il prodromo delle attività di Gladio, con varie connessioni con la [[mafia]], la [[P2]] e lo stragismo di stato. A partire dagli anni '90 a rafforzare tutto ciò - sempre secondo Kersevan - si sarebbe saldata un'altra manovra tutta politica ad opera degli eredi del PCI ([[Partito Democratico della Sinistra|PDS]], poi [[Democratici di sinistra|DS]]) e dei fascisti ([[Alleanza Nazionale|AN]]): una "convergenza destra-sinistra tesa a ricostruire un immaginario condiviso anticomunista. Non è un caso che il film [su Porzûs]<ref>Si fa riferimento alla citata opera di Martinelli.</ref> sia stato finanziato dall’allora governo di centro-sinistra, cioè dal ministro della cultura [[Walter Veltroni]], ma apprezzato anche a destra"<ref>Alessandra Kersevan, ''Porzûs: il più grande processo antipartigiano del dopoguerra'', cit.</ref>. Secondo la Kersevan, con la fuga in Jugoslavia e in altri paesi socialisti degli imputati del processo condannati per vari reati, sarebbe stata costretta ad andarsene dal Friuli "la meglio gioventù"<ref>''Ivi''.</ref>.<br />
<br />
Una simile linea interpretativa è stata proposta anche dallo storico triestino dell'[[Università del Litorale]] di [[Capodistria]] [[Gorazd Bajc]]<ref>Gorazd Bajc, ''Operacija Julijska Krajina. Severovzhodna meja Italije in zavezniške obveščevalne službe, 1943-1945'', Univerza na Primorskem - Znanstveno-raziskovalno središče, Zal. Annales, Koper 2006.</ref>: eccidio di Porzûs e massacri delle foibe sarebbero delle enormi montature propagandistiche montate ad arte o "incoraggiate" dai servizi segreti statunitensi, per spezzare l'intesa fra comunisti italiani e sloveni. Questa fu anche un'ipotesi avanzata nel 1997 dal giudice istruttore [[Carlo Mastelloni]] nell'ambito della sua inchiesta su [[Argo 16]], peraltro conclusasi senza alcuna conferma giudiziaria e senza alcuna condanna<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1999/dicembre/17/Argo_tutti_assolti_Non_sabotaggio_co_0_9912179585.shtml Luciano Ferraro, ''Argo 16, tutti assolti: «Non fu un sabotaggio del Mossad»''], in ''Corriere della Sera'', 17 dicembre 1999, p. 17.</ref>. In tale complesso contesto denso di doppi e tripli giochi, anche la stessa figura di Mario Toffanin sarebbe da riconsiderare: alcuni lo vedrebbero addirittura come agente dei tedeschi<ref>Sull'inchiesta di Mastelloni e le ipotesi su Toffanin, Gian Antonio Stella, ''Porzus. La grande trappola'', in ''Corriere della Sera'', 27 agosto 1997, p. 27.</ref>.<br />
<br />
== Le malghe di Porzûs come bene di interesse culturale ==<br />
Il [[18 gennaio]] [[2010]] la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia emise un decreto che rendeva di "interesse culturale" il "bene denominato Malghe di Porzûs", ma a seguito di una serie di polemiche derivanti dal contenuto della relazione storica allegata, il provvedimento venne revocato dal [[Ministero per i Beni e le Attività Culturali|ministro per i beni culturali ed ambientali]] ''pro tempore'', [[Sandro Bondi]]<ref>Il [[9 maggio]] [[2010]], durante una conferenza stampa, l'onorevole [[Carlo Giovanardi]] contestò la correttezza della "''Relazione storica''" allegata al decreto, affermando che alcuni dei contenuti della stessa sembravano ripresi da [[Wikipedia]]. In merito si veda [http://lanostrastoria.corriere.it/2010/05/il-pasticcio-ministeriale-sull.html ''Il pasticcio ministeriale sull'eccidio di Porzus''], articolo de [[Il Corriere della Sera]], 27 maggio 2010. Il [[25 maggio]] anche il quotidiano cattolico [[Avvenire]] - attraverso un editoriale delle storico [[Paolo Simoncelli]] ([http://www.avvenire.it/Cultura/strage+porzus+simoncelli_201005261015186330000.htm ''Sulla strage di Porzûs strane ipocrisie''], 26 maggio 2010), denunciò come erronea la versione dei fatti fornita dal decreto. Secondo Simoncelli la ricostruzione non rese giustizia di quanto storicamente accaduto e successivamente condannato dai tribunali. A questo articolo fecero seguito diversi interventi sui quotidiani nazionali. Per la revoca del provvedimento, si veda [http://www.avvenire.it/Cultura/CASO+PORZS_201005280751198000000.htm ''Porzûs, il ministero cambia rotta''], in [[Avvenire]], 28 maggio 2010</ref>. Corretta la relazione storica, il decreto fu reiterato a novembre dello stesso anno<ref>[http://www.anvgd.it/notizie/10421-27-nov-giovanardi-corretta-relazione-su-malghe-porzus ''Giovanardi: corretta la relazione storica sugli avvenimenti delle Malghe di Porzus'', ''[[ANSA]] 26 novembre 2010.]</ref>.<br />
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Da tempo è stato avviato l<nowiki>'</nowiki>''iter'' procedurale per dichiarare le malghe di Porzûs [[monumento nazionale]]<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/2011/febbraio/04/malghe_Porzus_siano_dichiarate_monumento_co_9_110204054.shtml Antonio Corioti, ''Le malghe di Porzûs siano dichiarate monumento nazionale'', in ''Corriere della Sera'', 4 febbraio 2011.]</ref>. Alcuni dirigenti dell'ANPI si sono opposti all'iniziativa, così come si sono opposti alla proposta di intitolare alcune vie cittadine ai "martiri di Porzûs"<ref>E' il caso di Giorgio Coianiz, presidente della sezione di San Giorgio di Nogaro (UD) dell'ANPI, che ha inviato una lettera aperta a tutti i consiglieri comunali del suo paese, nonché ai consiglieri della provincia, stigmatizzando quelli che a suo parere appaiono dei tentativi "beceri e populisti" di "riseminare odio". Si veda in merito ''L'ANPI scrive ai politici: su Porzûs non siet informati'', in ''Messaggero Veneto'', 19 agosto 2010.</ref>.<br />
<br />
==La memoria==<br />
L'Associazione Partigiani Osoppo-Friuli - nata nel 1947 e non facente parte dell'ANPI, bensì della [[Federazione Italiana Volontari della Libertà]] - fin dai primi tempi della propria fondazione ha mantenuto vivo il ricordo dell'eccidio di Porzûs. Da svariati anni - in occasione dell'anniversario dell'assalto gappista - viene quindi organizzata una cerimonia direttamente alle malghe di Topli Uork, in genere accompagnata da altre manifestazioni di tipo storico/rievocativo o commemorativo, quali mostre, convegni, presentazione di libri, messe e concerti. Nel periodo estivo viene invece organizzato un incontro al Bosco Romagno, a ricordare gli osovani qui trucidati<ref>Si veda il [http://www.partigianiosoppo.it/easynet/Frameset.asp?CODE=PartigianiOsoppo&FROMSTART=TRUE sito ufficiale] dell'Associazione.</ref>. Entrambe le manifestazioni sono state variamente contrastate e contestate da vari gruppi della sinistra estrema oltre che dall'ANPI, argomentando in genere - in anni più recenti - riportando le teorie complottiste di Alessandra Kersevan<ref>[http://messaggeroveneto.gelocal.it/cronaca/2012/02/11/news/napolitano-a-porzus-l-anpi-la-visita-chiuda-le-polemiche-1.3169215 Ilaria Purassanta, ''Napolitano a Porzûs. L’Anpi: «La visita chiuda le polemiche»'', in ''Messaggero Veneto'', 11 febbraio 2012.] In questo articolo si riporta l'opinione di Federico Vincenti, presidente dell'ANPI per la provincia di Udine, che fra l'altro ha dichiarato: ''"(...) la strage alle malghe è imputabile a Mario Toffanin. La responsabilità è sua e invece hanno cercato di infangare il comandante e il commissario della Garibaldi e peraltro i loro diffamatori sono stati condannati di recente dal tribunale. È ora di finirla con il revisionismo storico che ha colpito e umiliato la nostra Resistenza friulana, una delle più forti in Europa.</ref><ref>[http://www.cobaspisa.it/foibe-e-revisionismo-storicopolitico/ ''Foibe e revisionismo storico/politico'', dal sito dei COBAS di Pisa.]</ref><ref>[http://www.contropiano.org/it/archivio-news/documenti/item/9219-porzus-lettera-aperta-al-presidente-napolitano Alessandra Kersevan, ''Porzus. Lettera aperta al presidente Napolitano'', dal sito ''Contropiano.org. Settimanale comunista online''.]</ref>. Solo nel 2006 un rappresentante dell'ANPI, a titolo personale, ha partecipato alla cerimonia alle malghe.<br />
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==Porzûs e [[Pier Paolo Pasolini]]==<br />
[[File:Guido Pasolini.jpg|thumb|upright|Guido Pasolini "Ermes"]]<br />
L'eccidio delle malghe di Porzûs venne varie volte rievocato da Pier Paolo Pasolini, che vi perse il fratello Guido, cui era legatissimo. Il problema del rapporto fra osovani e garibaldini era stato esplicitato da Guido in una celebre lettera al fratello del 27 novembre 1944 (il testo è riportato per estratto, con la punteggiatura ed eventuali errori originali secondo il metodo della trascrizione diplomatica):<br />
{{quote|Pier Paolo Carissimo: (...) ti metto senz'altro al corrente della nostra situazione come si presenta alla data di oggi 27 Novembre. (...) Si riorganizza la brigata: in breve tempo raggiungiamo i 600 uomini nella vallata Attimis-Subit. Si entra in contatto con i mandanti delle 2 brigate Garibaldi che fiancheggiano il nostro schieramento: si forma la divisione Garibaldi-Osoppo, si firma un patto di amicizia con gli sloveni che, slealmente hanno cominciato la propaganda slovena nel territorio da noi occupato. (...) In quegli stessi giorni giunge una missione slovena inviata da Tito: si propone l'assorbimento della nostra divisione da parte della Armata slovena: ci fanno capire fra l'altro che qualora facessimo parte dell'esercito sloveno eviteremmo il disarmo. Il comandante di divisione Sasso (un garibaldino) tentenna, il vice comandante Bolla (Osoppo) pone un energico rifiuto. Gli sloveni se ne vanno scontenti. Il comandante Sasso promette solennemente a Bolla (...) che della questione non si sarebbe più parlato. (...) I presidi garibaldini fanno di tutto per demoralizzarci e indurci a togliere le mostrine tricolore (A [Memino] un commissario garibaldino mi punta sulla fronte la pistola perché gli ho gridato in faccia che non ha idea di che cosa significhi essere "Uomini liberi", e che ragionare come un federale fascista [infatti nelle file garibaldine si è "liberi" di dire bene del comunismo], altrimenti sei trattato come "Nemico del proletario" (Nientemeno!) oppure "Idealista che succhia il sangue del popolo" (senti che roba!)) A fronte alta dichiariamo di essere italiani e di combattere per la bandiera italiana, non per lo "straccio" russo. (...) Gli sloveni frattanto approfittano della situazione ed entrano in trattative col comando garibaldino (si riparla dell'antico progetto di assorbimento delle nostre formazioni da parte slovena) Bolla strepita: ma oramai non ha più l'autorità che novecento uomini pronti a tutto gli davano ... Il delegato sloveno fa comprendere a Bolla che la sua presenza non è gradita ai colloqui, Bolla raccoglie i suoi uomini e si allontana dignitosamente. Raggiungiamo la zona Prosenicco-Subit-Porzus e quivi ci riorganizziamo. Passano una ventina di giorni. Frattanto Enea (lasciato a Codromaz come osservatore) ci fa sapere che i garibaldini lo hanno rassicurato (la notizia dell'accordo con gli sloveni viene solennemente smentita) ... Ci raggiunge a Porzus: siamo al 2 novembre. Il giorno dopo giunge al nostro comando il comandante della divisione "Garibaldi" Sasso. Ha un lungo colloquio con Bolla (smentisce di nuovo solennemente la notizia dell'accordo con Tito e promette che mai più ne riparlerà) tenta di riconciliarsi con la brigata Osoppo oramai riorganizzata... Il 7 novembre, anniversario della rivoluzione russa per tutti i reparti garibaldini si festeggia l'avvenuta unione con le truppe slovene. L'accordo era stato firmato prima delle famose solenni smentite!!! Gran parte però dei garibaldini non voleva l'accordo (deciso da pochi uomini) molti piangono di rabbia e non vogliono sostituire la stella rossa alla stella tricolore. Alcuni ottengono di passare nelle file dell'Osoppo e ci raccontano che i commissari garibaldi hanno iniziato una propaganda di intimidazione fra i reparti... Una delle clausole dell'accordo con gli sloveni è la seguente: I reparti garibaldini si impegnano di effettuare una leale propaganda in favore degli sloveni e di mobilitare la popolazione maschile nelle zone sotto il loro controllo. I mobilitati non possono far parte di formazioni italiane ma devono entrare in reparti sloveni! Quattro giorni fa si presenta al nostro comando il famigerato commissario Vanni: dichiara al nostro comandante Bolla: "Per ordine del maresciallo Tito la prima brigata Osoppo deve sgomberare la zona (territorio di influenza slovena) a meno che non acconsenta ad entrare nelle formazioni slovene" Siamo arrivati dunque al vertice della parabola: come andrà a finire? Udine è a 12-16 km di distanza. La nostra parola d'ordine per ora è di rispondere ad una sleale propaganda anti-italiana con una propaganda più convincente.(...) dovresti scrivere qualche articolo che fa al caso nostro (...) con qualche poesia magari, in italiano e friulano (...) Negli articoli cerca appena di sfiorare gli argomenti suaccennati: devi essere un italiano che parla agli italiani. Mi dimenticavo: i commissari garibaldini (la notizia ci giunge da fonte non controllata) hanno intenzione di costruire la repubblica (armata) sovietica del Friuli: pedina di lancio per un la bolscevizzazione dell'Italia!! Ti mando una copia del programma del partito d'azione al quale ho aderito con entusiasmo (...) è bene che tu sappia com'è la situazione anche perché ho bisogno se non altro dei tuoi consigli. Comprendo perfettamente che molto probabilmente tu non hai avrai né tempo né voglia di compilare gli articoli su accennati comunque se hai intenzione di farli: falli al più presto (...) Se non altro almeno scrivi a me qualche riga ... Ti bacio con grandissimo affetto. Guido (...)|Guido Pasolini al fratello Pierpaolo, 27 novembre 1944<ref>Pier Paolo Pasolini, Nico Naldini (cur.), ''Lettere'', Vol. I, Einaudi, Torino 1986, pp. LXVIII ss. Il testo completo è il seguente: Pier Paolo Carissimo: Quanto ti scriverò in questa lettera ti stupirà moltissimo: "Ma io non c'entro!" dirai alla fine ponendo facendo uno sconsolato gesto con le mani ... Ne sono pienamente d'accordo. Siccome però una situazione penosissima e grave provoca uno stato d'animo per cui si sente l'assoluta necessità di confidarsi con qualcuno, e d'altra parte "siamo" convinti che tu, con qualche articolo ti ci puoi essere di grande aiuto, avendone d'altra parte ricevuta l'autorizzazione, ti metto al senz'altro al corrente della nostra situazione come si presenta alla dalla data di oggi 27 Novembre. Non dire nulla alla mamma: si spaventerebbe per nulla... Cronaca degli avvenimenti dal 29 luglio ad oggi: 3.000 tedeschi e fascisti in tali giornate iniziano un rastrellamento nella zona della Ia brigata Brigate Osoppo Friuli, (la mia) inizio delle operazione 5 ½ del mattino: attacco di sorpresa nemico (proveniente da Prosenicco) in zona Subit. Una brigata slovena (la 128a ?) che aveva il preciso compito di sbarrare la strada al nemico in questo settore (rappresentante il tergo del nostro schieramento) si ritira senza sparare un colpo di fucile! Risultato: due nostre postazioni di mitraglia in posizione dominante sopra Subit resistono eroicamente fino alle 4 del pomeriggio (60 morti tedeschi); esaurite le munizioni gli uomini si ritirano sul monte Carnizza presidiato dal nostro battaglione Udine. Frattanto si era combattuto anche sulle falde del Carnizza. Da notare che, sull'altro versante del Carnizza aveva sede la IIa brigata Garibaldi. Dopo 5 ore di combattimenti arrivano sul luogo 5 garibaldini con in mitragliatore inglese (Bren): sparano da lontano qualche scarica. Nel tardo pomeriggio giunge sul luogo un pattuglione, sempre garibaldino di 30 uomini, ma i tedeschi avevano ormai desistito dall'empio dall'attacco al Carnizza. Risultato delle operazioni: 200 tedeschi o fascisti caduti o feriti (tutti per parte dell'Osoppo, 1 ferito leggero da parte nostra! A tanta distanza di tempo apprendiamo ora, con nostro grande stupore che furono 30 i garibaldini arrivati sul luogo a cose finite a rovesciare in nostro favore le sorti della battaglia ... (ma questa è cosa da niente ...). Si riorganizza la brigata: in breve tempo raggiungiamo i 600 uomini nella vallata Attimis-Subit. Si entra in contatto con i mandanti delle 2 brigate Garibaldi che fiancheggiano il nostro schieramento: si forma la divisione Garibaldi-Osoppo, si firma un patto di amicizia con gli sloveni che, slealmente hanno cominciato la propaganda slovena nel territorio da noi occupato. Giunge per radio una notizia ad aggravare la situazione: gli inglesi nelle terre liberate, disarmano le formazioni partigiane. A noi dell'Osoppo la notizia non ci fa né caldo né freddo: "Una volta che l'Italia è liberata!...), La cosa sembra invece mettere il fuoco nelle vene in certi commissari garibaldini. Banni (da nessuno autorizzato), commissario di divisione, nella pubblica piazza di Nimis grida le seguenti parole (in un discorso enfatico quanto vuoto di sostanza): “Io vi assicuro che né Russi (la parola è detta di quasi di sfuggita) né Americani né Inglesi (qui la voce tuona) disarmeranno la I° Divisione Garibaldi-Osoppo." In quegli stessi giorni giunge una missione slovena inviata da Tito: si propone l'assorbimento della nostra divisione da parte della Armata slovena: ci fanno capire fra l'altro che qualora facessimo parte dell'esercito sloveno eviteremmo il disarmo. Il comandante di divisione Sasso (un garibaldino) tentenna, il vice comandante Bolla (Osoppo) pone un energico rifiuto. Gli sloveni se ne vanno scontenti. Il comandante Sasso promette solennemente a Bolla (quindi alla nostra brigata) che della questione non si sarebbe più parlato. Ma gli sloveni (è evidente che la cosa [illeggibile] sta loro molto a cuore) non abbandonano la partita e ritornano alla carica. Sempre energico e deciso il contegno di Bolla, ambiguo quello di Sasso (sobillato evidentemente da Vanni) il quale sembra incline ad accettare. Bolla fa presente che qualora avvenisse l'accordo con gli sloveni (per noi sarebbe molto peggio di una battaglia perdita) la brigata Osoppo si sarebbe staccata dalla divisione. Siamo agli ultimi di settembre: la situazione militare è minacciosa. Lo schieramento della divisione troppo avanzato, (siamo quasi in pianura) è debole. Novecento uomini della brigata Osoppo tengono fronte sull'arco di colline: Passo di Monte Croce (tenuto da reparti garibaldini) Savorgnano-Ravosa-Racchiuso. La prima brigata garibaldi (1200 uomini) copre da Nimis alla nostra destra, la IIa Garibaldi (1.000 uomini) copre Faedis alla nostra sinistra. La notte fra il 26 e 27 settembre si inizia un furibondo cannoneggiamento delle nostre posizioni da parte delle artiglierie tedesche (un treno blindato fra Reana-Tricesimo, 2 batterie del forte di Tricesimo, 2 batterie a Pavoletto). Il giorno seguente 2 divisioni tedesche con carri armati attaccano simultaneamente Nimis e Faedis. Alla sera dello stesso giorno (27) carri armati pesanti entrano nei due paesi. Noi, al centro dello schieramento siamo all'oscuro de non sappiamo nulla. La notte continua incessante il martellamento delle artiglierie, la mattina del 28 riprende la pressione tedesca sulle nostre ali: da Faedis su Racchiuso, da Nimis su Monte Croce: Il grosso dei reparti garibaldini si sgancia, noi dell'Osoppo sempre all'oscuro di tutto attendiamo il nemico sulle nostre postazioni ormai avanzatissime. Verso le 3 del pomeriggio i tedeschi sono su monte Croce: puntano su Attimis! (siamo quasi circondati) Frattanto un altro fatto gravissimo: reparti tedeschi da Prosenicco puntano su Subit per con lo scopo di scendere su Attimis e quindi tagliarci la strada della ritirata. Gli sloveni (incaricati di proteggerci le spalle) si ritirano senza sparare un colpo! Le nostre postazioni sopra Subit di copertura vengono sopraffatte dal numero e dai messi. Il paese cade in possesso del nemico: contemporaneamente alla caduta di Passo Monte Croce. Un nostro battaglione rinforzato parte al contrassalto, con eroico furore ributta i tedeschi al di là della montagna. (La Via della ritirata è aperta) Ma le cose erano già precipitate: Garibaldini sbandati con mille notizie false ed esagerate gettano il panico fra le nostre file che finalmente hanno ricevuto l'ordine di ritirata: ("Nulla da fare, i tedeschi sono a Racchiuso e Attimis" "Gettate le armi i comandanti sono fuggiti in borghese" ecc... ecc...) Molti si sbandano, molti riescono a raggiungere Attimis, poi Forame e Subit. Gli ultimi a ripiegare (c'ero anch'io ed il mio comandante Romolo) escono da Attimis quando vi entrano i tedeschi calati da Monte Croce: qualche raffica passa sibilando sulle nostre teste. Inutile che ti descriva la drammatica ritirata notturna (ancora una volta ingannati!: sul monte Joannes est del Carnizza) vi doveva essere un presidio garibaldino: infatti vi troviamo le truppe tedesche schierate come un plotone d'esecuzione (in fila di fronte con le armi spianate): il nostro comandante di brigata Ferruccio cade con 17 compagni. Il vicecomandante di divisione Bolla riesce invece a passare con un 100 uomini: gli altri si sbandano fra i quali io e Romolo. Comincia l'odissea dei dispersi in cerca del loro comandante. I presidi garibaldini fanno di tutto per demoralizzarci e indurci a togliere le mostrine tricolore (A [Memino] un commissario garibaldino mi punta sulla fronte la pistola perché gli ho gridato in faccia che non ha idea di che cosa significhi essere "Uomini liberi", e che ragionare come un federale fascista [infatti nelle file garibaldine si è "liberi" di dire bene del comunismo], altrimenti sei trattato come "Nemico del proletario" (Nientemeno!) oppure "Idealista che succhia il sangue del popolo" (senti che roba!)) A fronte alta dichiariamo di essere italiani e di combattere per la bandiera italiana, non per lo "straccio" russo .... A Codromaz raggiungiamo il comandante Bolla ed Enea, del quale sono diventato amico e dal quale ho saputo i retroscena ecc... ecc... Gli sloveni frattanto approfittano della situazione ed entrano in trattative col comando garibaldino (si riparla dell'antico progetto di assorbimento delle nostre formazioni da parte slovena) Bolla strepita: ma oramai non ha più l'autorità che novecento uomini pronti a tutto gli davano ... Il delegato sloveno fa comprendere di a Bolla che la sua presenza non è gradita ai colloqui, Bolla raccoglie i suoi uomini e si allontana dignitosamente. Raggiungiamo la zona Prosenicco-Subit-Porzus e quivi ci riorganizziamo. Passano una ventina di giorni. Frattanto Enea (lasciato a Codromaz come osservatore) vien ci fa sapere che i garibaldini lo hanno rassicurato (la notizia dell'accordo con gli sloveni viene solennemente smentita) ... Ci raggiunge a Porzus: siamo al 2 novembre. In Il giorno dopo giunge al nostro comando il comandante della divisione "Garibaldi" Sasso. Ha un lungo colloquio con Bolla (smentisce di nuovo solennemente la notizia dell'accordo con Tito e promette che mai più ne riparlerà) tenta di riconciliarsi con la brigata Osoppo oramai riorganizzata... Il 7 novembre, anniversario della rivoluzione russa per tutti i reparti garibaldini si festeggia l'avvenuta unione con le truppe slovene. L'accordo era stato firmato prima delle famose solenni smentite!!! Gran parte però dei garibaldini non voleva l'accordo (deciso da pochi uomini) molti piangono di rabbia e non vogliono sostituire la stella rossa alla stella tricolore. Alcuni ottengono di passare nelle file dell'Osoppo e ci raccontano che i commissari garibaldi hanno iniziato una propaganda di intimidazione fra i reparti la propaganda ... Una delle clausole dell'accordo con gli sloveni è la seguente: I reparti garibaldini si impegnano di effettuare una leale propaganda in favore degli sloveni e di mobilitare la popolazione maschile nelle zone sotto il loro controllo. I mobilitati non possono far parte di formazioni italiane ma devono entrare in reparti sloveni! Quattro giorni fa si presenta al nostro comando il famigerato commissario Vanni: dichiara al nostro comandante Bolla: “Per ordine del maresciallo Tito la prima brigata Osoppo deve sgomberare la zona (territorio di influenza slovena) a meno che non acconsenta ad entrare nelle formazioni slovene” Siamo arrivati dunque al vertice della parabola: come andrà a finire? Udine è a 12-16 km di distanza. Il La nostra parola d'ordine per ora è di rispondere ad una sleale propaganda anti-italiana con una propaganda più convincente. Abbiamo fondato fra gli altri un nuovo giornale: “Quelli del Tricolore”. dovresti scrivere qualche articolo che fa al caso nostro<br />
(non è che noi siamo a corto di argomenti né tanto meno ci manchino gli “scrittori”, ma io sono convinto che tu ci puoi essere di molto aiuto...) con qualche poesia magari, in italiano e friulano (non traduzione), qualche canzone su arie note,<br />
pure in italiano e friulano ecc.... ecc.... Negli articoli cerca appena di sfiorare gli argomenti suaccennati: devi essere un italiano che parla agli italiani. Mi dimenticavo: i commissari garibaldini (la notizia ci giunge da fonte non controllata) hanno intenzione di costruire la repubblica (armata) sovietica del Friuli: pedina di lancio per un la bolscevizzazione dell'Italia!! Ti mando una copia del programma del partito d'azione al quale ho aderito con entusiasmo (quanti ho conosciuto del P.A. Sono persone onestissime miti e leali: verri italiani: Enea rassomiglia moltissimo a Sara). Naturalmente tutta questa tirata ti ha annoiato moltissimo ma è bene che tu sappia com'è la situazione anche perché ho bisogno se non altro dei tuoi consigli. Comprendo perfettamente che molto probabilmente tu non hai avrai né tempo né voglia di compilare gli articoli su accennati comunque se hai intenzione di farli: falli al più presto e dalli a Berto per busta chiusa ed avverti (può farlo la mamma) della avvenuta consegna Elda Paravano che a sua volta andrà a ritirare ogni cosa a Udine ecc... ecc... Se non altro almeno scrivi a me qualche riga ... Ti bacio con grandissimo affetto. Guido<br>P.S. Di alla mamma che nel caso avesse qualche altra cosa da mandarmi (Guanti, calzettoni, naftalina), vi aggiunga un fazzoletto tricolore ed uno verde ... Saluta tutti e se vedi Renato accennagli quanto ti ho scritto... Non ho il tempo di rileggere la lettera devo partire per la montagna <u>immediatamente</u>. La lettera è scaricabile in trascrizione diplomatica on-line dal sito dell'Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia [http://www.insmli.it/pubblicazioni/84/letguipas441127_or.pdf]</ref>}}<br />
Il 21 giugno 1945, il corpo di Guido Pasolini - riesumato in località Bosco Romagno - viene portato a [[Casarsa della Delizia|Casarsa]], e lì tumulato: per l'occasione Pier Paolo compone un elogio funebre, nel quale fra l'altro afferma:<br />
{{quote|Quanto sia il dolore di mia madre, mio, e di tutti questi fratelli e madri e parenti non mi sento ora di esprimere. Certo è una realtà troppo grande, questa di saperli morti, per essere contenuta nei nostri cuori di uomini. (...) Io per mio fratello posso dire che è stata la sorte del suo corpo entusiasta che l’ha ucciso e che egli non poteva sopravvivere al suo entusiasmo. Ora, gli ideali per cui è morto, il suo dolcissimo tricolore, se lo hanno rapito in un silenzio che non è ormai più nostro. E con lui tutti i suoi eroici compagni. E solo noi, loro parenti, possiamo piangerli pur non negando che ne siamo orgogliosi, pur restando convinti che senza il loro martirio non si sarebbe trovata la forza sufficiente a reagire contro la bassezza, e la crudeltà e l’egoismo, in nome di quegli ideali per cui essi sono morti. (...) Ma noi alla società non chiediamo lacrime, chiediamo giustizia.|Pier Paolo Pasolini, 21 giugno 1945<ref>Il testo completo in [[Enzo Siciliano]], ''Vita di Pasolini'', Mondadori, Milano 2005, pp. 105-106.</ref>}}<br />
In una lettera del 21 agosto 1945 indirizzata all'amico poeta Luciano Serra, Pier Paolo così ricostruì la vicenda:<br />
{{quote|essendo stato richiesto a questi giovani, veramente eroici, di militare nelle file garibaldino-slave, essi si sono rifiutati dicendo di voler combattere per l'Italia e la libertà; non per Tito e il comunismo. Così sono stati ammazzati tutti, barbaramente<ref>Pier Paolo Pasolini, ''Guido voleva combattere per la libertà, non per il comunismo'', in ''Lettere agli amici'', Guanda 1976</ref>.}}<br />
Lo stesso mese scriverà nel suo diario denominato ''Stroligut'' la seguente poesia per il fratello:<br />
{{quote|La libertà, l'Italia<br>e chissà Dio quale destino disperato<br>ti voleva<br>dopo aver vissuto e patito<br>in questo silenzio.<br>Quando i traditori nelle battaglie<br>bagnavano di sangue generoso la neve,<br>"Scappa - ti hanno detto - non tornare lassù"<br>Ti potevi salvare,<br>ma tu<br>non hai lasciato soli<br>i tuoi compagni a morire<br>"Scappa torna indietro<br>Ti potevi salvare,<br>ma tu<br>sei tornato lassù,<br>camminando.<br>Tua madre, tuo padre, tuo fratello<br>lontano<br>con tutto il tuo passato e la tua vita infinita,<br>in quel giorno noi sapevamo<br>che qualcosa più grande di loro<br>ti chiamava<br>col tuo cuore innocente.|Pier Paolo Pasolini, ''Corus in morte di Guido'', 1945<ref>Il testo in [http://www.pasolini.net/vita02.htm Massimiliano Valente, Anna Molteni, ''Pier Paolo Pasolini. La vita. La seconda guerra mondiale. La morte del fratello Guido. Pasolini dal 1945 al 1949'', dal sito www.pasolini.net.]</ref>|La livertat, l'Itaia<br>e quissa diu cual distin disperat<br>a ti volevin<br>dopu tant vivut e patit<br>ta quistu silensiu<br>Cuant qe i traditours ta li Baitis<br>a bagnavin di sanc zenerous la neif,<br>"Sçampa - a ti an dita - no sta tornà lassù"<br>I ti podevis salvati,<br>ma tu<br>i no ti às lassat bessòi<br>i tu cumpains a murì.<br>"Sçampa, torna indavour"<br>I te podevis salvati<br>ma tu<br>i ti soso tornat lassù,<br>çaminant.<br>To mari, to pari, to fradi<br>lontans<br>cun dut il to passat e la to vita infinida,<br>in qel dì a no savevin<br>qe alc di pì grant di lour<br>al ti clamava<br>cu'l to cour innosent.|lingua=fur}}<br />
La condanna dell'eccidio e dei suoi autori fu netta: in una lettera al direttore del ''Mattino del Popolo'' dell'8 febbraio 1948, il poeta invitò perentoriamente:<br />
{{quote|I miei compagni comunisti farebbero bene, io credo, ad accettare la responsabilità, a prepararsi a scontare, dato che questo è l’unico modo per cancellare quella macchia rossa di sangue che è ben visibile sul rosso della loro bandiera.|Pier Paolo Pasolini, 1948<ref>La lettera in Pier Paolo Pasolini, Nico Naldini (cur.), ''Un paese di temporali e di primule'', Guanda, Parma 1993, p. 183.</ref>}}<br />
{|id="" style="clear:both; float:right; margin-top: 0.5em; margin-left: 0.5em; margin-bottom: 0.5em; text-align:Left; width:200px; background-color:#FFFFE0; border:1px solid gray; font-size:80%; padding:5px; -moz-border-radius: 0.7em"<br />
|Pier Paolo Pasolini<br><br />
;'''"Vittoria"'''<br />
(...)<br><br />
Se ne vanno<br><br />
aiuto si voltano le schiene<br><br />
le loro schiene<br><br />
sotto le eroiche giacche<br><br />
di mendicanti di disertori<br><br />
sono così serene le montagne<br><br />
verso cui ritornano batte<br><br />
così leggero il mitra<br><br />
sul loro fianco al passo<br><br />
che è come quello<br><br />
di quando cala il sole<br><br />
sulle intatte<br><br />
forme della vita<br><br />
tornata uguale<br><br />
nel basso e nel profondo<br><br />
aiuto se ne vanno<br><br />
tornano ai loro silenti giorni<br><br />
di Marzabotto o di via Tasso<br><br />
con la testa spaccata<br><br />
la nostra testa<br><br />
tesoro umile della famiglia<br><br />
grossa testa di secondo genito<br><br />
mio fratello riprende<br><br />
il sanguinoso sonno<br><br />
solo tra le foglie secche<br><br />
e i caldi fieni<br><br />
d'un bosco delle prealpi<br><br />
nel dolore e la pace<br><br />
d'un interminabile domenica<br><br />
eppure<br><br />
questo è un giorno di vittoria.<br><br />
|}<br />
Nella risposta ad un lettore della rivista ''Vie Nuove'' del 15 luglio 1961, Pasolini scrisse:<br />
{{quote|Sulle montagne, tra il Friuli e la Jugoslavia, Guido combatté a lungo, valorosamente, per alcuni mesi: egli si era arruolato nella divisione Osoppo, che operava nella zona della Venezia Giulia insieme alla divisione Garibaldi. Furono giorni terribili: mia madre sentiva che Guido non sarebbe tornato più. Cento volte egli avrebbe potuto cadere combattendo contro i fascisti e i tedeschi: perché era un ragazzo di una generosità che non ammetteva nessuna debolezza, nessun compromesso. Invece era destinato a morire in un modo più tragico ancora.<br /><br />
Lei sa che la Venezia Giulia è al confine tra l’Italia e la Jugoslavia: così, in quel periodo, la Jugoslavia tendeva ad annettersi l’intero territorio e non soltanto quello che, in realtà, le spettava. È sorta una lotta di nazionalismi, insomma. Mio fratello, pur iscritto al Partito d’Azione, pur intimamente socialista (è certo che oggi sarebbe stato al mio fianco), non poteva accettare che un territorio italiano, com’è il Friuli, potesse esser mira del nazionalismo jugoslavo. Si oppose, e lottò.<br /><br />
Negli ultimi mesi, nei monti della Venezia Giulia la situazione era disperata, perché ognuno era tra due fuochi. Come lei sa, la Resistenza jugoslava, ancor più che quella italiana, era comunista: sicché Guido, venne a trovarsi come nemici gli uomini di Tito, tra i quali c’erano anche degli italiani, naturalmente le cui idee politiche egli in quel momento sostanzialmente condivideva, ma di cui non poteva condividere la politica immediata, nazionalistica.<br /><br />
Egli morì in un modo che non mi regge il cuore di raccontare: avrebbe potuto anche salvarsi, quel giorno: è morto per correre in aiuto del suo comandante e dei suoi compagni. Credo che non ci sia nessun comunista che possa disapprovare l’operato del partigiano Guido Pasolini. Io sono orgoglioso di lui, ed è il ricordo di lui, della sua generosità, della sua passione, che mi obbliga a seguire la strada che seguo. Che la sua morte sia avvenuta così, in una situazione complessa e apparentemente difficile da giudicare, non mi dà nessuna esitazione. Mi conferma soltanto nella convinzione che nulla è semplice, nulla avviene senza complicazioni e sofferenze: e che quello che conta soprattutto è la lucidità critica che distrugge le parole e le convenzioni, e va a fondo nelle cose, dentro la loro segreta e inalienabile verità<ref>''Vie Nuove'', n. 28, anno XVI, 15 luglio 1961.</ref>}}<br />
<br />
Pier Paolo Pasolini - ricordandone la tragica fine - dedicherà a Guido la poesia ''Vittoria'', in occasione della ricorrenza del 25 aprile 1964<ref>Pier Paolo Pasolini, "Vittoria", in ''Poesia in forma di rosa'', Garzanti, Milano 1964</ref>.<br />
<br />
Presso l'archivio del seminario vescovile di Udine venne infine ritrovata una poesia inedita dedicata a Guido dal fratello, probabilmente composta nell'immediatezza della notizia della sua morte:<br />
{{quote|(...) No, Guido, non salire!<br>Non ricordi più il tuo nome? Ermes, ritorna indietro,<br>davanti c'è Porzus contro il cielo<br>ma voltati, e alle tue spalle<br>vedrai la pianura tiepida di luci<br>tua madre lieta, i tuoi libri.<br>Ah Ermes non salire,<br>spezza i passi che ti portano in alto,<br>a Musi è la via del ritorno,<br>a Porzus non c'è che azzurro. (...)|Pier Paolo Pasolini, 1945 (?)<ref>Il testo è riportato in estratto da [http://archiviostorico.corriere.it/1997/marzo/16/rossi_uccisero_partigiano_co_0_97031614639.shtml Dario Fertilio, ''E i rossi uccisero il partigiano'', in ''Corriere della Sera'', 16 marzo 1997, p. 35.] La poesia completa in Giovanni Falaschi, ''La letteratura partigiana in Italia 1943-1945'', Editori Riuniti, Roma 1984, p. 264.</ref>}}<br />
<br />
== Note ==<br />
{{references|2}}<br />
<br />
== Bibliografia ==<br />
* Gianfranco Bianchi, Silvano Solvani (cur.), ''Per rompere un silenzio più triste della morte. Il processo di Porzûs. Testo della sentenza 30.04.1954 della Corte d'Assise d'Appello di Firenze'', La Nuova Base Editrice, Udine 2012 (prima ed. ivi 1983)<br />
* Alberto Buvoli, ''Le formazioni Osoppo Friuli. Documenti 1944-45'', Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione, Udine 2003<br />
* [[Marina Cattaruzza]], ''L'Italia e il confine orientale'', Il Mulino, Bologna 2007<br />
* Marco Cesselli, ''Porzûs due volti della Resistenza'', La Pietra, Milano 1975<br />
* [[Primo Cresta]], ''[[Un partigiano dell'Osoppo al confine orientale]]'', [[Del Bianco Editore]], Udine [[1969]]<br />
* Daiana Franceschini, ''Porzûs. La Resistenza lacerata'', Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione del Friuli-Venezia Giulia, Trieste 1998<br />
* [[Sergio Gervasutti]], ''Il giorno nero di Porzus, la stagione della Osoppo'', Marsilio, Venezia 1997<br />
* Patrick Karlsen, ''Frontiera rossa. Il PCI, il confine orientale e il contesto internazionale 1941-1955'', Libreria Editrice Goriziana, Gorizia 2010.<br />
* Alessandra Kersevan, ''Porzûs, Dialoghi sopra un processo da rifare'', Edizioni Kappa Vu, Udine 1995<br />
* Antonio Lenoci, ''Porzûs. La Resistenza tradita'', Laterza, Bari 1998<br />
* Giovanni Padoan "Vanni", ''Abbiamo lottato insieme. Partigiani italiani e sloveni al confine orientale'', Del Bianco, Udine 1965<br />
* Giovanni Padoan "Vanni", ''Porzûs. Strumentalizzazione e verità storica'', Edizioni della Laguna, Mariano del Friuli 2000<br />
* Tommaso Piffer (cur.), ''Porzûs. Violenza e Resistenza sul confine orientale'', Il Mulino, Bologna 2012<br />
<br />
==Collegamenti esterni==<br />
* [http://www.storiain.net/arret/num62/artic1.htm Paolo Deotto, ''Strage di Porzûs: un'ombra cupa sulla Resistenza'']<br />
<br />
== Voci correlate ==<br />
* [[Brigata Osoppo]]<br />
* [[Friuli]]<br />
* [[Resistenza italiana]]<br />
<br />
{{Portale|Friuli-Venezia Giulia|Storia}}<br />
{{Antifascismo}}<br />
<br />
[[Categoria:Stragi commesse in Italia durante la seconda guerra mondiale|Porzûs]]<br />
[[Categoria:Storia del Friuli]]<br />
[[Categoria:Brigate Garibaldi| Eccidio, Por]]<br />
[[Categoria:Brigate Osoppo| Eccidio, Por]]<br />
[[Categoria:Resistenza italiana| Eccidio, Por]]<br />
<br />
[[en:Porzûs massacre]]<br />
[[fur:Ecidi di Porçûs]]</div>Pigr8https://de.wikipedia.org/w/index.php?title=Pakistan_Navy&diff=183277020Pakistan Navy2011-11-01T21:35:20Z<p>Pigr8: /* External links */ interlink</p>
<hr />
<div>{{Pakistan Navy}}<br />
The '''Pakistan Navy''' ({{lang-ur| '''پاک بحریہ'''}}, ''Pak Bahr'ya'') ('''PN''') is the naval warfare/service branch of the [[Pakistan Armed Forces]]. Pakistan's Navy is responsible for Pakistan's {{Convert|1046|km|sigfig=3}} coastline along the Arabian Sea and the defense of important civilian harbors and military bases. Navy Day is celebrated on [[September 8]] in commemoration of the [[Indo-Pakistani War of 1965]].<ref>[http://pakistantimes.net/2005/09/06/top2.htm Pakistan Times &#124; Top Story: Defence Day in Pakistan today; President, PM ask nation to imbibe spirit of ’65 War]</ref><br />
<br />
The Pakistan Navy's current and primary role is to protect country's economical and military interests at home and abroad, executing the foreign and defence policies of Pakistan Government through the exercise of military effect, diplomatic activities and other activities in support of these objectives.<ref name="Pakistan Navy Public and Military Affairs ">{{Cite web<br />
| last =PN<br />
| first =Pakistan Navy<br />
| authorlink =<br />
| coauthors =<br />
| title =Pakistan Navy: Roles and Function<br />
| work =Naval Inter-Service Public Relation (Naval ISPR)<br />
| publisher =Pakistan Navy Public and Military Affairs<br />
| date =18 March 2008<br />
| url =http://www.paknavy.gov.pk/roles_functions.htm<br />
| doi =<br />
| accessdate =2011 }}</ref><ref>{{Cite journal<br />
| last =Khan, Pakistan Navy (retired), current research officer at Pakistan Naval War College<br />
| first =Commander Muhammad Azam <br />
| authorlink = <br />
| coauthors = <br />
| title =Options for Pakistan Navy: § Pakistan Navy: A sentinel for energy and economic security<br />
| journal = <br />
| volume = <br />
| issue = <br />
| pages =7 <br />
| publisher =Commander Muhammad Azam Khan, retired. Current, research officer at the Pakistan Naval War College <br />
| location =[[United States Naval Academy]] <br />
| year =2011 <br />
| url =http://docs.google.com/viewer?a=v&q=cache:07Y3Irx3AO8J:www.usnwc.edu/getattachment/cc6209f2-7f01-4bb7-ac24-8c301c62f015/S-2--Options-for-the-Pakistan-Navy+pakistan+navy+in+space+program&hl=en&gl=us&pid=bl&srcid=ADGEESiCaTe2oeJ2JwqKQE0UX8j-cw-UPdVfozoMAwRfsYewXAXeayLVIPxn2TyMVcGTW9A_BdSqACZjpRhb8_u-EfL-kslbz7CXPTIr9PZBtAguv97XWyY4K4fsg2utDUL8dmXdtmjg&sig=AHIEtbTIXTgr9LKaJv5Fbgnj_ftn-1MQzw <br />
| jstor = <br />
| issn = <br />
| doi = <br />
| id = <br />
| mr = <br />
| zbl = <br />
| jfm = <br />
| accessdate = }}</ref> As for the 21st century, the Pakistan Navy also focuses on global expeditionary operations, and played a vital role in the establishment of [[Pakistan Antarctic Programme]].<ref>Mills, J.M. (2003). Exploring polar frontiers: a historical encyclopedia. 1 (A–M). Santa Barbara: ABC-CLIO.</ref><ref>{{Cite web<br />
| last =PN<br />
| first =Pakistan Navy<br />
| authorlink =<br />
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| title =Pakistan Navy: Hydrography<br />
| work =Naval Inter-Service Public Relation (Naval ISPR)<br />
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| doi =<br />
| accessdate =2011 }}</ref> {{As of|2011}}, there are [[Pakistan Navy#Fleet composition|11 combatant ships]] in Pakistan Navy, including 30 aircraft, 20 helicopters, [[dock landing ship]], [[Pakistan Navy#Fleet composition|4 minehunters]], 12 missile boats, 12 hovercraft (used by Marines), 11 combatant frigates, 1 destroyer, 5 submarines, 8 auxiliary ships, a research vessel, and Missile guided vessel.<br />
<br />
The Pakistan Navy is also supported by [[Pakistan Coast Guard]], [[Pakistan Marines]], and the [[Maritime Security Agency]], the paramilitary division of Pakistan Navy.<ref name="Pakistan Military Consortium ">{{Cite web<br />
| last =Khan<br />
| first =Captain Hassan<br />
| authorlink =<br />
| coauthors =<br />
| title =Pakistan Navy: Strength<br />
| work =Pakistan Military Consortium<br />
| publisher =Pakistan Military Consortium<br />
| date =18 March 2008<br />
| url =http://www.pakdef.info/pakmilitary/navy/command.html<br />
| doi =<br />
| accessdate =2011 }}</ref> {{As of|2011}}, the Pakistan Navy has approximately numbered 25,000 active duty regulars, 5,000 in Navy reserves.<ref name="Pakistan Military Consortium "/> In addition, there are 2,000 regular reserves in Maritime Security Agency, 2,500 active duty regulars in Coast Guards, and 1,200 active duty members in Marines.<ref name="Pakistan Military Consortium "/> In its recent times, the Pakistan Navy is currently undergoing extensive [[Pakistan Navy#Frigates|modernisation and expansion]] as [[Pakistan's role in the War on Terror|part]] of its in the [[War on Terror]]. Since 2001, the Pakistan Navy has increased and expanded its operational scope and has been given greater national and international responsibility in countering the threat of sea-based global terrorism, drug smuggling and trafficking issues.<ref name="Bilal H. Khan Pakistan Military Consortium ">{{Cite web<br />
| last =Khan<br />
| first =Bilal H.<br />
| authorlink =<br />
| coauthors =<br />
| title =Pakistan Navy Modernization Program<br />
| work =Pakistan Military Consortium<br />
| publisher =Bilal H. Khan Pakistan Military Consortium<br />
| date =18 March 2008<br />
| url =http://www.pakdef.info/pakmilitary/navy/pn_modernization.html<br />
| doi =<br />
| accessdate =2011 }}</ref> Since 2004, Pakistan Navy became a member of the primarily NATO (North Atlantic Treaty Organization) Combined Task Force – 150 (CTF-150).<ref name="Bilal H. Khan Pakistan Military Consortium "/><br />
<br />
The [[Constitution of Pakistan|Constitution]] of Pakistan has allowed [[President of Pakistan]] as the civilian Commander-in-Chief. The Chief of Naval Staff (CNS), by statute a four star admiral, appointed by the President with the consultation and confirmation needed from the [[Prime minister of Pakistan]]. The Chief of Naval Staff is subordinate to the civilian [[Defence Minister of Pakistan|Defence Minister]] and [[Defence Secretary of Pakistan|Secretary Defence]], commands the Navy.<br />
<br />
==History==<br />
The foundation of the Royal Pakistan Navy came a day after the independence of [[Pakistan]] on 15 August 1947. The Armed Forces Reconstitution Committee (AFRC) divided the [[Royal Indian Navy]] between both India and Pakistan. The Royal Pakistan Navy secured two [[sloop]]s, two [[frigate]]s, four minesweepers, two [[naval trawler]]s, four harbor launches and some 358 personnel (180 officers and 34 [[Naval rating|ratings]]) and was given a number of [[Harbour Defence Motor Launch|harbour defence motor launches]]. It was also given a high percentage of the [[river delta|delta]] areas on the Pakistan coast.<br />
<br />
{{cquote|''“ Today is a historic day for Pakistan, doubly so for those of us in the Navy. The Dominion of Pakistan has come into being and with it a new Navy – the Royal Pakistan Navy – has been born. I am proud to have been appointed to command it and serve with you at this time. In the coming months, it will be my duty and yours to build up our Navy into a happy and efficient force.”'' [[Muhammad Ali Jinnah]], the founder of [[Pakistan]].<ref>[http://www.paknavy.gov.pk/history.htm Muhammad Ali Jinnah, addressing the Naval Academy in March 1948.]{{dead link|date=May 2011}}</ref>}}<br />
<br />
===The beginning===<br />
[[File:Shamsher Pakistan SLV Green 1951.jpg|thumb|left|Frigate Shamsher in 1951]]<br />
<br />
The Royal Pakistan Navy saw no action during the [[Indo-Pakistani War of 1947]] as all the fighting was restricted to land warfare. In 1956 the [[Islamic Republic]] of Pakistan was proclaimed under the 1956 constitution. The prefix ''Royal'' was dropped and the service was re-designated as the Pakistan Navy, or "PN" for short. The PN Jack and Pakistan flag replaced the [[Colours, standards and guidons#United Kingdom and other Commonwealth nations|Queen's colour]] and the [[White Ensign]] respectively. The order of precedence of the three services changed from [[Navy]], [[Army]], [[Air force]] to Army, Navy, Air Force.<br />
<br />
In February 1956, the [[British government]] announced supplying of several major surface combatants to Pakistan. These warships, a cruiser and four destroyers were purchased with funds made available under the US [[Military Assistance Program]]. The acquisition of a few additional warships from 1956–63, comprising two destroyers, eight coastal minesweepers and an oiler, was the direct result of Pakistan's participation in the anti-[[Communist]] defence pacts of [[SEATO]] and [[CENTO]].<br />
<br />
===Indo-Pakistan war of 1965===<br />
{{Main|Operation Somnath}}<br />
<br />
During the [[Indo-Pakistani War of 1965]], the navy was involved in a conflict for the first time. Apart from carrying out successful bombardment of the coastal town of [[Dwarka|Dwaraka]] – codenamed [[Operation Dwarka]], the navy's submarine [[PNS Ghazi]] was deployed, Pakistan's first submarine and remaining the flagship submarine for Pakistan Navy till deployed against Indian Navy's western fleet at [[Bombay]] (Mumbai) port.<ref>[http://www.defencejournal.com/2000/jan/agosta.htm An Agosta Submarine for Pakistan]</ref><br />
[[File:PNS Ghazi 134 DN-SC-92-03633.JPEG|thumb|Daphne class submarine ''Ghazi'' (S-134)]]<br />
<br />
===Indo-Pakistan war of 1971===<br />
{{Main|Operation Barisal|Submarine operations, 1971|Indo-Pakistani Naval War of 1971}}<br />
[[File:USS Wiltsie (DD-716).jpg|thumb|PNS Nazim which previously took part in the [[Vietnam War|Vietnam]] and [[Korean War]]s with the USN]]<br />
<br />
[[Karachi]], the hub of Pakistan's [[maritime trade]], housed the combatant headquarters of the Pakistan Navy and almost the entire naval fleet. On December 4 the Indian Navy launched a naval attack, [[Operation Trident (Indo-Pakistani War)|Operation Trident]], consisting of 3 [[Osa class missile boat|OSA class]] [[missile boat]]s escorted by two [[anti-submarine]] patrol vessels. Nearing the Karachi port, they detected Pakistani presence and launched their [[SS-N-2 Styx]] anti-ship missiles. The obsolescent Pakistani ships had no viable defence against such missiles<ref>[http://www.defencejournal.com/nov98/angrysea.htm The Angry Sea], ''Defense Journal'', Nov. 1998</ref> and, as a result, the PNS ''Muhafiz'' and PNS ''Khyber'' were both sunk while the PNS Shahjahan was damaged beyond repair.<br />
<br />
On 8 December 1971 the [[PNS Hangor|''Hangor'']], a Pakistani [[Daphné class submarine]], sank the Indian frigate [[INS Khukri (1958)|INS ''Khukri'']] off the coast of Gujarat, India. This was the first sinking of a warship by a submarine since [[World War II]]. 18 officers and 176 sailors of the Indian navy were killed in this operation. The same submarine also damaged another warship, INS Kirpan.<ref name="gs">[http://www.globalsecurity.org/military/world/pakistan/hangor.htm Hangor Class (Fr Daphn]</ref> Attempts were then made by Pakistan to counter the Indian missile boat threat by carrying out bombing raids over Okha harbour, the forward base of the missile boats.<br />
Another Indian attack on the Pakistani coast, named Operation Python, occurred on the night of 8 December 1971. A small group of Indian vessels, consisting of a missile boat and two frigates, approached Karachi. The Indian ships sank the Panamian vessel Gulf Star, while the Pakistan Navy's ''Dacca'' and the British ship SS ''Harmattan'' were damaged.<br />
<br />
Under the direction of former Commander of Navy, Admiral [[Syed Mohammad Ahsan]], the navy's presence in East Pakistan was tripled. A command size naval assets were expanded with an administrative naval units operating in East Pakistan. In 1969, Admiral Ahsan was sent to East Pakistan and became the unified commander of Pakistan Armed Forces in East Pakistan. The Eastern Naval Command posed a significant threat to existing Indian Navy's [[Eastern Naval Command]]. Therefore, Indian Navy launched the [[Operation Jackpot]] to disturb the Eastern High Command and its existence in Eastern wing. With [[East Pakistan]] (now [[Bangladesh]]) having been surrounded on all three sides by the [[Indian Army]], the PN was attempting to prevent Indian access to the coast. The PN's only long range submarine, [[PNS Ghazi|''Ghazi'']], was deployed to the area but, according to neutral sources, it sank en route under mysterious circumstances.<ref>http://books.google.com/books?id=ZcejlMRYNAAC&pg=PA179&dq=PNS+Ghazi&ei=LKdDSKG0H4KijgGs1qG-BQ&sig=9YcFuLJttkAY3wIH965XTx6eU1Y#v=onepage&q=PNS%20Ghazi&f=false</ref> Pakistani authorities state that it sank either due to internal explosion or detonation of mines which it was laying at the time.<ref>{{cite news|last=Joseph|first=Josy |title=Now, no record of Navy sinking Pakistani submarine in 1971|url=http://timesofindia.indiatimes.com/India/Now-no-record-of-Navy-sinking-Pakistani-submarine-in-1971/articleshow/5919209.cms|work=TOI website|publisher=Times Of India|accessdate=28 May 2010|date=12|month=May |year=2010|quote=Pakistani authorities say the submarine sank because of either an internal explosion or accidental blast of mines that the submarine itself was laying around Vizag harbour. }}</ref> The Indian Navy claims to have sank the submarine.<ref>[http://openlibrary.org/b/OL4243900M/No-way-but-surrender No way but surrender: an account of the Indo-Pakistan War in the Bay of Bengal, 1971] By Vice Admiral N. Krishnan (Retd.)</ref><ref>{{cite web|last=Jacob|first=Lt Gen JFR |title=The truth behind the Navy's 'sinking' of Ghazi|url=http://sify.com/news/the-truth-behind-the-navy-s-sinking-of-ghazi-news-columns-kfztj3bhjeh.html|work=sify news website|publisher=sify news}}</ref><ref>{{cite web|last=Jacob|first=Lt Gen JFR |title=The truth behind the Navy's 'sinking' of Ghazi|url=http://sify.com/news/the-truth-behind-the-navy-s-sinking-of-ghazi-news-columns-kfztj3bhjeh.html|work=sify news website|publisher=sify news|accessdate=28 May 2010|date=25|month=05|year=2010|quote= On December 9, the Navy announced that they had sunk the Ghazi on December 4, after the start of the war. Later, officers were decorated for their role and the offensive action of their ships in the sinking of the Ghazi. After the war, however, teams of divers confirmed that it was an internal explosion that sank the Ghazi. The log of the Ghazi was recovered and the last entry as far as I can recall was on November 29, 1971. Sadly, that too has been destroyed. }}</ref><ref>{{cite web|url=http://www.rediff.com/news/2007/jan/22inter.htm|title=The Rediff Interview/Admiral S M Nanda (retd) 'Does the US want war with India?' |last=Sengupta|first=Ramananda|date=22 January 2007|work=Interview|publisher=Rediff|accessdate=26 March 2010|location=India}}</ref> The submarine's destruction enabled the Indian Navy to enforce a blockade on then East Pakistan.<ref name = Defencejournal>{{cite web | title=Maritime Awareness and Pakistan Navy | work=Defence Notes by Commander (Retd) Muhammad Azam Khan | url=http://www.defencejournal.com/2000/mar/maritime.htm | accessdate= May 16, 2005 }}</ref><br />
<br />
The damage inflicted by the [[Indian Navy]] and [[Indian Air Force]] on the PN stood at seven [[gunboat]]s, one [[Minesweeper (ship)|minesweeper]], two [[destroyers]], three patrol crafts belonging to the [[coast guard]], 18 cargo, supply and communication vessels, and large scale damage inflicted on the naval base and docks in the coastal town of Karachi. Three merchant navy ships; Anwar Baksh, Pasni and Madhumathi;<ref>[http://www.irfc-nausena.nic.in/irfc/ezine/Trans2Trimph/chapters/39_transfer%20of%20ships1.htm Utilisation of Pakistan merchant ships seized during the 1971 war]</ref> and ten smaller vessels were captured.<ref name = Orbat>{{cite web | title=Damage Assessment – 1971 INDO-PAK Naval War | work=B. Harry | url=http://www.orbat.com/site/cimh/navy/kills(1971)-2.pdf |format=PDF| accessdate=May 16, 2005}}</ref> Around 1900 personnel were lost, while 1413 servicemen were captured by Indian forces in [[Dhaka]].<ref name = "losses">{{cite web | title=Military Losses in the 1971 Indo-Pakistani War | work=Venik | url=http://www.aeronautics.ru/archive/vif2_project/indo_pak_war_1971.htm | accessdate=May 30, 2005}} {{Dead link|date=September 2010|bot=H3llBot}}</ref> The Indian Navy lost 18 officers and 176 sailors<ref name="gs"/><ref>[http://cities.expressindia.com/fullstory.php?newsid=153894 Express India]</ref> and a [[frigate]], while another frigate was damaged and a [[Breguet Alizé]] naval aircraft was shot down by the [[Pakistan Air Force]]. According to one Pakistan scholar, [[Tariq Ali]], the Pakistan Navy lost a third of its force in the war.<ref>{{cite book|author=[[Tariq Ali]] | title=Can Pakistan Survive? The Death of a State | publisher=Penguin Books Ltd | year=1983 | isbn=978-0-14-022401-6}}</ref> The primary reason for this loss has been attributed to the central command's failure in defining a role for the Navy, or the military in general, in East Pakistan. Since then the Navy has sought to improve the structure and fleet by putting special emphasis on sub-surface warfare capability as it allows for the most efficient way to deny the control of Pakistani sea lanes to an adversary.<br />
<br />
===Post war Operations===<br />
{{See also|Operation Umeed-e-Nuh}}<br />
The Pakistan Navy played an integral role to stop the arm smuggled in [[Balochistan conflict]]. After the discovery of [[Arms discovery in Iraqi Embassy (Pakistan)|Arms in the Iraqi Embassy]] in Pakistan, the Navy made an effort to apply a [[naval blockade]] to prevent arms smuggling in the Province. Later, the navy provided logistic support to the Army and the Air Force in the conflict.<br />
<br />
From her inception, the Navy sought to diversify its purchases instead of depending solely on the United States, which had placed an arms embargo on both India and Pakistan. It sought more vessels from France and China. The Pakistan Navy thus became the first navy in [[South Asia]] to acquire land based missile capable long range reconnaissance aircraft.<ref name="Navy">South Asia's Nuclear Security Dilemma: India, Pakistan, and China By Lowell Dittmer, pp 77 ''</ref> During the 1980s the Pakistan Navy enjoyed un-preceded growth. It doubled its surface fleet from 8 to 16 surface combatants in 1989. In 1982, the [[Ronald Reagan|Reagan]] administration approved US$3.2 billion military and economic aid to Pakistan. Pakistan acquired eight Brooke and Garcia-class frigates from [[US Navy]] on a five year lease in 1988. A [[military base|depot]] for repairs, [[USS Hector (AR-7)|ex-USS Hector]] followed the lease of these ships in April 1989. However after the [[Soviet]] withdrawal from [[Afghanistan]] in 1989 [[President of the United States|US President]] [[George H. W. Bush|George Bush]] was advised to no longer certify that Pakistan was not involved in the development of nuclear weapons and the Pressler’s Amendment was invoked on 1 October 1990. The lease of the first [[Brooke class frigate]] expired in March 1993, the remaining in early 1994. This seriously impaired the Pakistan Navy, which was composed almost entirely of former US origin ships. Pakistan began to concentrate on self-reliance for its military equipment needs.<br />
<br />
The PN began negotiations with China to lease a Chinese [[Type 091 submarine|Type 091 ''Han'' class]] nuclear submarine after rival India began leasing a Russian [[Charlie class submarine|Charlie 1 class]] nuclear submarine. Negotiations were canceled when the Russian submarine was returned in 1991.<ref>http://chinadefense.xinjunshi.com/ChinaDefense/PLANavyEquipment/91.html</ref><br />
<br />
During the [[Kargil War]] episode, the Pakistan Navy was deactivated along with the [[Pakistan Air Force]], according to [[Chief of Naval Staff (Pakistan)|Chief of Naval Staff]] Admiral [[Admiral Fasih Bokhari|Fasih Bokhari]]. However, when Indian Navy launched ''Operation Talwar'', Pakistan Navy responded by deploying Eastern and Southern Naval Command to keep Indian Navy from Ports of Karachi and Baluchistan. The [[Pakistan Naval Air Arm|Naval Air Arm]] maintained its reconnaissance and patrol operations near at the Arabian sea. During the 2001–2002 India-Pakistan Standoff, the Pakistan Navy was a put on high-alert and more than a dozen warships were deployed near at the Arabian Sea.<br />
<br />
Later in 2004, the Pakistan Navy participated in [[Operation Enduring Freedom]] along with U.S. warships traveling through the Arabian Sea and Persian Gulf.<ref name="ispr.gov.pk">[http://www.ispr.gov.pk/front/main.asp?o=t-article&id=17 Pakistan Navy’s Role in Low Intensity Conflict]</ref> The PN Maritime patrol and reconnaissance aircraft also undertook surveillance sorties in North Arabian Sea and helped the Headquarters Naval Centre (HQ NAVCENT) in picture compilation.<ref name="ispr.gov.pk"/><br />
<br />
===Atlantique incident===<br />
{{Main|Atlantique Incident}}<br />
<br />
The [[Atlantique Incident]] was a major international incident on 10 August 1999 where a Pakistan Navy plane ([[Breguet Atlantic]]) with 16 on board was shot down in the border area of the [[Rann of Kutch|Kutch]] region by Indian Air Force jets, with Pakistan and India both claiming the aircraft to be in their respective airspace. However, the wreckage fell well within Pakistani territory, giving credence to the Pakistani claim. The Indian Air Force stated that the Atlantique was trying to return to Pakistani airspace after intruding more than {{convert|10|nmi|km}} and as such was headed towards Pakistan. This incident resulted in escalated tensions between the two neighbouring countries.<ref>[http://www.independent.co.uk/news/16-dead-as-india-shoots-down-pakistani-naval-plane-1112052.html 16 dead as India shoots down Pakistani naval plane]</ref><br />
<br />
===P3C Orion Crash===<br />
In October 1999, a Pakistan Naval surveillance aircraft crashed while on routine exercise towards the costal town of Pasni in Baluchistan.<ref>{{cite news| url=http://news.bbc.co.uk/1/hi/world/south_asia/493254.stm | work=BBC News | title=Pakistan naval aircraft crashes | date=October 29, 1999}}</ref> 21 Personnel including 11 sailors and 10 officers died in the incident. The incident was marked as a technical failure, and no enquiry was made into the crash. P3C Orion were originally developed for the US by Lockheed Martin.<ref>[http://www.lockheedmartin.com/products/p3/index.html P-3 Orion &#124; Lockheed Martin]</ref><br />
<br />
===Tsunami relief activities===<br />
The Navy has been involved in some peacetime operations, most notably during the [[tsunami]] tragedy that struck on December 26, 2004. Pakistan sent her combatant vessels to [[Sri Lanka]], [[Bangladesh]], and the [[Maldives]] to help in rescue and relief work.<ref>[http://www.dawn.com/2005/01/02/top5.htm Pakistan navy sends ships to rescue tsunami victims]</ref><br />
<br />
Pakistan Navy dispatched its two combatant vessels, [[PNS Tariq (1973)|PNS Tariq]], a destroyer, PNS ''Nasr'', a Logistic support ship, were deployed in the region. Under the tactical direction of former Chief of Naval Staff Admiral (retired) Shahid Karimullah, Pakistan Navy ships immediately rendered their assistance to Government of Maldives for evacuation of stranded tourists/locals from islands. Pakistan Navy continued this humanitarian assistance through rendering diplomatic and material support by sending two more ships with sizeable relief efforts to Indonesia and Sri Lanka.<ref>[http://www.jang.com.pk/thenews/spedition/defence_day_supp_05/p11.html Role of Pakistan Navy in Tsunami relief operation]</ref> Pakistan Navy later assigned another relief mission to Sri Lanka dispatching two more combatant vessels. PNS ''Khaiber'' and PNS ''Moawin'' were dispatched to assist Sri Lanka.<ref>[http://www.paktribune.com/news/print.php?id=91172 PN ships to arrive in Indonesia for relief operation in tsunami-hit areas]</ref> These vessels had three helicopters, a [[Pakistan Marines|140th Marine Expeditionary Force]], military and civilian doctors, and paramedics. Besides, relief goods – medicines, medical equipment, food supplies, tents, blankets- are being sent in huge quantities.<ref>[http://pakistantimes.net/2005/01/04/top.htm Quake-Tsunami Devastation: Pakistan Joins Global Task Force for Aid ]</ref> The diameter of relief operations were expanded to Bangladesh. And, Pakistan Naval vessels, carrying other Pakistan Armed Forces units,landed in Bangladesh for the for the first time since December 1971. The Navy, Army, and the Air Force had carried out the relief operations in the Bangladesh, where the Pakistani forces also anticipated reconstruction of civil infrastructure in the country.<ref>[http://www.ispr.gov.pk/front/main.asp?o=t-article&id=3 The role of Pakistan Armed Forces in Bangladesh]</ref><br />
<br />
===Operation Madad===<br />
{{Main|Operation Madad (Pakistan Navy)|2010 Pakistan floods|Relief efforts of the 2010 Pakistan floods}}<br />
<br />
Recently, the Pakistan Navy had rescued and evacuated more than 352,291 people. The Navy launched ''Operation Madad'' (English: "Help") throughout Pakistan on August 2010.<ref>[http://www.pakistannews.com.pk/national/pakistan-flood-disaster/pak-navy-launches-operation-madad-sindh.html Pak Navy launches operation ‘Madad’ in Sindh]</ref> Since then, the PN had provided 43,850&nbsp;kg of food and relief goods to flood victims. 5,700&nbsp;kg of ready-to-cook food, 1,000&nbsp;kg of dates and 5,000&nbsp;kg of food has been dispatched to Sukkur. The [[Pakistan Naval Air Arm|PNA]] had air dropped more than 500&nbsp;kg of food and relief good in Thal, Ghospur and Mirpur areas.<ref>[http://www.thenews.com.pk/TodaysPrintDetail.aspx?ID=256553&Cat=4&dt=8/16/2010 Pakistan Navy continues relief operations]</ref> {{As of|2011|01}}, under the program ''PN Model Village'', the Navy is building the model houses in the affected areas. More than 87 houses were built and had been distributed to the local [[Internally displaced person|IDPs]]. About 69,011 people have been treated in PN medical camps.<ref>[http://www.onepakistan.com/news/local/karachi/81137-pn-model-village-handed-over-to-idps.html PN Model Village handed over to IDPs]</ref><br />
<br />
==Personnel==<br />
[[File:Pakisan First.jpg|thumb|right|Pakistan Navy Officers On Guard By the Standard of the Navy and the Naval Jack]]<br />
[[File:080225-N-9167V-007.jpg|thumb|right|Pakistani navy Commodore Khan Hasham Bin Saddique, left, hands a spyglass to French navy Rear Adm. Jean L. Kerignard during a change of command ceremony aboard PNS Tippu Sultan (D 186) while in port at Mina Salman Pier, Bahrain, February 25, 2008.]]<br />
<br />
The Pakistan Navy has around 24,000 active personnel and 5,000 in reserve.<ref name= Malaya>[http://www.malaya.com.ph/jun25/eddahli.htm] Anchors aweigh, Pakistan {{dead link|date=May 2011}}</ref> The force includes a small Naval Air Arm and the approximately 2,000 member [[paramilitary]] Maritime Security Agency, charged primarily with protecting Pakistan's [[exclusive economic zone]](EEZ).<ref name=Malaya/> The Navy also comprises the [[Special Services Group Navy]], a marine [[commando]] unit as well as a Marine unit, both stationed at Karachi. The SSG(N) and Marines are believed to number around 1,000 in troop strength each. The Pakistan Navy recently began inducting women for combat positions apart from the existing administrative posts, becoming one of the few [[Islamic Republic]]s to do so.<ref>[http://www.thenews.com.pk/update_detail.asp?id=15213] 22 female sailors inducted in Pak navy {{dead link|date=May 2011}}</ref><br />
<br />
===Naval Headquarters===<br />
*[[Admiral]] [[Asif Sandila|Muhammad Asif Sandila]], [[Nishan-i-Imtiaz|NI(M)]] — [[Chief of Naval Staff (Pakistan)|Chief of Naval Staff (CNS)]]<br />
*Vice Admiral Tanveer Faiz, HI(M) — Deputy Chief of Naval Staff (Projects-2)<br />
*Vice Admiral Tayyab Ali Dogar, HI(M), SBt — Chief of Staff (COS)<br />
*Vice Admiral Waqar Siddiq, HI(M) — Deputy Chief of Naval Staff (Supply)<br />
*Rear Admiral Mohammad Shafiq, HI(M) — Deputy Chief of Naval Staff (Administration)<br />
*Rear Admiral Shafqat Jawed, SI(M) — Deputy Chief of Naval Staff (Projects)<br />
*Rear Admiral Sayyid Khawar Ali, SI(M) — Deputy Chief of Naval Staff (Training)<br />
*Rear Admiral Shahid Saeed, SI(M) — Deputy Chief of Naval Staff (Material)<br />
*Rear Admiral Khawaja Ghazanfar Hussain, SI(M) — Deputy Chief of Naval Staff (Personnel)<br />
*Rear Admiral Khan Hasham Bin Saddique, SI(M) — Deputy Chief of Naval Staff (Operations)<br />
*Rear Admiral Syed Arifullah Hussaini, SI(M), TBt — Naval Secretary (NS)<br />
*Rear Admiral Jamil Akhtar, SI(M) — DG Naval Intelligence (DGNI)<br />
<br />
===Commands===<br />
*[[Vice Admiral]] [[Abbas Raza]], HI(M) — Commander Karachi (COMKAR), Karachi<br />
*Vice Admiral Khalid Amin, HI(M) — Commander Logistics (COMLOG), Karachi<br />
*Rear Admiral Muhammad Zakaullah, HI(M) — Commander Pakistan Fleet (COMPAK), Karachi<br />
*[[Rear Admiral]] [[Tahseen Ullah Khan]], SI(M) — Flag Officer Sea Training (FOST), Karachi<br />
*Rear Admiral Syed Imdad Imam Jafri, SI(M) — Commandant, [[Pakistan Navy Engineering College]] (Comdt PNEC), [[Karachi]]<br />
*[[Rear Admiral]] [[Zafar Mahmood Abbasi]], SI(M) — Commander Coast (COMCOAST), Karachi <br />
*Rear Admiral Shah Sohail Masood, SI(M) — Commander North (COMNOR), Islamabad<br />
*Rear Admiral Syed Bashir Ahmed, SI(M) — Commandant, [[Pakistan Navy War College]] (Comdt PNWC), [[Lahore]]<br />
<br />
===External billets===<br />
*Rear Admiral Saleem Akhtar, SI(M) — DG Maritime Technologies Complex (DG MTC), Islamabad<br />
*Rear Admiral Adnan Nazir, SI(M) — DG Training and Joint Warfare (DG Trg) at Joint Staff HQ (JSHQ), [[Chaklala]]<br />
*Rear Admiral Syed Hasan Nasir Shah, SI(M) — Managing Director, [[Karachi Shipyard|Karachi Shipyard and Engineering Works]] (MD KSEW), Karachi<br />
*Rear Admiral Kaleem Shaukat, SI(M) — Commander, [[Combined Task Force 151]] (CTF-151), [[Manama]], [[Bahrain]]<br />
*Rear Admiral Waseem Akram, SI(M), SBt — DG [[Maritime Security Agency]] (DG MSA), Karachi<br />
*Rear Admiral Farrokh Ahmad, SI(M) — Additional Secretary-III (Navy) at [[Ministry of Defence (Pakistan)|Ministry of Defence]] (MoD), [[Rawalpindi]]<br />
*Rear Admiral Azhar Hayat, SI(M) — General Manager (Operations), [[Karachi Port Trust]] (GMO KPT), Karachi<br />
<br />
==List of Past Chiefs of Naval Staff==<br />
{{Main|Chief of Naval Staff (Pakistan)}}<br />
[[File:FM-90 SAM.JPG|[[HQ-7#HQ-7A .28FM-90.29|FM-90]] [[surface-to-air missile]] system.|thumb|FM-90 On board PNS Zulfiqar]]<br />
[[File:Alouette IIICS5.jpg|thumb|right|[[Pakistan Naval Air Arm]] [[Alouette III]] on board [[PNS Tippu Sultan (1975)|PNS Tippu Sultan]] at [[HMNB Portsmouth|Portsmouth]] in 2005]]<br />
[[File:C-802 anti ship missile.JPG|Two 4-cell [[C-802]] [[anti-ship missile]] launchers.|thumb|C-802 Anti Ship Missile on board PNS Zulfiqar]]<br />
<br />
The Chief of Naval Staff (CNS), a 4-star Admiral, is a most senior and high ranking member officer of the [[Joint Chiefs of Staff Committee]] as well as the [[National Security Council of Pakistan|National Security Council]] (NSC), and is responsible for the sea defense of the country.<ref name="Pakistan Military Consortium "/><br />
<br />
#Rear Admiral [[James Wilfred Jefford]] (August 15, 1947 – January 30, 1953)<ref name="PIC Book">Pervaiz Iqbal Cheema. ''The Armed Forces of Pakistan'', New York: New York University Press. 2003. pp. 86~90</ref><br />
#Vice Admiral [[HMS Choudri|Haji Mohammad Siddiq Choudri]] (January 31, 1953 – 28 February 1959)<ref name="PIC Book"/><br />
#Vice Admiral [[Afzal Rahman Khan]] (March 1, 1959 – October 20, 1966)<ref name="PIC Book"/><br />
#Vice Admiral [[Syed Mohammad Ahsan]] (October 20, 1966 – August 31, 1969)<ref name="PIC Book"/><br />
#Vice Admiral [[Muzaffar Hassan]] (September 1, 1969 – December 22, 1971)<ref name="PIC Book"/><br />
#Vice Admiral [[Hasan Hafeez Ahmed]] (March 3, 1972 – March 9, 1975)<ref name="PIC Book"/><br />
#Admiral [[Mohammad Shariff]] (March 23, 1975 – March 21, 1979)<ref name="PIC Book"/><br />
#Admiral [[Karamat Rahman Niazi]] (March 22, 1979 – March 23, 1983)<ref name="PIC Book"/><br />
#Admiral [[Tariq Kamal Khan]] (March 23, 1983 – April 9, 1986)<ref name="PIC Book"/><br />
#Admiral [[Iftikhar Ahmed Sirohey]] (April 9, 1986 – November 9, 1988)<ref name="PIC Book"/><br />
#Admiral [[Yastur-ul-Haq Malik]] (November 10, 1988 – November 8, 1991)<ref name="PIC Book"/><br />
#Admiral [[Saeed Mohammad Khan]] (November 9, 1991 – November 9, 1994)<ref name="PIC Book"/><br />
#[[Mansurul Haq]] (November 10, 1994 – May 1, 1997)<ref name="PIC Book"/><br />
#Admiral [[Fasih Bokhari]] (May 2, 1997 – October 2, 1999)<ref name="PIC Book"/><br />
#Admiral [[Abdul Aziz Mirza]] (October 2, 1999 – October 2, 2002)<ref name="PIC Book"/><br />
#Admiral [[Shahid Karimullah]] (October 3, 2002 – October 6, 2005)<br />
#Admiral [[Afzal Tahir]] (October 7, 2005 – October 7, 2008)<br />
#Admiral [[Noman Bashir]] (October 7, 2008–October 7, 2011)<br />
#Admiral [[Muhammad Asif Sandila]] (October 7, 2011–Present)<br />
<br />
==Organization==<br />
The Navy is commanded by the 4-star admiral, who is designated as the Chief of Naval Staff. The current and incumbent Chief of Naval Staff is Admiral Muhammad Asif Sandila, who assumed the command in 2011.<br />
The Chief of Naval Staff has five Deputy Chiefs of Naval Staff, ranging from Rear Admirals to Vice-Admirals.<ref name="Pakistan Military Consortium "/> The responsibilities of Deputy Chief of Naval Staff are listed below:<br />
<br />
*Deputy Chief of Naval Staff of Naval Operations (DCNS Operations)<ref name="Pakistan Military Consortium "/><br />
*Deputy Chief of Naval Staff of Training and Personnel (DCNS Training and Personnel)<ref name="Pakistan Military Consortium "/><br />
*Deputy Chief of Naval Staff of Materials (DCNS Materials)<ref name="Pakistan Military Consortium "/><br />
*Deputy Chief of Naval Staff of Naval Supplies (DCNS Supply)<ref name="Pakistan Military Consortium "/><br />
*Deputy Chief of Naval Staff of Projects (DCNS Projects)<ref name="Pakistan Military Consortium "/><br />
<br />
The Pakistan Navy has six major combatant commands. Each command is commanded by a 3-star Vice Admiral who directly reports to Chief of Naval Staff, a 4-star Admiral. Pakistan Naval Combatant Headquarter, The NHQ, is located in the country's capital, Islamabad:<br />
<br />
**'''Commander Karachi (COMKAR)''' – The Commander Karachi is responsible for the command of the shore establishment, naval facilities within Karachi. The COMKAR also provide services and training facilities for the Navy. The COMKAR also looks after the military protocol at Karachi. This command's responsibilities also include harbour defence.<br />
**'''Commander of Pakistan Naval Fleet (COMPAK)''' – The command heads the surface, sub surface and aviation commands. In fact, this command is the war fighting machine having 4 dimensional components. It headquartered in Karachi, Sindh. Previously, it included the 25th and 18th Destroyer Squadron (with Gearing class D16O, D164-168).<br />
**''' Commander COAST (COMCOAST)''' – The special command of SSG(N), Marines and Coastal stations.<br />
**'''Commander Logistics (COMLOG)''' – This command looks after the repair, maintenance and logistic infrastructure of PN.<br />
**'''Flag Officer Sea Training (FOST)''' Conducts all types of operational training at Sea<br />
**'''Commander North (COMNOR)''' – Looks after the Naval installations in the north of Pakistan. The COMNOR commands the naval facilities in North-west Pakistan, Azad Kashmir, Northern Areas of Pakistan. The COMNOR is also a major part of Pakistan's Northern Naval Command.<br />
**'''Commander WEST (COMWEST )''' – Looks after the Naval installations in the west of Pakistan. The naval bases are [[Ormara]], [[Pasni City|Pasni]], [[Gwadar]] and [[Jiwani]]. The COMWEST is a major component of the Western Naval Command of Pakistan Navy.<br />
**'''Commander Naval Air Arm (COMNAV)''' – Looks after the Naval air stations, and is the commander of the Naval Aviation.<br />
<br />
===Ranks===<br />
<br />
{| border="1" cellpadding="1" cellspacing="0" style="margin:auto; width:100%;"<br />
|-<br />
! colspan="12" style="background:green;"| '''PN Officer Ranks'''<br />
|-<br />
!''Rank''<br />
![[Admiral]]<br />(4 Star)<br />
![[Vice Admiral]]<br />(3 Star)<br />
![[Rear Admiral]]<br />(2 Star)<br />
![[Commodore (rank)|Commodore]]<br />(1 Star)<br />
![[Captain (naval)|Captain]]<br />
![[Commander]]<br />
![[Lieutenant Commander|Lieutenant<br />Commander]]<br />
![[Lieutenant]]<br />
![[Sub Lieutenant|Sub<br />Lieutenant]]<br />
![[Midshipman]]<br />
|-<br />
!''Uniform insignia''<br />
| style="text-align:center;"|<br />
| style="text-align:center;"|[[File:Vice Admiral Pak Navy.png|70px]]<br />
| style="text-align:center;"|[[File:Rear Admiral Pak Navy.png|70px]]<br />
| style="text-align:center;"|<br />
| style="text-align:center;"|<br />
| style="text-align:center;"|<br />
| style="text-align:center;"|[[File:Lieutenant Commander Pak Navy.png|70px]]<br />
| style="text-align:center;"|[[File:Lieutenant Pak Navy.png|70px]]<br />
| style="text-align:center;"|[[File:Sub Lieutenant Pak Navy.png|70px]]<br />
| style="text-align:center;"|[[File:Midshipman Pak Navy.png|70px]]<br />
|}<br />
<br />
{| border="1" cellpadding="1" cellspacing="0" style="margin:auto; width:100%;"<br />
|-<br />
! colspan="12" style="background:green;"| '''PN Sailor Ranks'''<br />
|-<br />
!''Rank''<br />
!Master Chief Petty Officer<br />
!Fleet Chief Petty Officer<br />
!Chief Petty Officer<br />
!Petty Officer<br />
!Leading<br />
|-<br />
!''Uniform insignia''<br />
| style="text-align:center;"|<br />
| style="text-align:center;"|<br />
| style="text-align:center;"|<br />
| style="text-align:center;"|<br />
| style="text-align:center;"|<br />
|}<br />
<br />
==Training institutions==<br />
Pakistan Navy has an academy of its own called the [[Pakistan Naval Academy]], it is the home of initial training of officers of Pakistan Navy. The academy also has provided basic training to the officers of Allied Navies. The Chief of Naval Staff of [[Qatar Emiri Navy]] and many high ranking officers of [[Royal Saudi Navy]] as well as other navies in the Gulf were graduates of the PNA. The academy is a full fledged training institution catering to the needs to Pakistani junior Naval officers. The Navy also has its own navy war college called the [[Pakistan Navy War College]]<ref>[http://www.paknavy.gov.pk/pnwc/main.htm New Page 2] {{dead link|date=May 2011}}</ref> specializing in imparting [[Naval Warfare]] techniques to officers of the Pakistan marine forces.<br />
<br />
Other worthwhile training institutions are:<br />
<br />
*PNS Bahadur: conducts specialist courses.<br />
<br />
*PNS Himalaya: for basic training of sailors. HET is a way to be commissioned officer from sailors.<br />
<br />
*PNS Karsaz: It is the Largest and the most organized technical training Establishment of Pakistan Navy. The establishment has the privilege to host many heads of states since its commissioning. It is considered the mother unit of PNS MEHRAN, PNS JAUHAR, PNS BAHADUR, ASD and other PN units in that area. The unit celebrated its golden jubilee in 2003 under the command of Cdre M B Chaudhry. PNS KARSAZ also houses one of the most modern Special Children School which was built at the cost of Rs 88.00 Millions during 2003–5. Cdre M Bashir Chaudhry who was the commandant KARSAZ during this period was the force behind this project who collected the funds through philanthropists. Rangoon wala trust contributed the most. In fact PNS KARSAZ is a complete<br />
Naval unit which can operate independently in all spheres.<br />
<br />
*[[Pakistan Navy Engineering College|'''Naval Engineering College''']]: for technical training of officers.<br />
<br />
Note: The '''Naval Engineering College''' has been absorbed by the [[National University of Sciences and Technology, Pakistan|National University of Sciences and Technology]] and has become its constituent [[Pakistan Navy Engineering College]], where officers and civilian students are offered degrees in Electrical, Mechanical and Electronics Engineering.<br />
<br />
==Special Operation Forces==<br />
[[File:Naval SSG.jpg|thumb|Naval SSG operating in the Gulf of Oman]]<br />
<br />
===Special Services Group (N)===<br />
{{Main|Special Service Group Navy}}<br />
<br />
The Special Service Group Navy (SSG[N]) is a principle and an elite naval special operations component mandate to conduct clandestine operations. Official numbers place the strength between 1000 to 1240 in 3 Regiments.<br />
<br />
===Marines===<br />
{{Main|Pakistan Marines}}<br />
<br />
Pakistan Navy established Pakistan Marines sometime in 1971, but it was decommissioned from its services following the aftermath of Indo-Pakistani war of 1971. However, Pakistan Marines was re-established on April 14, 1990 with about 2,000 men<ref>[http://www.marinecorpstimes.com/news/2007/05/marine_pakistan_delegation_070519/ Pakistani Marines tour East Coast bases – Marine Corps News, news from Iraq – Marine Corps Times]</ref> and plans to expand the force to the size of the Corps, significantly by 2015. The Marines are under the control of Pakistan Navy, using the same military ranks. The Marines are currently headquartered at [[Port Qasim|Qasim Marine Base]], Karachi.<br />
<br />
==Fleet composition==<br />
[[File:F-22P PNS Zulfiquar.JPG|right|thumb|PNS Zulfiqar]]<br />
[[File:USS Rodney M. Davis (FFG 60) Full.jpg|thumb|PNS Alamghir]]<br />
[[File:PNS Tippu Sultan former HMS Avenger.jpg|thumb|PNS Tippu Sultan]]<br />
[[File:PNSShahjahan.jpg|thumb|PNS Shahjahan]]<br />
[[File:Larkana (PB 157)-090309-N-4774B-055.jpg|thumb|PNS Larkana Class Missile Boat]]<br />
[[File:Naval patrol.JPG|thumb|A Pakistan Navy Hover Craft]]<br />
[[File:Panther-051306-N-9546C-001.jpg||thumb|Z-9EC]]<br />
<br />
Ships with respect to their classes:<ref name="Official Website - Frigates">[http://www.paknavy.gov.pk/frigate.htm Official Website – Frigates] {{dead link|date=May 2011}}</ref><ref name="PakDef - Patrol Craft">[http://www.pakdef.info/pakmilitary/navy/missileboats.html PakDef – Patrol Craft]</ref><ref name="Official Website - Missile Boats">[http://www.paknavy.gov.pk/SURFACE%20WARRIORS%20-%20PN.htm Official Website – Missile Boats] {{dead link|date=May 2011}}</ref><ref name="Globalsecurity.org">[http://www.globalsecurity.org/military/world/pakistan/navy.htm Globalsecurity.org] {{dead link|date=May 2011}}</ref><br />
<br />
{{Standard table|0}}<br />
! style="text-align:left;"|Ship<br />
! style="text-align:left;"|Quantity<br />
! style="text-align:left;"|Service<br />entry<br />
! style="text-align:left;"|Comments<br />
|-<br />
! style="align: center; background: lavender;" colspan="4" | [[Frigates]]<br />
|- valign=top<br />
| '''[[F-22P Zulfiquar class frigate|F-22P Zulfiquar class]]'''<br />F-251 PNS Zulfiqar<br />F-252 PNS Shamsheer<br />F-253 PNS Saif <br />F-254 PNS Aslat<br /><br />
|align=center| '''4'''<br />
| '''2009'''<br />
| <br /> PNS Zulfiquar delivered August 2009 <br /> PNS Shamsheer delivered December 2009 <br /> PNS Saif delivered on 15 Sep 2010 <br /> PNS Aslat delivered on 17 Jun 2011<br />
|-<br />
| '''<br />[[USS McInerney (FFG-8)|PNS Alamgir]] ||align=center| '''1'''<br /> || '''2010'''<br /> || Acquired in August 2010.<ref>[http://www.brahmand.com/news/Pak-signs-USD-65-million-deal-for-US-frigate/3696/1/10.html Pak signs USD 65 million deal for US frigate – Brahmand.com]{{Dead link|date=June 2011}}</ref>{{Dead link|date=June 2011}}<br />
|-<br />
|style="width:170px"| '''[[Type 21 frigate|Tariq class]]'''<br />F181 [[PNS Tariq]]<br />F182 [[PNS Babur]]<br />F183 [[PNS Khaibar]]<br />F184 [[PNS Badr]]<br />F185 [[PNS Shah Jahan]]<br />F186 [[PNS Tippu Sultan]] ||align=center| '''6'''<br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /> || '''1990s'''<br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /> ||<br />
|-<br />
|}<br />
<br />
{| class="wikitable" style="width:550px;"<br />
|-<br />
| colspan="2" style="text-align:center;"| '''Mine Hunters'''<br />
|-<br />
|3||[[Tripartite class minehunter|Eridan class]] Mine Hunter vessels<br />
* [[M164 Mujahid]]<br />
* [[M166 Munsif]]<br />
* [[M167 Muhafiz]]<br />
|-<br />
| colspan="2" style="text-align:center;"| '''Missile Boats'''<br />
|-<br />
|2||[[Jalalat II class]]<br />
* [[P1022 PNS Jalalat]]<br />
* [[P1024 PNS Shujat]]<br />
|-<br />
|2||Fast Attack Craft (Indigenous)<ref>[http://www.paknavy.gov.pk/missileboats.htm : PAKISTAN NAVY :. A Silent Force to Reckon with... [ a 4 dimensional force&#93;] {{dead link|date=May 2011}}</ref><br />
* [[P1023 PNS Jurrat]]<br />
* [[P1028 PNS Quwwat]]<br />
|-<br />
|2||Fast Attack Craft (Chinese)<br />
* PNS Azmat (launched) <ref>[http://www.grandestrategy.com/2011/10/azmat-class-fast-attack-craft-for.html Azmat Class Fast Attack Craft for the Pakistan Navy]</ref><br />
* PNS ? (underconstruction)<br />
|-<br />
|1||[[Larkana class]]<br />
* [[PNS Larkana]]<br />
|-<br />
|1|| ?<br />
* [[PNS Rajshahi]]<br />
|-<br />
| colspan="2" style="text-align:center;"| '''Multi Role Tactical Platform'''<br />
|-<br />
|2|| [[MRTP-33]]<br />
* [[PNS Zarrar]]<br />
* [[PNS Karrar]]<br />
|-<br />
|2|| [[MRTP-15]]<br />
* [[P01 PNS ?]]<br />
* [[P02 PNS ?]]<br />
|-<br />
| colspan="2" style="text-align:center;"| '''Auxiliary'''<br />
|-<br />
|1|| [[Fuqing class]]<br />
* [[A47 PNS Nasr]]<br />
|-<br />
|1|| [[Poolster class]]<br />
* [[A20 PNS Moawin]]<br />
|-<br />
|2|| [[Coastal tankers]]<br />
* [[PNS Kalmat]]<br />
* [[PNS Gawadar]]<br />
|-<br />
|1|| [[Hydrographic Survey Vessel]]<br />
* [[PNS Behr Paima]]<br />
|-<br />
|1|| [[Dredging Vessel]]<br />
* [[PNS Behr Khusha]]<br />
|-<br />
|2|| [[Small tanker cum utility ship]] (STUS)<br />
* PNS Madadgar<br />
* PNS Razad-gar<br />
|-<br />
| colspan="2" style="text-align:center;"| '''[[Training vessel]]'''<br />
|-<br />
|1|| [[Leander class frigate]]<br />
* [[F262 PNS Zulfiqar]]<br />
|-<br />
|1|| Rah Naward<br />
* [[PNS Rah Naward]]<br />
|-<br />
| colspan="2" style="text-align:center;"| '''[[Hover Crafts]]'''<br />
|-<br />
|12||[[Griffon class]]<br />
|-<br />
| colspan="2" style="text-align:center;"| '''[[Patrol boats]]'''<br />
|-<br />
|17|| 12 Gulf Crafts and, 5 patrol boats USA delivered as donation on 13 Feb, 2010 at Karachi.<ref>[http://www.ameinfo.com/105294.html Gulf Craft boats will guard Pakistan's coast &#124; Gulf Craft Inc &#124; AMEinfo.com]</ref><br />
|}<br />
<br />
===Submarines===<br />
A total of five active diesel electric submarines plus 3 midget submarines, MG110 are in the Naval inventory.<ref name="PN">Anon. (14 April 2007) [http://www.paknavy.gov.pk/ Pakistan Navy]. ''Pakistan Navy website''. {{WebCite|url=http://www.webcitation.org/5hPNTIF3w|date =2009-06-09}}</ref> These include:<br />
<br />
{| class="wikitable" style="width:550px;"<br />
|-<br />
submarine<ref>[http://www.janes.com/news/defence/naval/jdw/jdw081202_1_n.shtml Pakistan on verge of selecting HDW submarine]</ref><br />
|-<br />
|3||[[Agosta 90B class submarine]]<ref name=globalsecurity/><br />
* [[PNS/M Khalid]]<br />
* [[PNS/M Saad]]<br />
* [[PNS/M Hamza]]<br />
|-<br />
|2||[[Agosta 90B class submarine|Agosta 70]]<ref name=globalsecurity/><br />
* [[PNS/M Hasmat]]<br />
* [[PNS/M Hurmat]]<br />
* A contract has been signed in Jun 2010 with Frech DCN company to upgrade Agosta 70 submarines.<br />
|}<br />
All of the Pakistani SSKs have been equipped with AshMs which can be fired while submerged. The three Khalid class boats are capable of firing Exocet AshM, while the older Agostas and Daphnes have been equipped with US Harpoon AshMs. PNS/M Hamza (third Agosta-90B) is equipped with the MESMA Air Independent Propulsion system, PNS/M Khalid and PNS/M Saad will be upgraded with the same MESMA AIP system in the near future. The Pakistan Navy also plans to integrate the Boeing Harpoon Block II on to its Agosta-90Bs; and currently the Agosta-90Bs are capable of firing Blackshark torpedoes.<br />
<br />
In mid-2006 the Pakistan Navy announced its requirement of three new SSK attack submarines to replace the two Agosta-70 submarines and rebuild its fleet – after retiring the four Daphne Class. The French naval firm DCN had offered its latest export design – the Marlin SSK – which is based on the Scorpene SSK, but also uses technology from the Barracuda nuclear attack submarine. However, the Pakistan Navy is said to have chosen the [[Type 214]] submarine. During the IDEAS 2008 exhibition, the HDW chief Walter Freitag told “The commercial contract has been finalised up to 95 per cent,” he said. The first submarine would be delivered to the Pakistan Navy in 64 months after signing of the contract while the rest would be completed successively in 12 months.<ref>http://www.paktribune.com/news/index.shtml?208366|Pakistan to buy German subs, ignore French – Paktribune</ref><br />
<br />
Pakistan is also seeking to enhance its strategic strike capability by developing naval variants of the Babur land attack cruise missile (LACM). The Babur LACM has a range of 700&nbsp;km and is capable of using both conventional and nuclear warheads. Future developments of LACM include capability of being launched from submarines, surface combatants and aircraft.<br />
<br />
===Frigates===<br />
[[File:The side of the PNS Zulfiquar.jpg|thumb|]]<br />
[[File:PNS-Badr-F184.jpg|thumb|PNS Badr (F184) steams alongside [[USS Tarawa (LHA-1)]] in November of 2005]]<br />
<br />
The Navy's eight frigates include six ex-British ''Amazon'' class ([[PNS Babur]]) ships. These are expected to retire between 2010 and 2020. In 2005 Pakistan ordered four [[F-22P]] light frigates from China in a deal worth $750 million.<ref name=DefenseNews>[http://www.defensenews.com/story.php?i=3472967&c=ASI&s=SEA Pakistan Gets New Chinese Frigate] Defence News</ref> The first has been commissioned and the remainder by 2013.<ref name=DefenseNews/> One of the F-22Ps will be built in the Karachi Shipyard. The F-22Ps also have the ability to embark [[Harbin Z-9]] helicopters on deck.<ref name=DefenseNews/> The F-22P is an improved version of the Type 053H3 Jiangwei II class light frigate, it has a displacement of at least 2500 tons.<ref name=DefenseNews/> The first F-22P is called PNS Zulfiqar, and thus the F-22Ps will be called Zulfiqar Class.<br />
According to Janes the Pakistan Navy is expected to place a formal request to the U.S. for six [[Oliver Hazard Perry class frigate]]s to augment its surface fleet. These may replace the Type-21s and act as stop-gaps until new-built frigates and corvettes are commissioned. The weapons and systems on the PN FFG-7 have not yet been disclosed, but they could include the Mk 41 [[Vertical Launch System]] for the [[Evolved Sea Sparrow Missile]] (ESSM) as well as [[Mk 32]] torpedo tubes for [[Mk 46]] Anti-Submarine Warfare (ASW) torpedoes. The frigate [[USS McInerney (FFG-8)]] with considerable anti-submarine warfare capability was handed over on August 31, 2010. The ship has been named PNS Alamgir (FFG-260) after the great Moughal Emperor [[Alamgir I|Alamgir]]. The ship was transferred to Pakistan at Mayport, Florida, USA. At present the crew is undergoing training and will sail back to Pakistan after essential repairs by BAE Systems Shipyard.<ref name="nation.com.pk">[http://www.nation.com.pk/pakistan-news-newspaper-daily-english-online/Politics/19-Oct-2008/Bush-okays-antisubmarine-frigate-for-Pak Bush okays anti-submarine frigate for Pak]</ref><br />
According to Janes' IDEAS 2004 interview with former Pakistan Navy Chief ex-Admiral Karimullah at least four additional new-built frigates will be acquired by the navy. The new frigate will be larger and superior to the F-22P; it will likely have a better air defence system and anti-submarine warfare (ASW) capability; and use more advanced sensors, radar and electronics.<br />
<br />
===Corvettes & missile boats===<br />
The Pakistan Navy operates four Jalalat class 200 ton missile boats each armed with four Chinese [[C-802]] [[anti-ship missile|anti-ship]] missiles. The Jalalat II Class were locally produced using a German design. In November, 2006 the Pakistan Navy ordered two MRTP-33 missile boats from Yonca-Onuk shipyards of [[Turkey]].<ref>[http://www.yonca-onuk.com/mrtp_33.htm MRTP-33 missile boats] THE 33&nbsp;METRE Fast Patrol / Attack Craft {{dead link|date=May 2011}}</ref> The first will be delivered in 2008. The Navy has an overall requirement of eight MRTP-33s.<br />
* Pakistan Navy has ordered Two missile boats of 500 tons equipped with C802/803 anti ship missile from China in December 2010, delivery date is unknown.<br />
<br />
===Pakistan Naval Air Defence===<br />
{{Main|Pakistan Naval Air Defence}}<br />
<br />
The Pakistan Naval Air Defence is another major command of Pakistan Navy. The members of PNAD are the graduated from the SSG(N) School of Weapon and Technical Engineering. Along with the members of Pakistan Marines, the PNAD members are deployed in all over the country to support the marine operations of Pakistan Navy.<br />
<br />
*[[FN-6|FN16 Or HY-6 Shoulder fire Surface to air missile]], tested on 25 December 2010 by Naval Marines with a range of 6&nbsp;km and altitude ~ 3.5&nbsp;km)<br />
*[[Mistral (missile)|Mistral Shoulder fire Surface to air missile]], test fired on 25 December 2010 by Naval marines.<br />
<br />
===Pakistan Naval Aviation===<br />
{{Main|Pakistan Naval Air Arm}}<br />
[[File:Breguet Atlantique p1040655.jpg|thumb|right|Breguet Atlantique]]<br />
[[File:Lynx 335 HMS Cardiff March 1982.jpg|thumb|right|Westland Lynx]]<br />
<br />
Pakistan Naval Aviation is an important arm of the Pakistan Navy and assists in the surface and submarine flights to guarantee the safety of Pakistan sea borders.<br />
<br />
Currently the PN Aviation Force consists of:<br />
*3 [[Westland Lynx]] – anti-ship/anti-submarine/transport helicopters<br />
*6 [[Westland Sea King|Westland Sea King Mk45]] – Anti Submarine/ Anti Surface Warfare helicopters<ref>[http://www.aviastar.org/helicopters_eng/west_king.php Westland "Sea King" / "Commando" helicopter – development history, photos, technical data] {{dead link|date=May 2011}}</ref> Have been based at Karachi.<br />
*8 [[Aérospatiale Alouette III|Aérospatiale SA-319B Alouette III]] – transport/anti-ship helicopters<ref>[http://www.hazegray.org/worldnav/asiapac/pakistan.htm World Navies Today: Pakistan]</ref><br />
*7 [[Lockheed P-3|Lockheed P-3C Orion]] – maritime surveillance/anti-submarine warfare aircraft/airborne early warning. Future supply of 7 more under an agreement with Lockheed Martin signed in 2006.<ref>[http://www.globalsecurity.org/wmd/library/news/pakistan/2005/pakistan-050831-irna02.htm Pakistan acquires 8 US-made P-3C Orion aircraft]</ref> Two upgraded P-3C Orion delivered on 7th Jan 2010 while one was delivered in Nov 2009. Another two advanced P-3C Orion aircraft to be delivered soon .<ref>[http://www.thaindian.com/newsportal/south-asia/us-to-provide-pak-two-advanced-p-3c-orion-naval-surveillance-aircrafts_100356210.html US to provide Pakistan two advanced P-3C Orion naval surveillance aircraft]</ref><br />
*7 [[Fokker F27|Fokker F27-200 Friendship]] – maritime surveillance aircraft<ref name=globalsecurity>[http://www.globalsecurity.org/military/world/pakistan/navy.htm Pakistan Navy] {{dead link|date=May 2011}}</ref><br />
*4 [[Hawker 800|Hawker 850]] – VIP transport aircraft<br />
*2 [[Breguet Atlantique|Breguet Atlantique I]] – maritime surveillance/anti-submarine warfare aircraft.<ref name=globalsecurity/><br />
*32+ [[Dassault Mirage V]] – anti-ship attack aircraft flown by PAF which are based at PAF base Masroor in Karachi<ref name=globalsecurity/> (operated by the Pakistan Air Force)<br />
*Unmanned Aerial Vehicles<br />
*12 [[Harbin Z-9|Harbin Z-9EC]] anti-submarine warfare helicopters equipped with a surface-search radar, low frequency dipping sonar, radar warning receiver, Doppler navigation system and armed with torpedoes.<br />
<br />
====Others====<br />
'''X-CRAFT:'''<ref>[http://www.paknavy.gov.pk/x-crafts.htm : PAKISTAN NAVY :. A Silent Force to Reckon with... [ a 4 dimensional force&#93;] {{dead link|date=May 2011}}</ref><br />
<br />
X-Craft 908 P/A as Shallow Water Attack Submarine (SWAS) is used to carryout mine laying torpedo attack, frogman operations and commando landing. The contract of these mini submarines was signed with Italian firm M/s COSMOS in 1986. First of these craft was brought to Pakistan in semi knock down condition in 1988. Subsequently all X-Craft were assembled in Pakistan with TOT. Presently, X-Craft are being operated under COMSUBS along with other conventional submarines.<br />
<br />
==PN Role in War on Terror==<br />
[[File:071125-N-6794Z-004.jpg|thumb|A member of Pakistan Navy Special Service Group is silhouetted by the setting sun aboard Pakistan Navy Ship PNS Babur (D 182) while under way in the Arabian Sea November 25, 2007.]]<br />
<br />
The Pakistani Navy plays an active role in the multinational [[Combined Task Force 150]].<ref>[http://www.paknavy.gov.pk/cmcp1.html (Pakistan's Role on the War on Terror] {{dead link|date=May 2011}}</ref> The command of the force was give to Pakistan from March 24, 2006 till February 25, 2008. Under Pakistan's leadership, CTF 150 coordinated patrols throughout their area of operations to help commercial shipping and fishing operate safely and freely in the region. Additionally, CTF 150 Coalition ships made 11 successful at-sea rescues and made the largest drug bust in the CTF 150 AOO since 2005.<ref>[http://www.cusnc.navy.mil/articles/2008/019.html Pakistan Navy Hands Command of CTF 150 to France] {{dead link|date=May 2011}}</ref> Pakistan has contributed 13 different ships to CTF 150 and the current one being [[PNS Tariq]].<ref>[http://www.paknavy.gov.pk/cmcp1.html Pakistan Navy Participation In Coalition Maritime Campaign Plan] {{dead link|date=May 2011}}</ref><br />
<br />
===Terrorist bombings===<br />
Recently, the Pakistan Navy has been the targeted for bombings in various locations of Karachi by unknown perpetrators. The first of the bombings took place on 21 April 2011 on two naval buses and second attack happened on 28 April 2011 on a naval coaster. An estimated 12 lives have been lost since the start of the bombing.<ref>{{cite news|url=http://www.thenews.com.pk/NewsDetail.aspx?ID=14800|title=Blast hits Pakistan Navy bus, third in a week|work=[[The News International]]|publisher=[[Jang Group of Newspapers]]|accessdate=19 May 2011}}</ref> A third bombing took place on May 22, 2011. The attack was on the PNS Mehran base in Karachi.<ref>{{cite news|url=http://www.thenews.com.pk/TodaysPrintDetail.aspx?ID=6183&Cat=13&dt=5/23/2011|title=A joint attack by al-Qaeda, TTP|work=[[The News International]]|publisher=[[Jang Group of Newspapers]]|accessdate=22 May 2011}}</ref><br />
<br />
==See also==<br />
{{Portal box|Pakistan|Military of Pakistan}}<br />
*[[Pakistan Coast Guard]]<br />
*[[Pakistan Naval Academy]] part of [[Bahria University]]<br />
*[[Pakistan Navy War College]]<br />
*[[Kalmat Naval Base]]<br />
*[[PNS Ahsan|Ahsan Naval Base]]<br />
*[[Jinnah Naval Base]]<br />
*[[PNS Makran|Makran Naval Base]]<br />
*[[PNS Mehran|Mehran Naval Base]]<br />
*[[PNS Qasim|Qasim Naval Base]]<br />
<br />
==References==<br />
;Citations<br />
{{Reflist|2}}<br />
;Internet<br />
{{Refbegin}}<br />
*{{cite web | title=Orbat | work=Naval and Maritime Security Agency Warship Names 1947–2005 | url=http://orbat.com/site/history/historical/pakistan/warshipnames.html | accessdate=June 22, 2005}}<br />
{{Refend}}<br />
<br />
==External links==<br />
*{{Official website|http://www.paknavy.gov.pk}}<br />
<br />
{{Pakistani Armed Forces}}<br />
{{Comparative military ranks (Pakistan)}}<br />
<br />
[[Category:Pakistan Navy]]<br />
<br />
[[it:Pakistani Behria]]<br />
[[ms:Tentera Laut Pakistan]]<br />
[[pnb:پاکستان نیوی]]<br />
[[pt:Marinha do Paquistão]]<br />
[[ru:Военно-морские силы Пакистана]]<br />
[[simple:Pakistan Navy]]<br />
[[ur:پاک بحریہ]]</div>Pigr8https://de.wikipedia.org/w/index.php?title=Massaker_von_Porz%C3%BBs&diff=177182994Massaker von Porzûs2011-07-22T00:54:36Z<p>Pigr8: modificata motivazione volgarmente offensiva verso i morti</p>
<hr />
<div>{{Strage<br />
|titolo= Eccidio di Porzûs<br />
|immagine= Attimis Porzus 05042007 03.jpg<br />
|didascalia= Il villaggio Porzûs, nei pressi del quale avvenne l'eccidio<br />
|nazione= ITA<br />
|luogo= località Topli Uork, c. d. malghe di Porzûs, [[Faedis]], [[provincia di Udine]]<br />
|data= [[febbraio]] [[1945]]<br />
|obiettivo= [[partigiani]] [[cattolicesimo|cattolici]] della [[Brigata Osoppo]]<br />
|tipologia= Esecuzione<br />
|vittime= 20<br />
|esecutori= [[partigiani]] [[comunismo|comunisti]] guidati da [[Mario Toffanin]] "Giacca"<br />
|motivazione= secondo gli esecutori, tradimento; secondo la Corte d'Asside di Lucca, strage senza giustificazione se non odio politico<br />
}}<br />
{{Storia del Friuli}}<br />
<br />
L<nowiki>'</nowiki>'''Eccidio di Porzûs''' consistette in una serie di massacri ai danni di un gruppo di partigiani della [[Brigata Osoppo]], [[formazione partigiana|formazione]] di orientamento [[cattolicesimo|cattolico]] e laico-[[socialismo|socialista]], da parte di alcuni partigiani [[Gruppi di azione patriottica|gappisti]], appartenenti al [[Partito Comunista Italiano|PCI]] e operativamente inquadrati nel IX Corpus sloveno. È uno degli episodi più complessi e tragici della storia della [[Resistenza italiana]].<br />
<br />
Fu una vicenda che fa ancora discutere a 65 anni dai fatti. Gli autori di quell'atto operarono nel contesto storico degli ultimi mesi di guerra, in cui le potenze in gioco stavano decidendo i successivi confini politici della regione (la prospettata "Zona Libera Orientale" e quella che, alcuni mesi dopo, sarà definita [[Linea Morgan]]) e le sfere di influenza degli Alleati a seguito dei quasi contemporanei [[Conferenza di Jalta|accordi di Jalta]], nel quale si inserirono rigidità militari (passaggio dei "garibaldini" della ''Garibaldi-Natisone'' agli ordini del IX Corpus sloveno) e ideologiche (ambiguità dei rapporti tra il [[Partito Comunista Italiano|PCI]] e la [[Lega dei Comunisti di Jugoslavia]]). Il caso è tuttora oggetto di studio e di riflessione.<br />
<br />
== L'eccidio ==<br />
Il [[7 febbraio]] [[1945]] un gruppo di [[partigiano|partigiani]] [[comunista|comunisti]] appartenenti ai [[Gruppi di azione patriottica|GAP]], capeggiati da [[Mario Toffanin]] (''Giacca''), raggiunse il comando del [[Brigata Osoppo|Gruppo delle Brigate Est della Divisione partigiana Osoppo]], situato presso le [[malga|malghe]] di Porzûs, località Topli Uork, nel comune di [[Faedis]], [[Friuli]] orientale, con l'obiettivo di arrestarne e fucilare i membri.<br />
<br />
Le accuse di Toffanin alla ''Osoppo'' erano di osteggiare la politica di collaborazione con i [[Resistenza jugoslava|partigiani jugoslavi]], capeggiati da [[Josip Broz Tito]], la non redistribuzione agli altri gruppi partigiani delle armi che venivano passate alla Osoppo dagli angloamericani e soprattutto di trattare con i soldati della [[Xª Flottiglia MAS (RSI)|Xª Flottiglia MAS]] e del [[Reggimento alpini "Tagliamento"]], appartenenti alla [[Repubblica sociale italiana|RSI]], per impedire l'annessione del Friuli, della Venezia Giulia e dell'Istria alla [[Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia|Jugoslavia]].<br />
<br />
Secondo le direttive del Comando generale del [[Corpo volontari della libertà]] del Nord Italia, emanate nell'ottobre [[1944]], ogni patto con i soldati della RSI era da considerare come ''tradimento'' e quindi, essendo in tempo di guerra, da punire con la condanna a morte per fucilazione. Nessuno dei contatti della Osoppo con i fascisti e la [[Xª Flottiglia MAS (RSI)|Xª Flottiglia MAS]] si concluse comunque con un accordo.<ref>A cura di Mario Bordogna, ''Junio Valerio Borghese e la X Flottiglia MAS'', Mursia, Milano 1995, ISBN 88-425-1950-2, pag. 158</ref><br />
<br />
La Brigata ''Osoppo'' aveva dato rifugio a [[Elda Turchetti]], una giovane donna che [[Radio Londra]] aveva indicato più volte come spia dei tedeschi<ref>Giovanni Di Capua, ''Resistenzialismo versus Resistenza'', Rubbettino Editore srl, 2005, ISBN 9788849811971, [http://books.google.com/books?id=4XqXnuKJphsC&lpg=PA110&dq=Elda%20Turchetti%20radio%20londra&hl=it&pg=PA110#v=onepage&q&f=false pag 110]</ref>, dopo che alcuni informatori inglesi avevano avuto segnalazioni su una sua presunta amicizia con soldati tedeschi. Dopo alcuni mesi di custodia presso i partigiani della ''Osoppo'' era stata ritenuta innocente da un processo effettuato dagli stessi il [[1º febbraio]] [[1945]]. Il rifugio dato a Elda Turchetti fu il [[casus belli]] per l'azione degli uomini di [[Mario Toffanin]]<ref>Roberto Roggero, ''Oneri e onori: le verità militari e politiche della guerra di liberazione in Italia'', Greco & Greco Editori, 2006, ISBN 9788879804172, [http://books.google.com/books?id=BIVzVZoh8moC&lpg=PA435&dq=Elda%20Turchetti%20radio%20londra&hl=it&pg=PA433#v=onepage&q&f=false pag 433]</ref>.<br />
<br />
Il comandante del [[Brigata Osoppo|Gruppo delle Brigate Est della Divisione partigiana Osoppo]] era [[Francesco De Gregori (partigiano)|Francesco De Gregori]], detto "Bolla"<ref>zio dell'omonimo cantautore romano [[Francesco De Gregori]]</ref>, che venne subito ucciso insieme al [[commissario politico]] del [[Partito d'Azione]] [[Gastone Valente]], detto "Enea", al giovane Giovanni Comin, detto "Gruaro", che si trovava in zona perché voleva arruolarsi nella brigata, e a Elda Turchetti. L'altro comandante della formazione, [[Aldo Bricco]], pur ferito, riuscì a fuggire. Sedici altri partigiani furono imprigionati e fucilati nei giorni successivi dopo processi sommari: tra questi [[Guido Pasolini]], fratello di [[Pier Paolo Pasolini|Pier Paolo]]. Ne vennero assolti soltanto due, che passarono poi nei [[Gruppi di azione patriottica|GAP]].<br />
<br />
== Eventi successivi ==<br />
Dopo l'esecuzione, [[Mario Toffanin]] e i suoi sottoposti, Aldo Plaino e Vittorio Juri, stilarono una relazione indirizzata alla Federazione comunista di Udine e al comando del IX Corpus Sloveno, in cui sostenevano che l'esecuzione aveva avuto "''pieno consenso della Federazione del partito''" e in cui accusavano i partigiani della ''Osoppo'' di essere dei "''figli di papà''", i cui comandanti in punto di morte avrebbero inneggiato al fascismo. {{cn|La relazione non fu inoltrata agli organi della Resistenza, come ci si sarebbe aspettato vista l'accusa di tradimento e di aver trattato con le formazioni della [[Repubblica Sociale Italiana|RSI]]}}. <br />
<br />
[[Mario Lizzero]], commissario politico delle brigate ''Garibaldi'' in Friuli, venuto a sapere dell'eccidio, propose in un primo tempo la condanna a morte per Toffanin e i suoi uomini, ma questi vennero successivamente solo destituiti dalle loro posizioni di comando nei GAP<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1997/luglio/30/Strage_partigiani_arriva_film_tabu_co_0_9707307692.shtml Strage di partigiani, arriva il film tabu], articolo de [[Il Corriere della Sera]], del 30 luglio 1997</ref>. I dirigenti della federazione del PCI di Udine (Ostelio Modesti, segretario, e Alfio Tambosso, vice segretario), sosterranno che la responsabilità dell'azione era da imputarsi interamente a Toffanin, che non avrebbe interpretato correttamente gli ordini, anche se poi il PCI ne faciliterà la fuga in Jugoslavia. Una commissione d'inchiesta del CNL, presieduta dallo stesso Ostelio Modesti, e di cui facevano parte un rappresentante per la ''Osoppo'' e uno per la ''Garibaldi'', non giunse a nessuna conclusione e, con gli sviluppi della fine dell'aprile successivo, la questione passò in secondo piano.<ref name=Deotto>[http://www.storiain.net/arret/num62/artic1.htm Strage di Porzûs un’ombra cupa sulla resistenza, articolo di Paolo Deotto], sul sito storiainnetwork</ref><br />
<br />
Il [[23 giugno]] [[1945]] il Comando Divisioni ''Osoppo'' presentò una denuncia al Procuratore del Re di Udine e 6 anni dopo, nell'ottobre [[1951]], avrà il via il processo, presso la [[Corte d'Assise]] di [[Lucca]]. Nel [[1954]] vi fu la sentenza: trentasei dei responsabili dell'eccidio, tra i quali il gappista [[Mario Toffanin]] "Giacca", furono processati e condannati a 777 anni complessivi di carcere; tra questi Toffanin, Plaino e Juri furono condannati all'ergastolo e Ostelio Modesti, il segretario del PCI di Udine, venne condannato a trent'anni di carcere (ne sconterà poi nove). I condannati vennero poi liberati in seguito a varie amnistie, l'ultima delle quali avvenuta il [[15 maggio]] [[1973]].<ref name=Deotto /><br />
<br />
[[Mario Toffanin]], condannato in contumacia in quanto fuggito nella [[Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia]], dopo l'ultima [[amnistia]] del [[1975]] non tornerà in Italia, dovendo ancora scontare altre pene per diversi reati non legati alla lotta di Liberazione e che non erano stati amnistiati, ma non vi tornerà neppure nel luglio del 1978, quando sarà graziato dal Presidente [[Sandro Pertini]] da poco insediatosi al Quirinale e morirà a [[Sesana]], in [[Slovenia]], il [[22 gennaio]] [[1999]]. Toffanin, negli anni successivi alla fuga, si dichiarerà sempre certo del tradimento della Brigata ''Osoppo'': ribadirà più volte la correttezza delle sue azioni e continuerà ad accusare gli uomini della ''Osoppo'', tra le altre cose, di aver inglobato al proprio interno molti uomini appartenenti a gruppi fascisti, di aver collaborato attivamente con gli uomini della [[Repubblica Sociale Italiana|RSI]] e di aver spesso trattenuto le forniture di armi e attrezzature inglesi che secondo gli accordi spettavano alla ''Garibaldi''.<ref name=Deotto /><br />
<br />
A De Gregori fu riconosciuta la [[medaglia d'oro al valor militare]] alla memoria. <ref>[http://www.quirinale.it/elementi/DettaglioOnorificenze.aspx?decorato=14540 Motivazioni della medaglia d'oro al valor militare a Francesco De Gregori], sul sito del Quirinale</ref><br />
<br />
[[Giovanni Padoan]], detto "Vanni", [[commissario politico]] della divisione ''Garibaldi-Natisone'', a proposito della strage dichiarerà:<br />
{{quote | ''L'eccidio di Porzus e del Bosco Romagno, dove furono trucidati 20 partigiani osovani, è stato un crimine di guerra che esclude ogni giustificazione.''<br />
''E la Corte d'Assise di Lucca ha fatto giustizia condannando gli autori di tale misfatto. Benché il mandante di tale eccidio sia stato il Comando sloveno del IX Corpus, gli esecutori, però, erano gappisti dipendenti anche militarmente dalla Federazione del PCI di Udine, i cui dirigenti si resero complici del barbaro misfatto e siccome i GAP erano formazioni garibaldine, quale dirigente comunista d'allora e ultimo membro vivente del Comando Raggruppamento divisioni "Garibaldi-Friuli", assumo la responsabilità oggettiva a nome mio personale e di tutti coloro che concordano con questa posizione.'' <br />
''E chiedo formalmente scusa e perdono agli eredi delle vittime del barbaro eccidio.''<br />
''Come affermò a suo tempo lo storico Marco Cesselli, questa dichiarazione l'avrebbe dovuta fare il Comando Raggruppamento divisioni "Garibaldi-Friuli" quando era in corso il processo di Lucca. Purtroppo, la situazione politica da guerra fredda non lo rese possibile.''|dichiarazioni di Giovanni Padovan già commissario politico della divisione ''Garibaldi-Natisone'' <ref>[http://www.romacivica.net/anpiroma/DOSSIER/Dossier1a7.htm dichiarazioni di Giovanni Padovan già commissario politico della divisione Garibaldi-Natisone]</ref>}}<br />
<br />
== Motivazioni dell'eccidio ==<br />
{{P|Il paragrafo riporta solamente alcune ipotesi tratte (per di più in modo parziale) da un'intervista di don Moretti a "Famiglia Cristiana", senza nemmeno citare le motivazioni derivanti dalla volontà del IX Korpus di eliminare - in accordo con le brigate partigiane dipendenti dal PCI - una forza partigiana che non aveva aderito alla volontà espansionistica del movimento di liberazione della Jugoslavia|storia|novembre 2010}}<br />
A proposito delle motivazioni dell'eccidio, monsignor [[Aldo Moretti]] (il partigiano "Lino", [[Medaglia d'oro al valor militare]], uno dei fondatori delle Divisioni ''Osoppo'' e colui che ritroverà nel giugno 1945 i corpi dei partigiani uccisi) espresse nel 1997 in un’intervista [[Famiglia Cristiana]] la seguente opinione. Secondo Moretti gli Alleati, pensando già al [[dopoguerra]], temevano la collaborazione tra i partigiani cattolici e partigiani comunisti e quindi cercavano di dividere questo fronte, arrivando a sacrificare la ''Osoppo'' per screditare le formazioni comuniste:<br />
{{quote|''lavorare per dividerci, anzi di sacrificarci per gettare l’ombra del discredito sulle formazioni comuniste, alle dipendenze di un esercito, quello jugoslavo, che ormai era visto come conquistatore e non più come alleato. Insomma gli Alleati erano preoccupati del loro futuro governo nella zona''|Dichiarazioni di monsignor Aldo Moretti a Famiglia Cristiana<ref name=Moretti>[http://www.romacivica.net/anpiroma/DOSSIER/Dossier1a6.htm Intervista su Famiglia Cristiana di monsignor Aldo Moretti], uno dei fondatori delle Brigate Osoppo</ref>}}<br />
<br />
Le stesse denunce di [[Radio Londra]] contro Elda Turchetti rientrerebbero in questa strategia, atta alla creazione di attriti tra le formazioni comuniste e quelle cattoliche. <br />
Aldo Moretti sostenne inoltre che già nell'autunno del [[1944]] vi erano stati attriti tra i partigiani che facevano riferimento al PCI e che erano incorporati dal IX Corpus jugoslavo di [[Josip Broz Tito|Tito]] e quelli che avevano rifiutato sia di mettersi agli ordini dei titini sia di lasciare la zona. <br />
Questi attriti e la ricerca di una politica meno rigida da seguire nell'effettuare la lotta partigiana avevano dato, secondo Moretti, il via a voci di collaborazione tra il gruppo ''Osoppo'' e le forze nazifasciste: <br />
{{quote|''Qualche intesa umanitaria, nessun tradimento. Tentavamo solo di anticipare la pace in un angolo del fronte''|Dichiarazioni di monsignor Aldo Moretti a Famiglia Cristiana<ref name=Moretti/>}}<br />
<br />
In questa atmosfera di sospetto due proposte di alleanza contro le formazioni comuniste arrivarono alla ''Osoppo'' da parte del federale fascista di [[Udine]], per conto del tenente colonnello delle [[Schutzstaffel|SS]] Von Hallesleben, ma vengono respinte subito da Moretti con due lettere, datate 28 dicembre 1944 e 10 gennaio 1945, fatte pervenire al federale di Udine tramite l'arcivescovo [[Giuseppe Nogara]].<ref name=Deotto/><br />
<br />
Le voci tuttavia divennero insistenti quando un partigiano della Osoppo, Cino Boccazzi, preso prigioniero dalla [[Xª Flottiglia MAS (RSI)|Xª Flottiglia MAS]], venne effettivamente mandato a [[Udine]] (secondo la ricostruzione data da Moretti, sotto la minaccia di veder uccisa la propria moglie e i propri figli se si fosse rifiutato) per cercare un contatto per una possibile collaborazione nella difesa del confine orientale. [[Valerio Borghese|Borghese]], sempre secondo Moretti, voleva difendere il confine e scongiurare una possibile annessione da parte della Jugoslavia e crearsi un’immagine da patriota in vista della prossima e prevedibile fine della guerra. L’ufficiale britannico Rowort (conosciuto come "Nikolson") presente in incognito a Udine, a cui era stata riferita la proposta, attese prima di consultarsi con il comando a Londra (che rispose poi negativamente all'offerta), attesa che rese ancora più forti e credibili le voci di una possibile trattativa tra la ''Osoppo'' e la Decima Mas.<ref name=Moretti/><br />
<br />
==I riflessi sulla ''Gladio''==<br />
Probabilmente è ascrivibile a questa valenza resistenziale non comunista, intensamente sentita dai componenti della brigata, il fatto che nei suoi ranghi abbia attinto la struttura [[Organizzazione Gladio|''Gladio'']]: essa nei decenni successivi, almeno nella sua componente ufficiale, fu vocata all'utilizzo volontario ''dietro le linee'' di un'eventuale invasione sovietica in [[Italia]] ([[stay behind]], proprio com'era avvenuto nella [[Venezia Giulia]] invasa dai partigiani titoisti) per operazioni di resistenza e di ''esfiltrazione'' di soggetti utili alla causa [[anticomunismo|anticomunista]].<ref>[http://www.parlamento.it/bicam/terror/stenografici/steno02.htm Comunicazioni del presidente], Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, 2' seduta, 23 ottobre 1996</ref><br />
<br />
== La Malga di Porzûs come bene culturale ==<br />
Il [[18 gennaio]] [[2010]] la ''Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia'' emetteva un decreto che rendeva di "interesse culturale" il "bene denominato Malghe di Porzûs".<br />
<br />
Il [[9 maggio]] [[2010]], durante una conferenza stampa, l'onorevole [[Carlo Giovanardi]]<ref name=cdsfriuli>[http://lanostrastoria.corriere.it/2010/05/il-pasticcio-ministeriale-sull.html Il pasticcio ministeriale sull'eccidio di Porzus], articolo de [[Il Corriere della Sera]], del 27 maggio 2010 - visto 28 maggio 2010</ref> contesta la correttezza della "''Relazione storica''" allegata al decreto, affermando anche che alcuni dei contenuti della stessa sembravano ripresi da [[Wikipedia]].<br />
<br />
Il [[25 maggio]] [[2010]] anche il quotidiano cattolico [[Avvenire]]<ref>[http://www.avvenire.it/Cultura/strage+porzus+simoncelli_201005261015186330000.htm Sulla strage di Porzûs strane ipocrisie], articolo di [[Avvenire]], del 26 maggio 2010 - visto 28 maggio 2010</ref>, attraverso un editoriale delle storico [[Paolo Simoncelli]], denuncia come erronea la versione dei fatti fornita dal decreto. Secondo Simoncelli la ricostruzione non rende giustizia di quanto storicamente accaduto e successivamente condannato dai tribunali, a questo articolo fanno seguito diversi interventi sui quotidiani nazionali, tra cui il [[Corriere della Sera]]<ref name=cdsfriuli/> e [[Libero (quotidiano)|Libero]]. Il ministro in carica [[Sandro Bondi]], citando esplicitamente l'interesse avuto dai media per la questione, decide per la revoca del provvedimento della direzione generale del Friuli Venezia Giulia.<ref>[http://www.avvenire.it/Cultura/CASO+PORZS_201005280751198000000.htm Porzûs, il ministero cambia rotta], articolo di [[Avvenire]], del 28 maggio 2010 - visto 28 maggio 2010</ref><br />
<br />
==Filmografia==<br />
Da questa vicenda storica il regista [[Renzo Martinelli]] ha ricavato nel 1997 un film intitolato [[Porzûs (film)|Porzûs]].<br />
<br />
== Note ==<br />
<references /><br />
<br />
== Bibliografia ==<br />
* [[Roberto Battaglia]] - La storia della Resistenza Italiana - Einaudi -1964<br />
*[[Arrigo Petacco]] ''L'esodo, la tragedia negata degli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia'', Milano, Mondadori, 1999.<br />
*M. Cesselli, ''Porzus due volti della Resistenza'', La Pietra, Milano 1975<br />
* [[Primo Cresta]], ''[[Un partigiano dell'Osoppo al confine orientale]]'', [[Del Bianco Editore]], [[1969]].[[Udine]] <br />
*[[Sergio Gervasutti]], ''Il giorno nero di Porzus, la stagione della Osoppo'', Marsilio<br />
*Alessandra Kersevan, ''Porzûs, Dialoghi sopra un processo da rifare'', Edizioni Kappa Vu, 1995<br />
*''Il Processo di Porzus'', Testo della sentenza del 30 aprile 1954 della Corte d'Assise d'Appello sull'eccidio di Porzus, La Nuova Base editrice, Udine 1997<br />
*A. Lenoci, ''Porzus. La Resistenza tradita'', Laterza, Bari 1998<br />
*[[Tarcisio Petracco]], ''La lotta partigiana al confine orientale (la bicicletta della libertà)'', Ribis, Udine, 1994<br />
*[[Pier Paolo Pasolini]], ''Ermes tra Musi e Porzûs'', in "Il Mattino del Popolo", 8 febbraio 1948 (poi in Pier Paolo Pasolini, ''Saggi sulla politica e sulla società'', a cura di Walter Siti e Silvia De Laude, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1999, pp. 61-64).<br />
<br />
== Voci correlate ==<br />
* [[Brigata Osoppo]]<br />
* [[Resistenza italiana]]<br />
* [[Lista delle stragi avvenute in Italia]]<br />
* [[Friuli]]<br />
* [[Tarcisio Petracco]]<br />
* [[Riccardo Fedel|Comandante Libero]]<br />
* [[Dante Castellucci|Comandante Facio]]<br />
* [[Giovanni Padoan]]<br />
* [[Primo Cresta]]<br />
<br />
{{Portale|Friuli-Venezia Giulia|Storia}}<br />
{{Antifascismo}}<br />
<br />
[[Categoria:Stragi commesse in Italia durante la seconda guerra mondiale|Porzûs]]<br />
[[Categoria:Storia del Friuli]]<br />
[[Categoria:Brigate Garibaldi| Eccidio, Por]]<br />
[[Categoria:Brigate Osoppo| Eccidio, Por]]<br />
[[Categoria:Resistenza italiana| Eccidio, Por]]<br />
<br />
<br />
[[en:Porzûs massacre]]<br />
[[fur:Ecidi di Porçûs]]</div>Pigr8https://de.wikipedia.org/w/index.php?title=Benutzer:Hachinger62/Castelli&diff=140513066Benutzer:Hachinger62/Castelli2010-08-01T18:40:17Z<p>Pigr8: + template francobollo</p>
<hr />
<div><br />
<br />
{{Infobox francobollo raro<br />
|nome =Castelli d'Italia<br />
|immagine =Castello Sforzesco francobollo.jpg<br />
|dimensioni_immagine =270px<br />
|didascalia =Il valore da 10 lire raffigurante il [[Castello Sforzesco (Milano)|castello Sforzesco]] di [[Milano]]<br />
|bandiera ={{bandiera|ITA|nome}}<br />
<!-- Sezione descrizione generale --><br />
|amministrazione =[[Poste Italiane]]<br />
|tipo =Serie ordinaria<br />
|numero_esemplari =<br />
|luogo_produzione =<br />
|tipografia =IPSZ<br />
|facciale =da L.5 a L.1.400<br />
|tiratura =<br />
|colore =<br />
|filigrana =<br />
|dentellatura =<br />
|disegnatore =vari<br />
|data_emissione =[[22 settembre]] [[1980]]<br />
|inizio_validita =<br />
|fine_validita =ancora in corso<br />
|errori =numerosi<br />
|note =<br />
}}<br />
La '''Serie castelli''' o '''Serie castelli d'Italia''' è una serie di [[francobolli]] emessa in [[Italia]] negli [[anni 1980|anni ottanta]].<br />
<br />
Questa serie di francobolli è stato dismessa dalla produzione e ritirata dalla vendita prima dell'avvento dell'[[euro]] a favore di nuove serie di francobolli creati ed ideati appositamente per il nuovo conio.<br />
<br />
== Descrizione ==<br />
<br />
I francobolli di questa serie ordinaria sostituiscono la serie Siracusana in corso dal 1953 e hanno forma quadrata. La serie viene chiamata "Castelli d'Italia" perché tutti i francobolli hanno l’effige di un castello italiano degno di nota.<br />
<br />
Impostata dal pittore [[Egidio Vangelli]], ma con soggetti disegnati da vari altri autori, tra cui [[Tommaso Mele]] ed [[Eros Donnini]], è caratterizzata dalla scelta di soggetti appartenenti ad un soggetto tematico, sulla falsariga della serie [[Le serie ordinarie della Repubblica#Serie detta "Italia al lavoro"|Italia al lavoro]] del 1950, ma senza i problemi che questa aveva avuto per i soggetti relativi a valori complementari. <br />
<br />
Vengono scelti i Castelli d'Italia non solo in quanto rappresentativi sia sul piano culturale che turistico dell'Italia, ma anche perché consentono di attuare un'equa distribuzione regionale senza correre il rischio di esaurire i soggetti, nell'ipotesi di dovere stampare ulteriori valori.<br />
<br />
I primi ventisette castelli appaiono contemporaneamente il [[22 settembre]] [[1980]]; pur essendo opera di artisti diversi, vengono incorniciati in modo omogeneo con un cerchio su fondo colorato, a seconda della valuta impressa nel francobollo e da cui debordano lievemente in modi diversi.<br />
<br />
Anche l'effige del [[castello]] varia a seconda della valuta ed è compresa tra 5 lire e 1400 lire. I valori sono stati stampati sia su fogli (in rotocalco, offset e calcografia), sia su bobine, in formato più piccolo e dentellati solo verticalmente, per rifornire i distributori automatici.<br />
<br />
Vengono successivamente emesse anche delle [[Cartolina postale|Cartoline Postali]] e dei [[Biglietto postale|Biglietti Postali]] con impronta di valore riproducenti francobolli della serie, anche se con soggetto diverso dal corrispondente valore tradizionale.<br />
<br />
La serie, sebbene tuttora in corso di validità, viene sostituita nel 1998 con la serie "La donna nell'arte". <br />
<br />
I francobolli hanno i seguenti valori: <br />
5 lire, 10 lire, 20 lire, 30 lire, 40 lire, 50 lire, 60 lire, 70 lire, 80 lire, 90 lire, 100 lire, 120 lire, 150 lire, 160 lire, 170 lire, 180 lire, 200 lire, 250 lire, 300 lire, 350 lire, 380 lire, 400 lire, 450 lire, 500 lire, 550 lire, 600 lire, 650 lire, 700 lire, 750 lire, 800 lire, 850 lire, 900 lire, 1000 lire, 1400 lire.<br />
<br />
==Varietà e tipi della Serie "Castelli d'Italia"==<br />
Nel corso dei molti anni in cui questi francobolli sono stati presenti sul territorio nazionale, sono stati distribuiti moltissimi esemplari con piccole varietà e occasionali mancanze di colore. <br />
Alcune varietà più marcate e spettacolari sono state illecitamente vendute sul mercato nazionale, e provengono da scarti di stampa del Poligrafico.<br />
Cercando di mettere ordine tra le numerose varietà presenti, sia occasionali che volute, l'elenco seguente serve esclusivamente come indicativo indice dei tipi. Solo alcune delle varietà si possono riscontrare di frequente e sono state certamente distribuite sul territorio, quindi è possibile trovarle anche tra i propri doppioni di casa, fatta eccezione per il 100 lire "giallo" (senza il colore rosso), massima rarità della serie "Castelli", uno dei pochissimi esemplari vistosamente errati distribuito regolarmente e usato per posta. <br />
I tipi identificati come "resti di stampa" sono provenienti principalmente dal Poligrafico, comunque sono normalmente commercializzati ed hanno spesso molto successo alle aste.<br />
[[Immagine:Castelli.jpg|thumbnail|centre|Alcuni valori della serie ordinaria dei Castelli d'Italia]]<br />
<br />
== Elenco delle varietà e sottotipi ==<br />
Fonti: il Catalogo Sassone specializzato della Repubblica Italiana, Catalogo CEI Francobolli Area Italia e Catalogo Enciclopedico Italiano.<br />
<br />
;5 lire "[[Castel Sant'Angelo (Roma)|Castel Sant'Angelo]], [[Roma]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
* 5 lire - varietà: Colori spostati (oltre 2 millimetri)<br />
* 5 lire - Dentellatura "a blocco", anziché a pettine (riscontrabile solo nel bordo in alto e in basso del foglio). I francobolli sono identici, cambia solo la dentellatura del foglio.<br />
<br />
;10 lire "[[Castello Sforzesco]], [[Milano]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
* 10 lire - Colori spostati (oltre 2 millimetri)<br />
* 10 lire - Dentellatura "a blocco", anziché "a pettine" (riscontrabile solo nel bordo in alto e in basso del foglio). I francobolli sono identici, cambia solo la dentellatura del foglio. <br />
<br />
;20 lire "[[Castel del Monte]], [[Andria]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
* 20 lire - Colori spostati (oltre 2 millimetri)<br />
* 20 lire - Stampa evanescente dei due colori <br />
* 20 lire - Dentellatura "a blocco", anziché "a pettine" (riscontrabile solo nel bordo in alto e in basso del foglio). I francobolli sono identici, cambia solo la dentellatura del foglio. <br />
<br />
;30 lire "[[Castello dell'Aquila]]" - 20 agosto 1981<br />
Varietà:<br />
*30 lire - Colore del fondo nella parte sinistra molto chiaro<br />
*30 lire - Fasce o grosse righe di colore<br />
*30 lire - Stampa evanescente<br />
*30 lire - Colore del fondo più scuro e giallo molto intenso <br />
*30 lire - Filetto del riquadro in basso a destra mancante <br />
*30 lire - Stampa del fondo giallo spostata in basso (entro pochi millimetri si può trovare facilmente)<br />
*30 lire - Senza la scritta in basso "I.P.Z.S. Roma - T.Mele"<br />
*30 lire - Coppia orizzontale con dentellatura incompleta nel mezzo<br />
*30 lire - Dentellatura orizzontale fortemente spostata<br />
*30 lire - Dentellatura "a blocco", anziché a pettine (riscontrabile solo nel bordo in alto e in basso del foglio). I francobolli sono identici, cambia solo la dentellatura del foglio. <br />
<br />
;40 lire "[[Castello Ursino]], [[Catania]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà: <br />
*40 lire - Colore del fondo molto chiaro<br />
*40 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*40 lire - Dentellatura "a blocco", anziché a pettine (riscontrabile solo nel bordo in alto e in basso del foglio). I francobolli sono identici, cambia solo la dentellatura del foglio.<br />
<br />
;50 lire "[[Rocca Calascio|Rocca di Calascio]]"<br />
*50 lire - Dentellato 14 x 13¼ - Emesso: 22 settembre 1980 - normale<br />
*50 lire - Dentellato 13¼ x 13¼ - Emesso nel corso del 1983 - varietà<br />
*50 lire - Dentellato 14 x 13¼, con scritta "I.P.Z.S. 1980" in basso - Emesso: agosto 1990 - normale<br />
<br />
Varietà:<br />
*50 lire - Fasce o grosse righe di colore<br />
*50 lire - Stampa del giallo distribuita su gran parte del fondo (evidente giallo diffuso)<br />
*50 lire - Stampa superiore della rocca in rosa <br />
*50 lire - Mancanza della scritta in alto<br />
*50 lire - Stampa del nero incompleta <br />
*50 lire - Senza la stampa del giallo o giallo evanescente<br />
*50 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*50 lire - Mancanza della scritta "I.P.Z.S." in basso<br />
*50 lire - Senza la stampa del nero<br />
*50 lire - Stampa evanescente<br />
*50 lire - Senza la stampa del rosso<br />
*50 lire - [[Taglio chirurgico]]<br />
*50 lire - Castelli verdi anziché gialli<br />
*50 lire - [[Carta ricongiunta]]<br />
*50 lire - Dentellatura orizz. fortemente spostata<br />
*50 lire - Non dentellato - Resti di stampa<br />
*50 lire - Non dentellato, senza il colore nero - Resti di stampa<br />
*50 lire - Fortemente decentrato in senso verticale e orizzontale, spostamenti in entrambi i sensi<br />
<br />
;60 lire "Torre Normanna, [[San Mauro Forte]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*60 lire - Stampa del rosso incompleta<br />
*60 lire - Stampa del rosso fortemente inchiostrata e sbavata<br />
*60 lire - Dentellatura "a blocco", anziché a pettine (riscontrabile solo nel bordo in alto e in basso del foglio). I francobolli sono identici, cambia solo la dentellatura del foglio.<br />
<br />
;70 lire "[[Castello Aragonese (Reggio Calabria)|Castello Aragonese]], [[Reggio Calabria]] - 20 agosto 1981<br />
Varietà:<br />
*70 lire - Colori spostati (evidente spostamento dei colori)<br />
*70 lire - Stampa evanescente<br />
<br />
;80 lire "[[Castello di Sabbionara]], [[Avio]]" - 20 agosto 1981<br />
Varietà:<br />
*80 lire - Senza la stampa di un colore (più frequentemente il giallo)<br />
*80 lire - Con la stampa del verde e del rosso evanescente (raro)<br />
<br />
;90 lire "Castello di [[Isola di Capo Rizzuto]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*90 lire - Stampa del nero evanescente<br />
<br />
;100 lire "[[Castello Aragonese (Ischia)|Castello Aragonese]], [[Ischia]]"<br />
*100 lire - Dentellato 14 x 13¼ - Emesso: 22 settembre 1980 - normale<br />
*100 lire - Dentellato 13¼ x 13¼ - Emesso nel corso del 1983 - varietà<br />
*100 lire - Dentellato 14 x 13¼, senza fluorescenza, Filigrana II 65° destra anziché IV - Emesso nel corso del 1992 - varietà - Raro<br />
<br />
Varietà:<br />
*100 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*100 lire - Fasce o grosse righe di colore<br />
*100 lire - Stampa molto confusa<br />
*100 lire - Senza stampa del centro<br />
*100 lire - Stampa del mare violetto anziché celeste<br />
*100 lire - [[Taglio chirurgico]]<br />
*100 lire - Senza la stampa del giallo<br />
*100 lire - Senza la stampa del rosso (castello giallo) - Rarissimo<br />
*100 lire - Senza la stampa del rosso e del giallo, dentellatura fortemente spostata<br />
*100 lire - Stampa del rosso fortemente inchiostrata, che sporca tutto il francobollo<br />
*100 lire - Stampa del nero spostata ([[colori fuori registro]])<br />
*100 lire - Senza la stampa dell'azzurro e dentellatura spostata<br />
*100 lire - Colori molto spostati<br />
*100 lire - Senza filigrana (da parti di [[carta ricongiunta]])<br />
*100 lire - [[Carta ricongiunta]]<br />
*100 lire - Dentellatura fortemente spostata (orizz. o vert.)<br />
*100 lire - Non dentellato - Resto di stampa<br />
<br />
;120 lire "[[Castello Estense]], [[Ferrara]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*120 lire - Stampa del rosso estesa in tutto il francobollo e intensa<br />
*120 lire - colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*120 lire - Senza la stampa del rosso<br />
*120 lire - Dentellatura "a blocco", anziché "a pettine" (riscontrabile solo nel bordo in alto e in basso del foglio). I francobolli sono identici, cambia solo la dentellatura del foglio.<br />
<br />
;150 lire "[[Castello di Miramare]], [[Trieste]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*150 lire - Colore del fondo molto chiaro<br />
*150 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*150 lire - Colore di fondo mancante a sinistra per 4 mm<br />
*150 lire - Stampa molto confusa<br />
*150 lire - Colore del fondo giallastro<br />
*150 lire - [[Taglio chirurgico]]<br />
*150 lire - Fasce o grosse righe di colore<br />
*150 lire - Stampa evanescente<br />
*150 lire - Pieghe di carta<br />
*150 lire - [[Carta ricongiunta]]<br />
*150 lire - Dentellatura fortemente spostata (orizzontale o verticale)<br />
*150 lire - Dentellatura verticale parzialmente mancante<br />
*150 lire - Dentellatura "a blocco", anziché "a pettine" (riscontrabile solo nel bordo in alto e in basso del foglio). I francobolli sono identici, cambia solo la dentellatura del foglio.<br />
<br />
;170 lire "Castello di [[Ostia]], [[Roma]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*170 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*170 lire - Stampa del nero quasi mancante del tutto<br />
*170 lire - Filetto di riquadro in basso a destra mancante<br />
*170 lire - Stampa evanescente<br />
*170 lire - Dentellatura fortemente spostata (orizzontale o verticale)<br />
<br />
;180 lire "[[Castel Gavone]], [[Finale Ligure]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*180 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*180 lire - Colore rosa evanescente<br />
*180 lire - [[Carta ricongiunta]]<br />
<br />
;200 lire "Castello di [[Cerro al Volturno]]" - 22 settembre 1980<br />
*200 lire - Ristampato in rotocalco (colori accesi) - 21 febbraio 1994<br />
Varietà:<br />
*200 lire - Stampa molto poco inchiostrata<br />
*200 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*200 lire - Fondo di colore giallo con risposta fluorescente<br />
*200 lire - Senza la stampa dell'azzurro<br />
*200 lire - Stampa del solo colore bruno<br />
*200 lire - Colore del fondo grigio anziché azzurro grigio<br />
*200 lire - Filetto del riquadro a destra mancante (Vedi immagine, francobollo di destra)<br />
*200 lire - Arco completo (inchiostrazione del rosso e del giallo maggiormente diffusa)<br />
[[Immagine:Varietà_200_lire.jpg|thumbnail|centre|Francobolli da 200 lire con varietà: A - Arco completo (evidente continuazione del paese a sinistra e intensa colorazione del rosso e del giallo); B - Mancanza del filetto in fondo a destra, dovuto all'usura dei cilindri.]] <br />
*200 lire - Scritta in basso incompleta (anche totalmente) <br />
*200 lire - Falle di stampa o righe<br />
*200 lire - Stampa evanescente<br />
*200 lire - [[Carta ricongiunta]]<br />
*200 lire - Pieghe di carta<br />
*200 lire - Dentellatura fortemente spostata (orizzontalmente o verticalmente)<br />
*200 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
*200 lire - Non dentellato in alto o da un lato (dx o sx)<br />
*200 lire - Coppia non dentellata in mezzo<br />
*200 lire - Varietà francobollo in rotocalco - Stampa della cornice in ardesia scuro anziché bruno - Solo 100 noti (Resto di stampa)<br />
<br />
;250 lire "[[Rocca Roveresca di Mondavio|Rocca di Mondavio]]" - 22 settembre 1980<br />
*250 lire - Ristampato in rotocalco (colori accesi) - 21 febbraio 1994<br />
Varietà:<br />
*250 lire - Colori fortemente spostati (oltre 2 mm)<br />
*250 lire - Stampa parzialmente mancante nella parte superiore del francobollo<br />
*250 lire - Falle di stampa o righe<br />
*250 lire - Dentellatura fortemente spostata (orizzontalmente o verticalmente)<br />
*250 lire - Dentellatura cieca (dentini uniti a tratti)<br />
<br />
;300 lire "[[Castello Normanno-Svevo (Bari)|Castello Normanno-Svevo]], [[Bari]] - 22 settembre 1980<br />
*300 lire - Ristampato in rotocalco (colori accesi) - 21 febbraio 1994<br />
Varietà:<br />
*300 lire - Senza fluorescenza - Fil. tipo IV - Non comune<br />
*300 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*300 lire - Cielo e castello con fondo giallo<br />
*300 lire - Stampa confusa e colori sbavati<br />
*300 lire - Filetto di riquadro in basso a destra mancante<br />
*300 lire - Macchie di colore<br />
*300 lire - Falle di stampa o righe<br />
*300 lire - Pieghe di carta<br />
*300 lire - Stampa dell'azzurro molto inchiostrata<br />
*300 lire - Dentellatura fortemente spostata (orizzontalmente o verticalmente)<br />
<br />
;350 lire "Castello di [[Mussomeli]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*350 lire - Stampa incompleta della cifra "3"<br />
*350 Lire - Banda verde che attraversa tutto il francobollo (castello quasi del tutto verde)<br />
*350 lire - Falle di stampa o righe<br />
*350 lire - Stampa della cornice poco inchiostrata<br />
*350 lire - Non dentellato - Resto di stampa<br />
*350 lire - Non dentellato in alto<br />
*350 lire - Dentellatura fortemente spostata<br />
*350 lire - Francobollo più piccolo o più grande in senso orizzontale o verticale (per effetto del pettine)<br />
<br />
;380 lire "[[Castello di Vignola|Rocca di Vignola]]" - 5 febbraio 1987<br />
Varietà:<br />
*380 lire - Fasce o grosse righe di colore<br />
*380 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*380 lire - [[Taglio chirurgico]]<br />
*380 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
*380 lire - Dentellato solo in basso - resto di stampa<br />
<br />
;400 lire "[[Castello dell'Imperatore]], [[Prato]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*400 lire - Disegno con rettangolo verde e bruno<br />
*400 lire - Merli e riquadri destri parzialmente mancanti<br />
*400 lire - Merli del castello in verde anziché bruno (vedi particolare in foto)<br />
[[Immagine:Castelli_verdi.jpg|thumbnail|centre|Particolare del 400 lire con i merli del castello in verde anziché in bruno]] <br />
*400 lire - Stampa del verde incompleta<br />
*400 lire - Stampa evanescente<br />
*400 lire - Dentellatura parzialmente cieca<br />
*400 lire - Foro mancante nella dentellatura del lato a sinistra<br />
*400 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
*400 lire - Non dentellato da un lato<br />
*400 lire - Dentellatura fortemente spostata (anche oltre i 4 mm)<br />
*400 lire - Francobollo più piccolo o più grande in senso orizzontale o verticale (per effetto del pettine)<br />
<br />
;450 lire "Castello di [[Bosa]]" - 22 settembre 1980<br />
*450 lire - Ristampato in rotocalco (colori accesi) - 21 febbraio 1994<br />
Varietà:<br />
*450 lire - Senza filigrana<br />
*450 lire - Fondo bianco in colore rosaceo<br />
*450 lire - Fondo azzurrato<br />
*450 lire - Fasce o grosse righe di colore<br />
*450 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*450 lire - Stampa evanescente<br />
*450 lire - Falle di stampa o righe<br />
*450 lire - Senza la stampa del rosso<br />
*450 lire - Solo stampa dell'azzurro<br />
*450 lire - [[Carta ricongiunta]]<br />
*450 lire - Pieghe di carta<br />
*450 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
*450 lire - Coppia non dentellata in mezzo<br />
*450 lire - Non dentellato da un lato<br />
*450 lire - Dentellatura fortemente spostata (anche a cavallo di due o più francobolli)<br />
*450 lire - Dentellato solo a destra - resto di stampa<br />
<br />
;500 lire "Castello di [[Rovereto]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*500 lire - Fondo evanescente e dentellatura spostata<br />
*500 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*500 lire - Stampa del bruno molto debole ''(a causa delle grosse tirature)''<br />
*500 lire - Stampa del verde molto debole ''(a causa delle grosse tirature)''<br />
*500 lire - Senza la stampa del castello (Castello fantasma)<br />
*500 lire - Stampa del castello incompleta<br />
*500 lire - "500" senza l'ultimo zero, come se fosse "50"<br />
*500 lire - Stampa della cornice in verde scuro anziché in bruno<br />
*500 lire - Falle di stampa<br />
*500 lire - Fasce o grosse righe di colore<br />
*500 lire - Dentellatura fortemente spostata<br />
*500 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
*500 lire - Coppia non dentellata in mezzo<br />
*500 lire - Non dentellato da un lato<br />
*500 lire - Francobollo più piccolo o più grande in senso orizzontale o verticale (per effetto del pettine)<br />
<br />
;550 lire "Castello di [[Rocca Sinibalda]]"<br />
*550 lire - Dentellato 14 x 13¼ - Emesso: 22 settembre 1980 - normale<br />
*550 lire - Dentellato 13¼ x 13¼ - Emesso nel corso del 1984 - varietà<br />
<br />
Varietà:<br />
*550 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*550 lire - Stampa del castello smossa (anche molto smossa)<br />
*550 lire - Senza la stampa dell'azzurro<br />
*550 lire - Stampa del fondo fortemente inchiostrata<br />
*550 lire - Fondo arancio evanescente<br />
*550 lire - Fasce o grosse righe di colore<br />
*550 lire - [[Taglio chirurgico]]<br />
*550 lire - Dentellatura fortemente spostata (anche di 8 mm)<br />
*550 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
*550 lire - Non dentellato in alto<br />
<br />
;600 lire "Castello Scaligero, [[Sirmione]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*600 lire - Colori spostati (oltre 2 mm, anche fortemente oltre i 3 mm)<br />
*600 lire - Stampa del nero evanescente<br />
*600 lire - Senza la stampa del verde (anche con dentellatura spostata)<br />
*600 lire - Fasce o grosse righe di colore<br />
*600 lire - Solo stampa del nero e Non dentellato - resto di stampa<br />
*600 lire - [[Carta ricongiunta]] (anche non dentellato da uno più lati)<br />
*600 lire - Dentellatura spostata (o fortemente, anche di 5 mm)<br />
*600 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
*600 lire - Coppia non dentellata in mezzo<br />
*600 lire - Non dentellato da un lato<br />
<br />
;650 lire "Castello di [[Montecchio Vesponi|Montecchio]], [[Castiglion Fiorentino]]" - 15 marzo 1986<br />
Varietà:<br />
*650 lire - Fasce o grosse righe di colore<br />
*650 lire - Senza la stampa del giallo<br />
*650 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*650 lire - [[Taglio chirurgico]]<br />
*650 lire - [[Carta ricongiunta]]<br />
*650 lire - Dentellatura fortemente spostata <br />
*650 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
*650 lire - Coppia non dentellata in mezzo<br />
*650 lire - Non dentellato da un lato<br />
<br />
;700 lire "[[Castello di Ivrea|Castello d'Ivrea]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*700 lire - Senza fluorescenza, Fil. II 65° sinistra anziché Fil. IV - Emesso il 23 gennaio 1990 - Raro<br />
*700 lire - Senza la stampa del giallo e rosso spostato di 2 mm<br />
*700 lire - Senza la stampa del rosso<br />
*700 lire - Stampa del solo contorno violetto - resto di stampa<br />
*700 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*700 lire - Blu spostato in basso di 3 mm e dentellatura orizzontale spostata<br />
*700 lire - Stampa evanescente<br />
*700 lire - [[Carta ricongiunta]] e senza filigrana - resto di stampa<br />
*700 lire - Dentellatura fortemente spostata <br />
*700 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
*700 lire - Coppia non dentellata in mezzo<br />
*700 lire - Non dentellato da un lato<br />
<br />
;750 lire "Rocca di [[Urbisaglia]]" - 20 settembre 1990<br />
Varietà:<br />
*750 lire - Senza fluorescenza, Fil. II 65° sinistra anziché Fil. IV - Emesso nel mese d'aprile del 1991 - Raro<br />
*750 lire - Stampa del verde parzialmente mancante<br />
*750 lire - Fascia azzurra sopra il castello mancante<br />
*750 lire - Coppia orizzontale con il primo esemplare senza stampa<br />
*750 lire - Carta ricongiunta, senza filigrana - resto di stampa<br />
*750 lire - Carta ricongiunta, non dentellato - resto di stampa<br />
*750 lire - Dentellatura fortemente spostata (in uno o più sensi)<br />
*750 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
*750 lire - Coppia non dentellata in mezzo<br />
*750 lire - Non dentellato da un lato<br />
<br />
;800 lire "Rocca Maggiore, [[Assisi]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*800 lire - Fasce o grosse righe di colore<br />
*800 lire - Falle di stampa o righe<br />
*800 lire - Senza stampa del bruno<br />
*800 lire - Solo stampa del bruno<br />
*800 lire - Dentellatura fortemente spostata<br />
*800 lire - Francobollo più piccolo o più grande in senso orizzontale o verticale (per effetto del pettine)<br />
<br />
;850 lire "[[Castello di Arechi]], [[Salerno]]" - 7 marzo 1992<br />
Varietà:<br />
*850 lire - Colori fortemente spostati<br />
*850 lire - Senza la stampa del giallo<br />
*850 lire - Stampa dei soli colori azzurro e giallo<br />
*850 lire - Dentellatura fortemente spostata <br />
*850 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
<br />
;900 lire "[[Castello di Saint-Pierre]] ([[Valdaosta]])" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*900 lire - Colori spostati (oltre 2 mm, fortemente oltre 3 mm)<br />
*900 lire - Stampa del giallo parziale<br />
*900 lire - Stampa del bruno incompleta<br />
*900 lire - Muro del castello in verde anziché bruno<br />
*900 lire - Angolo inferiore destro bruno anziché verde<br />
*900 lire - Falle di stampa<br />
*900 lire - Carta ricongiunta<br />
*900 lire - Carta ricongiunta, senza filigrana<br />
*900 lire - Dentellatura fortemente spostata<br />
<br />
;1000 lire "Castello di [[Montagnana]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*1000 lire - Ultimo "0" di "1000" mancante o parzialmente mancante<br />
*1000 lire - Stampa della cifra "1" mancante <br />
*1000 lire - Archi e fondo del castello verdi (parte verde più vasta a discapito del nero)<br />
*1000 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*1000 lire - Colori molto spostati e mancanti<br />
*1000 lire - Stampa spostata sul bordo superiore<br />
*1000 lire - Senza la stampa del centro<br />
*1000 lire - Senza la stampa di un colore di fondo<br />
*1000 lire - Stampa dell'azzurro predominante nel fondo (anche con dentellatura spostata o non dentellato da un lato)<br />
*1000 lire - Castello solo azzurro (Castello azzurro)<br />
*1000 lire - Falle di stampa<br />
*1000 lire - [[Carta ricongiunta]]<br />
*1000 lire - Dentellatura fortemente spostata (anche di molti mm)<br />
*1000 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
*1000 lire - Coppia non dentellato in mezzo<br />
*1000 lire - Non dentellato da uno lato<br />
<br />
;1400 lire "Castello Caldoresco, [[Vasto]]" - 9 luglio 1983<br />
Varietà:<br />
*1400 lire - Falle di stampa<br />
*1400 lire - Dentellatura orizzontale spostata<br />
*1400 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
*1400 lire - Dentellatura al centro del francobollo - resto di stampa<br />
*1400 lire - Francobollo più piccolo o più grande in senso orizzontale o verticale (per effetto del pettine)<br />
<br />
== Bibliografia ==<br />
*Catalogo specializzato della Repubblica Italiana - Sassone editore<br />
*Catalogo CEI Area Italiana - CEI edizioni<br />
*Catalogo Enciclopedico Italiano<br />
<br />
== Voci correlate ==<br />
* [[Le serie ordinarie della Repubblica]]<br />
* [[Francobolli ed erinnofili dell'Istituto Poligrafico italiano]]<br />
* [[Filatelia]]<br />
[[Categoria: Francobolli]]<br />
{{Portale|Filatelia}}</div>Pigr8https://de.wikipedia.org/w/index.php?title=Benutzer:Hachinger62/Castelli&diff=140513065Benutzer:Hachinger62/Castelli2010-08-01T18:31:55Z<p>Pigr8: /* Voci correlate */ refuso</p>
<hr />
<div>[[Immagine:Castello Sforzesco francobollo.jpg|thumb|Il valore da 10 lire raffigurante il [[Castello Sforzesco (Milano)|castello Sforzesco]] di [[Milano]]]]<br />
<br />
La '''Serie castelli''' o '''Serie castelli d'Italia''' è una serie di [[francobolli]] emessa in [[Italia]] negli [[anni 1980|anni ottanta]].<br />
<br />
Questa serie di francobolli è stato dismessa dalla produzione e ritirata dalla vendita prima dell'avvento dell'[[euro]] a favore di nuove serie di francobolli creati ed ideati appositamente per il nuovo conio.<br />
<br />
== Descrizione ==<br />
<br />
I francobolli di questa serie ordinaria sostituiscono la serie Siracusana in corso dal 1953 e hanno forma quadrata. La serie viene chiamata "Castelli d'Italia" perché tutti i francobolli hanno l’effige di un castello italiano degno di nota.<br />
<br />
Impostata dal pittore [[Egidio Vangelli]], ma con soggetti disegnati da vari altri autori, tra cui [[Tommaso Mele]] ed [[Eros Donnini]], è caratterizzata dalla scelta di soggetti appartenenti ad un soggetto tematico, sulla falsariga della serie [[Le serie ordinarie della Repubblica#Serie detta "Italia al lavoro"|Italia al lavoro]] del 1950, ma senza i problemi che questa aveva avuto per i soggetti relativi a valori complementari. <br />
<br />
Vengono scelti i Castelli d'Italia non solo in quanto rappresentativi sia sul piano culturale che turistico dell'Italia, ma anche perché consentono di attuare un'equa distribuzione regionale senza correre il rischio di esaurire i soggetti, nell'ipotesi di dovere stampare ulteriori valori.<br />
<br />
I primi ventisette castelli appaiono contemporaneamente il [[22 settembre]] [[1980]]; pur essendo opera di artisti diversi, vengono incorniciati in modo omogeneo con un cerchio su fondo colorato, a seconda della valuta impressa nel francobollo e da cui debordano lievemente in modi diversi.<br />
<br />
Anche l'effige del [[castello]] varia a seconda della valuta ed è compresa tra 5 lire e 1400 lire. I valori sono stati stampati sia su fogli (in rotocalco, offset e calcografia), sia su bobine, in formato più piccolo e dentellati solo verticalmente, per rifornire i distributori automatici.<br />
<br />
Vengono successivamente emesse anche delle [[Cartolina postale|Cartoline Postali]] e dei [[Biglietto postale|Biglietti Postali]] con impronta di valore riproducenti francobolli della serie, anche se con soggetto diverso dal corrispondente valore tradizionale.<br />
<br />
La serie, sebbene tuttora in corso di validità, viene sostituita nel 1998 con la serie "La donna nell'arte". <br />
<br />
I francobolli hanno i seguenti valori: <br />
5 lire, 10 lire, 20 lire, 30 lire, 40 lire, 50 lire, 60 lire, 70 lire, 80 lire, 90 lire, 100 lire, 120 lire, 150 lire, 160 lire, 170 lire, 180 lire, 200 lire, 250 lire, 300 lire, 350 lire, 380 lire, 400 lire, 450 lire, 500 lire, 550 lire, 600 lire, 650 lire, 700 lire, 750 lire, 800 lire, 850 lire, 900 lire, 1000 lire, 1400 lire.<br />
<br />
==Varietà e tipi della Serie "Castelli d'Italia"==<br />
Nel corso dei molti anni in cui questi francobolli sono stati presenti sul territorio nazionale, sono stati distribuiti moltissimi esemplari con piccole varietà e occasionali mancanze di colore. <br />
Alcune varietà più marcate e spettacolari sono state illecitamente vendute sul mercato nazionale, e provengono da scarti di stampa del Poligrafico.<br />
Cercando di mettere ordine tra le numerose varietà presenti, sia occasionali che volute, l'elenco seguente serve esclusivamente come indicativo indice dei tipi. Solo alcune delle varietà si possono riscontrare di frequente e sono state certamente distribuite sul territorio, quindi è possibile trovarle anche tra i propri doppioni di casa, fatta eccezione per il 100 lire "giallo" (senza il colore rosso), massima rarità della serie "Castelli", uno dei pochissimi esemplari vistosamente errati distribuito regolarmente e usato per posta. <br />
I tipi identificati come "resti di stampa" sono provenienti principalmente dal Poligrafico, comunque sono normalmente commercializzati ed hanno spesso molto successo alle aste.<br />
[[Immagine:Castelli.jpg|thumbnail|centre|Alcuni valori della serie ordinaria dei Castelli d'Italia]]<br />
<br />
== Elenco delle varietà e sottotipi ==<br />
Fonti: il Catalogo Sassone specializzato della Repubblica Italiana, Catalogo CEI Francobolli Area Italia e Catalogo Enciclopedico Italiano.<br />
<br />
;5 lire "[[Castel Sant'Angelo (Roma)|Castel Sant'Angelo]], [[Roma]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
* 5 lire - varietà: Colori spostati (oltre 2 millimetri)<br />
* 5 lire - Dentellatura "a blocco", anziché a pettine (riscontrabile solo nel bordo in alto e in basso del foglio). I francobolli sono identici, cambia solo la dentellatura del foglio.<br />
<br />
;10 lire "[[Castello Sforzesco]], [[Milano]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
* 10 lire - Colori spostati (oltre 2 millimetri)<br />
* 10 lire - Dentellatura "a blocco", anziché "a pettine" (riscontrabile solo nel bordo in alto e in basso del foglio). I francobolli sono identici, cambia solo la dentellatura del foglio. <br />
<br />
;20 lire "[[Castel del Monte]], [[Andria]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
* 20 lire - Colori spostati (oltre 2 millimetri)<br />
* 20 lire - Stampa evanescente dei due colori <br />
* 20 lire - Dentellatura "a blocco", anziché "a pettine" (riscontrabile solo nel bordo in alto e in basso del foglio). I francobolli sono identici, cambia solo la dentellatura del foglio. <br />
<br />
;30 lire "[[Castello dell'Aquila]]" - 20 agosto 1981<br />
Varietà:<br />
*30 lire - Colore del fondo nella parte sinistra molto chiaro<br />
*30 lire - Fasce o grosse righe di colore<br />
*30 lire - Stampa evanescente<br />
*30 lire - Colore del fondo più scuro e giallo molto intenso <br />
*30 lire - Filetto del riquadro in basso a destra mancante <br />
*30 lire - Stampa del fondo giallo spostata in basso (entro pochi millimetri si può trovare facilmente)<br />
*30 lire - Senza la scritta in basso "I.P.Z.S. Roma - T.Mele"<br />
*30 lire - Coppia orizzontale con dentellatura incompleta nel mezzo<br />
*30 lire - Dentellatura orizzontale fortemente spostata<br />
*30 lire - Dentellatura "a blocco", anziché a pettine (riscontrabile solo nel bordo in alto e in basso del foglio). I francobolli sono identici, cambia solo la dentellatura del foglio. <br />
<br />
;40 lire "[[Castello Ursino]], [[Catania]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà: <br />
*40 lire - Colore del fondo molto chiaro<br />
*40 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*40 lire - Dentellatura "a blocco", anziché a pettine (riscontrabile solo nel bordo in alto e in basso del foglio). I francobolli sono identici, cambia solo la dentellatura del foglio.<br />
<br />
;50 lire "[[Rocca Calascio|Rocca di Calascio]]"<br />
*50 lire - Dentellato 14 x 13¼ - Emesso: 22 settembre 1980 - normale<br />
*50 lire - Dentellato 13¼ x 13¼ - Emesso nel corso del 1983 - varietà<br />
*50 lire - Dentellato 14 x 13¼, con scritta "I.P.Z.S. 1980" in basso - Emesso: agosto 1990 - normale<br />
<br />
Varietà:<br />
*50 lire - Fasce o grosse righe di colore<br />
*50 lire - Stampa del giallo distribuita su gran parte del fondo (evidente giallo diffuso)<br />
*50 lire - Stampa superiore della rocca in rosa <br />
*50 lire - Mancanza della scritta in alto<br />
*50 lire - Stampa del nero incompleta <br />
*50 lire - Senza la stampa del giallo o giallo evanescente<br />
*50 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*50 lire - Mancanza della scritta "I.P.Z.S." in basso<br />
*50 lire - Senza la stampa del nero<br />
*50 lire - Stampa evanescente<br />
*50 lire - Senza la stampa del rosso<br />
*50 lire - [[Taglio chirurgico]]<br />
*50 lire - Castelli verdi anziché gialli<br />
*50 lire - [[Carta ricongiunta]]<br />
*50 lire - Dentellatura orizz. fortemente spostata<br />
*50 lire - Non dentellato - Resti di stampa<br />
*50 lire - Non dentellato, senza il colore nero - Resti di stampa<br />
*50 lire - Fortemente decentrato in senso verticale e orizzontale, spostamenti in entrambi i sensi<br />
<br />
;60 lire "Torre Normanna, [[San Mauro Forte]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*60 lire - Stampa del rosso incompleta<br />
*60 lire - Stampa del rosso fortemente inchiostrata e sbavata<br />
*60 lire - Dentellatura "a blocco", anziché a pettine (riscontrabile solo nel bordo in alto e in basso del foglio). I francobolli sono identici, cambia solo la dentellatura del foglio.<br />
<br />
;70 lire "[[Castello Aragonese (Reggio Calabria)|Castello Aragonese]], [[Reggio Calabria]] - 20 agosto 1981<br />
Varietà:<br />
*70 lire - Colori spostati (evidente spostamento dei colori)<br />
*70 lire - Stampa evanescente<br />
<br />
;80 lire "[[Castello di Sabbionara]], [[Avio]]" - 20 agosto 1981<br />
Varietà:<br />
*80 lire - Senza la stampa di un colore (più frequentemente il giallo)<br />
*80 lire - Con la stampa del verde e del rosso evanescente (raro)<br />
<br />
;90 lire "Castello di [[Isola di Capo Rizzuto]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*90 lire - Stampa del nero evanescente<br />
<br />
;100 lire "[[Castello Aragonese (Ischia)|Castello Aragonese]], [[Ischia]]"<br />
*100 lire - Dentellato 14 x 13¼ - Emesso: 22 settembre 1980 - normale<br />
*100 lire - Dentellato 13¼ x 13¼ - Emesso nel corso del 1983 - varietà<br />
*100 lire - Dentellato 14 x 13¼, senza fluorescenza, Filigrana II 65° destra anziché IV - Emesso nel corso del 1992 - varietà - Raro<br />
<br />
Varietà:<br />
*100 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*100 lire - Fasce o grosse righe di colore<br />
*100 lire - Stampa molto confusa<br />
*100 lire - Senza stampa del centro<br />
*100 lire - Stampa del mare violetto anziché celeste<br />
*100 lire - [[Taglio chirurgico]]<br />
*100 lire - Senza la stampa del giallo<br />
*100 lire - Senza la stampa del rosso (castello giallo) - Rarissimo<br />
*100 lire - Senza la stampa del rosso e del giallo, dentellatura fortemente spostata<br />
*100 lire - Stampa del rosso fortemente inchiostrata, che sporca tutto il francobollo<br />
*100 lire - Stampa del nero spostata ([[colori fuori registro]])<br />
*100 lire - Senza la stampa dell'azzurro e dentellatura spostata<br />
*100 lire - Colori molto spostati<br />
*100 lire - Senza filigrana (da parti di [[carta ricongiunta]])<br />
*100 lire - [[Carta ricongiunta]]<br />
*100 lire - Dentellatura fortemente spostata (orizz. o vert.)<br />
*100 lire - Non dentellato - Resto di stampa<br />
<br />
;120 lire "[[Castello Estense]], [[Ferrara]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*120 lire - Stampa del rosso estesa in tutto il francobollo e intensa<br />
*120 lire - colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*120 lire - Senza la stampa del rosso<br />
*120 lire - Dentellatura "a blocco", anziché "a pettine" (riscontrabile solo nel bordo in alto e in basso del foglio). I francobolli sono identici, cambia solo la dentellatura del foglio.<br />
<br />
;150 lire "[[Castello di Miramare]], [[Trieste]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*150 lire - Colore del fondo molto chiaro<br />
*150 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*150 lire - Colore di fondo mancante a sinistra per 4 mm<br />
*150 lire - Stampa molto confusa<br />
*150 lire - Colore del fondo giallastro<br />
*150 lire - [[Taglio chirurgico]]<br />
*150 lire - Fasce o grosse righe di colore<br />
*150 lire - Stampa evanescente<br />
*150 lire - Pieghe di carta<br />
*150 lire - [[Carta ricongiunta]]<br />
*150 lire - Dentellatura fortemente spostata (orizzontale o verticale)<br />
*150 lire - Dentellatura verticale parzialmente mancante<br />
*150 lire - Dentellatura "a blocco", anziché "a pettine" (riscontrabile solo nel bordo in alto e in basso del foglio). I francobolli sono identici, cambia solo la dentellatura del foglio.<br />
<br />
;170 lire "Castello di [[Ostia]], [[Roma]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*170 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*170 lire - Stampa del nero quasi mancante del tutto<br />
*170 lire - Filetto di riquadro in basso a destra mancante<br />
*170 lire - Stampa evanescente<br />
*170 lire - Dentellatura fortemente spostata (orizzontale o verticale)<br />
<br />
;180 lire "[[Castel Gavone]], [[Finale Ligure]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*180 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*180 lire - Colore rosa evanescente<br />
*180 lire - [[Carta ricongiunta]]<br />
<br />
;200 lire "Castello di [[Cerro al Volturno]]" - 22 settembre 1980<br />
*200 lire - Ristampato in rotocalco (colori accesi) - 21 febbraio 1994<br />
Varietà:<br />
*200 lire - Stampa molto poco inchiostrata<br />
*200 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*200 lire - Fondo di colore giallo con risposta fluorescente<br />
*200 lire - Senza la stampa dell'azzurro<br />
*200 lire - Stampa del solo colore bruno<br />
*200 lire - Colore del fondo grigio anziché azzurro grigio<br />
*200 lire - Filetto del riquadro a destra mancante (Vedi immagine, francobollo di destra)<br />
*200 lire - Arco completo (inchiostrazione del rosso e del giallo maggiormente diffusa)<br />
[[Immagine:Varietà_200_lire.jpg|thumbnail|centre|Francobolli da 200 lire con varietà: A - Arco completo (evidente continuazione del paese a sinistra e intensa colorazione del rosso e del giallo); B - Mancanza del filetto in fondo a destra, dovuto all'usura dei cilindri.]] <br />
*200 lire - Scritta in basso incompleta (anche totalmente) <br />
*200 lire - Falle di stampa o righe<br />
*200 lire - Stampa evanescente<br />
*200 lire - [[Carta ricongiunta]]<br />
*200 lire - Pieghe di carta<br />
*200 lire - Dentellatura fortemente spostata (orizzontalmente o verticalmente)<br />
*200 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
*200 lire - Non dentellato in alto o da un lato (dx o sx)<br />
*200 lire - Coppia non dentellata in mezzo<br />
*200 lire - Varietà francobollo in rotocalco - Stampa della cornice in ardesia scuro anziché bruno - Solo 100 noti (Resto di stampa)<br />
<br />
;250 lire "[[Rocca Roveresca di Mondavio|Rocca di Mondavio]]" - 22 settembre 1980<br />
*250 lire - Ristampato in rotocalco (colori accesi) - 21 febbraio 1994<br />
Varietà:<br />
*250 lire - Colori fortemente spostati (oltre 2 mm)<br />
*250 lire - Stampa parzialmente mancante nella parte superiore del francobollo<br />
*250 lire - Falle di stampa o righe<br />
*250 lire - Dentellatura fortemente spostata (orizzontalmente o verticalmente)<br />
*250 lire - Dentellatura cieca (dentini uniti a tratti)<br />
<br />
;300 lire "[[Castello Normanno-Svevo (Bari)|Castello Normanno-Svevo]], [[Bari]] - 22 settembre 1980<br />
*300 lire - Ristampato in rotocalco (colori accesi) - 21 febbraio 1994<br />
Varietà:<br />
*300 lire - Senza fluorescenza - Fil. tipo IV - Non comune<br />
*300 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*300 lire - Cielo e castello con fondo giallo<br />
*300 lire - Stampa confusa e colori sbavati<br />
*300 lire - Filetto di riquadro in basso a destra mancante<br />
*300 lire - Macchie di colore<br />
*300 lire - Falle di stampa o righe<br />
*300 lire - Pieghe di carta<br />
*300 lire - Stampa dell'azzurro molto inchiostrata<br />
*300 lire - Dentellatura fortemente spostata (orizzontalmente o verticalmente)<br />
<br />
;350 lire "Castello di [[Mussomeli]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*350 lire - Stampa incompleta della cifra "3"<br />
*350 Lire - Banda verde che attraversa tutto il francobollo (castello quasi del tutto verde)<br />
*350 lire - Falle di stampa o righe<br />
*350 lire - Stampa della cornice poco inchiostrata<br />
*350 lire - Non dentellato - Resto di stampa<br />
*350 lire - Non dentellato in alto<br />
*350 lire - Dentellatura fortemente spostata<br />
*350 lire - Francobollo più piccolo o più grande in senso orizzontale o verticale (per effetto del pettine)<br />
<br />
;380 lire "[[Castello di Vignola|Rocca di Vignola]]" - 5 febbraio 1987<br />
Varietà:<br />
*380 lire - Fasce o grosse righe di colore<br />
*380 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*380 lire - [[Taglio chirurgico]]<br />
*380 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
*380 lire - Dentellato solo in basso - resto di stampa<br />
<br />
;400 lire "[[Castello dell'Imperatore]], [[Prato]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*400 lire - Disegno con rettangolo verde e bruno<br />
*400 lire - Merli e riquadri destri parzialmente mancanti<br />
*400 lire - Merli del castello in verde anziché bruno (vedi particolare in foto)<br />
[[Immagine:Castelli_verdi.jpg|thumbnail|centre|Particolare del 400 lire con i merli del castello in verde anziché in bruno]] <br />
*400 lire - Stampa del verde incompleta<br />
*400 lire - Stampa evanescente<br />
*400 lire - Dentellatura parzialmente cieca<br />
*400 lire - Foro mancante nella dentellatura del lato a sinistra<br />
*400 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
*400 lire - Non dentellato da un lato<br />
*400 lire - Dentellatura fortemente spostata (anche oltre i 4 mm)<br />
*400 lire - Francobollo più piccolo o più grande in senso orizzontale o verticale (per effetto del pettine)<br />
<br />
;450 lire "Castello di [[Bosa]]" - 22 settembre 1980<br />
*450 lire - Ristampato in rotocalco (colori accesi) - 21 febbraio 1994<br />
Varietà:<br />
*450 lire - Senza filigrana<br />
*450 lire - Fondo bianco in colore rosaceo<br />
*450 lire - Fondo azzurrato<br />
*450 lire - Fasce o grosse righe di colore<br />
*450 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*450 lire - Stampa evanescente<br />
*450 lire - Falle di stampa o righe<br />
*450 lire - Senza la stampa del rosso<br />
*450 lire - Solo stampa dell'azzurro<br />
*450 lire - [[Carta ricongiunta]]<br />
*450 lire - Pieghe di carta<br />
*450 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
*450 lire - Coppia non dentellata in mezzo<br />
*450 lire - Non dentellato da un lato<br />
*450 lire - Dentellatura fortemente spostata (anche a cavallo di due o più francobolli)<br />
*450 lire - Dentellato solo a destra - resto di stampa<br />
<br />
;500 lire "Castello di [[Rovereto]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*500 lire - Fondo evanescente e dentellatura spostata<br />
*500 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*500 lire - Stampa del bruno molto debole ''(a causa delle grosse tirature)''<br />
*500 lire - Stampa del verde molto debole ''(a causa delle grosse tirature)''<br />
*500 lire - Senza la stampa del castello (Castello fantasma)<br />
*500 lire - Stampa del castello incompleta<br />
*500 lire - "500" senza l'ultimo zero, come se fosse "50"<br />
*500 lire - Stampa della cornice in verde scuro anziché in bruno<br />
*500 lire - Falle di stampa<br />
*500 lire - Fasce o grosse righe di colore<br />
*500 lire - Dentellatura fortemente spostata<br />
*500 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
*500 lire - Coppia non dentellata in mezzo<br />
*500 lire - Non dentellato da un lato<br />
*500 lire - Francobollo più piccolo o più grande in senso orizzontale o verticale (per effetto del pettine)<br />
<br />
;550 lire "Castello di [[Rocca Sinibalda]]"<br />
*550 lire - Dentellato 14 x 13¼ - Emesso: 22 settembre 1980 - normale<br />
*550 lire - Dentellato 13¼ x 13¼ - Emesso nel corso del 1984 - varietà<br />
<br />
Varietà:<br />
*550 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*550 lire - Stampa del castello smossa (anche molto smossa)<br />
*550 lire - Senza la stampa dell'azzurro<br />
*550 lire - Stampa del fondo fortemente inchiostrata<br />
*550 lire - Fondo arancio evanescente<br />
*550 lire - Fasce o grosse righe di colore<br />
*550 lire - [[Taglio chirurgico]]<br />
*550 lire - Dentellatura fortemente spostata (anche di 8 mm)<br />
*550 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
*550 lire - Non dentellato in alto<br />
<br />
;600 lire "Castello Scaligero, [[Sirmione]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*600 lire - Colori spostati (oltre 2 mm, anche fortemente oltre i 3 mm)<br />
*600 lire - Stampa del nero evanescente<br />
*600 lire - Senza la stampa del verde (anche con dentellatura spostata)<br />
*600 lire - Fasce o grosse righe di colore<br />
*600 lire - Solo stampa del nero e Non dentellato - resto di stampa<br />
*600 lire - [[Carta ricongiunta]] (anche non dentellato da uno più lati)<br />
*600 lire - Dentellatura spostata (o fortemente, anche di 5 mm)<br />
*600 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
*600 lire - Coppia non dentellata in mezzo<br />
*600 lire - Non dentellato da un lato<br />
<br />
;650 lire "Castello di [[Montecchio Vesponi|Montecchio]], [[Castiglion Fiorentino]]" - 15 marzo 1986<br />
Varietà:<br />
*650 lire - Fasce o grosse righe di colore<br />
*650 lire - Senza la stampa del giallo<br />
*650 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*650 lire - [[Taglio chirurgico]]<br />
*650 lire - [[Carta ricongiunta]]<br />
*650 lire - Dentellatura fortemente spostata <br />
*650 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
*650 lire - Coppia non dentellata in mezzo<br />
*650 lire - Non dentellato da un lato<br />
<br />
;700 lire "[[Castello di Ivrea|Castello d'Ivrea]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*700 lire - Senza fluorescenza, Fil. II 65° sinistra anziché Fil. IV - Emesso il 23 gennaio 1990 - Raro<br />
*700 lire - Senza la stampa del giallo e rosso spostato di 2 mm<br />
*700 lire - Senza la stampa del rosso<br />
*700 lire - Stampa del solo contorno violetto - resto di stampa<br />
*700 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*700 lire - Blu spostato in basso di 3 mm e dentellatura orizzontale spostata<br />
*700 lire - Stampa evanescente<br />
*700 lire - [[Carta ricongiunta]] e senza filigrana - resto di stampa<br />
*700 lire - Dentellatura fortemente spostata <br />
*700 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
*700 lire - Coppia non dentellata in mezzo<br />
*700 lire - Non dentellato da un lato<br />
<br />
;750 lire "Rocca di [[Urbisaglia]]" - 20 settembre 1990<br />
Varietà:<br />
*750 lire - Senza fluorescenza, Fil. II 65° sinistra anziché Fil. IV - Emesso nel mese d'aprile del 1991 - Raro<br />
*750 lire - Stampa del verde parzialmente mancante<br />
*750 lire - Fascia azzurra sopra il castello mancante<br />
*750 lire - Coppia orizzontale con il primo esemplare senza stampa<br />
*750 lire - Carta ricongiunta, senza filigrana - resto di stampa<br />
*750 lire - Carta ricongiunta, non dentellato - resto di stampa<br />
*750 lire - Dentellatura fortemente spostata (in uno o più sensi)<br />
*750 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
*750 lire - Coppia non dentellata in mezzo<br />
*750 lire - Non dentellato da un lato<br />
<br />
;800 lire "Rocca Maggiore, [[Assisi]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*800 lire - Fasce o grosse righe di colore<br />
*800 lire - Falle di stampa o righe<br />
*800 lire - Senza stampa del bruno<br />
*800 lire - Solo stampa del bruno<br />
*800 lire - Dentellatura fortemente spostata<br />
*800 lire - Francobollo più piccolo o più grande in senso orizzontale o verticale (per effetto del pettine)<br />
<br />
;850 lire "[[Castello di Arechi]], [[Salerno]]" - 7 marzo 1992<br />
Varietà:<br />
*850 lire - Colori fortemente spostati<br />
*850 lire - Senza la stampa del giallo<br />
*850 lire - Stampa dei soli colori azzurro e giallo<br />
*850 lire - Dentellatura fortemente spostata <br />
*850 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
<br />
;900 lire "[[Castello di Saint-Pierre]] ([[Valdaosta]])" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*900 lire - Colori spostati (oltre 2 mm, fortemente oltre 3 mm)<br />
*900 lire - Stampa del giallo parziale<br />
*900 lire - Stampa del bruno incompleta<br />
*900 lire - Muro del castello in verde anziché bruno<br />
*900 lire - Angolo inferiore destro bruno anziché verde<br />
*900 lire - Falle di stampa<br />
*900 lire - Carta ricongiunta<br />
*900 lire - Carta ricongiunta, senza filigrana<br />
*900 lire - Dentellatura fortemente spostata<br />
<br />
;1000 lire "Castello di [[Montagnana]]" - 22 settembre 1980<br />
Varietà:<br />
*1000 lire - Ultimo "0" di "1000" mancante o parzialmente mancante<br />
*1000 lire - Stampa della cifra "1" mancante <br />
*1000 lire - Archi e fondo del castello verdi (parte verde più vasta a discapito del nero)<br />
*1000 lire - Colori spostati (oltre 2 mm)<br />
*1000 lire - Colori molto spostati e mancanti<br />
*1000 lire - Stampa spostata sul bordo superiore<br />
*1000 lire - Senza la stampa del centro<br />
*1000 lire - Senza la stampa di un colore di fondo<br />
*1000 lire - Stampa dell'azzurro predominante nel fondo (anche con dentellatura spostata o non dentellato da un lato)<br />
*1000 lire - Castello solo azzurro (Castello azzurro)<br />
*1000 lire - Falle di stampa<br />
*1000 lire - [[Carta ricongiunta]]<br />
*1000 lire - Dentellatura fortemente spostata (anche di molti mm)<br />
*1000 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
*1000 lire - Coppia non dentellato in mezzo<br />
*1000 lire - Non dentellato da uno lato<br />
<br />
;1400 lire "Castello Caldoresco, [[Vasto]]" - 9 luglio 1983<br />
Varietà:<br />
*1400 lire - Falle di stampa<br />
*1400 lire - Dentellatura orizzontale spostata<br />
*1400 lire - Non dentellato - resto di stampa<br />
*1400 lire - Dentellatura al centro del francobollo - resto di stampa<br />
*1400 lire - Francobollo più piccolo o più grande in senso orizzontale o verticale (per effetto del pettine)<br />
<br />
== Bibliografia ==<br />
*Catalogo specializzato della Repubblica Italiana - Sassone editore<br />
*Catalogo CEI Area Italiana - CEI edizioni<br />
*Catalogo Enciclopedico Italiano<br />
<br />
== Voci correlate ==<br />
* [[Le serie ordinarie della Repubblica]]<br />
* [[Francobolli ed erinnofili dell'Istituto Poligrafico italiano]]<br />
* [[Filatelia]]<br />
[[Categoria: Francobolli]]<br />
{{Portale|Filatelia}}</div>Pigr8https://de.wikipedia.org/w/index.php?title=Benutzerin:Donna_Gedenk/Piero_Terracina&diff=194830487Benutzerin:Donna Gedenk/Piero Terracina2010-03-06T18:44:36Z<p>Pigr8: + img</p>
<hr />
<div>[[File:Terracina Teggiano 5mar2010-5.jpg|thumb|right||Piero Terracina durante un incontro - dibattito a Teggiano (SA) il 5 marzo 2009]]<br />
{{Bio<br />
|Nome = Piero<br />
|Cognome = Terracina<br />
|PostCognome =<br />
|Sesso = M<br />
|LuogoNascita = Roma<br />
|GiornoMeseNascita = <br />
|AnnoNascita = 1928<br />
|LuogoMorte = <br />
|GiornoMeseMorte = <br />
|AnnoMorte = <br />
|Epoca = 1900<br />
|Epoca2 = <br />
|Attività =dirigente d'azienda <br />
|Attività2 = <br />
|Attività3= <br />
|Nazionalità = italiano<br />
|PostNazionalità = , ora in pensione, scampato ad [[Auschwitz]] dove era stato deportato per le sue origini ebree.<br />
}}<br />
==Biografia==<br />
Nasce a [[Roma]] da un professionista, ultimo figlio. Nel [[1938]] gli viene vietata la prosecuzione della scuola pubblica dalla promulgazione delle [[Leggi razziali fasciste]] in Italia. <br />
Proseguì gli studi nelle scuole ebraiche fino a che, nel [[1944]], dopo essere sfuggito all'arresto durante la prima retata nel [[Ghetto]], venne deportato con tutta la famiglia in un treno di prigionieri italiani di origine ebraica. Degli 8 componenti della sua famiglia, fu l'unico a fare ritorno in Italia.<br />
<br />
==Dopo l'internamento==<br />
Piero Terracina dopo il ritorno dall'internamento, venne accolto ed integrato dalla comunità ebraica romana. Attualmente vive a Roma, dove ha svolto l'attività di dirigente d'azienda<ref>{{cita web | url = http://www.triangoloviola.it/terracina.html | titolo = Testimonianza di Piero Terracina - "Io, deportato ad Auschwitz." | accesso = 5 mar 2010 }}</ref>, ma si è dedicato anche alla testimonianza dell'atroce esperienza che ha vissuto, incontrando soprattutto i ragazzi nelle scuole<ref>{{cita web | url = http://www.regione.toscana.it/regione/export/RT/sito-RT/Contenuti/sezioni/cultura/memoria_passato/visualizza_asset.html_248440291.html | titolo = Giorno della Memoria 2010, 'La banalità del male' al Mandela Forum - Piero Terracina: «I diritti vanno sorvegliati e difesi» | accesso = 5 mar 2010 }}</ref>. <br />
<br />
{{quote|"Ad Auschwitz il prigioniero non aveva nome, gli internati non erano contati come persone ma come pezzi. Ai prigionieri veniva tolto ogni dignità. Di quelli usciti dal campo vivi, pochissimi sono riusciti a sopravvivere, e a tornare ad essere persone degne di essere chiamate tali.<br />
<br />
L'efficiente macchina bellica tedesca, non sprecava nulla. Anche dopo la morte tutto veniva usato e riciclato , la pelle, i capelli, dei prigionieri...<br />
<br />
Auschwitz non è solo colpa della Germania. Anche altri governi furono carnefici di questo male. Il governo francese dopo l'armistizio ha consegnato tanti ebrei ai nazisti. Eppure in altri paesi come la Danimarca questo non è successo. Il Re si oppose alla deportazione. Si mise anche lui la stella che contrassegnava gli ebrei, fece pressioni sul popolo e questo blocco la deportazione degli ebrei danesi.<br />
<br />
Perché questo in Italia non accadde? Anche in Bulgaria.. [un governo fascista che aveva adottato la politica sulla razza adottata dal governo fascista italiano], gli ebrei furono salvati dallo sterminio. Perché questo in Italia non accadde?<br />
<br />
Se qualcuno che poteva si fosse opposto non ci sarebbe stata nessuna deportazione.<br />
<br />
In Italia gli ebrei sono presenti da circa 2300 anni. Eppure questa civiltà fu negata. Agli ebrei era vietato non solo l'avere ma anche essere."}}<br />
<br />
[[File:Terracina Teggiano 5mar2010-9.jpg|thumb|right|Piero Terracina insieme agli alunni dell'IIS "Pomponio Leto" al termine di un incontro - dibattito a Teggiano (SA) il 5 marzo 2009]]<br />
Recentemente, la lapide commemorativa posta sul marciapiede della sua casa di Roma, costellata di 7 inserti di metallo dorato in memoria dei suoi familiari scomparsi, è stata imbrattata da ignoti per atto vandalico <ref>{{cita web | url = http://www.pdlazio.it/2010/03/foschi-la-verita-raccontata-da-piero-terracina-non-la-potra-mai-oltraggiare-nessuno/ | titolo = Foschi: la verità raccontata da Piero Terracina non la potrà mai oltraggiare nessuno | accesso = 5 mar 2010 }}</ref>. <br />
<br />
<br />
==Collegamenti esterni==<br />
*[http://www.triangoloviola.it/terracina.html Testimonianza di Piero Terracina - "Io, deportato ad Auschwitz."]<br />
<br />
== Note ==<br />
<references /><br />
<br />
<br />
{{Antifascismo}}<br />
{{Portale|biografie|Ebraismo|nazismo}}<br />
<br />
[[Categoria:Personalità italiane della seconda guerra mondiale|Terracina, Piero]]<br />
[[Categoria:Antifascisti italiani]]<br />
[[Categoria:Ebrei italiani]]<br />
[[Categoria:Deportati italiani]]<br />
[[Categoria:Personalità legate ad Auschwitz|Personalità legate ad Auschwitz]]</div>Pigr8https://de.wikipedia.org/w/index.php?title=Benutzerin:Donna_Gedenk/Piero_Terracina&diff=194830486Benutzerin:Donna Gedenk/Piero Terracina2010-03-06T18:36:04Z<p>Pigr8: + img</p>
<hr />
<div>[[File:Terracina Teggiano 5mar2010-5.jpg|thumb|right||Piero Terracina durante un incontro - dibattito a Teggiano (SA) il 5 marzo 2009]]<br />
{{Bio<br />
|Nome = Piero<br />
|Cognome = Terracina<br />
|PostCognome =<br />
|Sesso = M<br />
|LuogoNascita = Roma<br />
|GiornoMeseNascita = <br />
|AnnoNascita = 1928<br />
|LuogoMorte = <br />
|GiornoMeseMorte = <br />
|AnnoMorte = <br />
|Epoca = 1900<br />
|Epoca2 = <br />
|Attività =dirigente d'azienda <br />
|Attività2 = <br />
|Attività3= <br />
|Nazionalità = italiano<br />
|PostNazionalità = , ora in pensione, scampato ad [[Auschwitz]] dove era stato deportato per le sue origini ebree.<br />
}}<br />
==Biografia==<br />
Nasce a [[Roma]] da un professionista, ultimo figlio. Nel [[1938]] gli viene vietata la prosecuzione della scuola pubblica dalla promulgazione delle [[Leggi razziali fasciste]] in Italia. <br />
Proseguì gli studi nelle scuole ebraiche fino a che, nel [[1944]], dopo essere sfuggito all'arresto durante la prima retata nel [[Ghetto]], venne deportato con tutta la famiglia in un treno di prigionieri italiani di origine ebraica. Degli 8 componenti della sua famiglia, fu l'unico a fare ritorno in Italia.<br />
<br />
==Dopo l'internamento==<br />
Piero Terracina dopo il ritorno dall'internamento, venne accolto ed integrato dalla comunità ebraica romana. Attualmente vive a Roma, dove ha svolto l'attività di dirigente d'azienda<ref>{{cita web | url = http://www.triangoloviola.it/terracina.html | titolo = Testimonianza di Piero Terracina - "Io, deportato ad Auschwitz." | accesso = 5 mar 2010 }}</ref>, ma si è dedicato anche alla testimonianza dell'atroce esperienza che ha vissuto, incontrando soprattutto i ragazzi nelle scuole<ref>{{cita web | url = http://www.regione.toscana.it/regione/export/RT/sito-RT/Contenuti/sezioni/cultura/memoria_passato/visualizza_asset.html_248440291.html | titolo = Giorno della Memoria 2010, 'La banalità del male' al Mandela Forum - Piero Terracina: «I diritti vanno sorvegliati e difesi» | accesso = 5 mar 2010 }}</ref>. <br />
<br />
{{quote|"Ad Auschwitz il prigioniero non aveva nome, gli internati non erano contati come persone ma come pezzi. Ai prigionieri veniva tolto ogni dignità. Di quelli usciti dal campo vivi, pochissimi sono riusciti a sopravvivere, e a tornare ad essere persone degne di essere chiamate tali.<br />
<br />
L'efficiente macchina bellica tedesca, non sprecava nulla. Anche dopo la morte tutto veniva usato e riciclato , la pelle, i capelli, dei prigionieri...<br />
<br />
Auschwitz non è solo colpa della Germania. Anche altri governi furono carnefici di questo male. Il governo francese dopo l'armistizio ha consegnato tanti ebrei ai nazisti. Eppure in altri paesi come la Danimarca questo non è successo. Il Re si oppose alla deportazione. Si mise anche lui la stella che contrassegnava gli ebrei, fece pressioni sul popolo e questo blocco la deportazione degli ebrei danesi.<br />
<br />
Perché questo in Italia non accadde? Anche in Bulgaria.. [un governo fascista che aveva adottato la politica sulla razza adottata dal governo fascista italiano], gli ebrei furono salvati dallo sterminio. Perché questo in Italia non accadde?<br />
<br />
Se qualcuno che poteva si fosse opposto non ci sarebbe stata nessuna deportazione.<br />
<br />
In Italia gli ebrei sono presenti da circa 2300 anni. Eppure questa civiltà fu negata. Agli ebrei era vietato non solo l'avere ma anche essere."}}<br />
<br />
Recentemente, la lapide commemorativa posta sul marciapiede della sua casa di Roma, costellata di 7 inserti di metallo dorato in memoria dei suoi familiari scomparsi, è stata imbrattata da ignoti per atto vandalico <ref>{{cita web | url = http://www.pdlazio.it/2010/03/foschi-la-verita-raccontata-da-piero-terracina-non-la-potra-mai-oltraggiare-nessuno/ | titolo = Foschi: la verità raccontata da Piero Terracina non la potrà mai oltraggiare nessuno | accesso = 5 mar 2010 }}</ref>. <br />
<br />
<br />
==Collegamenti esterni==<br />
*[http://www.triangoloviola.it/terracina.html Testimonianza di Piero Terracina - "Io, deportato ad Auschwitz."]<br />
<br />
== Note ==<br />
<references /><br />
<br />
<br />
{{Antifascismo}}<br />
{{Portale|biografie|Ebraismo|nazismo}}<br />
<br />
[[Categoria:Personalità italiane della seconda guerra mondiale|Terracina, Piero]]<br />
[[Categoria:Antifascisti italiani]]<br />
[[Categoria:Ebrei italiani]]<br />
[[Categoria:Deportati italiani]]<br />
[[Categoria:Personalità legate ad Auschwitz|Personalità legate ad Auschwitz]]</div>Pigr8https://de.wikipedia.org/w/index.php?title=Benutzerin:Donna_Gedenk/Piero_Terracina&diff=194830485Benutzerin:Donna Gedenk/Piero Terracina2010-03-05T21:37:21Z<p>Pigr8: refusi</p>
<hr />
<div>{{Bio<br />
|Nome = Piero<br />
|Cognome = Terracina<br />
|PostCognome =<br />
|Sesso = M<br />
|LuogoNascita = Roma<br />
|GiornoMeseNascita = <br />
|AnnoNascita = 1928<br />
|LuogoMorte = <br />
|GiornoMeseMorte = <br />
|AnnoMorte = <br />
|Epoca = 1900<br />
|Epoca2 = <br />
|Attività =dirigente d'azienda <br />
|Attività2 = <br />
|Attività3= <br />
|Nazionalità = italiano<br />
|PostNazionalità = , ora in pensione, scampato ad [[Auschwitz]] dove era stato deportato per le sue origini ebree.<br />
}}<br />
==Biografia==<br />
Nasce a [[Roma]] da un professionista, ultimo figlio. Nel [[1938]] gli viene vietata la prosecuzione della scuola pubblica dalla promulgazione delle [[Leggi razziali fasciste]] in Italia. <br />
Proseguì gli studi nelle scuole ebraiche fino a che, nel [[1944]], dopo essere sfuggito all'arresto durante la prima retata nel [[Ghetto]], venne deportato con tutta la famiglia in un treno di prigionieri italiani di origine ebraica. Degli 8 componenti della sua famiglia, fu l'unico a fare ritorno in Italia.<br />
<br />
==Dopo l'internamento==<br />
Piero Terracina dopo il ritorno dall'internamento, venne accolto ed integrato dalla comunità ebraica romana. Attualmente vive a Roma, dove ha svolto l'attività di dirigente d'azienda<ref>{{cita web | url = http://www.triangoloviola.it/terracina.html | titolo = Testimonianza di Piero Terracina - "Io, deportato ad Auschwitz." | accesso = 5 mar 2010 }}</ref>, ma si è dedicato anche alla testimonianza dell'atroce esperienza che ha vissuto, incontrando soprattutto i ragazzi nelle scuole<ref>{{cita web | url = http://www.regione.toscana.it/regione/export/RT/sito-RT/Contenuti/sezioni/cultura/memoria_passato/visualizza_asset.html_248440291.html | titolo = Giorno della Memoria 2010, 'La banalità del male' al Mandela Forum - Piero Terracina: «I diritti vanno sorvegliati e difesi» | accesso = 5 mar 2010 }}</ref>. <br />
<br />
{{quote|"Ad Auschwitz il prigioniero non aveva nome, gli internati non erano contati come persone ma come pezzi. Ai prigionieri veniva tolto ogni dignità. Di quelli usciti dal campo vivi, pochissimi sono riusciti a sopravvivere, e a tornare ad essere persone degne di essere chiamate tali.<br />
<br />
L'efficiente macchina bellica tedesca, non sprecava nulla. Anche dopo la morte tutto veniva usato e riciclato , la pelle, i capelli, dei prigionieri...<br />
<br />
Auschwitz non è solo colpa della Germania. Anche altri governi furono carnefici di questo male. Il governo francese dopo l'armistizio ha consegnato tanti ebrei ai nazisti. Eppure in altri paesi come la Danimarca questo non è successo. Il Re si oppose alla deportazione. Si mise anche lui la stella che contrassegnava gli ebrei, fece pressioni sul popolo e questo blocco la deportazione degli ebrei danesi.<br />
<br />
Perché questo in Italia non accadde? Anche in Bulgaria.. [un governo fascista che aveva adottato la politica sulla razza adottata dal governo fascista italiano], gli ebrei furono salvati dallo sterminio. Perché questo in Italia non accadde?<br />
<br />
Se qualcuno che poteva si fosse opposto non ci sarebbe stata nessuna deportazione.<br />
<br />
In Italia gli ebrei sono presenti da circa 2300 anni. Eppure questa civiltà fu negata. Agli ebrei era vietato non solo l'avere ma anche essere."}}<br />
<br />
Recentemente, la lapide commemorativa posta sul marciapiede della sua casa di Roma, costellata di 7 inserti di metallo dorato in memoria dei suoi familiari scomparsi, è stata imbrattata da ignoti per atto vandalico <ref>{{cita web | url = http://www.pdlazio.it/2010/03/foschi-la-verita-raccontata-da-piero-terracina-non-la-potra-mai-oltraggiare-nessuno/ | titolo = Foschi: la verità raccontata da Piero Terracina non la potrà mai oltraggiare nessuno | accesso = 5 mar 2010 }}</ref>. <br />
<br />
<br />
==Collegamenti esterni==<br />
*[http://www.triangoloviola.it/terracina.html Testimonianza di Piero Terracina - "Io, deportato ad Auschwitz."]<br />
<br />
== Note ==<br />
<references /><br />
<br />
<br />
{{Antifascismo}}<br />
{{Portale|biografie|Ebraismo|nazismo}}<br />
<br />
[[Categoria:Personalità italiane della seconda guerra mondiale|Terracina, Piero]]<br />
[[Categoria:Antifascisti italiani]]<br />
[[Categoria:Ebrei italiani]]<br />
[[Categoria:Deportati italiani]]<br />
[[Categoria:Personalità legate ad Auschwitz|Personalità legate ad Auschwitz]]</div>Pigr8https://de.wikipedia.org/w/index.php?title=Benutzerin:Donna_Gedenk/Piero_Terracina&diff=194830484Benutzerin:Donna Gedenk/Piero Terracina2010-03-05T21:36:36Z<p>Pigr8: refusi e modifiche</p>
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<div>{{Bio<br />
|Nome = Piero<br />
|Cognome = Terracina<br />
|PostCognome =<br />
|Sesso = M<br />
|LuogoNascita = Roma<br />
|GiornoMeseNascita = <br />
|AnnoNascita = 1928<br />
|LuogoMorte = <br />
|GiornoMeseMorte = <br />
|AnnoMorte = <br />
|Epoca = 1900<br />
|Epoca2 = <br />
|Attività =dirigente d'azienda <br />
|Attività2 = <br />
|Attività3= <br />
|Nazionalità = italiano<br />
|PostNazionalità = in pensione, scampato ad [[Auschwitz]] dove era stato deportato per le sue origini ebree.<br />
}}<br />
==Biografia==<br />
Nasce a [[Roma]] da un professionista, ultimo figlio. Nel [[1938]] gli viene vietata la prosecuzione della scuola pubblica dalla promulgazione delle [[Leggi razziali fasciste]] in Italia. <br />
Proseguì gli studi nelle scuole ebraiche fino a che, nel [[1944]], dopo essere sfuggito all'arresto durante la prima retata nel [[Ghetto]], venne deportato con tutta la famiglia in un treno di prigionieri italiani di origine ebraica. Degli 8 componenti della sua famiglia, fu l'unico a fare ritorno in Italia.<br />
<br />
==Dopo l'internamento==<br />
Piero Terracina dopo il ritorno dall'internamento, venne accolto ed integrato dalla comunità ebraica romana. Attualmente vive a Roma, dove ha svolto l'attività di dirigente d'azienda<ref>{{cita web | url = http://www.triangoloviola.it/terracina.html | titolo = Testimonianza di Piero Terracina - "Io, deportato ad Auschwitz." | accesso = 5 mar 2010 }}</ref>, ma si è dedicato anche alla testimonianza dell'atroce esperienza che ha vissuto, incontrando soprattutto i ragazzi nelle scuole{{cita web | url = http://www.regione.toscana.it/regione/export/RT/sito-RT/Contenuti/sezioni/cultura/memoria_passato/visualizza_asset.html_248440291.html | titolo = Giorno della Memoria 2010, 'La banalità del male' al Mandela Forum - Piero Terracina: «I diritti vanno sorvegliati e difesi» | accesso = 5 mar 2010 }}</ref>. <br />
<br />
{{quote|"Ad Auschwitz il prigioniero non aveva nome, gli internati non erano contati come persone ma come pezzi. Ai prigionieri veniva tolto ogni dignità. Di quelli usciti dal campo vivi, pochissimi sono riusciti a sopravvivere, e a tornare ad essere persone degne di essere chiamate tali.<br />
<br />
L'efficiente macchina bellica tedesca, non sprecava nulla. Anche dopo la morte tutto veniva usato e riciclato , la pelle, i capelli, dei prigionieri...<br />
<br />
Auschwitz non è solo colpa della Germania. Anche altri governi furono carnefici di questo male. Il governo francese dopo l'armistizio ha consegnato tanti ebrei ai nazisti. Eppure in altri paesi come la Danimarca questo non è successo. Il Re si oppose alla deportazione. Si mise anche lui la stella che contrassegnava gli ebrei, fece pressioni sul popolo e questo blocco la deportazione degli ebrei danesi.<br />
<br />
Perché questo in Italia non accadde? Anche in Bulgaria.. [un governo fascista che aveva adottato la politica sulla razza adottata dal governo fascista italiano], gli ebrei furono salvati dallo sterminio. Perché questo in Italia non accadde?<br />
<br />
Se qualcuno che poteva si fosse opposto non ci sarebbe stata nessuna deportazione.<br />
<br />
In Italia gli ebrei sono presenti da circa 2300 anni. Eppure questa civiltà fu negata. Agli ebrei era vietato non solo l'avere ma anche essere."}}<br />
<br />
Recentemente, la lapide commemorativa posta sul marciapiede della sua casa di Roma, costellata di 7 inserti di metallo dorato in memoria dei suoi familiari scomparsi, è stata imbrattata da ignoti per atto vandalico <ref>{{cita web | url = http://www.pdlazio.it/2010/03/foschi-la-verita-raccontata-da-piero-terracina-non-la-potra-mai-oltraggiare-nessuno/ | titolo = Foschi: la verità raccontata da Piero Terracina non la potrà mai oltraggiare nessuno | accesso = 5 mar 2010 }}</ref>. <br />
<br />
<br />
==Collegamenti esterni==<br />
*[http://www.triangoloviola.it/terracina.html Testimonianza di Piero Terracina - "Io, deportato ad Auschwitz."]<br />
<br />
== Note ==<br />
<references /><br />
<br />
<br />
{{Antifascismo}}<br />
{{Portale|biografie|Ebraismo|nazismo}}<br />
<br />
[[Categoria:Personalità italiane della seconda guerra mondiale|Terracina, Piero]]<br />
[[Categoria:Antifascisti italiani]]<br />
[[Categoria:Ebrei italiani]]<br />
[[Categoria:Deportati italiani]]<br />
[[Categoria:Personalità legate ad Auschwitz|Personalità legate ad Auschwitz]]</div>Pigr8https://de.wikipedia.org/w/index.php?title=Benutzerin:Donna_Gedenk/Piero_Terracina&diff=194830483Benutzerin:Donna Gedenk/Piero Terracina2010-03-05T21:35:09Z<p>Pigr8: creazione voce</p>
<hr />
<div>{{Bio<br />
|Nome = Piero<br />
|Cognome = Terracina<br />
|PostCognome =<br />
|Sesso = M<br />
|LuogoNascita = Roma<br />
|GiornoMeseNascita = <br />
|AnnoNascita = 1928<br />
|LuogoMorte = <br />
|GiornoMeseMorte = <br />
|AnnoMorte = <br />
|Epoca = 1900<br />
|Epoca2 = <br />
|Attività =dirigente d'azienda <br />
|Attività2 = <br />
|Attività3= <br />
|Nazionalità = italiano<br />
|PostNazionalità = . Ebreo scampato ad [[Auschwitz]].<br />
}}<br />
==Biografia==<br />
Nasce a [[Roma]] da un professionista, ultimo figlio. Nel [[1938]] gli viene vietata la prosecuzione della scuola pubblica dalla promulgazione delle [[Leggi razziali fasciste]] in Italia. <br />
Proseguì gli studi nelle scuole ebraiche fino a che, nel [[1944]], dopo essere sfuggito all'arresto durante la prima retata nel [[Ghetto]], venne deportato con tutta la famiglia in un treno di prigionieri italiani di origine ebraica. Degli 8 componenti della sua famiglia, fu l'unico a fare ritorno in Italia.<br />
<br />
==Dopo l'internamento==<br />
Piero Terracina dopo il ritorno dall'internamento, venne accolto ed integrato dalla comunità ebraica romana. Attualmente vive a Roma, dove ha svolto l'attività di dirigente d'azienda<ref>{{cita web | url = http://www.triangoloviola.it/terracina.html | titolo = Testimonianza di Piero Terracina - "Io, deportato ad Auschwitz." | accesso = 5 mar 2010 }}</ref>, ma si è dedicato anche alla testimonianza dell'atroce esperienza che ha vissuto, incontrando soprattutto i ragazzi nelle scuole{{cita web | url = http://www.regione.toscana.it/regione/export/RT/sito-RT/Contenuti/sezioni/cultura/memoria_passato/visualizza_asset.html_248440291.html | titolo = Giorno della Memoria 2010, 'La banalità del male' al Mandela Forum - Piero Terracina: «I diritti vanno sorvegliati e difesi» | accesso = 5 mar 2010 }}</ref>. <br />
<br />
{{quote|"Ad Auschwitz il prigioniero non aveva nome, gli internati non erano contati come persone ma come pezzi. Ai prigionieri veniva tolto ogni dignità. Di quelli usciti dal campo vivi, pochissimi sono riusciti a sopravvivere, e a tornare ad essere persone degne di essere chiamate tali.<br />
<br />
L'efficiente macchina bellica tedesca, non sprecava nulla. Anche dopo la morte tutto veniva usato e riciclato , la pelle, i capelli, dei prigionieri...<br />
<br />
Auschwitz non è solo colpa della Germania. Anche altri governi furono carnefici di questo male. Il governo francese dopo l'armistizio ha consegnato tanti ebrei ai nazisti. Eppure in altri paesi come la Danimarca questo non è successo. Il Re si oppose alla deportazione. Si mise anche lui la stella che contrassegnava gli ebrei, fece pressioni sul popolo e questo blocco la deportazione degli ebrei danesi.<br />
<br />
Perché questo in Italia non accadde? Anche in Bulgaria.. [un governo fascista che aveva adottato la politica sulla razza adottata dal governo fascista italiano], gli ebrei furono salvati dallo sterminio. Perché questo in Italia non accadde?<br />
<br />
Se qualcuno che poteva si fosse opposto non ci sarebbe stata nessuna deportazione.<br />
<br />
In Italia gli ebrei sono presenti da circa 2300 anni. Eppure questa civiltà fu negata. Agli ebrei era vietato non solo l'avere ma anche essere."}}<br />
<br />
Recentemente, la lapide commemorativa posta sul marciapiede della sua casa di Roma, costellata di 7 inserti di metallo dorato in memoria dei suoi familiari scomparsi, è stata imbrattata da ignoti per atto vandalico {{cita web | url = http://www.pdlazio.it/2010/03/foschi-la-verita-raccontata-da-piero-terracina-non-la-potra-mai-oltraggiare-nessuno/ | titolo = Foschi: la verità raccontata da Piero Terracina non la potrà mai oltraggiare nessuno | accesso = 5 mar 2010 }}</ref>. <br />
<br />
<br />
==Collegamenti esterni==<br />
*[http://www.triangoloviola.it/terracina.html Testimonianza di Piero Terracina - "Io, deportato ad Auschwitz."]<br />
<br />
== Note ==<br />
<references /><br />
<br />
<br />
{{Antifascismo}}<br />
{{Portale|biografie|Ebraismo|nazismo}}<br />
<br />
[[Categoria:Personalità italiane della seconda guerra mondiale|Terracina, Piero]]<br />
[[Categoria:Antifascisti italiani]]<br />
[[Categoria:Ebrei italiani]]<br />
[[Categoria:Deportati italiani]]<br />
[[Categoria:Personalità legate ad Auschwitz|Personalità legate ad Auschwitz]]</div>Pigr8https://de.wikipedia.org/w/index.php?title=Benutzer:Stefano.Bonfanti/Esselunga&diff=200194196Benutzer:Stefano.Bonfanti/Esselunga2008-07-08T16:12:06Z<p>Pigr8: Annullata la modifica 17314077 di Angelo86 re (discussione)Cosa vuol dir prossimamente?</p>
<hr />
<div>{{nota disambigua|descrizione=l'omonima lettera|titolo=[[S lunga]]}}<br />
{{p|la forma è a tratti romanzata e ben poco enciclopedica, oltre che sconnessa (sia come qualità, sia come [[consecutio temporum]]). Mancano inoltre varie fonti, mentre altre sono o sono state utilizzate in modo impreciso, fuorviante o carente. É così difficile scrivere un testo neutrale su quest'azienda, referenziato dalle corrette fonti, evitando di citare tutte le [[scatole cinesi]] e con un italiano corretto?|aziende|ottobre 2007}}<br />
{{Infobox Azienda<br />
|nome= Esselunga<br />
|logo=Logo Esselunga.gif<br />
|tipo= società per azioni<br />
|borse=<br />
|data_fondazione= [[1957]]<br />
|luogo_fondazione= Milano<br />
|sede={{ITA}}, [[Pioltello|Limito di Pioltello]] ([[Provincia di Milano|MI]])<br />
|filiali= 130 punti vendita<br />
|slogan= <br />
|persone_chiave= [[Bernardo Caprotti]]<br />
|industria= [[grande distribuzione organizzata]]<br />
|prodotti= alimentari e beni di largo consumo<br />
|fatturato= {{Profit}} 5,4 miliardi di [[Euro|€]]<br />
|anno_fatturato= 2007<br />
|dipendenti= 18.000 circa<br />
|anno_dipendenti= 2007<br />
|sito= www.esselunga.it <br />
}}<br />
[[Immagine:La Spezia - Superstore Esselunga 1.jpg|thumb|right|230px|Un immagine del supermercato Esselunga di [[La Spezia]]]]<br />
[[Immagine:La Spezia - Superstore Esselunga 2.jpg|thumb|right|230px|Un'altra immagine del supermercato Esselunga di [[La Spezia]]]]<br />
<br />
'''Esselunga S.p.A.''' è una società italiana della [[grande distribuzione organizzata]] operante nell'[[Italia]] settentrionale e centrale con [[supermercato|supermercati]] e [[superstore]]. È una controllata di [[Supermarkets Italiani]]. Nel [[2007]] ha avuto un fatturato di circa 5,4 miliardi di euro <ref>[http://www.esselunga.it/default.aspx?idPage=469 Esselunga, sito aziendale, "Gruppo Supermarkets Italiani (Esselunga): Fatturato totale, info sui dati di mercato", dicembre 2007].</ref>, con 180 milioni di utile;<ref>[http://www.esselunga.it/default.aspx?idPage=808 Esselunga, sito aziendale, "Gruppo Supermarkets Italiani (Esselunga): Risultati 2005 Consolidati", 8 giugno 2006].</ref> Esselunga controlla <ref name=esp43> stime di IriInfoscan in ''L'Espresso'' n. 43 anno LII del 2 novembre 2006.</ref> – circa l'8,7% delle vendite in supermercati e ipermercati italiani con 130 punti vendita concentrati in [[Lombardia]], [[Toscana]] ed [[Emilia-Romagna]], ma anche [[Veneto]], [[Liguria]] e [[Piemonte]].<br />
<br />
Nell'anno 2007 la [[Supermarkets Italiani]] S.p.A. è, grazie alla sua controllata, la ventitresima azienda italiana per fatturato, e prima nella grande distribuzione organizzata italiana, seguita da [[Auchan]], al quarantasettesimo posto. <ref>[http://www.borsaitaliana.reuters.it/investing/FinanceArticle.aspx?type=italianNews&storyID=2007-10-25T144654Z_01_L25802058_RTRIDST_0_ITALIA-2006-STUDIO-MEDIOBANCA.XML Reuters, le Imprese del 2007].</ref>.<br />
<br />
==Storia==<br />
<br />
===Nascita di Supermarkets Italiani===<br />
A metà degli [[anni 1950|anni '50]] l'imprenditore [[Nelson Rockefeller]], fondò, assieme ad alcuni soci (tra cui i Caprotti che cominciarono con una quota del 18% e oggi ne sono i proprietari; la [[famiglia Crespi]], con il 16%; Marco Brunelli, <ref>che con Guido Caprotti fondera' in seguito la Romana supermarkets, oggi GS,</ref> con il 10%), quella che fu la prima catena italiana di supermercati, la [[Supermarkets Italiani]] SpA. <br />
<br />
La nascita della società avvenne casualmente: nel [[1957]] [[Guido Caprotti (Imprenditore)|Guido Caprotti]] con Marco Brunelli si trovavano per il fine settimana a [[Saint Moritz]]. Nei saloni dell'hotel Palace ascoltarono i due fratelli Brustio (che erano nel top management del gruppo [[La Rinascente]]) discutere sul fatto che alcuni americani erano in trattative con Rockefeller per aprire dei supermercati in Italia. I Brustio, pretendevano di avere la maggioranza della società che sarebbe nata. A seguito di attriti sopravvenuti con Rockefeller, i Caprotti accettarono di sostituire i Brustio acquisendo una quota di minoranza (18% in tre fratelli).<br />
<br />
Il primo punto vendita della Supermarkets Italiani S.p.A. fu aperto nel [[1957]] in una ex-officina di viale Regina Giovanna a [[Milano]] dai Rockfeller. L'insegna costituita dalla scritta "Supermaket", disegnata da [[Max Huber]], era caratterizzata da una ''S'' la cui parte superiore era molto allungata.<br />
<br />
===Esselunga=== <br />
<br />
A seguito di una campagna pubblicitaria il cui motto era «Esse lunga, prezzi corti», e ristrutturazione aziendale la società venne rinominata ufficialmente ''Esselunga''.<br />
<br />
I fratelli Caprotti, (Bernardo, Guido e Claudio) nel '61 acquistarono il 51% di Rockefeller, pagandola 4 milioni di dollari.<br />
<br />
Esselunga in seguito introdusse programmi di fidelizzazione della clientela (con l'introduzione nel [[1994]] della "Fidaty card") e i prodotti a marchio proprio.<br />
<br />
È stata tra le prime catene di [[GDO]] italiane ad avere prodotti biologici<ref>[http://www.corriere.it/cronache/08_gennaio_06/piccardi_italia_biologica_a2104fb2-bc33-11dc-a86a-0003ba99c667.shtml Corriere della sera.it - Italia sempre più biologica]</ref><br />
, {{citazione necessaria|prodotti a marchio proprio e a permettere l'ordine della spesa via internet}}.<br />
<br />
===Padre e figlio===<br />
Nel [[2002]] un'inchiesta giornalistica del settimanale [[Diario]] ha accusato Esselunga di angherie continue sui dipendenti e di comportamenti antisindacali <ref>[http://www.diario.it/index.php?page=cn03051061 Esselunga, diritti corti corti, di Alessandro Gilioli, Diario.it 1 agosto 2002]</ref>.<br />
Dopo la pubblicazione dell'articolo su ''Diario'', il figlio di Bernardo Caprotti, Giuseppe, avvicino' autore dell'inchiesta e il direttore del settimanale [[Enrico Deaglio]] assicurando loro che, quando avrebbe preso in mano lui l'azienda, i metodi sarebbero cambiati. <ref>[http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2007/10/25/quando-caprotti-deaglio-e-io/#more-1013 Quando Caprotti, Deaglio e io ...]</ref><br />
<br />
Erano i primi sintomi dei gravi disaccordi tra padre e figlio, culminati nel [[2004]], quando Giuseppe Caprotti, allora amministratore delegato, si offrì di acquisire l'intera società, vedendosi però opporre il rifiuto del padre e venendo quindi estromesso. Il padre si riprese personalmente la conduzione della gestione della società considerata da alcuni commentatori eccessivamente autoritaria <ref>[http://www.filcams.cgil.it/stampa.nsf/0/be4288ee8bcab9ecc1256f2a00304bc3?OpenDocument ''Esselunga, torna il vecchio Caprotti: licenziati tre delegati''] di Giampiero Rossi, da L'Unità del 9 ottobre 2004</ref> con un rapporto conflittuale coi sindacati (i cui iscritti sono aumentati del 25% nel [[2005]]), riducendo da cinquecento a trecento i prodotti biologici venduti, decidendo un taglio del 9% sul prezzo di vendita di 8000 articoli (marzo 2005), limitando il servizio di acquisto in rete a Parma e Milano in quanto questo si era dimostrato economicamente non remunerativo.<ref name=esp43/><br />
<br />
Fra il [[2005]] e il [[2006]] il gruppo è stato riorganizzato: gli immobili di Esselunga (circa 150, per un valore di oltre 2 miliardi di euro) <ref>[http://www.filcams.cgil.it/stampa.nsf/0/95a4590b731cc72bc1256fba0032110d?OpenDocument Sole 24 Ore, scorporo immobili Esselunga].</ref> sono confluiti in parte nella neo-costituita società "La Villata Immobiliare di Investimento e Sviluppo S.p.A.", e il resto (circa quaranta immobili) in Orofin SpA, entrambe controllate da [[Supermarkets italiani]].<br />
<br />
Il [[Sole 24 ore]] ha interpretato le operazioni di riassetto societario come segnale di una possibile cessione dell'attività operativa al gruppo britannico [[Tesco]] o ad un altro gruppo estero.<ref>[http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Finanza%20e%20Mercati/2006/10/esselunga101006chierchia.shtml?uuid=cde3fae8-582b-11db-8fee-00000e25108c&DocRulesView=Libero Riorganizzazione societaria e smentita della vendita alla Tesco] e [http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=127782 Rifiuto di vendere alle Coop].</ref> In seguito alle preoccupazioni espresse da una parte della classe politica italiana, per la cessione a proprietà straniera di un gruppo italiano della GDO, sono state fatte ipotesi di un interessamento da parte di [[Coop (Italia)|Coop]]. Bernardo Caprotti, tuttavia, ha smentito entrambe le ipotesi, dichiarando in particolare – con un'inserzione pubblicitaria in 32 quotidiani nazionali – che «Esselunga e Coop sono due aziende inconciliabili e incompatibili».<ref>''La Repubblica'' del 21 ottobre 2006, p. 41.</ref> Bernardo Caprotti ha dichiarato il [[21 settembre]] [[2007]] che la sua azienda non era in vendita, perlomeno non in tempi brevi, ventilando la possibilità di una quotazione in Borsa della società.<ref>[http://canali.libero.it/affaritaliani/economia/esselungacaprotti210907.htm Caprotti rimanda la vendita: mai a Wal-Mart e Tesco, Affari Italiani, 21 settembre 2007]</ref><br />
<br />
==Concorrenza e prezzi==<br />
Gli effetti della concorrenza tra Esselunga e COOP hanno avuto ripercussioni dirette sull'andamento dei prezzi al consumo: nel settembre 2007 l'associazione [[Altroconsumo]] ha reso noti i risultati di un'indagine di mercato dalla quale è emerso come la concorrenza tra le grandi catene di distribuzione, Esselunga e Coop in testa, sia strettamente legata ad una sostanziale riduzione dei prezzi rispetto alla media italiana.<br />
Da sottolineare è la concorrenza sleale della COOP al quale la Commissione Europea ha aperto un inchiesta.<ref>[http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Economia%20e%20Lavoro/2007/09/esselunga-coop.shtml?uuid=926f0dfc-6835-11dc-bfce-00000e251029 ''La concorrenza tra Esselunga e Coop fa abbassare i prezzi'']</ref>.<br />
<br />
==Accuse di ''[[mobbing]]''==<br />
Il [[2 febbraio]] [[2008]] una cassiera di uno stabilimento Esselunga accusa d'esser stata impedita di recarsi alla toilette per un intero turno di lavoro. Al termine del turno, recatasi in ospedale le viene diagnosticata una [[cistite]] emorragica. Tornata al lavoro viene aggredita da uno sconosciuto nei bagni del supermercato<ref>[http://www.repubblica.it/2008/03/sezioni/cronaca/mobbing-cassiera/mobbing-cassiera/mobbing-cassiera.html Repubblica.it - Cassiera, mobbing]</ref>. I sindacati indicono uno sciopero.<br />
Una interessante indagine di un giornalista di "Tempi" di marzo mette in evidenzia come il bagno oggetto della presunta aggressione sia così angusto da lasciare a mala peno lo spazio per una persona. <br />
<br />
Esselunga risponde acquistando una pagina su alcuni quotidiani nazionali minacciando querele per il danno di immagine subito e sminuendo le dimensioni dell'accaduto.<ref>[http://www.repubblica.it/2008/03/sezioni/cronaca/mobbing-cassiera/esselunga-querela/esselunga-querela.html Repubblica.it - Esselunga minaccia querela]</ref><br />
<br />
== Note ==<br />
<references /><br />
<br />
==Bibliografia==<br />
*Roberto Romano, ''I Caprotti'', Franco Angeli, Milano 1980. ISBN 8820417898<br />
*Emanuela Scarpellini, ''Esselunga: agli albori del commercio moderno'', Bologna 2006. ISBN 8890147415<br />
*Bernardo Caprotti, ''[[Falce e Carrello]]'', Marsilio editore, Milano 2007.<br />
<br />
==Voci correlate==<br />
*[[Supermarkets Italiani]]<br />
*[[Falce e Carrello]]<br />
*[[ESD Italia]]<br />
<br />
== Collegamenti esterni ==<br />
*[http://www.esselunga.it/ Il sito dell'azienda]<br />
*[http://www.db.ccdi.glauco.it/ccdi/upload/archivio/200/27012001/CAPROTTI.doc La Storia della Manifattura Caprotti]<br />
<br />
[[Categoria:Aziende italiane per nome|Esselunga]]<br />
[[Categoria:Società italiane di grande distribuzione organizzata]]<br />
<br />
[[en:Esselunga]]<br />
[[fr:Esselunga]]</div>Pigr8https://de.wikipedia.org/w/index.php?title=Benutzer:Stefano.Bonfanti/Esselunga&diff=200194192Benutzer:Stefano.Bonfanti/Esselunga2008-07-08T16:08:39Z<p>Pigr8: Annullata la modifica 17313939 di Angelo86 re (discussione)</p>
<hr />
<div>{{nota disambigua|descrizione=l'omonima lettera|titolo=[[S lunga]]}}<br />
{{p|la forma è a tratti romanzata e ben poco enciclopedica, oltre che sconnessa (sia come qualità, sia come [[consecutio temporum]]). Mancano inoltre varie fonti, mentre altre sono o sono state utilizzate in modo impreciso, fuorviante o carente. É così difficile scrivere un testo neutrale su quest'azienda, referenziato dalle corrette fonti, evitando di citare tutte le [[scatole cinesi]] e con un italiano corretto?|aziende|ottobre 2007}}<br />
{{Infobox Azienda<br />
|nome= Esselunga<br />
|logo=Logo Esselunga.gif<br />
|tipo= società per azioni<br />
|borse=<br />
|data_fondazione= [[1957]]<br />
|luogo_fondazione= Milano<br />
|sede={{ITA}}, [[Pioltello|Limito di Pioltello]] ([[Provincia di Milano|MI]])<br />
|filiali= 130 punti vendita<br />
|slogan= <br />
|persone_chiave= [[Bernardo Caprotti]]<br />
|industria= [[grande distribuzione organizzata]]<br />
|prodotti= alimentari e beni di largo consumo<br />
|fatturato= {{Profit}} 5,4 miliardi di [[Euro|€]]<br />
|anno_fatturato= 2007<br />
|dipendenti= 18.000 circa<br />
|anno_dipendenti= 2007<br />
|sito= www.esselunga.it <br />
}}<br />
[[Immagine:La Spezia - Superstore Esselunga 1.jpg|thumb|right|230px|Un immagine del supermercato Esselunga di [[La Spezia]]]]<br />
[[Immagine:La Spezia - Superstore Esselunga 2.jpg|thumb|right|230px|Un'altra immagine del supermercato Esselunga di [[La Spezia]]]]<br />
<br />
'''Esselunga S.p.A.''' è una società italiana della [[grande distribuzione organizzata]] operante nell'[[Italia]] settentrionale e centrale con [[supermercato|supermercati]] e [[superstore]]. È una controllata di [[Supermarkets Italiani]]. Nel [[2007]] ha avuto un fatturato di circa 5,4 miliardi di euro <ref>[http://www.esselunga.it/default.aspx?idPage=469 Esselunga, sito aziendale, "Gruppo Supermarkets Italiani (Esselunga): Fatturato totale, info sui dati di mercato", dicembre 2007].</ref>, con 180 milioni di utile;<ref>[http://www.esselunga.it/default.aspx?idPage=808 Esselunga, sito aziendale, "Gruppo Supermarkets Italiani (Esselunga): Risultati 2005 Consolidati", 8 giugno 2006].</ref> Esselunga controlla <ref name=esp43> stime di IriInfoscan in ''L'Espresso'' n. 43 anno LII del 2 novembre 2006.</ref> – circa l'8,7% delle vendite in supermercati e ipermercati italiani con 130 punti vendita concentrati in [[Lombardia]], [[Toscana]] ed [[Emilia-Romagna]], ma anche [[Veneto]], [[Liguria]] e [[Piemonte]].<br />
<br />
Nell'anno 2007 la [[Supermarkets Italiani]] S.p.A. è, grazie alla sua controllata, la ventitresima azienda italiana per fatturato, e prima nella grande distribuzione organizzata italiana, seguita da [[Auchan]], al quarantasettesimo posto. <ref>[http://www.borsaitaliana.reuters.it/investing/FinanceArticle.aspx?type=italianNews&storyID=2007-10-25T144654Z_01_L25802058_RTRIDST_0_ITALIA-2006-STUDIO-MEDIOBANCA.XML Reuters, le Imprese del 2007].</ref>.<br />
<br />
==Storia==<br />
<br />
===Nascita di Supermarkets Italiani===<br />
A metà degli [[anni 1950|anni '50]] l'imprenditore [[Nelson Rockefeller]], fondò, assieme ad alcuni soci (tra cui i Caprotti che cominciarono con una quota del 18% e oggi ne sono i proprietari; la [[famiglia Crespi]], con il 16%; Marco Brunelli, <ref>che con Guido Caprotti fondera' in seguito la Romana supermarkets, oggi GS,</ref> con il 10%), quella che fu la prima catena italiana di supermercati, la [[Supermarkets Italiani]] SpA. <br />
<br />
La nascita della società avvenne casualmente: nel [[1957]] [[Guido Caprotti (Imprenditore)|Guido Caprotti]] con Marco Brunelli si trovavano per il fine settimana a [[Saint Moritz]]. Nei saloni dell'hotel Palace ascoltarono i due fratelli Brustio (che erano nel top management del gruppo [[La Rinascente]]) discutere sul fatto che alcuni americani erano in trattative con Rockefeller per aprire dei supermercati in Italia. I Brustio, pretendevano di avere la maggioranza della società che sarebbe nata. A seguito di attriti sopravvenuti con Rockefeller, i Caprotti accettarono di sostituire i Brustio acquisendo una quota di minoranza (18% in tre fratelli).<br />
<br />
Il primo punto vendita della Supermarkets Italiani S.p.A. fu aperto nel [[1957]] in una ex-officina di viale Regina Giovanna a [[Milano]] dai Rockfeller. L'insegna costituita dalla scritta "Supermaket", disegnata da [[Max Huber]], era caratterizzata da una ''S'' la cui parte superiore era molto allungata.<br />
<br />
===Esselunga=== <br />
<br />
A seguito di una campagna pubblicitaria il cui motto era «Esse lunga, prezzi corti», e ristrutturazione aziendale la società venne rinominata ufficialmente ''Esselunga''.<br />
<br />
I fratelli Caprotti, (Bernardo, Guido e Claudio) nel '61 acquistarono il 51% di Rockefeller, pagandola 4 milioni di dollari.<br />
<br />
Esselunga in seguito introdusse programmi di fidelizzazione della clientela (con l'introduzione nel [[1994]] della "Fidaty card") e i prodotti a marchio proprio.<br />
<br />
È stata tra le prime catene di [[GDO]] italiane ad avere prodotti biologici<ref>[http://www.corriere.it/cronache/08_gennaio_06/piccardi_italia_biologica_a2104fb2-bc33-11dc-a86a-0003ba99c667.shtml Corriere della sera.it - Italia sempre più biologica]</ref><br />
, {{citazione necessaria|prodotti a marchio proprio e a permettere l'ordine della spesa via internet}}.<br />
<br />
===Padre e figlio===<br />
Nel [[2002]] un'inchiesta giornalistica del settimanale [[Diario]] ha accusato Esselunga di angherie continue sui dipendenti e di comportamenti antisindacali <ref>[http://www.diario.it/index.php?page=cn03051061 Esselunga, diritti corti corti, di Alessandro Gilioli, Diario.it 1 agosto 2002]</ref>.<br />
Dopo la pubblicazione dell'articolo su ''Diario'', il figlio di Bernardo Caprotti, Giuseppe, avvicino' autore dell'inchiesta e il direttore del settimanale [[Enrico Deaglio]] assicurando loro che, quando avrebbe preso in mano lui l'azienda, i metodi sarebbero cambiati. <ref>[http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2007/10/25/quando-caprotti-deaglio-e-io/#more-1013 Quando Caprotti, Deaglio e io ...]</ref><br />
<br />
Erano i primi sintomi dei gravi disaccordi tra padre e figlio, culminati nel [[2004]], quando Giuseppe Caprotti, allora amministratore delegato, si offrì di acquisire l'intera società, vedendosi però opporre il rifiuto del padre e venendo quindi estromesso. Il padre si riprese personalmente la conduzione della gestione della società considerata da alcuni commentatori eccessivamente autoritaria <ref>[http://www.filcams.cgil.it/stampa.nsf/0/be4288ee8bcab9ecc1256f2a00304bc3?OpenDocument ''Esselunga, torna il vecchio Caprotti: licenziati tre delegati''] di Giampiero Rossi, da L'Unità del 9 ottobre 2004</ref> con un rapporto conflittuale coi sindacati (i cui iscritti sono aumentati del 25% nel [[2005]]), riducendo da cinquecento a trecento i prodotti biologici venduti, decidendo un taglio del 9% sul prezzo di vendita di 8000 articoli (marzo 2005), limitando il servizio di acquisto in rete a Parma e Milano in quanto questo si era dimostrato economicamente non remunerativo.<ref name=esp43/><br />
<br />
Fra il [[2005]] e il [[2006]] il gruppo è stato riorganizzato: gli immobili di Esselunga (circa 150, per un valore di oltre 2 miliardi di euro) <ref>[http://www.filcams.cgil.it/stampa.nsf/0/95a4590b731cc72bc1256fba0032110d?OpenDocument Sole 24 Ore, scorporo immobili Esselunga].</ref> sono confluiti in parte nella neo-costituita società "La Villata Immobiliare di Investimento e Sviluppo S.p.A.", e il resto (circa quaranta immobili) in Orofin SpA, entrambe controllate da [[Supermarkets italiani]].<br />
<br />
Il [[Sole 24 ore]] ha interpretato le operazioni di riassetto societario come segnale di una possibile cessione dell'attività operativa al gruppo britannico [[Tesco]] o ad un altro gruppo estero.<ref>[http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Finanza%20e%20Mercati/2006/10/esselunga101006chierchia.shtml?uuid=cde3fae8-582b-11db-8fee-00000e25108c&DocRulesView=Libero Riorganizzazione societaria e smentita della vendita alla Tesco] e [http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=127782 Rifiuto di vendere alle Coop].</ref> In seguito alle preoccupazioni espresse da una parte della classe politica italiana, per la cessione a proprietà straniera di un gruppo italiano della GDO, sono state fatte ipotesi di un interessamento da parte di [[Coop (Italia)|Coop]]. Bernardo Caprotti, tuttavia, ha smentito entrambe le ipotesi, dichiarando in particolare – con un'inserzione pubblicitaria in 32 quotidiani nazionali – che «Esselunga e Coop sono due aziende inconciliabili e incompatibili».<ref>''La Repubblica'' del 21 ottobre 2006, p. 41.</ref> Bernardo Caprotti ha dichiarato il [[21 settembre]] [[2007]] che la sua azienda non era in vendita, perlomeno non in tempi brevi, ventilando la possibilità di una quotazione in Borsa della società.<ref>[http://canali.libero.it/affaritaliani/economia/esselungacaprotti210907.htm Caprotti rimanda la vendita: mai a Wal-Mart e Tesco, Affari Italiani, 21 settembre 2007]</ref><br />
<br />
==Concorrenza e prezzi==<br />
Gli effetti della concorrenza tra Esselunga e COOP hanno avuto ripercussioni dirette sull'andamento dei prezzi al consumo: nel settembre 2007 l'associazione [[Altroconsumo]] ha reso noti i risultati di un'indagine di mercato dalla quale è emerso come la concorrenza tra le grandi catene di distribuzione, Esselunga e Coop in testa, sia strettamente legata ad una sostanziale riduzione dei prezzi rispetto alla media italiana.<br />
Da sottolineare è la concorrenza sleale della COOP al quale la Commissione Europea ha aperto un inchiesta.<ref>[http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Economia%20e%20Lavoro/2007/09/esselunga-coop.shtml?uuid=926f0dfc-6835-11dc-bfce-00000e251029 ''La concorrenza tra Esselunga e Coop fa abbassare i prezzi'']</ref>.<br />
<br />
==Accuse di ''[[mobbing]]''==<br />
Il [[2 febbraio]] [[2008]] una cassiera di uno stabilimento Esselunga accusa d'esser stata impedita di recarsi alla toilette per un intero turno di lavoro. Al termine del turno, recatasi in ospedale le viene diagnosticata una [[cistite]] emorragica. Tornata al lavoro viene aggredita da uno sconosciuto nei bagni del supermercato<ref>[http://www.repubblica.it/2008/03/sezioni/cronaca/mobbing-cassiera/mobbing-cassiera/mobbing-cassiera.html Repubblica.it - Cassiera, mobbing]</ref>. I sindacati indicono uno sciopero.<br />
Una interessante indagine di un giornalista di "Tempi" di marzo mette in evidenzia come il bagno oggetto della presunta aggressione sia così angusto da lasciare a mala peno lo spazio per una persona. <br />
<br />
Esselunga risponde acquistando una pagina su alcuni quotidiani nazionali minacciando querele per il danno di immagine subito e sminuendo le dimensioni dell'accaduto.<ref>[http://www.repubblica.it/2008/03/sezioni/cronaca/mobbing-cassiera/esselunga-querela/esselunga-querela.html Repubblica.it - Esselunga minaccia querela]</ref><br />
<br />
== Note ==<br />
<references /><br />
<br />
==Bibliografia==<br />
*Roberto Romano, ''I Caprotti'', Franco Angeli, Milano 1980. ISBN 8820417898<br />
*Emanuela Scarpellini, ''Esselunga: agli albori del commercio moderno'', Bologna 2006. ISBN 8890147415<br />
*Bernardo Caprotti, ''[[Falce e Carrello]]'', Marsilio editore, Milano 2007.<br />
<br />
==Voci correlate==<br />
*[[Supermarkets Italiani]]<br />
*[[Falce e Carrello]]<br />
*[[ESD Italia]]<br />
<br />
== Collegamenti esterni ==<br />
*[http://www.esselunga.it/ Il sito dell'azienda]<br />
*[http://www.db.ccdi.glauco.it/ccdi/upload/archivio/200/27012001/CAPROTTI.doc La Storia della Manifattura Caprotti]<br />
<br />
[[Categoria:Aziende italiane per nome|Esselunga]]<br />
[[Categoria:Società italiane di grande distribuzione organizzata]]<br />
<br />
[[en:Esselunga]]<br />
[[fr:Esselunga]]</div>Pigr8